giovedì 12 dicembre 2019

LA PERFIDA ALBIONE COLPISCE ANCORA


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Quasi quattro anni fa il popolo britannico decideva che il suo paese doveva abbandonare la UE.
Una scelta libera, democratica, che molti potevano e possono non condividere, ma che nessuno aveva il diritto di calpestare.
Invece contro quella scelta si scatenò, da subito, il fuoco dei sostenitori del mondialismo politicamente corretto.
Sconfitti alle urne questi personaggi tentarono la rivincita nella aule giudiziarie. Non è una novità, ci hanno tentato in Gran Bretagna, ci tentano negli USA, in Italia, in Francia, un po' dappertutto. Loro obiettivo era un secondo referendum. Se il popolo vota contro di noi facciamolo rivotare, fino a che non si decide a cambiar parere. Questa la filosofia politica di simili figuri.
Dal canto suo la UE poneva alla Gran Bretagna condizioni molto dure. E il parlamento britannico non riusciva a trovare un accordo sulle modalità del divorzio.
Dietro alle lungaggini, ai voti parlamentari, ai dibattiti nelle aule giudiziarie stava un preciso proposito: la Brexit NON si deve fare. In un modo o nell'altro la Gran Bretagna deve restare in Europa. Perché l'Europa, cioè, per loro, la UE, è la LUCE, il BENE e solo dei diabolici sostenitori del MALE e delle TENEBRE possono pensare di lasciarla.
La battaglia dei mondialisti britannici era sostenuta dai loro colleghi europei.
Su cose come la permanenza nella UE non si deve votare, sentenziò a suo tempo Mario Monti.
I britannici si sono pentiti della loro scelta aggiunse Mattero Renzi.
Hanno votato brexit degli ignoranti e vecchi campagnoli, sentenziarono in molti. E per qualcuno il voto pro brexit di molte persone anziane divenne la prova della imbecillità di chi è avanti negli anni;  propose quindi di privare i “diversamente giovani” del diritto di voto. Interessante il procedimento “logico” di simili elementi: prima stabiliscono in maniera apodittica che solo dei decerebrati possono votare brexit, poi, di fronte all'esito del voto, affermano: “avete visto? Gli anziani hanno votato Brexit, quindi sono dei decerebrati, quindi va tolto loro il diritto di votare”. Insomma, o voti come decido io o non puoi votare. Sublime.
E tutti si commossero per la grande manifestazione pro UE che qualce mese fa riempì strade e piazze di Londra. Questi personaggi, che ricordano i sostenitori delle italiche “sardine”, non hanno ancora capito che Londra non è la Gran Bretagna, esattamente come New York non è gli USA e Parigi non è la Francia.

Però la Gran Bretagna non è l'Italia. In quel paese il voto popolare conta ancora, nessuno può permettersi impunemente di calpestarlo. Così, al termine di un lunghissimo tira e molla si è deciso, guardate un po', di VOTARE! Si, lo so, sembra incredibile. In Gran Bretagna si è votato quattro volte negli ultimi cinque anni. Roba da fantascienza per l'Italia dove pur di non far votare il popolo bue si tiene in piedi un governicchio che litiga su tutto in continuazione. Nella più vecchia democrazia liberale del mondo invece, visto che il parlamento non riusciva a decidere come abbandonare la UE, si è ridata la parola al popolo sovrano. Cosa da far rabbrividire sinceri democratici del calibro di Matteo Renzi, Mario Monti o Beppe Grillo.
E il popolo ha deciso, in maniera netta, inequivocabile. Ha decretato un autentico trionfo al brutto, volgare Boris Johnson ed ha tirato un sonoro, cosmico, calcio nel deretano a Jeremy Corbyn, un personaggio politicamente ributtante, un vecchio ex trotzkista adoratore delle del peggior statalismo diventato un livido antisemita nemico mortale di Israele e grande amico di sinceri democratici come i militanti di Hammas. Questo personaggio subisce oggi una sconfitta clamorosa. Sia la benvenuta! Tutti dovremmo rallegrarcene.
Ora attendo le reazioni. Mi sembra già di sentire i commenti di chi dirà che in fondo la Gran Bretagna ha sempre avuto poco a che fare con l'Europa. E si, il paese di Shakespeare e Newton, di Locke e Dickens non è per niente europeo. Qualcuno confonde talmente la UE con l'Europa da considerare poco europeo uno dei paesi culla della civiltà euro occidentale. Pazienza!
Comunque, da oggi i campioni del mondialismo politicamente corretto avranno un problemino in più, e dovranno meditare su un dato per loro sconfortante: quando i popoli, si, i
POPOLI, piaccia o meno la parola, possono decidere, per loro, per i campioni del mondo senza stati, confini, popoli, nazioni, culture e civiltà, sono guai. Guai grossi.
Meditate gente, meditate...

venerdì 22 novembre 2019

IL MANIFESTO DELLE SARDINE


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Le “sardine” hanno un manifesto. E' importante un manifesto. Si tratta di qualcosa che identifica un movimento, dice chiaro e tondo a tutti cosa quel movimento
è, cosa vuole, che obbiettivi si pone, come intende realizzarli. Il manifesto delle “sardine” fa in qualche modo qualcosa di simile? Espone un programma, una concezione del mondo, enumera una serie di obiettivi, si rivolge a determinate forze sociali, dice quali interessi intende tutelare e quali no? C'è in questo “manifesto” una qualsiasi analisi della società ed una previsione qualsiasi del suo movimento?
La risposta è chiarissima:
NO, in questo sedicente “manifesto” non c'è nulla, assolutamente nulla di tutto questo.

Chi sono le sardine? Perché nasce il loro movimento? Ecco come risponde il manifesto:

“ Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita.
Per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata”.

Il movimento nasce da un sentimento soggettivo: loro, le “sardine”, si sono stufate. Per troppo tempo hanno subito la politica dei cattivi “populisti” (aperta parentesi: lo sanno le “sardine” che il populismo è storicamente un movimento di sinistra? Chiusa parentesi) per troppo tempo dicevo loro, le “sardine, hanno subito le (presunte) prepotenze dei “populisti" ed ora si sono stufate. La corda si è spezzata. Nessuna analisi socio economica, nessun richiamo a nessuna filosofia politica.
Alla base di tutto c'è l'esaurimento della loro pazienza. Se le “sardine” fossero state un po' più pazienti il loro movimento sarebbe nato fra due o tre anni, se lo fossero state un po' meno due o tre anni fa. Tutto dipende dalla loro capacità di sopportazione.
Quello che stupisce in tutto questo è come gli “intellettuali” del movimento delle “sardine” non si rendano conto che una simile motivazione potrebbe benissimo essere addotta da qualsiasi movimento politico. Con le stesse parole potrebbe nascere il movimento dei “tonni” di destra, o quello dei “calamari” di centro. “Per troppo tempo avete tirato la corda” potrebbe benissimo dirlo un seguace di Salvini a coloro che dipingono il loro leader come un mostro. Tutti possono essere stanchi di ascoltare idiozie, a tutti possono venire a noia le banalità da quattro soldi, i discorsi stereotipati, i linguaggi fatti apposta per parlare senza dire. Se le “sardine” sono stufe dei “populisti” questi possono essere stufi del mondialismo, del buonismo, dell'eurofanatismo, ed anche, dopo soli pochi giorni delle, “sardine”. Stufarsi è un diritto dell'uomo, ma non può essere la base di alcun movimento politico.

E' istruttivo confrontare l'esordio del manifesto delle “sardine” con l'esordio di un altro manifesto, che ha avuto un certo peso nella storia. Parlo dell celeberrimo “manifesto del partito comunista” di Karl Marx e Fiedrich Engels, del 1848.

“Uno spettro si aggira per l'Europa, lo spettro del comunismo. (…)
E' ormai tempo che i comunisti espongano apertamente a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro scopi, le loro tendenze, e che alle fiabe dello spettro del comunismo contrappongano un manifesto del partito.”

Qui non troviamo nessun sentimento, nessuna “corda che si spezza”, nessuna pazienza che si esaurisce. E' letteralmente inimmaginabile un Marx che fa appello all'esaurirsi della sua pazienza per giustificare la nascita del movimento comunista.
I comunisti esistono e vogliono esporre il loro programma, così esordisce Marx. Detto questo il “manifesto” in effetti chiarisce la concezione comunista – marxista del mondo. Vengono esposte la concezione materialistica della storia, la teoria del valore e dello sfruttamento, si esaminano le differenze fra il comunismo marxiano ed altri tipi di comunismo, si fanno previsioni sul futuro della società capitalistica e si enumerano alcuni obiettivi immediati dei comunisti. Solo alla fine di tutto questo si lancia un avvertimento minaccioso alle “classi dominanti”: “tremino pure le classi dominanti davanti ad una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. Ed hanno un mondo da guadagnare”.
La minaccia deriva dall'analisi, è la conclusione di un discorso in cui gli obiettivi di un certo movimento vengono chiariti, i suoi valori dichiarati, i suoi referenti sociali evidenziati.
Personalmente non condivido affatto, in tutti i suoi punti essenziali, l'analisi marxiana, ma non ho alcuna difficoltà a riconoscerne l'importanza storica e filosofica. Soprattutto, il “manifesto” comunista è un
vero manifesto, espone sul serio una filosofia politica, una visione del mondo. Si articola sul serio in un programma.
Si può dire altrettanto per il manifesto delle “sardine”? Il solo chiederselo è ridicolo.

Le sardine definiscono se stesse in positivo, va loro riconosciuto, ma...
come lo fanno? Ecco come si definiscono:

Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto”.

Chi ha scritto queste belle cose neppure immagina, probabilmente, che anche un “populista” può impegnarsi nel suo lavoro, amare lo sport, la casa, la famiglia, le cose divertenti, la bellezza, la non violenza, la creatività e l'ascolto. Anche un “populista” può insomma essere una “persona normale”. No, per le “sardine” un “populista” non è, per definizione, una “persona normale”, solo loro, le “sardine” lo sono. Gli altri sono “anormali”: esseri alieni, repellenti, mostri. Il “populista” è il non – uomo, esattamente come per Hitler era non - uomo l'ebreo ed erano non - uomini per Stalin i Kulaki da far morire di fame.
Alla luce di un simile settarismo manicheo i richiami alla “non violenza” ed all'”ascolto” si rivelano per quello che sono: miserabili, ipocriti espedienti per nascondere la natura violenta ed intollerante del proprio movimento.
Non violenza da parte di chi è, nella migliore delle ipotesi, amico dei centri sociali? Di coloro che strillano: “non sparate a salve ma a Salvini”?
Ascolto da parte di persone che sanno solo strillare slogan, e vogliono tappare la bocca a chi la pensa diversamente da loro?
C'è solo da ridere, o da piangere. O da vomitare.

Non a caso del resto il “manifesto” altro non è che una serie di insulti e di minacce, più o meno larvate.

“Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare. (…) Per troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete.
Per troppo tempo vi abbiamo lasciato campo libero, perché eravamo stupiti, storditi, inorriditi da quanto in basso poteste arrivare”:

Si può essere o meno d'accordo con questa o quella misura di contrasto della immigrazione clandestina, ma “inorridire” di fronte alla pretesa che i confini di un paese siano difesi, e che in quel paese entri solo chi ha diritto di entrare é, questa si, una cosa che fa “inorridire”.
E denunciare, anche usando la rete, che qualcuno ti vuole “appeso a testa in giù” sarebbe “distruggere la vita delle persone sulla rete”? Per le sardine è lecito incitare la gente ad uccidere un certo leader politico ma questi diventa un criminale se rende note tali lodevoli intenzioni. Siamo di nuovo di fronte ad un settarismo sconfinato.

E, cosa ovvia, le “sardine” non si limitano ad insultare, minacciano:

“ Adesso ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. (…) siamo tanti, e molto più forti di voi.”
Minacce, come si vede, anche se espresse in tono allusivo, quasi in stile mafioso. Minacce che culminano in una affermazione di sorprendente, forse involontaria, sincerità:

avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare”.

Parole che lasciano senza fiato cui val la pena di dedicare un breve commento.
Tutti, dai “populisti” alle “sardine”, hanno diritto di parola. E nessuno, dalle “sardine” ai “populisti”, ha diritto di essere ascoltato se con questo si intende il diritto di obbligare qualcuno ad ascoltarlo.
Ma tutti i cittadini hanno il diritto, il sacrosanto diritto costituzionale, di poter ascoltare chi vogliono, senza che nessuno cerchi loro di impedirlo, con la violenza fisica o le pressioni psicologiche.
Scendere in piazza per protestare contro il diritto di parola di un leader politico e quello di ascolto di un certo numero di liberi cittadini significa comportarsi da squadristi. Che questi squadristi facciano uso della violenza fisica o di quella psicologica è qualcosa che ha grande importanza sul piano giuridico, molto poca su quello etico e politico.

Quanto al resto... il nulla. Il manifesto non dedica una parola ai grandi temi della politica. Non parla di lavoro, occupazione, pressione fiscale, pace e guerra, immigrazione, Europa, terrorismo... solo silenzio su quelli che sono i temi che toccano la vita delle persone davvero normali.
Pazienza. Tacere è un diritto dell'uomo. Le “sardine” se ne avvalgono, buon pro gli faccia.
Solo, val la pena di dare una pacata risposta alle loro minacce.
Care “sardine”, non scambiate lo spirito pacifico, dialogante, tollerante di tanti liberi cittadini per paura. I democratici liberali detestano la violenza, sia fisica che verbale, amano il dibattito e la discussione, non cercano risse. Preferiscono la pace alla guerra, il confronto allo scontro. Sono disposti anche a fare dei passi indietro pur di non compromettere la pace civile.
Ma non sono disposti a tutto. Non accettano farsi mettere il piede sul collo dagli squadristi, comunque mascherati.
Se aggredite anche le persone più tolleranti e pacifiche del mondo sanno difendersi.

sabato 16 novembre 2019

COSTITUZIONE: ARTICOLO 12 DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Una premessa, per quanto ovvia: sono lontanissimo da ideologie fasciste e comunque totalitarie di qualsiasi tipo. Punto e basta.

Ogni volta che qualche teppista cerca di impedire qualche comizio lo tirano fuori: l'articolo 12 delle disposizioni transitorie e finali della nostra costituzione.
Tralasciamo pure il fatto che quasi sempre le persone a cui si tenta di impedire di parlare tutto sono tranne che fasciste, a meno che il fascismo non venga definito nei termini che i teppisti vogliono. E tralasciamo pure il fatto che NON spetta di certo ai membri dei centri sociali, o ai giornalisti di “repubblica”, o ai signori Lerner o Saviano stabilire chi sia e chi non sia fascista e chi ha e chi non ha diritto di tenere comizi.
Ciò tralasciato, vediamo cosa dice questo famoso articolo:

“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”.

L'articolo NON vieta la costituzione di partiti che per ideologia, filosofia politica, richiami storici si richiamino alla esperienza fascista. Vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista.
Le due cose non coincidono.
I costituenti volevano evitare che venisse “riorganizzato”, sotto qualsiasi forma, quel certo partito, non che si costituissero partiti che potessero avere con questo alcune affinità. In termini più generali, la proibizione riguardava partiti che ponessero nel loro programma politico l'abbattimento violento del sistema democratico parlamentare, non richiami ad ideologie, valori, filosofie che potessero essere definite “fasciste”.
Non a caso, a mio parere, l'articolo 12 usa il termine “riorganizzare”: si riorganizza qualcosa che già esisteva, che è stato sciolto e che si vorrebbe far rivivere.
Sempre non a caso, e sempre a mio modesto parere, il secondo comma dell'articolo 12 pone per un periodo di 5 anni delle limitazioni al diritto di voto per i responsabili del regime fascista. Il punto di riferimento resta il partito fascista sconfitto nel 1945.
Che questa interpretazione sia corretta è provato dal fatto che la proibizione della riorganizzazione del “disciolto partito fascista” appare nelle disposizioni transitorie e finali della nostra costituzione e non all'inizio della stessa, fra i principi fondamentali. Si trattava di impedire che riprendesse vita un partito contro cui si era combattuta una guerra civile.

Questa interpretazione trova numerose conferme anche livello giudiziario.
La corte costituzionale, in una sentenza del 16 gennaio 1957, stabilì cosa si dovesse intendere per “apologia del fascismo”. Il reato di apologia non si verifica, per la suprema corte, nel caso di una mera difesa elogiativa, ma solo nel caso di una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista”. Si vuole impedire la riorganizzazione di un partito che miri alla distruzione della democrazia, non l'espressione di idee o giudizi storici. Del resto, il Movimento sociale italiano, che si richiamava abbastanza esplicitamente all'esperienza fascista, non fu mai messo fuori legge.
Giorgio Pisanò fondò nel 1990 il partito “fascismo e libertà”. Dovette affrontare vari processi perché accusato di aver ricostituito il disciolto partito fascista. Venne tutte le volte assolto. Con quale motivazione? Nel suo programma tale partito affermava di accettare senza riserve il sistema democratico parlamentare. Era in contraddizione con se stesso? Sicuramente SI, ma in un paese democratico essere in contraddizione con se stessi non implica essere imprigionati e neppure vedersi proibire la attività politica.

Non credo valga la pena di continuare. In una democrazia liberale, per lo meno in periodi normali, si puniscono le azioni, non le idee, meno che mai i sentimenti. Si sanzionano i reati, non i peccati.
A meno che non si attraversi un periodo eccezionale, una guerra ad esempio, una democrazia non mette fuori legge i partiti anti sistema, impedisce semmai agli stessi di mettere in atto quelle parti dei loro programmi che porterebbero alla distruzione della democrazia stessa.
Qualcuno potrebbe obbiettare: “le azioni nascono dalle idee, i reati dai peccati”.
Può essere vero, ma l'essenza del liberalismo democratico consiste nel saper fare distinzioni. Da un'opera di filosofia politica può nascere un programma politico e da questo azioni miranti a distruggere la democrazia. Tutto vero. Ma sarebbe criminoso e equiparare il trattato di filosofia politica con il programma politico e questo con le azioni che potrebbero derivarne. Se così fosse essere antifascisti ci dovrebbe spingere a vietare le opere di un Carl Schmitt, di un Oswald Spengler, magari di Nietzche e Giovanni Gentile. Ed essere anticomunisti dovrebbe indurci a vietare non solo gli scritti di Lenin e Trotzkij, ma anche quelli Marx ed Engels e, perché no, pure quelli di Hegel che è fra gli ispiratori di Marx. Una follia che trasformerebbe la democrazia liberale in un totalitarismo identico a quelli che si dice di voler combattere.
E se è vero che a volte i reati nascono dai peccati, non mi sembra molto liberale né garantista sbattere in carcere per “violenza” chi prova il desiderio di prendere a pugni il tal uomo politico o giornalista.
Lasciamo queste aberrazioni ai nuovi barbari totalitari e forcaioli. Personalmente preferisco continuare a far distinzioni, da vecchio democratico liberale fuori moda.

lunedì 11 novembre 2019

TRUCCHI LOGICI DA QUATTRO SOLDI

Esiste un metodo infallibile per avere ragione in una discussione. Basta modificare la definizione di un ente in maniera tale da farla coincidere con quanto si sostiene, dopodiché additare quell'ente come “prova” che quanto si sostiene è vero.
Facciamo un esempio.
Poniamo che io voglia dimostrare sulla terra ci siano moltissimi marziani pronti a conquistarci.
Definisco “marziano” ogni essere umano coi capelli biondi.
Dopodiché sostengo che la presenza sulla terra di moltissime persone bionde “prova” il fatto che milioni di marziani sono fra noi.
Coloro che sostengono che in occidente e più in particolare in Italia esiste un “pericolo fascista” operano più o meno nello stesso modo.
Prima definiscono “fascista” chi è contro l'immigrazione clandestina, non è eurofanatico, vuole che in Italia le leggi le faccia il parlamento italiano e non la commissione europea e cose simili.
Poi si fanno forti del fatto che moltissimi sostengono cose simili per “provare“ l'esistenza di un “pericolo fascista”.
Per essere ancora più chiari:
prima stabiliscono che chi vota lega è “fascista”.
Poi, a fronte del fatto che più di un terzo degli italiani vota lega, possono sostenere che in Italia esiste una “emergenza fascismo”.
A quel punto scattano i tentativi di imbavagliare la rete, di restringere la libertà di parola, si fa di tutto per impedire libere elezioni e dolcezze di questo genere.

Il trucco può essere usato anche al negativo, quando si vuole negare che un certo ente abbia determinate caratteristiche. In questo caso basta sostenere che se quel certo ente HA invece quelle caratteristiche non è “autentico”, “vero”.
Ad esempio, poniamo che io voglia sostenere che i leoni sono erbivori.
Mi si indica un leone che sta divorando una zebra.
Io sostengo: “quello non è un VERO leone”.
Così "dimostro" di avere ragione.
Usano spesso e volentieri questo trucco coloro che sostengono che l'islam sia una “religione di pace”, laica, tollerante e democratica
A coloro che parlano di terrorismo, lapidazione della adultere, decapitazione degli apostati questi signori rispondono che chi fa simili cosette non è un “vero” islamico.
E così possono dire di avere "ragione".
E anche in questo caso scatta a repressione. Chi non cade nella trappola, non si fa ingannare dal giochetto rischia di essere accusato di “islamofobia”, “razzismo”, “sciovinismo” eccetera.

E' ovvio che modificando a piacere la definizione degli enti e/o inventandosi, sempre a piacere, enti “veri” o “falsi”  si può "dimostrare" tutto ed il contrario di tutto: lo stupro della logica.
Ma non è lo stupro della logica la cosa più grave.
Ad essere grave è l'attacco alla democrazia, alla libertà di parola, alla libera espressione del pensiero oggi in atto.
Va contrastato con tute le forze, prima che sia troppo tardi.

lunedì 4 novembre 2019

LA GRANDE CARESTIA

La grande carestia. La guerra di Stalin all'Ucraina

Sul finire degli anni '20 Stalin decide la grande svolta. La NEP, nuova politica economica, deve essere abbandonata. Fino a quel momento Stalin era stato alleato col maggior sostenitore della NEP: Bucharin. Sconfitta, grazie anche a quella alleanza, l'opposizione interna di Trotckij, Zinov'ev e Kamenev il georgiano si rivolta contro il suo alleato e ha buon gioco a sconfiggerlo. Stalin domina ormai totalmente un enorme apparato burocratico e repressivo che i suoi stessi oppositori hanno contribuito a costruire e che ora li schiaccia con irrisoria facilità.
La NEP aveva dato buoni risultati, sia in campo industriale che agricolo riuscendo a riparare almeno alcuni dei danni provocati dalla folle politica del comunismo di guerra. Ma nella NEP è insito un pericolo, che già Lenin e Trotckij avevano visto bene: se spinta alle sue logiche conseguenze porta al rinascere dei rapporti di produzione capitalistici. Si tratta di un pericolo mortale, non per il popolo russo, ovviamente, ma per il partito bolscevico ed il suo immenso apparato. Stalin questo lo sa bene, e agisce di conseguenza. Eliminata l'opposizione interna scatena nelle campagne la guerra ai contadini. Inizialmente la sua furia è rivolta contro i “kulak”, i contadini “ricchi” secondo Stalin. In realtà bastava possedere un appezzamento un po' più ampio della media e un paio di mucche per essere definito “kulak”. Poi ad essere coinvolti sono i contadini nella loro quasi totalità. Si requisiscono i loro raccolti, senza lasciar nulla neppure per le semine. Poi le requisizioni si ampliano: tutto viene loro strappato: ortaggi, frutta, pollame, addirittura piatti, stoviglie, indumenti, spesso la casa. Nel contempo si cerca di obbligare i contadini ad entrare nelle fattorie collettive dove vige nei fatti il lavoro forzato. Vengono pagati con un po' di cibo; praticamente tutto il frutto del loro lavoro è requisito dallo stato. Questa politica criminale provoca una carestia in cui, secondo stime prudenziali, trovano la morte, nella sola Ucraina, circa 4 MILIONI di esseri umani. E' il tragico Holodomor, letteralmente “sterminio per fame”.
L'agricoltura sovietica entra in una crisi da cui non si solleverà più.
L'apparato repressivo dello stato assurge a dimensioni ciclopiche. Per spezzare la resistenza dei contadini li si sottopone a deportazioni di massa. Per impedire che orde di affamati si riversino nelle città in cerca di cibo si instaurano i passaporti interni. I contadini non possono entrare nelle città del loro stesso paese, muoiono di fame nelle strade e nelle ferrovie che conducono alle località urbane. Per bloccare i “furti” di grano e generi alimentari si decidono pene severissime. Il “furto” di un pugno di frumento o di una patata, se scoperto, porta spesso alla fucilazione, sempre ad anni di lavori forzati in Siberia. Il tutto ovviamente in nome di una “superiore” forma di libertà.

Il libro di Anne Applebaun, “La grande carestia”, Le scie, Mondadori 2019, costituisce una narrazione appassionata e scientificamente rigorosissima di questa immane tragedia.
Il libro della Applebaum non si limita ad esaminare la carestia del 1931 - 34, che raggiunse il suo picco negli anni '32 – '33. Prende in esame un periodo più ampio della storia Ucraina. Si sofferma sul movimento nazionale ucraino, sulla partecipazione autonoma di gran parte degli ucraini alla guerre civile: le famose armate nere dell'anarchico Machno e quelle verdi dei contadini che non appoggiavano né i bianchi né i rossi. Esamina la carestia ucraina del '20 - '21, provocata dalle requisizioni del comunismo di guerra, la mini carestia del '28 – '29 e quella del 1947. Parla dell'occultamento della tragedia compiuto in URSS e del tentativo di minimizzarla messo in atto nella Russia post sovietica. Dedica spazio anche alla maniera mistificante con cui gli occidentali si sono rapportati alla grande carestia, tentando anche loro di minimizzarla se non di negarla, per motivi di real politik se non, a volte, di ipocrita stupidità.
Il saggio di Anne Applebaum è assolutamente rigoroso sul piano scientifico, scevro da intenzioni propagandistiche. Prova ne sia che sul problema fondamentale del numero delle vittime dell'Hodolomor corregge al ribasso numerose valutazioni delle stesse. Non si saprà mai il numero esatto delle vittime della grande carestia, si va dalle poche decine di migliaia ammesse dal regime ai sette, addirittura dieci milioni. La Applebaum, sulla base di recenti studi demografici, ritiene che il numero più vicino al vero sia di circa 4 milioni di morti causati direttamente dalla guerra mossa da Stalin ai contadini ucraini. Per rendersi conto di quanto sia mostruosa tale cifra occorre tener conto che l'Ucraina di quegli anni contava circa 31 milioni di abitanti, nel biennio '32-'33 perse quasi il 14% della sua popolazione. In un paese come la attuale Italia questo corrisponderebbe a quasi 8 milioni di morti.
Sempre restando nel campo delle cifre sono impressionanti i numeri che la Applebaum fornisce sull'andamento globale della popolazione sovietica. Nel 1934 la popolazione dell'l'URSS era di 168 milioni di persone. I demografi del regime prevedevano che nel 1937 fosse salita a 170, addirittura 172 milioni.. I dati del censimento del 1937 furono però una doccia fredda: la popolazione dell'URSS era scesa a 162 milioni: mancavano all'appello dai sei ai dieci milioni di individui. Stalin allora decise che il censimento era stato falsificato dalle spie dell'imperialismo e dalle forze antisovietiche. Il capo dell'ufficio censimenti finì di fronte al plotone d'esecuzione, molti suoi colleghi lo seguirono. Fu fatto un nuovo censimento e stavolta la popolazione dell'URSS “salì” a 170 milioni di unità. Se la realtà non quadra con le indicazioni del partito si cambi la realtà. E' una prassi d moda anche oggi.

Ma, pur molto accurato dal punto di vista scientifico, il libro della Applebaum non consiste affatto di fredde elencazioni di numeri e tabelle. E' invece emotivamente molto coinvolgente. Ricco di tragiche testimonianze su cosa fu davvero, per chi ebbe la sventura di provarla sulla sua pelle, la grande carestia. In pagine terribili e affascinanti l'autrice ci fa quasi vedere lo spettacolo orribile delle morti per fame, i villaggi abbandonati, i bambini che cercano disperatamente una patata marcia o una pannocchia di granturco da mettere sotto ai denti.
Particolarmente orripilanti le pagine sul cannibalismo che in quel periodo assunse in Ucraina dimensioni quasi di massa. La narrazione assume un carattere allucinante nei rapporti, ovviamente segreti, della polizia segreta sui casi di cannibalismo. Eccone uno:
“Una donna kulak si cinquanta anni (…) lungo la strada della stazione di Horodisce ha adescato un bambino di dodici anni di passaggio e gli ha tagliato la gola. Ha messo in una borsa gli organi ed altre parti del corpo. Nel villaggio di Horodisce il cittadino Serstjuk, abitante del posto, ha permesso alla donna di passare da lui la notte. In modo disonesto, lei ha fatto finta che gli organi provenissero da un vitello e ha dato al vecchio il cuore da bollire e arrostire. Esso è stato usato per cibare tutta la famiglia di lui”.
Nel freddo linguaggio di un burocrate il dramma appare se possibile ancora più spaventoso.

Anne Applebaum, come la gran maggioranza degli storici più seri, sostiene che la tragedia dell'Hodolomor non fu solo l'inevitabile conseguenza di una politica economica insieme demenziale e criminale. Fu questo, ma anche qualcosa di più: una scelta politica deliberata per piegare la resistenza dei contadini e del movimento nazionalista ucraino.
Sin dall'inizio i bolscevichi considerarono i contadini come potenziali nemici. Il contadino mira alla proprietà della terra quindi è difficilmente inquadrabile in una politica di pianificazione statale dell'intera economia. Inoltre in Ucraina la questione contadina si sommava alla questione nazionale. Gli stessi comunisti ucraini richiedevano spesso una ampia autonomia da Mosca, cosa del tutto inaccettabile per Stalin ed i suoi scherani. Quando Stalin lancia la politica della collettivizzazione forzata i contadini, ovunque ma in modo particolare in Ucraina, cercano di opporsi. Ci furono anche numerosi episodi di rivolta armata. Grazie alla morte per fame di milioni di persone e a spietate misure repressive la resistenza dei contadini e dei nazionalisti ucraini fu brutalmente spezzata. E il potere di Stalin enormemente rinforzato.

E' inutile dilungarsi ancora. Anne Applebaum è una delle massime esperte della storia sovietica. Ho letto tempo fa un altro suo libro, “la cortina di ferro”, dedicato alla imposizione del comunismo nei paesi “liberati” dall'armata rossa. In questo “la grande carestia” la saggista polacca naturalizzata statunitense supera però, a mio modesto parere, la sua precedente fatica, e non era affatto facile superarla.
Fra tanti i libri che fanno cattiva mostra di se negli scaffali delle librerie, fra le tante opere di nullità letterarie e sottonullità scientifiche che inquinano il panorama culturale italiano questo libro di Anne Applebaum costituisce una fortunata e preziosa eccezione. Consiglio a tutti di leggerlo. Ne vale davvero la pena.

sabato 2 novembre 2019

STEREOTIPI

Uno dei bersagli polemici della famosa commissione proposta dalla senatrice Segre sono gli “stereotipi”. Non bisogna creare stereotipi, dice.
Ma cosa è uno “stereotipo”?
Una delle definizioni è la seguente, tratta da Wikipedia:
Visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità”.
Un'altra definizione, sempre reperibile in rete, sottolinea che lo stereotipo è un generalizzazione che  "prescinde dalla valutazione dei singoli casi".
Tirando le somme: lo stereotipo è una generalizzazione semplificata, poco corretta, frettolosa, che non tiene nel debito conto tutta una serie di casi particolari.
Però, se così stanno le cose, un po' tutte le generalizzazioni hanno qualcosa dello stereotipo. Ogni generalizzazione prescinde da un buon numero di casi particolari. La celebre premessa maggiore del sillogismo perfetto di Aristotele: “tutti gli uomini sono mortali” prescinde dall'esame di una quantità potenzialmente infinita di casi particolari. Le generalizzazioni sono inferenze induttive e le inferenze induttive prescindono, per definizione, dall'analisi di tutti i casi particolari.
Ed ogni generalizzazione, anzi, ogni proposizione espressa in un linguaggio simbolico, è, per definizione, semplificata. “La terra è sferica”, si dice, ma le cose in realtà non stanno così, la terra non è affatto perfettamente sferica, definirla tale è il risultato di una semplificazione. Ed ancora, “l'anno solare si compone di 365 giorni” è una affermazione semplificata, in realtà l'anno solare non dura esattamente 365 giorni. Si potrebbe continuare...
Certo, esistono generalizzazioni e semplificazioni serie ed altre meno serie. Affermazioni scientificamente fondate ed altre che sono solo il risultato di fuggevoli impressioni. Ma il confine fra le due è estremamente sfuggente e difficile da individuare. Soprattutto, è LIBERTICIDA affidare ad una commissione il compito di stabilire volta per volta cosa è stereotipo e cosa no, ed adottare di conseguenza misure repressive.

Esaminiamo queste tre affermazioni.

1) “Il comunismo è una filosofia politica totalitaria”.

2) “L'Islam non è laico”
3) “I democristiani amavano il sottogoverno”

Tutte sono semplificazioni della realtà, tutte non tengono conto di moltissimi casi particolari, tutte non sono perfettamente fondate dal punto di vista scientifico. Sono per questo degli stereotipi? Le si deve censurare? Si deve punire chi le fa? Chi deve decidere in proposito?
E siamo certi che chi deve decidere in proposito non discrimini fra le tre affermazioni? Per un democristiano sarebbe probabilmente "stereotipo" la 3, per un comunista la 1, per un militante di più Europa la 2. Che fare allora? Censurare la uno, la due o la tre? Bel dilemma, vero?

La lotta agli stereotipi si può trasformare con facilità estrema in proibizione di ogni giudizio generale, tentativo nichilista di ridurre il generale in mera somma di particolari slegati fra loro. Non si deve parlare di Islam, meno che mai di terrorismo islamico, ma di Tizio, Caio e Sempronio che sono terroristi e, casualmente, anche islamici.
Ma la scienza, la politica, la filosofia, il discorso comune è tutto, per intero farcito di generalità, di affermazioni che vanno oltre l'immediato “qui” ed “ora” e sono quindi, in una certa misura, degli “stereotipi”.
Dietro l'attacco agli “stereotipi si nasconde in realtà una visione nichilista e totalitaria della politica, dell'uomo e della società. Forse anche questo è uno stereotipo. E allora?

sabato 26 ottobre 2019

VENTO LIBERTICIDA

Da tempo soffia in Italia un vento giustizialista, illiberale ed antidemocratico. Sono molte le forze politiche che lo alimentano o lo hanno alimentato. Nessuna però è tanto coerente ed aggressiva nel suo giustizialismo forcaiolo quanto il M5S. I “grillini” più di ogni altro hanno fatto della riduzione delle libertà individuali e collettive la loro bandiera.
Per rendersene conto basta leggere l'elenco che segue. Si tratta di leggi già approvate, o in via di approvazione, o di proposte di cui si discute. Molte sono, o sono state, sostenute da forze politiche diverse dal M5S, ma TUTTE hanno, od hanno avuto, nei “grillini” i loro più entusiasti sostenitori. Vediamole.

Legge Severino.
E' la famosa legge che prevede la ineleggibilità per chi sia stato condannato ad una pena superiore ai due anni di reclusione. Questo anche in assenza di una sentenza di interdizione dai pubblici uffici. Quella che prima era la conseguenza di una specifica decisione del giudice diventa qualcosa di automatico. Sei stato condannato quindi sei ineleggibile, anche se hai scontato la pena. Una legge in contrasto col principio liberale e democratico secondo cui la pena estingue il reato e chi ha pagato il suo conto con la giustizia può essere pienamente reintegrato nella società civile.

Legge sul conflitto di interessi.
Se ne parla da tempo immemorabile. Attualmente il M5S sostiene una proposta di legge che prevede la ineleggibilità a parlamentare di chiunque disponga di redditi e patrimoni superiori ad un certo limite. Chi è molto ricco potrebbe usare, dicono, la carica di parlamentare per fare i propri interessi. A parte il fatto che chiunque, anche se ricco non è, può usare la carica di parlamentare a fini privati, chi fa simili discorsi presume la colpevolezza a priori. Se sei ricco userai la carica di parlamentare per fare i tuoi interessi quindi ti impedisco di diventare parlamentare. Questo il “ragionamento” (si fa per dire). Roba da fare invidia a Lenin. La misura è chiaramente incostituzionale, ma questo per i grillini è solo un dettaglio.

Manette agli evasori.
Già ora esiste in Italia il carcere per il reato di frode fiscale. Il M5S vuole amplificarlo spedendo in galera chiunque evada più di 100.000 euro (prima erano 50.000). La cifra sembra elevata ma se riferita ad aziende che fatturano milioni non lo è affatto. Un amministratore potrebbe finire in carcere per un semplice errore contabile. Inoltre la legge è svincolata da qualsiasi misura di riduzione di una pressione fiscale elevatissima e di semplificazione di normative spesso incomprensibili. Insomma, nuovi vincoli e nuove compressioni della libertà.

Azzeramento della prescrizione.
La prescrizione è una misura di civiltà giuridica presente in tutti i paesi civili. Con la prescrizione si impedisce che esistano degli indagati e dei processati a vita e si impedisce parimenti che qualche solerte magistrato vada a spulciare nel passato di qualcuno, magari un personaggio politico “antipatico”, alla ricerca di qualche vecchio reato.
Secondo la “riforma” Bonafede a partire dal nuovo anno la prescrizione dovrebbe decadere dopo la sentenza di primo grado.
Visto che non è mai stato attuato l'articolo 111 della Costituzione che prevede che la legge fissi la durata ragionevole dei processi e visti i tempi biblici della italica giustizia una simile misura introdurrebbe in Italia la figura del processato a vita. Una barbarie.

Limiti all'uso del contante
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Se usi contante sei un evasore. Questo il ragionamento a priori dei “grillini” e non solo. Quindi non devi usare il contante. O, se lo usi, ti tassiamo.
Io guadagno onestamente 100, su 100 pago le tasse ma non posso spendere come mi pare ciò che mi resta. Sono obbligato a tenerlo in banca e sono obbligato ad effettuare pagamenti che siano “tracciabili”. In altre parole un burocrate sconosciuto può sapere ciò che faccio anche se io non vorrei che potesse saperlo. Il carattere illiberale, peggio, liberticida, di una simile misura è evidente.
Per inciso, nei paesi in cui è più diffuso l'uso della moneta elettronica non esiste alcun limite all'uso del contante. Non si tratta di opporsi al progresso tecnologico, si tratta di tutelare la libertà individuale.
 


Riduzione del numero dei parlamentari.
Sono troppi i parlamentari in Italia? C'è chi lo sostiene. Il calcolo però non va fatto in cifre assolute ma paragonando i parlamentari con l'ammontare della popolazione. Se si tiene conto di questo il numero dei parlamentari italiani non è più elevato di quello di altri paesi. In ogni caso meno parlamentari equivale a meno rappresentanza.
Se si ritenevano, giustamente, troppo elevati stipendi e prebende dei parlamentari si poteva benissimo ridurne l'importo per tutti. Ridurre gli stipendi ai parlamentari non è la stessa cosa che ridurre il numero degli stessi.
 


Proposta di abolire o limitare il voto agli anziani.
Ho già scritto sul mio blog su questa proposta e non intendo ripetermi. Telegraficamente: in Italia ed in ogni democrazia degna di questo nome le persone, una volta raggiunta la maggiore età, possono esercitare direttamente i loro diritti, compreso quello di voto. A meno che non siano interdette o dichiarate incapaci possono farlo sino al termine dei loro giorni, rispettando ovviamente tutti i diritti degli altri. Punto. La proposta di Grillo sulla abolizione del diritto di voto agli anziani lede in maniera mostruosa un simile principio ed è chiaramente incostituzionale. Eppure alcuni ne hanno discusso come se fosse una cosa seria. 


Non occorre andare oltre. Se si guarda all'insieme di queste leggi e/o proposte il quadro che emerge è chiarissimo. Meno democrazia, meno libertà, meno diritti. Meno garanzie e più potere a chi ti può mettere le manette. Per i Grillo, i Di Maio ed i Bonafede ogni limitazione dei diritti dei cittadini è una “grande vittoria”.
Battere questi cialtroni è un dovere etico oltre che una necessità politica.

lunedì 14 ottobre 2019

APPARIRE PROFONDI

Volete apparire “profondi” anche se dite emerite idiozie, raccontate palle colossali o, semplicemente, non dite NULLA? E' abbastanza semplice, basta seguire poche regole ed il gioco è fatto.
1) Dite ovvietà, ma ditele con aria grave, pensosa, misurando le parole. Ad esempio, fate un gran sospiro e sussurrate: “il tempo a nostra disposizione è limitato, tutti dobbiamo morire”. Oppure dite, con aria di sfida: “i soldi non possono comprare tutto”. Si tratta di banali ovvietà, ma dette nel modo giusto sembrano perle di saggezza.
2) Contradditevi. Ma fatelo in maniera allusiva, come se dietro alla contraddizione si celi chissà quale profonda verità. Ad esempio, dite: “la salute è la peggiore delle malattie”, oppure: “nulla è tanto anormale quanto la normalità”.
Si tratta di stronzate, ma sembrano celare profondissime verità.
3) Presentate come sconvolgenti novità cose vecchie. Ad esempio affermate con aria sconvolta: “l'innovazione tecnologica rivoluziona i processi produttivi, modifica la composizione della società!”. Si tratta di una cosa molto vecchia, ne parlava già Marx e prima di lui Adam Smith. Ma se strillate che questa è una “sconvolgente novità con cui occorre fare i conti” farete la figura di chi sa vedere il nuovo che avanza.
4) Raccontate un sacco di palle, ma fatelo con aria ispirata, facendo precedere le palle da affermazioni generiche tipo: “gli scienziati affermano”, Oppure: ”esiste un progetto che...” o: “alla NASA stanno effettuando ricerche su...” (la NASA è sempre un'arma sicura, intanto, chi mai andrà a verificare cosa combinano alla NASA?). Ad esempio potete dire: “ci sono dei progetti per costruire pale eoliche alte 200 metri perché a 200 metri di altezza tira sempre vento...”. E' una colossale cazzata, ma chi la spara può sembrare un illuminato profeta.
5) Usate un linguaggio oscuro. Nessuno vi capirà ma molti diranno: “che persona colta!”. Il filosofo francese Felix Guattari ad esempio afferma: “Vediamo con chiarezza (sic) che non c'è una corrispondenza biunivoca fra catene significanti lineari o archi struttura a seconda dell'autore e questa catalisi macchinica multireferenziale, multidimensionale.” (citato in: Stephen Law: Credere alla cazzate, ed. Uaar 2015 pag. 212.).
Nessuno ovviamente ci capisce una mazza, forse neppure Guattari, ma molti si diranno convinti che tali oscure parole nascondano una abissale profondità di pensiero.
Si potrebbe continuare ma penso possa bastare. Ora, proviamo ad ascoltare un discorso di Beppe Grillo e troveremo molti esempi dei primi quattro trucchi. Per imbattersi nel quinto occorrerà leggere il testo di qualche filosofo post moderno o ascoltare le elucubrazioni di Diego Fusaro.
Meglio evitare. Anche la sopportazione ha i suoi limiti.

domenica 22 settembre 2019

CENSURA

Inutile nasconderlo: esiste il problema della censura su FB. Una censura pesante, che colpisce quasi esclusivamente in una certa direzione.
Qualcuno sostiene che è diritto di FB censurare chi vuole. Si tratta di una struttura privata, si dice, con suoi codici di comportamento. Chi non li condivide può andarsene. In fondo se io fossi proprietario e direttore di un giornale sarei liberissimo di non ospitare sullo stesso articoli che non mi piacciono, e in casa mia faccio entrare chi mi pare, almeno per ora.
Ma stanno davvero così le cose? NO.
FB NON è un giornale e neppure una casa editrice, i cui direttori sono responsabili di quanto stampato. Non è neppure una casa privata. La si può paragonare piuttosto ad una edicola, o ad una rete televisiva, o ad un albergo.
Se sono un edicolante NON posso rifiutarmi di vendere nella mia edicola giornali che esprimono idee politiche non di mio gradimento. E la direzione di una rete televisiva può essere politicamente orientata, ma NON PUO' rifiutarsi di render note opinioni diverse dalle sue. Allo stesso modo se sono un albergatore ho pieno diritto di pretendere che chi dorme nel mio albergo paghi il conto, consegni i documenti nella hall, non disturbi gli altri ospiti, rispetti gli orari, se ce ne sono eccetera. NON HO però il diritto di non ospitare nel mio albergo persone col colore della pelle diverso dal mio o con idee politiche che non condivido.
L'argomento di chi sostiene che FB può censurare chi vuole ricorda gli argomenti di coloro che negli USA si opponevano alla legge sui diritti civili. “Non si tratta di razzismo”, dicevano, “noi difendiamo le libertà individuali. Un barista ha il diritto di non fare entrare nel suo bar persone di colore. Sbaglia, ma è suo diritto farlo”.
L'argomento non è peregrino ma è, nella sostanza, radicalmente sbagliato. Chi esercita una attività pubblica (attenzione: ATTIVITA' PUBBLICA, non TRANSAZIONI PRIVATE) ha diritto di chiedere al potenziale cliente quanto direttamente connesso con questa attività. Non ti ospito nel mio albergo se non paghi il conto, o se usi la stanza come sala da ballo. Non entri in un cinema fumando. Non fai a pugni in un bar. Non fai sesso in un taxi. Ma NON HA diritto di negare i suoi servizi a persone che pagano il conto e rispettano i vari regolamenti, ma hanno idee, colore della pelle, credo religioso che all'esercente non piacciono. Se un simile diritto fosse concesso si impedirebbe di fatto a certe categorie di persone di usufruire di essenziali servizi pubblici. In questo alcuni diritti connessi alla libertà individuale trovano dei limiti nelle esigenze della civile convivenza. Nulla di strano in questo: TUTTI i diritti sono in qualche modo limitati in una società libera.
I social sono oggi uno dei grandi canali che contribuiscono al formarsi della pubblica opinione. NON è possibile accettare una prassi che limita, spesso pesantemente, l'uso di questi canali. Esistono leggi contro la calunnia, la diffamazione, la diffusione di notizie false eccetera. Solo in relazione alle violazioni di queste è accettabile la censura, fermo restando che in ogni caso la parola finale deve spettare alla magistratura. Ma che uno Zuckerberg qualsiasi si eriga a giudice di quali opinioni possano essere diffuse e quali no è assolutamente INACCETTABILE.

venerdì 20 settembre 2019

ALTERNATIVA "RIDUTTIVA"

Quella fra porti aperti e porti chiusi è una alternativa falsa, riduttiva”.
Lo ha detto il premier Conte. Così parlò Zarathustra!
Esiste un orribile neologismo nella nostra bella lingua: “benaltrismo”. Questa parola mostruosa indica l'atteggiamento di chi, posto di fronte ad un problema e alle proposte di chi cerca dare ad esso delle risposte, esclama: “ci vuole BEN ALTRO!”
Esiste ad esempio il problema della delinquenza. Qualcuno avanza la proposta di inasprire le pene per certi reati e di aumentare in certe zone delle città i controlli di polizia. Il benaltrista subito esclama. “ci vuole ben altro!”. E prosegue ricordando al suo ignorante interlocutore che la delinquenza ha cause profonde. Dietro alla delinquenza, ad uno stupro ad esempio, c'è il degrado economico e sociale, ci sono modi di ragionare vecchi di secoli, c'è una psicologia sedimentata, un certo modo di intendere i rapporti fra i sessi eccetera eccetera. “Di fronte a problemi di simile portata" esclama in benaltrista, "cosa proponete voi, miseri ometti piccolo borghesi? Inasprimento delle pene, controlli di polizia! Come siete piccoli, miserabili!BEN ALTRO ci vuole!".

Non voglio ora discutere se certe “cause” abbiano o meno l'importanza che tanti sembrano attribuir loro. Il legame, ad esempio, fra delinquenza e degrado economico esiste, ma non è affatto così diretto come qualcuno crede. Non è questo però, ora, il punto da trattare. Quello che invece mi interessa discutere è l'atteggiamento di chi respinge o giudica “riduttiva” ogni proposta tendente a risolvere, o a rendere meno grave, un problema perché questa proposta non risolve il problema nel suo complesso.
O si eliminano tutte le cause della criminalità, o si crea un mondo di angeli in cui nessuno commetta più atti di violenza, o tutte le proposte tendenti a risolvere questo o quell'aspetto del problema criminalità, a renderlo meno grave, più gestibile, sono “riduttive”.
Siamo di fronte ad una delle manifestazioni del pensiero utopico. O si risolve un problema alla radice, eliminandolo semplicemente dal mondo, o tutto è “riduttivo”.
Per venire al problema della immigrazione clandestina, o si crea un mondo in cui nessuno sia più spinto ad emigrare clandestinamente o qualsiasi proposta tendente a combattere l'immigrazione clandestina, a ridurre partenze ed arrivi, a rimpatriare chi non è in regola è qualcosa di inutile, “riduttivo”. Per limitarci all'Africa, fino a quando l'Africa non avrà uno sviluppo economico più o meno pari a quello dell'Europa ci saranno africani invogliati ad emigrare clandestinamente in Europa. Ed ogni tentativo di bloccarli non potrà che essere “riduttivo”.
Che fare nel frattempo, mentre si attende che l'Africa raggiunga economicamente il vecchio continente? Nulla, o meglio, accogliere tutti i migranti “ripartendoli equamente” fra i vari paesi europei. Fantastica soluzione che porterà al collasso l'Europa senza aiutare in Africa alcun decollo economico. Perché, lo sanno tutti, i processi controllati di emigrazione regolare possono aiutare la crescita economica, i trasferimenti di popolazioni NO. E come potrebbero? Come può il paese A decollare economicamente se una parte consistente della sua popolazione si sposta nel paese B? Le soluzioni “globali”, utopiche non risolvono alcun problema, li aggravano tutti.

Tornando ai porti chiusi, non è vero che si tratti di una soluzione “riduttiva”. Certo, chiudere i porti non elimina tutti gli ingressi di clandestini, ma li riduce drasticamente. Trasforma una emergenza drammatica in un problema gestibile e controllabile. Non a caso i paesi che tengono ben chiuse le frontiere ai clandestini non hanno a che fare con emergenze neppur lontanamente paragonabili a quelle con cui ha a che fare l'Europa occidentale. Non esiste una emergenza migranti in Giappone, o in Australia, o in Nuova Zelanda, o in Ungheria, o in Polonia, o nella repubblica Ceca. Di certo ci sono anche in quei paesi dei clandestini, ma la loro presenza non crea situazioni drammatiche come quelle che sono costretti a vivere paesi come il Belgio o la Francia.

Del resto, a proposito di “soluzioni riduttive”, nulla è tanto “riduttivo” quanto la proposta di “distribuire equamente” i migranti in Europa”.
In primo luogo una simile proposta da per scontato che, in un periodo neppur troppo breve, l'Europa cessi di essere tale. Solo delle persone stupide o in cattiva fede possono pensare che l'Europa sarà sempre
Europa il giorno in cui la metà o anche solo il 30% della sua popolazione dovesse essere musulmano. Chi punta tutto sulla “equa distribuzione” in realtà cerca solo di indorare la pillola. L'Europa cesserà di esser tale ma intanto ripartiamoci chi la farà cessare di esser tale. L'agonia della nostra cultura sarà un po' più lunga e un po' meno dolorosa.
In secondo luogo una simile proposta è del tutto irrealistica. Si, irrealistica perché, malgrado i belati di Conte, i vari paesi europei non hanno alcuna intenzione di prendersi altri migranti. Francia e Belgio ad esempio sono già stracariche di migranti. Normale che non ne vogliano più. Meno normale che strillino “accoglienza” e dirottino tutti in Italia. Ma è questo ciò che avviene, e continuerà ad avvenire, piaccia o non piaccia la cosa al signor Giuseppe Conte.

No, la alternativa fra porti aperti e porti chiusi non è né falsa né riduttiva. Infatti il governo giallo rosso ha fatto la sua scelta,
per i porti aperti. E gli sbarchi hanno da subito subito un notevole incremento. Altro che “riduzioni”!

domenica 15 settembre 2019

REDISTRIBUZIONE DEI MIGRANTI?


Ocean Viking, l'Italia assegna Lampedusa: 82 migranti divisi in cinque Paesi


I migranti della “Ocean Viking” sono sbarcati, tanto per cambiare, in Italia. Ma Francia, Germania ed “altri” se ne prenderanno una parte. Esultano i militati del PD. “Avete visto?” chiedono festosi, “l'Europa ci da una mano, si prende una bella fetta di migranti, non come quando c'era quel mostro di Salvini”.
Ci sarebbe da chiedersi come mai quando c'era il mostro l'Europa di migranti non voleva neppur sentir parlare; forse per i “buoni” l'accogliere o meno qualcuno è una forma di aiuto o di pressione politica. Molto interessante, molto... “caritatevole”. Lasciamo perdere...
Facciamo invece qualche domandina e qualche considerazione.

- Se la cosiddetta “europa” è disposta a redistribuir i migranti perché mai questi continuano a sbarcare in Italia? La Ocean Viking poteva raggiungere un porto francese o spagnolo, in quello i migranti sarebbero potuti sbarcare e da lì, dalla Francia o dalla Spagna, si sarebbe potuto provvedere alle operazioni di “redistribuzione”. Queste averanno invece, guarda caso, in Italia.

- La gran parte dei migranti che da tempo avrebbero dovuti essere accolti fuori dall'Italia sono ancora nel nostro paese, compresi quelli della famosa “Diciotti” che avrebbero dovuto essere smistati, se ricordo bene, in Albania. Sono gli stessi migranti che, un volta sbarcati in Italia, rifiutano di abbandonarla. E le loro pretese trovano orecchie attente e grandi solidarietà qui da noi. Insomma, l'importante è sbarcare... e la “redistribuzione”? Si vedrà....

- Malgrado manchi qualsiasi accordo scritto, qualsiasi cosa che abbia anche vagamente la forma di un trattato, sono in molti a parlare di un grande risultato raggiunto dal governo Conte bis. Ci sarà, sempre, la “redistribuzione”, dicono. La Francia e la Germania si prenderanno ognuna il 25% dei migranti, “altri” (si, genericamente “altri”) se ne prenderanno il 40% e l'Italia si terrà solo il restante 10%. Evviva!

- Domandina: queste percentuali a chi si riferiscono? Alla totalità di chi arriva o solo a coloro che vengono riconosciuti come profughi? La differenza è fondamentale. I profughi veri sono una piccola minoranza dei migranti. Se, come appare quasi certo, le percentuali si riferiscono ai “profughi” Francia, Germania ed “altri” si prenderanno il 25% o il 40% di questa piccola minoranza. Il resto resterà sul groppone dell'Italia. Ma che bello! E DOVE si faranno le verifiche per stabilire chi è “profugo” e chi non lo è? Chissà perché ho il vago sospetto che si faranno nel paese in cui sono nato e vivo...

- Il meccanismo di redistribuzione dovrebbe avvenire su base volontaria. Chi non accetta i migranti dovrebbe essere multato. Il condizionale è d'obbligo visto che non c'è assolutamente nulla di scritto, di ufficiale. In ogni caso, è chiarissimo che chi non vuole i migranti preferirà una multa alla accoglienza. Quanto a pagarla, quella multa, campa cavallo!

Tutte queste considerazioni però sono, a ben vedere le cose, secondarie, non toccano, neppure sfiorano, il centro del problema. In realtà è il concetto stesso di “equa redistribuzione dei migranti” ad essere del tutto fuori luogo.
Il problema vero non è “redistribuire” i migranti. Il problema vero, drammatico, urgente è bloccare le partenze e gli arrivi. Ed è un problema che riguarda tutta l'Europa, non la sola Italia.
Quella a cui stiamo assistendo non è una emergenza, un fatto limitato nel tempo e nello spazio, non riguarda singoli individui, o piccoli gruppi.
Quello a cui stiamo assistendo è un trasferimento di popolazioni da un continente, quasi da due, ad un altro. Un fenomeno di dimensioni massicce che in nessun modo può essere ridotto a mera sommatoria di emergenze.
Di fronte ad un simile fenomeno tutti i discorsi sul “porto più sicuro”, il “salvataggio di naufraghi”, il “diritto di asilo” diventano privi di senso. Meglio, sono discorsi che hanno il loro valore nelle aule dei tribunali, o nelle controversie legali fra stati, ma sono del tutto fuori luogo se da questi si vuole partire per rapportarsi ad un fenomeno che ha davvero valenza epocale. Le varie leggi sul diritto di asilo o sui “porti sicuri” riguardano emergenza, casi eccezionali, singoli individui o gruppi, qualcosa che poco o nulla ha a che vedere coi fenomeni in corso.
E poco a che vedere con questi fenomeni ha “l'equa redistribuzione dei migranti”.
L'Europa è già stracarica di migranti. Diciamo la verità, paesi come la Francia o il Belgio stanno davvero peggio che l'Italia. Intere aree della Francia, molti quartieri di Parigi sono ormai tutto meno che Parigi o Francia. E si tratta di autentiche polveriere, pronte a scatenare terribili esplosioni di violenza.
E' del tutto comprensibile ed accettabile che la Francia di migranti non ne voglia più. E' invece meno comprensibile ed accettabile che il governo francese strilli: “accoglienza”, salvo poi pretendere che di questa si debba far carico l'Italia.
Di fronte agli spettacoli di una Europa che parla di “ponti e non muri”, ma vuole che i migranti restino in Italia, o di navi ONG tedesche che pretendono sempre di sbarcare a Lampedusa, di fronte a questi spettacoli indecenti è giusto chiedere la “redistribuzione”. In quanto tale però la “redistribuzione” non risolve alcun problema, anzi, lo allarga.

La domanda che ogni politico degno di questo nome dovrebbe farsi è la seguente: “l'Europa è in grado di assorbire il trasferimento di popolazioni in atto? Può, restando se stessa, accogliere milioni, decine, forse centinaia di milioni di africani e di medio orientali in larga maggioranza di religione islamica?”
Basta farsi la domanda per avere la risposta.
L'Europa non può far fronte ad un simile trasferimento di popolazioni. Non lo può reggere economicamente, socialmente, politicamente. Non lo può, soprattutto, reggere culturalmente. Se i processi in corso continueranno l'Europa cesserà molto semplicemente di essere Europa. Diventerà prima un aggregato semi tribale di etnie, la Francia un po' lo è già, si trasformerà in seguito in qualcosa di simile ad un Califfato. In ogni caso NON sarà più Europa. Sarà qualcos'altro.
Chi parla sempre di “redistribuzione” in realtà questo processo lo da per scontato. Lo ritiene inevitabile e si preoccupa di renderlo intanto un po' digeribile a quei rozzi europei che non lo gradiscono. Personalmente ritengo invece che sia possibile. e prima ancora che possibile sia doveroso opporsi a processi destinati a distruggere una civiltà millenaria. Chi parla di “impossibilità” dimentica di aggiungere che sono proprio le politiche che lui propugna a rendere impossibile ciò che impossibile non è
E tanto basta.

martedì 3 settembre 2019

SI, LO SCHIFO E' SERVITO

1) La cosa scandalosa non sta nel fatto che i militanti 5S abbiano votato, ma che siano stati gli UNICI a poter votare.

2) E' scandaloso che un partito faccia un accordo che impedisce il voto di DECINE DI MILIONI di Italiani ed esalti poi la “democrazia diretta” che permette a alcune migliaia di SUOI iscritti di votare.

3) Il paragone con quanto avvenne dopo il 4 marzo 2018 è assurdo: allora SI ERA APPENA VOTATO nessuno chiedeva nuove elezioni.

4) Il fatto che abbiano vinto i SI non conferisce legittimità alcuna al governo che sta per nascere. Anzi proprio questo fatto dimostra la distanza siderale fra tale governo ed il paese reale.

5) PD e 5S NON sono stati votati da milioni di italiani. Il loro accordo non ha trovato eco nel paese reale. Tutti i consensi che il loro governo ha raccolto si riducono ad alcune migliaia di voti dei SOLI militanti 5S raccolti sulla piattaforma di una società privata, che molti sospettano essere ampiamente manipolabile.

6) Renzi giunse al governo grazie ad una manovra tutta interna al PD. Il Conte bis nasce grazie al vto di un pugno di militanti grillini. Le istituzioni della democrazia vengono sostituite da consultazioni interne ai partiti. Fra un po' le primarie del PD sostituiranno le lobere elezioni. Far votare il popolo è "populista"!

7) Il governo Conte bis è e resta più che mai il governo degli sconfitti, di coloro che hanno preso sonore batoste tutte le volte che hanno osato confrontarsi col voto popolare e che riescono a governare grazie ad un accordo senza principi.

8) E' ormai da tempo immemorabile che il PD ci governa senza MAI vincere alcuna elezione. Tutto questo non ha NULLA a che vedere con la democrazia.

9) Abbiamo un capo dello stato eletto da un parlamento in cui il PD godeva di una maggioranza bulgara grazie ad una legge elettorale incostituzionale,
IL CSM è scosso da una scandalo senza precedenti.
Il parlamento ed il governo sono distanti anni luce dal paese vero.
Ormai viviamo in una situazione di sostanziale illegalità istituzionale

10) Non so se il governo degli sconfitti potrà durare, di certo NON risolverà nessun problema, li aggraverà tutti. Per impedire il crollo di ciò che resta della democrazia in Italia occorre che l'opposizione a questo schifo sia durissima. Legale, non violenta ovviamente, ma condotta a tutti i livelli, senza sconto alcuno. L'opposizione cavalleresca si fa quando si ha a che fare con dei gentiluomini. Non è questo il caso.

giovedì 29 agosto 2019

IL MOSTRO

Sta nascendo il mostro. Il peggior governo della storia della repubblica, frutto di un tradimento aperto, arrogante, senza mascheratura alcuna della volontà popolare per come questa si era espressa nelle elezioni del marzo 2018 e per come si è venuta configurando in tutte le successive tornate elettorali. Il governo degli sconfitti. Del PD, grande sconfitto delle politiche del 2018 e del M5S che in tutte le consultazioni elettorali successive ha visto franare i propri consensi.

Con monotona, testarda ripetitività tutti i media hanno ripetuto in questi giorno che l'Italia è una repubblica parlamentare, che gli elettori non eleggono il governo, che questo si forma in una libera dialettica parlamentare sotto la regia del capo dello stato. Tutte ovvie verità, che però hanno pochi nessi con quanto sta avvenendo in questa calda fine di agosto.
E' vero, in Italia gli elettori non eleggono il capo del governo, ma forse da questo discende che il governo che viene a formarsi dopo le elezioni debba essere sostenuto da maggioranze del tutto slegate, anzi, contrapposte alla volontà degli elettori? L'essenza, per usare una parolona, della repubblica parlamentare consisterebbe nel fatto che gli elettori votano A che sostiene il programma P e si vedono poi governati da B che sostiene il programma Q, opposto di P? Se così stessero le cose la repubblica parlamentare sarebbe una schifezza, esattamente come il governo che sta nascendo in questi giorni.
Ma le cose stanno in maniera leggermente diversa.
E' vero, la costituzione non obbliga il capo dello stato a sciogliere le camere quando si apre una crisi di governo, ma neppure gli impedisce di farlo. Le consultazioni del capo dello stato e la sua azione di regia delle crisi mirano, dovrebbero mirare, ad assicurare al paese un governo retto da una solida maggioranza parlamentare che non sia in aperto, tragico contrasto con la volontà espressa dal corpo elettorale in libere e lezioni. Il discorso, che in tanti ripetono ossessivamente secondo cui il capo dello stato non può sciogliere le camere se nel corso delle consultazioni emerge in parlamento una maggioranza qualsiasi, anche in totale contrasto con la volontà popolare, anche frutto di un tradimento aperto di alcune forze politiche nei confronti dei propri stessi elettori, è semplicemente falso. Questa presunta impossibilità di sciogliere le camere in presenza di una simile maggioranza posticcia è una palla. Il capo dello stato non è affatto obbligato ad avallare una simile schifezza. Non è obbligato a sciogliere le camere, ma neppure a non scioglierle. Farlo o non farlo dipende dalla sua valutazione ed in questa valutazione le considerazioni sulla armonia fra il governo che si sta formando e quello che i costituenti chiamavano “lo spirito” del paese, il suo orientamento politico dovrebbero avere la priorità. Se non la hanno si tratta di una scelta del capo dello spato, non di un obbligo costituzionale.
Del resto, se in una crisi di governo la cosa più importante fosse quella di stabilire se esiste in parlamento una maggioranza qualsiasi, anche del tutto scissa dalla volontà manifestata dal corpo elettorale, se questa davvero fosse la cosa fondamentale, non ci sarebbe bisogno di consultazioni, basterebbe una calcolatrice. PD + 5S + LEU + chissà chi, magari Casa Pound se fosse in parlamento o il partito comunista di Rizzo, arrivano ad una qualsiasi stiracchiata maggioranza? Se si i giochi sono fatti. Alla faccia del popolo bue.
No, non è questo il vero spirito della costituzione, se no proprio non si capirebbe perché mai questa, al suo articolo
UNO, dichiara solennemente che “la sovranità appartiene al popolo”. Per quanto la nostra costituzione sia criticabile, in quanto non prevede norme che rendano impossibili schifezze come quella che sta nascendo, la sua essenza profonda è estranea al miserabile gioco di palazzo di questi giorni. Questo non contraddice formalmente la lettera della costituzione. Ne contraddice tuttavia lo spirito. Legale nella forma è illegale ed incostituzionale nella sostanza.

Mai in passato si era avuta una simile conclusione di una crisi di governo. Gli stessi governi Monti e Dini, risultato di manovre di palazzo e, almeno il secondo, di violente pressioni della UE, si erano formalmente presentati come governi “tecnici” sostenuti dalla stragrande maggioranza del parlamento. Questo no, questo è, vuole essere, un governo di legislatura, frutto di una
alleanza politica fra forze che fino a ieri si scambiavano le più roventi accuse. Qualcuno potrebbe obiettare che anche lega e 5S non si erano presentate alleate al corpo elettorale. E' vero, infatti lo scandalo non sta nella alleanza in se fra PD e 5S. Lo scandalo sta nel fatto che la alleanza fra PD e 5S viene dopo che questi hanno governato per 15 mesi circa con la lega. Sta in una forza politica che cambia alleanze e programmi con la stessa disinvoltura con cui un uomo cambia la camicia. Ieri sostenevano i porti chiusi, domani sosterranno quelli aperti. Ieri accettavano i decreti sicurezza, domani la loro abolizione. Ieri erano critici feroci “dell'Europa delle banche”, domani ne saranno i fedeli servitori. Questo è lo scandalo, questo 'inganno nei confronti dei propri elettori. Questa la schifezza.

“L'uomo è per natura un animale politico”, afferma Aristotele nella sua “
Politica”. La politica è parte essenziale della natura umana. Ma, che politica?
Intesa in senso nobile la politica consiste nel contrapporre idee, valori, interessi, programmi propri alle idee, ai valori, agli interessi ed ai programmi dei propri rivali, rivali,
NON nemici.
Ma c'è un altro modo di intendere la politica. La si può degradare a mero strumento per impadronirsi di poltrone e prebende e fare qualsiasi cosa pur di non mollarle. Questo è quanto hanno fatti i “grillini” in questa crisi di governo.
E la si può intendere come finalizzata ad acquisire posizioni di potere sempre più estese, ad esempio non rinunciando alla presidenza della repubblica, e/o a far fuori con qualsiasi mezzo il
nemico politico. Farlo fuori non sfidandolo alle elezioni, contrapponendo ai suoi valori, alle sue idee, agli interessi che difende, ai suoi programmi altri programmi, interessi, idee, valori, no, farlo fuori con l'uso politico della giustizia, o con gli accordi sottobanco con chiunque, o con la mobilitazione dei faziosi. Salvini era stato individuato dai dirigenti del PD come il nemico principale e come tale andava abbattuto, non sconfitto alle elezioni, no, allontanato dal governo tramite un accordo senza principi con coloro di cui sino ad un minuto prima si era implacabili nemici. Domani potrebbero servire allo stesso scopo i magistrati politicizzati.
“Non possiamo votare perché se si votasse vincerebbe Salvini” ha detto pochi giorni fa la signora Boschi. Molto interessante. E se fra un po' di tempo, quando si sarà
OBBILGATI a votare Salvini godesse ancora di un vasto consenso popolare cosa farebbero la signora Boschi ed il signor Renzi? Cercherebbero di abolire le elezioni? Stiano bene attenti: non è un gioco facile.

Forse pochi si rendono conto fino in fondo della situazione anomala in cui si trova l'Italia.
Abbiamo un presidente della repubblica eletto da un parlamento in cui il PD disponeva di una maggioranza bulgara grazie ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale.
Un parlamento la cui composizione dista anni luce dal paese reale.
Un governo che dallo stesso paese reale dista milioni di anni luce.
Una magistratura al cui vertice sta un organismo scosso da una crisi senza precedenti, su cui è calata la cappa di piombo di un totale silenzio.
Si aggiunga che siamo sottoposti a continui ricatti da parte della UE, che la situazione economica è, a dir poco, insoddisfacente e che siamo la meta predestinata di massicce ondate migratorie che si configurano sempre di più come un trasferimento di popolazioni da un continente all'altro.
Il nostro paese, la sua classe politica con i suoi giochetti da basso impero romano e le sue strutture istituzionali traballanti assomigliano sempre di più ad un sacco vuoto. Governo, parlamento, cariche istituzionali, grande stampa ricordano l'orchestra che suonava mentre il Titanic affondava. Quasi tutti sono talmente indaffarati a discutere di Conte e Di Maio, Renzi e Zingaretti da non capire più i processi reali, anche quando questi assumono dimensioni macroscopiche.
I sacchi vuoti si afflosciano prima o poi. E quando questo avviene sono guai per tutti, e suona la campana a morto per la democrazia.
Sbarazzarsi il prima possibile di un governo di traditori del corpo elettorale, guidati da una boriosa nullità è necessario per ridare un minimo di credibilità alle istituzioni, ed un minimo di speranza al paese.
Solo un minimo.

venerdì 23 agosto 2019

IL PARTITO DELLA GUERRA CIVILE

Facciamo un esperimento mentale. Elezioni politiche del 18 aprile 1948. La DC si presenta al corpo elettorale come “diga contro il comunismo” e vince alla grande. Nettamente sconfitto il fronte popolare di PCI e PSI.
Dopo le elezioni si riunisce la direzione democristiana e... sorpresa, decide di fare un accordo col PCI. Nasce un governo DC - PCI con l'appoggio esterno del PSI che lascia da soli all'opposizione repubblicani, liberali, socialdemocratici ed altri.
Sarebbe stata “conforme ai principi della democrazia parlamentare” una simile soluzione? Il capo dello stato la avrebbe avallata? Basta fare la domanda per avere la risposta.
L'Italia è una repubblica parlamentare, il popolo non elegge il capo del governo. Questo nasce dalle trattative fra le forze politiche sotto la regia del capo dello stato. Ma la complessa procedura che porta alla formazione dei governi si basa tutta sul presupposto che le maggioranze che verranno a formarsi non devono essere in contraddizione con la volontà popolare, così come questa si è manifestata nelle elezioni politiche.
Se così non fosse le elezioni potrebbero, molto semplicemente, essere abolite e non si vedrebbe perché l'articolo uno della costituzione stabilisca solennemente che a sovranità appartiene al popolo.
Si tratta di ovvietà, me ne rendo conto, ma val la pensa di ripeterle perché qualcuno la pensa ben diversamente. Per qualcuno democrazia parlamentare vuol dire che si possono formare in parlamento maggioranze che fanno a pugni coi risultati elettorali. In effetti la lettera della costituzione lo permette (e questo è un suo grave difetto che andrebbe corretto), ma, si può dire altrettato del suo spirito? Non credo.
Per certi personaggi non ci sarebbe stato nulla di strano se il 19 aprile 1948 si fosse formato un bel governo DC PCI!
E questo dice tutto,mi pare.
Diciamolo chiaro e tondo: per certi personaggi la democrazia è un inutile ciarpame.
La signora Boschi che dice che non si deve votare perché se si vota vince Salvini.
Il signor Gino Strada che afferma che gli italiani sono in maggioranza dei coglioni da spazzare via.
Il signor Bersani che si dichiara pronto a fare la legge sullo ius soli anche se l'80% degli italiani è contrario.
Tutti questi personaggi disprezzano la democrazia fondata sul suffragio universale. Disprezzano il popolo e le persone comuni. Contrappongono a queste le elites coltissime di cui LORO sarebbero gli esponenti (e qui se non ci fosse da piangere ci sarebbe davvero da sghignazzare: Bersani esponente degli intellettuali...)
Se fossero coerenti e coraggiosi questi personaggi farebbero la proposta di ABOLIRE ELEZIONI E DEMOCRAZIA. Ma non sono né coerenti né coraggiosi.
Stiano attenti però, perché la abolizione della democrazia NON elimina la lotta politica, la trasferisce ad altri livelli. Livelli terribili, tragici, che ogni persona di buon senso dovrebbe cercare di evitare come la peste. E che hanno un nome: GUERRA CIVILE.
Il partito di chi oggi disprezza la democrazia, il popolo, il suffragio universale, la democrazia è il PARTITO DELLA GUERRA CIVILE. Ne siano o meno consapevoli i suoi esponenti.
Non sto dicendo che questa sia probabile, meno che mai che sia auspicabile. Sto dicendo che contrapporre, per meri problemi di POLTRONE, il parlamento agli elettori, il governo al popolo formalmente sovrano è una pratica che accresce e drammatizza tutte le tensioni e può portare il paese sull'orlo del baratro.
Fermare questi pazzoidi è un dovere civico!

mercoledì 21 agosto 2019

RISPOSTA AD UN CRETINO CHE NON MERITEREBBE RISPOSTE.

Ho letto in rete alcune considerazioni di un cretino sulla democrazia liberale. Non meriterebbero commenti e confutazioni di sorta. Se dedico loro qualche considerazione è solo perché su tratta di idiozie abbastanza diffuse, specie fra gli ignoranti che si credono molto colti. Non faccio il nome di questa persona: non mi va di infognarmi in polemiche personali e, meno che mai, discutere con un simile elemento.
Esaminiamo quanto dice questo signore (per comodità lo chiamerò Tizio) e diamo alcune telegrafiche risposte.
Tizio esordisce dicendo:
“ Questa idea secondo cui la parola debba tornare al popolo quando cade un governo, (…) a me pare, oltreché profondamente illiberale, del tutto bizzarra”.
Nessuno dice, ovviamente, che si deve votare ogni volta che cade un governo. Si deve, o si dovrebbe, tornare a votare quando una maggioranza entra in crisi e quella che la sostituisce rappresenta un ribaltamento della volontà popolare. Ma è proprio questo concetto che non piace a Tizio. Infatti aggiunge:
“E’ proprio per impedire al popolo di decidere, una volta che i re non erano più in grado di farlo, che sono nate le democrazie moderne fondate sulla rappresentanza istituzionale.”
Veramente favoloso! Proseguiamo.
“Che significa? Che le istituzioni rappresentano il popolo fra un’elezione e l’altra, mentre il popolo può nel frattempo dedicarsi alle occupazioni che preferisce, inclusi, se lo desidera, i tweet di insulti e le manifestazioni di piazza”.
Traduciamo. Il popolo elegge A per fare P. Una volta eletto, A fa Q opposto a P ed il popolo deve fregarsene altamente di un simile dettaglio. Deve farsi i cavoli suoi, al massimo sfogandosi sui social. Se questo fosse vero non si vede perché mai si dovrebbe perdere tempo con le elezioni. Voi votate, noi facciamo il cavolo che ci pare e voi vi sfogate con i tweet. Le elezioni non servirebbero a niente. Nella nella migliore delle ipotesi si ridurrebbero ad una costosa cerimonia per dare al popolo bue l'illusione di contare qualcosa. E questa sarebbe per Tizio l'essenza della democrazia liberale!
Si tratta, ovviamente, di una STRONZATA.
I progenitori delle moderne democrazie sono i parlamenti medioevali. Questi nacquero NON per impedire al popolo di decidere ma per limitare il potere decisionale dei sovrani. E tutelare i diritti dei vari “stati”, soggetti collettivi (nobiltà, clero, aristocrazia, poi i borghesi) con esigenze ed interessi non coincidenti con quelli della monarchia.
Questo sistema si è evoluto,anche con strappi drammatici, in due sensi.
Da una parte agli “stati” si sono sostituiti i liberi cittadini, dall'altra i parlamenti hanno visto aumentare sempre più le proprie prerogative. Prima con il potere di stoppare l'introduzione di nuove imposte, si pensi al processo che doveva portare alla rivoluzione inglese, poi con la conquista di autentico potere legislativo.
La affermazione della democrazia contro l'assolutismo monarchico ha fatto però sorgere nuovi problemi. Soprattutto quello della tirannia della maggioranza, magistralmente trattato dal Tocqueville, ma affrontato da un po' tutti i filosofi liberali, non ultimo Isaiah Berlin.
Il potere non può essere illimitato e questo vale anche per il potere democratico. La democrazia deve essere liberale, cioè limitata. I limiti posti alla azione della maggioranza NON riguardano però, come crede Tizio, il rapporto eletti - elettori, NON mettono in discussione il principio della armonia fra maggioranze parlamentari e maggioranze elettorali. I limiti riguardano i POTERI dei parlamenti, ciò che questi possono e ciò che non possono fare. Le maggioranze parlamentari non possono opprimere le minoranze e non possono privare i cittadini dei loro fondamentali diritti. Una maggioranza non può mettere fuori legge i partiti di opposizione o stabilire che i cittadini possono essere imprigionati arbitrariamente.
Il parlamento rappresenta i cittadini, le maggioranze parlamentari non possono essere opposte a quelle elettorali, ma queste maggioranze NON possono fare ciò che a loro piace. QUESTA, non le stronzate che Tizio afferma, è l'essenza della democrazia liberale.
John Locke sostiene che se un governo attenta ai fondamentali diritti dei cittadini questi hanno il diritto alla rivolta. Questo quadra poco con la tesi secondo cui per il liberalismo i cittadini fra una elezione e l'altra possono solo giocare sui social. O forse Locke non era liberale...
E' inutile continuare. Sarebbe dare troppa importanza ad un cretino ignorante.

lunedì 19 agosto 2019

LA LETTERA E LO SPIRITO DELLA COSTITUZIONE

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Così recita l'articolo uno della costituzione.
Lasciamo perdere il “fondata sul lavoro” ed esaminiamo il resto dell'articolo.
“ La sovranità appartiene al popolo” viene stabilito in forma solenne. Poi si aggiunge:
“che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Che la sovranità del popolo venga esercitata nelle forme e nei limiti della costituzione è talmente ovvio da fare apparire ridondante questa specificazione. Qualsiasi diritto viene esercitato nelle forme e nei limiti previsti dalla costituzione o comunque non in contrasto con questa.
E' però altrettanto ovvio che queste forme e questi limiti non possono mettere in discussione la sovranità del popolo solennemente enunciata nell'articolo uno. Dire che “la sovranità appartiene al popolo “ e poi porre a tale sovranità forme e limiti che di fatto la vanificano renderebbe la costituzione auto contraddittoria. Si può forse dire che “la sovranità appartiene al popolo” e poi stabilire che le elezioni politiche si tengono una volta ogni 20 anni? O che il capo dello stato può, a suo piacere, render nulla qualsiasi legge votata dal parlamento? Basta farsi la domanda per avere la risposta. Le “forme ed i limiti” stabiliscono come si esercita la sovranità popolare, ma non possono contraddire la stessa.

Sappiamo tutti come si formano nel nostro paese le maggioranze parlamentari che sostengono i governi. Ci sono le elezioni. I vari partiti presentano al corpo elettorale i loro programmi e dicono chiaramente con chi intendo allearsi per metterli in atto.
Dopo le elezioni il capo dello stato inizia le consultazioni. Le varie forze politiche gli espongono le loro posizioni. Il capo dello stato affida l'incarico di formare il nuovo governo ad una persona che sembra abbia la capacità di rappresentare la maggioranza uscita dalle urne. Se questa riesce nel suo intento si forma il nuovo governo.
Tutto il sistema si regge sul tacito presupposto che i partiti diranno al capo dello stato più o meno le stesse cose, o cose non troppo dissimili, o comunque non contraddittorie, con quelle che hanno proposto al corpo elettorale.
Le forze politiche discuteranno col capo dello stato i nomi dei vari ministri, questo o quell'aspetto del loro programma, ma non proporranno cose che fanno a pugni con le posizioni che queste avevano prima della consultazione elettorale. Il partito A si presenta alle elezioni alleato con B per attuare il programma P, contro il partito C. Non è che poi dalle consultazioni col capo dello stato esce una alleanza fra A e C per attuare il programma Q, opposto di P. Una simile ipotesi è formalmente possibile, la costituzione NON la esclude. Non è quindi illegale, non tradisce la forma della costituzione. Ne tradisce però, clamorosamente, lo spirito.
Per quanto complesso, macchinoso e criticabile sia il processo che porta alla formazione di un governo, questo ha per fine la formazione di governi sostenuti da maggioranze non in contrasto con quanto voluto dal corpo elettorale. Se così non fosse l'accenno alla sovranità del popolo contenuto nell'articolo uno della costituzione sarebbe del tutto privo di senso. Al limite si potrebbe abolire il rito delle libere elezioni. Il popolo vota, da la maggioranza a certi partiti, poi un gruppo di parlamentari cambia casacca e si forma un governo sostenuto da una maggioranza opposta da quella votata dagli elettori, che attua un programma opposto a quello che il corpo elettorale aveva scelto. Se questo fosse lo spirito della costituzione si dovrebbe da subito pensare a riscriverla, dal primo all'ultimo articolo.

"Non si deve mica votare ogni volta che c'è una crisi di governo", si sente spesso dire in questi giorni. E' vero, non è obbligatorio votare ogni volta che un governo cade, se così fosse in Italia si voterebbe almeno una volta all'anno, magari ogni sei mesi. In passato ci sono state moltissime crisi di governo che non si sono risolte col voto, ma, cosa avveniva in quei casi? Si formava un nuovo governo in un quadro che restava però di sostanziale continuità politica col precedente. Cambiava spesso il presidente del consiglio, cambiavano alcuni ministri, il programma subiva alcune modifiche, ma non c'era alcun ribaltamento del quadro politico, NON si formavano governi contrapposti alla volontà del corpo elettorale così come questa si era manifestata nelle elezioni. Per quanto trasformista fosse la vecchia DC, non è MAI successo che si presentasse al corpo elettorale come la diga contro il comunismo per allearsi, subito dopo col PCI.
Quello che sta avvenendo in questi giorni è qualcosa di radicalmente opposto. Le elezioni del 2018 non avevano dato vita ad una maggioranza omogenea. Le due forze politiche uscite maggiormanete rafforzate dal voto erano riuscite a trovare un accordo sulla base di un programma di compromesso che non tradiva le promesse da entrambe fatte al corpo elettorale. Buono o cattivo che fosse, quell'accordo era al momento l'unico possibile, unica alternativa un ritorno immediato al voto che non avrebbe, con tutta probabilità, cambiato la situazione.
Dopo un anno di continui ed esasperanti tira e molla quell'accordo è saltato e cosa succede? Si prospetta una alleanza fra due forze politiche, PD e 5S che, entrambe, hanno sempre sostenuto di essere del tutto incompatibili, che si sono reciprocamente accusate delle peggiori nefandezze e che fino ad oggi hanno sostenuto programmi del tutto opposti. Qui non c'è alcuna continuità politica, alcun compromesso programmatico. O una delle due forze politiche impone all'altra il suo programma o entrambe si accordano sul nulla, pur di conservare le poltrone ed impedire la vittoria del “mostro”. La cosa è ancora più grave se si pensa che in tutte le consultazioni elettorali succedutesi dal marzo 2018 ad oggi sia il PD che i 5S hanno subito nettissime sconfitte, i 5S addirittura dei tracolli. Il loro sarebbe il governo degli sconfitti, una scatola vuota priva di qualsiasi sostegno popolare, qualsiasi legittimazione elettorale. Il loro programma è intuibile: porte spalancate alla immigrazione clandestina, strapotere della UE, crescita della pressione fiscale, probabilmente una patrimoniale sugli immobili. Quanto di più lontano e contrapposto si possa pensare dalle esigenze e dagli auspici delle persone normali.
Un governo PD - 5S sarebbe, per farla breve, una sfida al popolo italiano. Farlo equivarrebbe a dire agli elettori: “voi votate pure come vi pare, noi facciamo e continueremo a fare il cavolo che ci pare”.
E' impensabile che una tale follia non provochi nel paese risposte molto dure, con ripercussioni molto pesanti sull'economia. Potrebbe anche favorire una vera svolta a destra del paese, l'affermarsi di posizioni davvero razziste e fascisteggianti, tante volte scioccamente evocate a torto dai faziosi.
Spero che una simile follia non si realizzi e, se per sciagura, dovesse realizzarsi, duri il meno a lungo possibile.
E che la parola torni al tanto disprezzato e bistrattato popolo.
Allora per i Renzi ed i Di Maio, i Prodi ed i Grillo sarà la fine.

lunedì 12 agosto 2019

L'ULTIMA TROVATA DEL GIOCOLIERE


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Oggi Matteo Renzi ha formalizzato la sua proposta per una soluzione della crisi di governo. Si tratta di un autentico capolavoro di doppiezza ed ipocrisia, un gioco delle tre carte dialettico che val la pena di esaminare, se non altro per rendersi conto di fino a che punto possa spingersi l'impudenza di certi personaggi.
“Questa mattina” esordisce, “ho fatto una proposta. Un Governo NoTax che eviti l’aumento dell’IVA e che metta in sicurezza i conti pubblici italiani. Mi sono rivolto a tutti, anche a chi in questi anni mi ha insultato, offeso, diffamato”.
Val la pena di sottolineare il carattere truffaldino delle parole: “mi sono rivolto a tutti”. Renzi crede che gli italiani siano tutti completamente scemi? Crede davvero che si bevano la storiella secondo cui lui si rivolge a tutte le forze politiche? Renzi ha in mente un governo di unità nazionale con dentro Lega, 5S, PD, Forza Italia, Leu e più Europa?
E pensa davvero che una simile, inveroconda ammucchiata possa “mettere in sicurezza i conti pubblici”? Ed evitare l'aumento dell'IVA?
L'aumento dell'IVA si può evitare in tre modi: sfidando le pressioni della UE, alzando altre tasse o evitando di abbassarne altre ancora, tagliando la spesa pubblica. Pensare che un governo con tutti dentro possa trovare un minimo, solo un minimo, di accordo su temi di questo genere vuol dire mentire a se stessi, oltre che agli altri.
Quanto alla “messa in sicurezza dei conti pubblici”, il PD ha governato l'Italia, direttamente o indirettamente, dal 2011 al 2018 senza neppure avvicinarsi ad un simile obiettivo. Solo un parolaio da quattro soldi può raccontare che questo potrebbe essere anche solo avvicinato da un governo ammucchiata.
Ed infatti Renzi NON pensa a questo. Non si rivolge a tutti perché sa che molti di quei “tutti” gli risponderebbero picche. Si rivolge ai 5 stelle, ai “grillini”.
Lo chiarisce subito dopo, lasciandosi andare a ricordi privati.
“Ieri sera, dopo aver fatto l’intervista al Corriere, sono andato a mangiare una pizza con la mia famiglia dai miei genitori. E ho pensato ai giorni in cui delle persone inqualificabili dei Cinque Stelle facevano i segni delle manette nei confronti di due cittadini incensurati settantenni finiti per colpa mia in vicende più grandi di loro”.
Qui non ci sono dubbi, Renzi parla dei 5S, e definisce alcuni di loro “inqualificabili”. Con abilità da giocoliere Renzi evita di classificare “inqualificabile” il movimento politico dei 5S, se la cava prendendosela con alcune persone dei 5S. Andiamo avanti.
“Se vado di pancia” aggiunge “dico che non farò mai accordi con chi mi ha ferito e ha ferito la felicità della mia famiglia. Se penso al Paese, invece, credo che sia giusto mettere al centro l’interesse generale, non il mio orgoglio. Il bene comune, non la mia rabbia”.
Interlocutore di Renzi non sono quindi i “tutti”, ma i 5S. Certo, è dura per lui allearsi politicamente con chi ha insultato la sua famiglia, voleva in manette suo padre. Ma Renzi è un animo nobile, antepone alla sua “pancia” le superiori esigenze del paese. E accetta, chiede a gran voce, la alleanza con chi avrebbe spedito in galera i suoi anche prima del processo.
E non capisce, Matteo Renzi, che proprio questo è un problema politico di prim'ordine. Non si tratta di contrapporre la pancia alla ragione, le esigenze del paese quelle private. Si tratta di capire, con la ragione, che il giustizialismo dei grillini fa molto, molto male al paese prima ed oltre che ai privati cittadini. Renzi è convinto della innocenza di suo padre, io su questo non dico nulla. Per me, da buon garantista, tutti sono innocenti fino a prova contraria. Ma proprio per questo giudico pericolosissimo il giustizialismo grillino, considero che la riforma della giustizia di Bonafede, facesse ridere, o piangere. Renzi neppure vede il problema, lo assimila ad una privata questione “di pancia”. Non so se lo faccia in buona o cattiva fede. Propendo per la seconda ipotesi.

Renzi quindi si rivolge ai 5S. Punto. E se ne frega del loro giustizialismo. Altro punto. Perché vuole una simile alleanza che gli fa venire il mal di pancia? Semplice, per battere il nuovo mostro, Matteo Salvini.
Lo dice chiaramente, dimenticando che all'inizio parlava di “proposta fatta a tutti
Salvini “vuole pieni poteri per far che? Per portarci via dall’Euro? Per cacciare chi ha il colore della pelle diverso? Per educare all’odio i nostri figli?”
Il solito elenco di palle. La lega e Salvini non vogliono “pieni poteri” mussoliniani ma una solida maggioranza che permetta loro di governare sul serio. Non sono contro chi ha la pelle di colore diverso, tra l'altro l'unico senatore con la pelle nera milita nella lega. Sono contro l'immigrazione clandestina, che è cosa del tutto diversa. E sono contro il fondamentalismo islamico, che è cosa ancora più diversa. Perché l'Islam, lo sanno tutti, non è una razza ma una religione, e fra gli islamici i più numerosi sono gli arabi e gli arabi sono bianchi. Provate ad immaginare Osama Bin Laden vestito in smoking e nulla lo fa apparire diverso da un gentiluomo italiano o francese, forse anche britannico.
Quanto all'odio: è mai successo che militanti della lega disturbassero comizi del PD? Qualcuno ha mai strillato che vuole vedere Renzi a testa in giù? Se ragionasse invece di parlare per slogan Renzi eviterebbe di dire simili idiozie.
Infine, l'Europa. Personalmente non la considero un dogma e non mi scandalizza l'idea di uscirne. Renzi invece, che con l'Europa ha barattato immigrazione clandestina contro un po' di flessibilità, inorridisce al solo pensiero. Liberissimo di farlo. Non però di ignorare che l'uscita dall'Euro e meno che mai dalla UE, non fa parte del programma della lega, come non faceva parte del programma del governo giallo verde.

Lasciamo perdere gli slogan e le palle. Se Salvini e la lega sono un branco di rozzi ignoranti, biechi razzisti, fascisti o semi fascisti, perché Renzi non propone al suo partito di affrontarli a viso aperto alle elezioni? Denunciate al popolo questi barbari, fate capire a tutti che costituiscono un pericolo mortale per la democrazia, un cancro ne corpo della nostra società. Sconfiggeteli, umiliateli in una democratica competizione elettorale! E' tanto difficile sconfiggere dei selvaggi?
Sento già la risposta. Il popolo è bue, è incolto, ignorante. Vota seguendo passioni elementari, si fa condizionare dalla pancia, non segue i dettami della ragione. Non lo si può far decidere, potremmo trovarci con Salvini premier.
Che rispondere a simili considerazioni? A parte il fatto che fino a pochi anni fa questo popolo rozzo ed incolto aveva votato massicciamente Renzi, a parte questo, penso si possa rispondere con una esortazione: abbiate il sublime coraggio della coerenza! Traete dalle vostre premesse le loro logiche conclusioni, chiedete la abolizione del suffragio universale. Si, abolizione del suffragio universale, perché, se il popolo è rozzo ed ignorante oggi cosa vi fa pensare che possa non esserlo più fra uno o due anni? Se il corpo elettorale è costituito da una massa di barbari abbiate il coraggio di fare ciò che nazisti, fascisti e comunisti hanno fatto: proponete di togliere a questi barbari il diritto di voto. Quanto meno tutto sarà più chiaro.
Però, state attenti perché questa è la logica della guerra civile. Perché la abolizione della tanto detestata (da voi) democrazia non è mai un processo indolore. Porta spesso e volentieri alla guerra civile, comunque a tensioni sociali e politiche di estrema violenza. Perché il popolo sarà anche bue, gli elettori saranno anche un branco di barbari analfabeti, ma anche i barbari analfabeti ed anche i buoi possono incazzarsi, alla fin fine.

Vediamo di concludere. In realtà Renzi non mira a risolvere i problemi del paese, a mettere al sicuro i conti, ad evitare l'aumento dell'IVA, non mira neppure a ridurre il numero dei parlamentari (l'ultimo dei problemi del paese). Mira solo a ritardare il più possibile le elezioni, sperando che la situazione evolva favorevolmente per lui.
Perché lo fa? Perché se si votasse ora perderebbe l'ultima rendita di posizione che gli resta: un buon gruppo di parlamentari “renziani”, punto e basta. Miseri interessi di bottega quindi, che si incontrano con altri miseri interessi: quelli dei parlamentari “grillini” terrorizzati dall'idea di abbandonare il posto in parlamento, con relativi stipendi e prebende.
Un governo PD 5S sarebbe oggi un insulto per la gran maggioranza degli italiani. Farebbe imbestialire non solo gli elettori di lega, FdI e FI ma anche molti elettori del PD e dei 5S. Sarebbe un sacco vuoto, privo di qualsiasi base di consenso. Aggraverebbe tutte le tensioni politiche e sociali, con enorme danno per l'economia. Un'avventura insomma, della peggior specie.
Spero che il presidente Mattarella, che è uomo intelligente, eviti al paese questo autentico salto nel buio.