lunedì 31 maggio 2021

NON BINARIO

“Il termine non binario (anche detto nonbinary o genderqueer) è un termine ombrello per definire quelle identità di genere che non sono strettamente e completamente né maschili né femminili, identità quindi che sono al di fuori del binarismo di genere. Le identità non binarie rientrano nel termine ombrello transgender, poiché le persone non binarie si identificano tipicamente con un genere diverso dal genere assegnato. Le persone non binarie possono identificarsi come aventi due o più generi (bigender o trigender) non avere genere (agender, genderfree), spostarsi tra i generi o avere un'identità di genere fluttuante (genderfluid)”.
Così Wikipedia definisce il nuovo termine “non binario”
Non si tratta di omosessuali e neppure di persone che si trovano male nel loro sesso, nemmeno di persone il sesso lo hanno cambiato, nella misura in cui è possibile cambiare DAVVERO il proprio sesso.
No, si tratta di persone con una sessualità fluttualnte, legata al desiderare del momento. Oggi maschio, domani femmina, dopodomani gay, fra tre giorni una qualche mistura delle tre cose, fra un mese… chissà?
Il sesso cessa di essere componente dell’identità personale, diventa un mero scorrere, qualcosa di simile al fiume di Eraclito, in cui non ci si può bagnare due volte, perché è sempre altro rispetto a quello che era un attimo prima.
Però, a pensarci bene, perché mai fermarsi al sesso? Perché questo continuo scorrere dovrebbe limitarsi alla identità sessuale e non alla identità in generale?
Oggi sono io, domani divento Tizio, dopodomani Caio, ma Caio non è una persona umana, no, è il mio cagnolino. Fra un mese potrei essere il Cervino, o il Nilo, panta rei, tutto scorre…
Ma c’è una insuperabile contraddizione in tutto questo. Si, perché se tutto scorre, come faccio a scegliere cosa voglio diventare? Io sono Giovanni e vorrei essere Ermenegilda, ma per decidere di essere Ermenegilda devo intanto essere Giovanni, avere l’identità, i desideri, le aspirazioni di Giovanni. Se l’identità si dissolve in uno scorrere continuo scompare la stessa possibilità di trasformarsi, perché anche questa è parte della identità.
Aristotele afferma che si cambia passando dalla potenza all’atto. Il cambiamento è parte dell'essere, non continuo passare dall'essere al non essere. E’ QUESTO che lo rende possibile.
Bacone ricordava che l’uomo può dominare la natura solo sottoponendosi alle sue leggi.
Schopenhauer dal canto suo era convinto che nelle sue linee essenziali la natura umana non cambia, mai.
Rottami, ferri vecchi, biechi reazionari. Per i nichilisti del gender.
Non siamo di fronte alla sacrosanta difesa dei diritti degli omosessuali, non si tratta di salvaguardare chi ha pulsioni erotiche diverse da quelle maggioritarie.
Siamo di fronte ad una nuova concezione dell’uomo, al tentativo faustiano di sostituire l’identità, che è sempre qualcosa di fissato, dato, con un inafferrabile scorrere.
Tentativo impossibile a concretizzarsi, ovviamente.
Ma carico di orribili conseguenze nichiliste.
Chi è capace di pensare lo capisce benissimo.
Chi ha sostituito al pensiero gli slogan politicamente corretti NO.


 

sabato 29 maggio 2021

SOCRATE E L'IMPOSTA DI SUCCESSIONE

Teatrosofia #8. Socrate e l'immagine “pacata” di Senofonte - Teatro e  Critica

Petta. Salve o Socrate
Socrate. O Petta, nobile amico, che piacere incontrarti. Dove vai di bello?
P. Mi sto recando alla direzione del mio partito di cui da poco son diventato leader.
S. Si si, conosco questa buona notizia e ti auguro di svolgere proficuamente il tuo importante lavoro.
P. Ti ringrazio o Socrate. Però, devo confessarti che sono un po’ preoccupato.
S. E come mai?
P. Sai, anche nel mio partito c’è chi avanza perplessità su una mia proposta.
S. Quale?
P. Quella riguardante l’imposta di successione. Una imposta che colpisce le grandi ricchezze che i ricchi lasciano in eredità ai loro eredi. Col ricavato lo stato darà una dote ai giovani, che ne hanno tanto bisogno. Si tratta di 10.000 euro per i diciottenni. Purtroppo però nel mio stesso partito ci sono persone poco convinte della bontà di una tale, sacrosanta misura. Questo, te lo confesso, mi addolora assai. Forse che anche nella sinistra sta penetrando l’ideologia egoista e meschina della impresentabile destra italiana? Come è mai possibile una cosa tanto orribile?
S. Non ti amareggiare troppo caro Petta. In fondo io capisco che anche nel tuo partito ci siano delle perplessità…
P. Come sarebbe? La mia è una proposta tanto rispondente a criteri di sacrosanta giustizia che solo persone senza cuore nè cervello possono avversarla. E tu, o Socrate, hai gran cuore e, soprattutto, una mente eccelsa. Non puoi davvero dubitare della bontà di quanto propongo! Dimmi, stai scherzando?
S. No, ti assicuro di no.
P. La cosa mi stupisce, molto. Dimmi, cosa nella mia proposta ti lascia perplesso?
S. So che in Italia la pressione fiscale è già molto alta. Il reddito viene tassato, vai a comprare qualcosa e paghi varie imposte di consumo. Esistono di fatto imposte patrimoniali, come l’IMU su case di lusso e seconde case, il canone TV, la tassa di circolazione.. siamo in una fase di crisi economica e tu cosa fai? Proponi un’altra imposta, come minimo non mi pare il momento giusto.
P. Che delusione o Socrate! Parli come certi scettici del mio partito. Proprio perché la situazione è difficile occorre aiutare i giovani che dalla crisi sono i più colpiti. Sarai d’accordo spero.
S. Mah… in primo luogo non credo che solo i giovani siano colpiti dalla crisi. Esistono, mi pare, situazioni ancora più drammatiche che riguardano i meno giovani…
P. Che dici mai!
S. Pensi che un operaio cinquantenne che ha perso il posto di lavoro, o una commerciante sessantenne, o un ristoratore anche lui di 60 anni costretti a chiudere le proprie attività dai vari lockdown si trovino in una situazione migliore di quella di tanti diciottenni che comunque sono mantenuti dalla famiglia?
P. Che discorsi! Certo, dovremo pensare anche a loro, ci penseremo
S. Proporrai una “dote” anche per queste persone?
P. Che fai o Socrate, mi prendi in giro? E’ questa la tua celebre ironia? Guarda che io sono un sottile intellettuale, non casco nei tuoi trucchi...
S. Nessun trucco caro Petta, mi limitavo ad esprimere dei dubbi, ma vedo che tu ti inalberi…
P. Non mi inalbero, solo mi irrita un po’ vedere che invece di essere attratti dalla giustizia e dalla equità della mia proposta tanti ricorrano a piccole polemiche su cose secondarie.
S. Beh… la sorte di tanta gente non più giovane non è cosa secondaria, mi pare, ma, restando ai giovani, davvero pensi che dando loro una mancia…
P. Dote o Socrate, dote non mancia!
S. Va bene, dando loro una dote si risolvano i loro problemi? Davvero pensi che con 10.000 euro possano pagarsi l’università, comprar casa, dare inizio ad una attività imprenditoriale?
P. La dote è solo un passo, il primo passo…
S. A me pare che si potrebbero fare primi passi in direzione diversa, ad esempio riducendo la pressione fiscale ed incentivando gli imprenditori ad assumere i giovani in cerca di lavoro. Dando una dote di 10.000 euro al massimo si può spingere qualche giovane a comprarsi una moto o una utilitaria… non mi sembra un gran passo avanti…
S. Stai facendo vani sofismi o Socrate! Si tratta di un primo passo, te lo ripeto. Altri ne faremo…
S. Hai in mente nuove tasse?
P. No, cioè, non lo so… vedremo. Ma non è questo il punto, noi stiamo discutendo a vuoto.
S. E quale è allora il punto?
P. Il punto è la profonda giustizia, il respiro umano universale della mia proposta. E’ questo che dovrebbe spingere ogni persona ragionevole e di buon cuore a sostenerla. Su questo sarai d’accordo o Socrate; neppure oso pensare che tu non lo sia.
S. Mah… dimmi, in cosa consiste questa profondissima giustizia della tua proposta?
P. E me lo chiedi? Stiamo parlando di imposta di successione o Socrate, di eredità! Di soldi che vanno a persone che nulla hanno fatto per meritarli… ti sembra giusta una cosa simile? A me sembra sommamente ingiusta e penso sia sacrosanto togliere parte, almeno parte, di ciò che va a chi non ha merito alcuno per avere e darlo a chi ha bisogno.
S. Dunque la cosa davvero giusta è proprio questa: che la tua riforma toglie soldi a chi nulla fa fatto per meritarli.
P. Si, certo. E in più c’è l’aspetto della redistribuzione, del dare a chi ha bisogno.
S. Di questo, se permetti, parleremo dopo, concentriamoci ora sul fatto che gli eredi non hanno merito alcuno per il denaro che ricevono
P. Concentriamoci.
S. Molto bene. Dimmi: un neonato ha bisogno di cure?
P. E come no?
S. Ed un bambino deve essere nutrito, educato, mandato a scuola, coperto di affetto?
P. Ma certo! Che domande!
S. E dimmi, neonato e bambino hanno fatto qualcosa per meritare cure, educazione, affetto?
P. Che razza di domande mi fai o Socrate! Cosa c’entrano col nostro discorso?
S. A me sembra che c’entrino eccome! I genitori coprono o dovrebbero coprire i figli di cure, amore ed attenzioni, anche se i figli nulla hanno fatto per meritarli. Ne convieni?
P. Si
S. E lasciare ai propri figli ciò che si è riusciti ad ottenere lavorando onestamente tutta una vita non è anch’esso un gesto di amore verso i propri figli?
P. Che discorsi…
S. A me sembrano ragionevoli… lo è o non lo è?
P. Mah… direi di si, che lo è.
S. E non è simile all’atto d’amore che spinge i genitori ad accudire i neonati ed i bambini?
P. Forse si
S. E perché accudire i figli quando sono bambini o neonati dovrebbe esser giusto e lasciar loro in eredità i propri beni no?
P. Sofismi! Giri di parole! Come al solito tu fai ballare tutti i concetti o Socrate!
S. Io mi limito a cercare di avvicinarmi al vero, discutendo pacatamente con te, ottimo amico.
P. No! Tu fai il sofista!
S. Mi spiace che tu te la prenda, calmati, stiamo solo discutendo serenamente…
P. E sia.
S. Una cosa ti vorrei chiedere
P. Chiedi
S. Siamo d’accordo sul fatto che i figli hanno diritto di essere curati dai genitori, ne convieni?
P. Ne convengo
S. Bene, ora ti chiedo: esiste solo il diritto dei figli ad essere curati dai genitori o anche il diritto dei genitori a prendersi cura dei figli?
P. Direi che esistono entrambi.
S. Concordo. E ora parliamo dell’eredità. Ammesso che esista il diritto dei figli di ricevere una eredità, non importa quanto tassata, ti chiedo: esiste a tuo parere solo il diritto dei figli di ricevere l’eredità dai genitori o anche il diritto dei genitori di lasciare ai figli i propri beni in eredità?
P. Direi che esistono entrambi.
S. Di nuovo concordo, ma, se quanto abbiamo stabilito è vero tutto il tuo precedente discorso risulta nettamente inficiato, caro amico.
P. E perché mai?
S. Tu contesti il diritto dei figli a ricevere una eredità basandoti sul fatto che nulla hanno fatto per meritarla, ora però abbiamo scoperto che esiste anche il diritto dei genitori di lasciare i propri beni in eredità ai figli, ed i genitori hanno di certo fatto qualcosa per meritare i beni che possiedono. Questo diritto non lo puoi contestare, mi pare.
P. E va bene o Socrate, se proprio ci tieni ti rispondo che, se così stanno le cose, è giusto limitare anche il diritto dei genitori.
S. Non però con l’argomento che nulla hanno fatto per meritare i beni di cui dispongono.
P. Su questo si può discutere. In ogni caso è bene limitarlo, e molto, in nome della redistribuzione dei beni.
S. Veniamo quindi alla redistribuzione. Parlamene ed io mi abbevererò alla fonte del tuo sapere.
P. Socrate, ti ho già detto che non sopporto la tua ironia…
S. Tu dunque pensi che chi ti definisce sapiente possa farlo solo per ironia? Ti sottovaluti… comunque parla e ti ascolterò serissimo.
P. Noi nasciamo tutti uguali, o Socrate, ma, poco tempo dopo diventiamo disuguali. L’originale uguaglianza se ne va perché operano le differenze sociali, la ricchezza, i privilegi che i nostri genitori ci regalano. E così il mondo si divide in fortunati e sfortunati, ricchi e poveri. Ed è giusto, del tutto giusto, che chi è stato fortunato risarcisca chi non lo è stato, restituisca almeno una parte di ciò che ha avuto. Occorre redistribuire ciò che alcuni hanno senza merito, per pura fortuna. Questo è ciò che penso.
S. Se devo essere sincero i tuoi argomenti non mi sembrano molto diversi da altri su cui già abbiamo discusso.
P. Lo sono. O tu hai paura di affrontarli o Socrate?
S. Il dialogo non deve mai fare paura caro Petta. Noi stiamo cercando insieme la verità, non combattendo. Dimmi, posso farti alcune domande?
P. Fai pure.
S. Tu chi diresti che io sia, o Petta?
P. Che razza di domanda, cosa diavolo c’entra?
S. Questo se permetti lo vedremo dopo, insieme. Dimmi, parlando di me a chi pensi?
P. Penso ad un uomo…
S. E come è quest’uomo?
P. Fisicamente?
S. Fisicamente, mentalmente, culturalmente, in tutti i suoi aspetti, dimmi…
P- Continuo a non capire, comunque, direi che tu sei basso, non bello, scusami…
S. Figurati, parla pure senza reticenze.
P. Allora, sei non bello, ma intelligente, ami discutere, anche troppo, a mio avviso sei assai sofistico, sei colto…
S. Ho dubbi in proposito, ma, continua, son nato in un certo momento storico?
P. Bella scoperta! Certo che si.
S. In un certo paese?
P. E come no?
S. Da certi genitori, poveri o ricchi?
P. Ma si! Mi sembrano domande strampalate le tue…
S. Dimmi ora, io sarei io se non fossi brutto, basso, colto e sofistico (a tuo parere) amante del dialogo, nato in un certo paese, in un certo anno, da certi genitori?
P. Non so cosa risponderti.
S. Diciamo che tutte le cose che abbiamo detto, scarsa altezza, bruttezza, cultura, epoca in cui vivo, paese in cui sono nato, tutte insomma, siano le mie particolarità. Ti chiedo: esisterei io senza l’insieme di tutte queste particolarità?
P. Proprio non ti seguo.
S. Dimmi allora, esiste un uomo che non sia né bello né brutto, né alto né basso, né intelligente né sciocco, che non sia nato in nessuna famiglia, in nessun paese, in nessuna epoca storica?
P. Direi che un simile uomo non può esistere.
S. Quindi io sono io perché ho tutte le mie particolarità e la stessa cosa si può dire di te e di ognuno di noi, concordi?
P. Concordo.
S. Ma come puoi allora parlare di un bambino che è “fortunato” perché nasce da certi genitori, in un certo momento storico, in un certo paese e, potrei aggiungere, bello, sano e forte?
P. Di nuovo fai il sofista.
S. Scusami o nobile Petta, chi era questo bambino prima di diventare “fortunato”?
P. Diciamo che era un feto nel ventre materno, e prima un embrione.
S. Certo, ma questo embrione aveva o non aveva un certo patrimonio genetico?
P. Penso di si
S. Era nel ventre materno hai detto
P. Si
S. Ma la madre che lo portava in seno non apparteneva ad un certo strato sociale, non viveva in un certo paese…?
P. Ma si!
S. Quindi sin dall’inizio quel bambino era “fortunato”! Non era un ente privo di particolarità, cui successivamente sia capitata una “fortuna” che occorra ora redistribuire…
P. Basta o Socrate! Non ne posso più dei tuoi sofismi! Cosa intendi dire, che non si debbano aiutare coloro che hanno di meno?
S. Certo che li si deve aiutare, ma questo nulla ha a che vedere con la restituzione di quanto si ha avuto dalla “fortuna”, cioè da come ci hanno fatto madre natura e i nostri genitori. E questo perché nessuno esiste al di fuori di come madre natura e genitori lo hanno fatto.
P. Discorsi astrusi, mi fai venire il mal di testa.
S. Discorsi assai semplici a mio parere. Io non ho avuto la “fortuna” di nascere in una certa famiglia perché sono io proprio in quanto nato in quella famiglia.
P. E come vorresti allora aiutare chi ha meno?
S. Non con l’imposta di successione, a mio parere.
P. E perché mai?
S. Mi pare che l’imposta di successione favorisca comportamenti anti sociali e finisca per non aiutare affatto i giovani.
P. E perché mai?
S. Concordi con me, o Petta,, se dico che noi uomini siamo esseri finiti, limitati?
P. Che discorsi, concordo.
S. Ed è vero che molto di ciò ce facciamo va oltre l’orizzonte temporale della nostra vita?
P. Si, concordo.
S. Concorderai allora se dico che la possibilità di lasciar qualcosa in eredità ai propri figli è un formidabile incentivo che spinge tutti a migliorare la propria posizione.
P. Non so, può essere ma può anche non essere.
S. Dimmi o illustre amico, se tu sapessi che domani gran parte del patrimonio ti verrà tolta faresti un investimento o spenderesti tutto o quasi ciò che hai?
P. Io ho un altissimo senso civico, non sono un gretto egoista come tanti miei rivali politici. Quindi ti rispondo: investirei, per il bene del paese.
S. Nobilissimo il tuo atteggiamento! Però… tu pensi che la gran maggioranza di chi ha fondi da investire si comporterebbe come te?
P. Non saprei…
S. E’ sensato pensare che moltissimi sarebbero disincentivati ad investire?
P. Direi che lo è.
S. E che molti si darebbero alle spese pazze?
P. Direi di si.
S. Quindi ci sarebbe in ogni caso una riduzione degli investimenti, concordi?
P. Forse…
S. Hai appena ammesso che pochi hanno il tuo nobilissimo senso civico, amico mio.
P. E’ vero…
S. Quindi moltissimi reagirebbero alla imposta di successione facendo più spese pazze e riducendo gli investimenti.
P. Lo ammetto.
S. E questo darebbe ai giovani maggiori o minori possibilità di lavoro?
P. Direi minori…
S E non credi che il vero interesse dei giovani non sia di avere un po’ di soldi in tasca per un po’ di tempo, ma un lavoro?
P. Certo che lo penso.
S. Vedi dunque che la tua imposta di successione avrebbe effetti negativi proprio su coloro che, a tuo parere, dovrebbero esserne i beneficiari.
P. Discorsi molto astratti i tuoi. Di fatto non proponi niente per aiutare chi ha bisogno.
S. Si possono incentivare fiscalmente gli imprenditori che assumo, ridurre le tasse sul lavoro, lo stato può usare i propri fondi per contribuire alla costruzione di infrastrutture che favoriscano lo sviluppo, quindi il lavoro. Una mancia, pardon, una dote ai diciottenni invece non risolve alcun problema e l’imposta di successione disincentiva gli investimenti, come abbiamo insieme stabilito.
P. Tu criminalizzi questa imposta, in fondo esiste anche negli Stati Uniti.
S. Non amo criminalizzare nulla e nessuno. Ci può anche stare una imposta di successione in sistemi come quello americano dove la pressione fiscale è molto più bassa che da noi. E poi, tu hai criticato molte volte il sistema americano, com’è che ora lo porti ad esempio?
P. Basta con le inutili polemiche! Insisto, tu criminalizzi questa imposta e dimentichi che io non ho proposto di togliere tutto il patrimonio ai ricchi, solo una parte. Sono un moderato io.
S. Ti ripeto che non criminalizzo nulla, mi limito ad analizzare e a criticare. E, ribadisco, in un sistema fiscale diverso, meno opprimente, una imposta di successione potrebbe anche starci, anche se io la considero comunque negativa. Piuttosto, sono gli argomenti con cui tu la difendi, questa imposta, ad apparire estremamente pericolosi, indegni di un moderato quale tu dici di essere.
P. Spiegati, mi sembra che tu parli per enigmi.
S. In base agli argomenti con cui hai difeso l’imposta avresti dovuto proporre il quasi totale esproprio dei patrimoni dei ricchi e non solo dei ricchi.
P. E perché mai?
S. Hai detto che i figli dei ricchi nulla fanno per meritare l’eredità quindi che questa è un ingiusto privilegio, vero?
P. Vero.
S. Poi hai detto che nasciamo tutti uguali ma la “fortuna” ci rende disuguali e che questo è un privilegio ingiusto e che coloro che hanno devono “restituire” ciò che la fortuna ci ha loro dato ingiustamente, è vero?
P. E’ vero
S. Ma è o non è vero che si deve “restituire” qualcosa alle persone cui qualcosa è stata sottratta ingiustamente, diciamo pure rubata?
P. Vero.
S. Dal che si deduce che chi ha molto ha rubato a chi non ha, ne convieni?
P. Ne convengo.
S. E dimmi ora, se io ti rubo 100 quanto ti devo restituire, 100 o 10?
P. !00, è ovvio.
S. E ti devo restituire 100 anche se non sono ricco sfondato?
P. Si, devo restituire 100 in ogni caso. Tu però ti appigli alle parole, o Socrate. Lasciamo perdere la parola “restituire”, limitiamoci a dire che chi ha molto lo possiede ingiustamente e tutto si risolve.
S. Non mi pare. Dimmi, se io ho 100 mentre dovei avere 10, devo restituire 90 oppure 10?
P. 90 direi.
S. E se ho 50 mentre dovrei avere 10 devo restituire 10 o 40?
P. 40 direi.
S. E se ho 30 mentre solo 10 dovrei avere, devo restituire 20 o 10?
P. 20.
S. Come vedi, se davvero chi ha lo ha ingiustamente non basta che restituisca una piccola parte, deve restituire quasi tutto.  E se poi ciò che ha lo ha rubato ad altri deve restituire tutto. E questo non vale solo per chi ha moltissimo, vale anche per chi ha abbastanza, o non troppo poco, Vale per i ricconi come per il ceto medio, per chi è appena un po' benestante, per un sacco di gente insomma. Chi ha ingiustamente deve restituire tutto ciò che ingiustamente ha, quale che sia il suo reddito. Perché allora vuoi una imposta del 10 o del 20 per cento, e solo per i ricconi? Dovresti chiederne una del 90 o del 100 per cento, estesa a moltissimi, se fossi coerente e prendessi sul serio ciò che dici!
P. Basta! Mi fai venire il mal di testa!
S. Mi spiace molto. Possiamo ancora approfondire il discorso, se vuoi.
P. Non ne posso più Socrate! Sei un sofista! Ho un terribile mal di testa! Me ne vado!
S. Resta nobile amico!
P. Meglio di no.


 

domenica 16 maggio 2021

CONTRO IL NICHILISMO SESSUALE


Potrebbe essere un'immagine raffigurante una o più persone e testo


Essere dati
Ognuno di noi è un essere dato. Non ci creiamo da soli, ci troviamo nel mondo, possiamo solo constatare la nostra esistenza. Ed è dato il mondo che ci circonda, il luogo in cui siamo nati, le relazioni sociali in cui erano inseriti i nostri genitori, l’epoca storica in cui loro sono vissuti ed in cui noi viviamo.
Possiamo farci tante domande, dimostrare o cercare di dimostrare tante cose, porci tanti “perché” e dare risposta ad alcuni, ma alla fine siamo costretti a dire: le cose stanno così e così, basta. Oltre non si può andare. Come diceva Wittgenstein qui la zappa si piega.
E tutto questo non vale solo a livello teorico, riguarda l’agire oltre che il pensare. Possiamo modificare molte cose nel mondo
ed anche di noi stessi, ma sempre a partire dal dato, da qualcosa che non è possibile modificare. Il dato limita e circoscrive le possibilità umane, accettarlo significa riconoscere la nostra ineliminabile finitezza, la cosa può non piacere, non cambia nulla.
Siamo dati, non possiamo auto crearci. L’idea di un ente che crea se stesso non solo è
priva di qualsiasi possibilità di applicazione empirica, ma appare irta di insuperabili contraddizioni.
Il concetto di un ente causa di se stesso, è intimamente contraddittorio: per poter essere causa di se stesso un ente dove già esistere, ma la sua esistenza dipende dalla capacità di autocrearsi.
Si tratta di una difficoltà logica, non necessariamente legata alla successione temporale: il concetto di esistenza rimanda a quello di causa e questo rimanda a quello. Non a caso di un solo ente si dice che è “causa sui”: Dio, ma è proprio questa caratteristica della divinità a risultare incomprensibile per l’umana ragione. Si può credere per fede, non comprendere razionalmente che Dio sia “causa sui”. In ogni caso una simile caratteristica riguarda solo Dio. L’uomo di certo non si crea da solo, è, inesorabilmente, un essere dato.

La rivolta contro la umana datità è caratteristica di una parte importante della cultura contemporanea. Accettare il dato è qualcosa di limitante, ci ricorda la nostra finitezza ed accidentalità. Non possiamo fare né spiegare tutto, in una certa misura dobbiamo accettarci ed accettare il mondo in cui siamo inseriti. Questo appare a molti intollerabile, da qui le filosofie che pretendono di rifondare integralmente l’uomo ed il mondo. Ed i loro deliri di onnipotenza. L’uomo può trasfigurare se stesso, la società ed il mondo, creare l’assolutamente nuovo. E se questa ansia di assolutamente nuovo si scontra col dato… al diavolo il dato. Siamo o possiamo diventare onnipotenti quindi possiamo arrivare a prescindere dal dato, e diventare simili a Dio, o forse anche più che simili.
Fantasticherie? Vagheggiamenti utopici? Si, ma vagheggiamenti e fantasticherie che hanno avuto, ed ancora possono avere, conseguenze disastrose.

Sesso e datità
Poche cose sono tanto intimamente legate al nostro essere dati come il sesso. A parte casi rarissimi chi nasce, nasce maschio o femmina. Un neonato può essere nero o bianco, più o meno pesante della media ma di certo sarà maschio o femmina. Certo, crescendo potrà sviluppare tendenze omosessuali, potrà anche provar disagio per il suo sesso, ma lo farà sempre, in ogni caso, a partire dal dato originario del suo essere maschio o femmina. La sessualità è un dato originario, non ce la assegniamo, è parte essenziale del nostro essere dati.

Naturalmente è possibile che un essere umano si senta attratto da persone del suo stesso sesso, non trovo in questo nulla di scandaloso. E’ anche possibile che si trovi male nel suo sesso, desideri di essere di sesso diverso, anche in questo non c’è nulla di scandaloso. Tutto questo però nasce sulla base del dato originario della sessualità maschile o femminile. Provare pulsioni omosessuali o desiderare di essere di sesso diverso non elimina il dato originale della sessualità maschile o femminile, si limita ad introdurre in questa delle eccezioni, eccezioni, non perversioni, che riguardano una parte abbastanza minoritaria del genere umano. La presenza di simili eccezioni non toglie nulla alla rilevanza ontologica del dato sessuale originario. La sessualità resta maschile o femminile anche se alcuni possono provare attrazione per persone del loro stesso sesso, ed altri possono trovarsi male nel loro sesso naturale. A ben vedere le cose, un omosessuale ed un trans restano per intero all’interno della sessualità intesa come dato originario: l’omosessuale è un maschio, o una femmina, che prova attrazione per altri maschi, o femmine. Il trans è una femmina che vorrebbe essere maschio o viceversa. Tutti restano dentro il binomio maschile - femminile. Non possono prescinderne. Nessun gay e nessun trans chiede di potersi riprodurre per partenogenesi, e non a caso.

Quali che possano essere i desideri e le pulsioni individuali, i
l sesso resta dato originario, naturale, legato alla riproduzione della specie, carico quindi di enormi conseguenze sociali. Ora, la filosofia gender contesta appunto questo carattere del sesso. Ne nega la naturalità, la rilevanza ontologica, il legame con la riproduzione della specie quindi il peso sociale. Il sesso non è per i teorici gender un fondamentale dato originario, è, in prima battuta, un costrutto socio culturale e poi neppure più questo, si riduce a scelta inessenziale. Il dato originario scompare resta il sentire del momento, il fluire dei desideri. Si allenta fin quasi a scomparire il legame fra sesso e personalità, caratteristiche fisiche e psicologiche di ognuno di noi. Del legame fra sesso e riproduzione della specie resta solo il fatto tecnico che impedisce ai maschi di partorire, cosa comunque cui si può ovviare con la pratica dell’utero in affitto. La famiglia composta da un uomo, una donna ed eventualmente un certo numero di figli cessa di essere il nucleo fondamentale della società, sostenerlo significa essere sessisti ed omofobi. Qualsiasi altra forma di unione fra esseri umani viene equiparata alla famiglia. Padre e madre non hanno rilevanza alcuna nello sviluppo dei bambini, vengono sostituiti da genitore uno e due. Tutto questo non ha assolutamente nulla a che vedere col diritto di omosessuali e trans di soddisfare le proprie pulsioni; non siamo di fronte alla tutela di importanti diritti individuali, ma ad un attacco frontale alla struttura sociale nel suo complesso, di più, ad alcuni capisaldi su cui da tempo immemorabile si basano i rapporti fra gli esseri umani.
Nulla di cui stupirsi. Come tutti gli ultra radicali i teorici del gender non si accontentato di tutelare diritti ed apportare modifiche anche profonde alla organizzazione sociale. No, vogliono rovesciare come un calzino l’uomo e la società, introdurre trasformazioni che segnino una frattura assoluta, definitiva col passato. Il genere prende il posto del sesso, la fluidità desiderante soppianta il sesso come dato originario. La novità è assoluta, totale, irreversibile.

Natura
Il rifiuto del sesso come dato originario ne prende di mira soprattutto la naturalità. Chi considera il sesso un costrutto socio culturale sostituisce al sesso come dato naturale le idee, i comportamenti, i pregiudizi legati al sesso. Chi riduce il sesso a scelta ritiene che il dato sessuale naturale non esista, o non abbia rilevanza, o sia manipolabile a nostro piacere, sempre, senza conseguenza alcuna. Il sesso come argilla, materiale facilmente modellabile, giocattolo pronto a seguire il fluire dei nostri desideri.
Ma la natura è davvero qualcosa di tanto debole? Le si può togliere qualsiasi “durezza” ontologica? La si può ridurre a una sorta di plastilina che possiamo plasmare a nostro piacimento? Basta fare la domanda per avere la risposta, e la risposta è NO!
L’uomo è parte, piccola, piccolissima parte, della natura, risultato di un processo di selezione naturale durato milioni di anni. Trasformarlo in signore della natura è, da questo punto di vista, una pura e semplice idiozia. L’uomo è tuttavia un animale molto particolare: non si adatta a vivere in qualche ecosistema, modifica a suoi fini l’ambiente circostante. Anche altri animali, addirittura degli insetti lo fanno: basti pensare ai castori od alle formiche. Nell’uomo però la capacità di modificare l’ambiente circostante è progressiva. L’uomo impara dall’esperienza; formicai e dighe dei castori sono oggi le stesse di secoli e secoli fa, non altrettanto si può dire delle costruzioni umane. In questo senso l’uomo è davvero unico, ha con la natura un rapporto del tutto speciale, e nulla è tanto stupido quanto pretendere di ridurlo a mera componente subordinata di qualche ecosistema.
L’uomo modifica l’ambiente quindi, e modificando l’ambiente modifica in una certa misura se stesso. Malgrado le lamentele dei mistici dell’ecologia lo sviluppo economico ha reso l’uomo più sano, ne ha allungato la vita, aumentato la cultura, ampliato i punti di vista, tutto questo è innegabile, ed in larga misura positivo. Ma come è avvenuto e come avviene questo processo? Quali sono le sue modalità? Questo è il punto decisivo.

Modificando l’ambiente circostante l’uomo non impone alla natura alcuna nuova legge, al contrario, può modificare l’ambiente solo adattando la sua azione alle leggi naturali; come diceva Bacone, l’uomo può diventare il signore della natura solo sottomettendosi alle sue leggi.
Le case di montagna hanno i tetti molto inclinati per far si che la neve non si accumuli troppo rischiando di sfondarli. Gli aerei volano per la pressione dell’aria sotto le ali, le navi galleggiano grazie al principio di Archimede. Gli uomini non combattono gli effetti negativi delle nevicate creando un clima a loro immagine, né cercano di volare o d
i varcare i mari modificandosi geneticamente e dotandosi, alternativamente, di ali o branchie. Simili azioni sarebbero solo follia nichilista. Le leggi naturali sono un dato immodificabile, da questo deve partire ogni azione tendente a rendere l’ambiente migliore per l’uomo.
Considerazioni simili si possono fare per il sesso. Il sesso è un dato naturale originario, legato a quel fatto di enorme rilevanza sociale che è la riproduzione della specie. Ultimamente gli esseri umani hanno fatto grandi passi avanti nel controllo della sessualità. Un tempo le donne passavano gli anni migliori della loro vita partorendo in continuazione, e le morti per parto erano una tragica eventualità che mieteva moltissime vite nel sesso femminile. Oggi tutto questo è in larga misura scomparso, almeno nei paesi economicamente sviluppati. Le morti per parto si sono ridotte al minimo, le stesse doglie del parto possono essere ridotte, se il parto è particolarmente complicato si può ricorrere al cesareo. Gli strumenti anticonzezionali hanno liberato la donna dalla schiavitù delle gravidanze non desiderate, numerose misure legislative hanno abbattuto gli ostacoli che la maternità frapponeva al pieno ingresso, a tutti i livelli, della donna nel mercato del lavoro, anche se in questo campo molto resta ancora da fare. Tutto questo ha permesso agli esseri umani, alle donne soprattutto, di controllare gli effetti non desiderati della sessualità, ma non ha minimamente alterato il carattere naturale della stessa. La forza di gravità è oggi la stessa di mille anni fa, anche se oggi, a differenza di mille anni fa, gli aerei volano. Allo stesso modo, il sesso è oggi lo stesso di mille anni fa, anche se oggi, a differenza di mille anni fa, le donne non sono più, almeno nei paesi culturalmente più sviluppati, una sorta di macchine per la riproduzione e schiave domestiche.

I teorici del gender mirano invece proprio a questo: a sovvertire le leggi naturali legate alla riproduzione della specie. Ovviamente non possono riuscire nel loro intento: le leggi naturali hanno la pessima abitudine di non farsi modificare a piacere dai moderni stregoni del politicamente corretto. In fondo pratiche oggi di moda come l’utero in affitto non fanno altro che copiare in laboratorio, in maniera faticosa e, a volte, pericolosa, ciò che in natura avviene spontaneamente e, particolare non secondario, in modo piuttosto piacevole. Ma è comunque questo il loro fine. Il fatto che si tratti di un fine irraggiungibile, mai apertamente dichiarato, non implica che non venga perseguito, o che non sia il tendere ad esso il senso di tante disquisizioni sofistiche.
Se il sesso non è un dato naturale originario, se il suo legame con la riproduzione della specie viene negato, se, ai fini della riproduzione, il sesso omosessuale è posto sullo stesso piano di quello etero sessuale, se la famiglia detta “tradizionale” viene equiparata a qualsiasi unione fra esseri umani, soprattutto, se il sesso viene ridotto a costrutto culturale prima e poi a scelta legata al “sentire”, se tutto questo avviene è il legame stesso fra sesso e legge di natura a venir messo radicalmente in discussione. La riproduzione della specie legata a rapporti sessuali fra uomo e donna cessa di essere la regola, basata su solide basi naturali, diventa uno dei tanti modi di riproduzione. Da qui la svalutazione della famiglia, la contestazione dei concetti stessi di paternità e maternità e dell’importanza delle figure maschili e femminili. Queste figure, a rigore, smettono di esistere perché l’essere maschio o femmina non ha più spessore ontologico. Si tratta di una scelta fra tante, un momento del fluire sessuale. La difesa dei diritti di gay e trans non è più in questo modo la sacrosanta tutela di persone che hanno una forma diversa di sessualità. Questo perché a rigore non esistono forme diverse di sessualità. L’eterosessualità non è più la regola ma non per questo le eccezioni omo e transessuali diventano regola a loro volta. Tutto diventa eccezione perché non esiste più una sessualità chiaramente definita. Il sesso come fatto naturale e sociale scompare, restano le scelte erotiche legate al sesso giocattolo.

Scelte e valori
Tutto ciò di cui si è finora parlato ha una inevitabile, tragica conclusione. La riproduzione della specie viene ad identificarsi col processo di produzione degli esseri umani. Ogni coppia, trans, omo od etero che sia può avere il “suo” bambino. Domani potrebbero avanzare pretese simili gruppi più, o meno, vasti di persone. Perché mai infatti dare tanta importanza al DUE, alla COPPIA? Perché una famiglia composta da tre uomini o tre donne, o da due donne e tre uomini non dovrebbe avanzare pari pretese? E perché non dovrebbe avanzarle una famiglia “monogenitoriale”, composta da una sola persona? In fondo nel mondo esistono milioni e milioni di single e la poligamia è assai più diffusa dell’omosessualità, perché allora privilegiare la coppia? Proprio non lo si capisce...
Non c’è in tutto questo nulla di esagerato, nessuna visione apocalittica del futuro. In fondo negli USA esiste già di fatto un mercato dei bambini. Persone particolarmente danarose scelgono, grazie all’utero in affitto, il bambino che più loro aggrada: deve avere la pelle di un certo colore, essere alto, intelligente… e c’è chi protesta non perché nauseato da simili pratiche, ma perché queste privilegiano i bambini bianchi! Va bene “costruire” il pargolo, ma che non sia sempre bianco, se no è “razzismo”! Incommentabile.

Voglio fare l’avvocato del diavolo. Perché rifiutare simili pratiche? Potrebbe chiedere qualcuno. In fondo siamo tutti esseri dati, non ci facciamo da soli. Perché dovrei accettare la mia datità se questa deriva dall’incontro casuale di un ovulo e di uno spermatozoo e non dallo stesso incontro deciso da un altro essere umano?
Domanda a cui è facilissimo rispondere.
Rivendico per ogni essere umano il diritto alla propria datità naturale. Voglio essere stato la risultante di un incontro causale fra un ovulo ed uno spermatozoo, non il risultato di una scelta compiuta da altri essere umani. Nego a chiunque il diritto di costruirne una persona, di decidere quali siano le sue caratteristiche. Potevo non nascere, sono nato con le mie caratteristiche fisiche e psicologiche al posto di tanti altri possibili esseri umani, forse migliori di me, ma mi ripugna pensare che siano stati Tizio e Caia a decidere chi io sono. Altro non si può aggiungere, ma mi sembra che basti.

Le persone non sono cose. Si possono costruire le cose, non le persone. Le persone si riproducono, le cose si producono. Sono concetti semplici, quasi elementari, non dovrebbe essere neppur necessario ribadirli. Eppure oggi è necessario farlo e questo dimostra la profondità della crisi culturale ed etica in cui ci dibattiamo. Come abbiamo potuto arrivare a questo punto? La risposta ad una simile domanda sarebbe davvero troppo lunga. Hanno contribuito il prometeismo rivoluzionario, l’idea assurda che sia possibile il rovesciamento assoluto del mondo e dell’uomo ed Il connesso rifiuto nichilista di ogni tradizione, la rivolta iconoclasta contro la storia. Approfondire solo alcuni di questi temi ci porterebbe davvero troppo lontano.
E’ certo però che ultimamente si è fatta sempre più strada in occidente una idea che di certo ha contribuito alla deriva attuale. Si tratta dell’idea secondo cui la scelta libera degli individui avviene o dovrebbe avvenire in una sorta di vuoto etico
ed ontologico, al di fuori, o al di là di ogni scala di valori. La scelta è tutto, non deve misurarsi con oggettività alcuna, di tipo etico, sociale o naturale che sia. Esser liberi vorrebbe dire svolazzare nel vuoto, privi di qualsiasi obbligo.
Si tratta di una concezione ridicola della libertà, lontana anni luce dal pensiero dei maestri del liberalismo. Per questi la libera scelta degli individui si colloca sempre all’interno di un sistema di valori, i diritti sono sempre accompagnati dai doveri,
la scelta è sempre connessa con la responsabilità. La libertà priva di vincoli, la pretesa che la libera scelta possa eliminare ogni oggettività non è la libertà liberale, non ha nulla a che vedere con il liberalismo di un Kant, di un Locke o di un Berlin. E’ l’arbitrio dei vari Hitler, Stalin e Pol Pot. La libertà non contrasta con la verità, non a caso Orwell fa dire al protagonista di “1984”: “la libertà prima è poter dire che due più due fa quattro”. E Dostoevskij ci ricorda che il “tutto va bene” non è libertà, è nichilismo, quel nichilismo che parte dalla assoluta libertà per arrivare al dispotismo assoluto
Quel nichilismo politicamente corretto che è oggi il cancro dell’occidente.

 

giovedì 13 maggio 2021

SPETTACOLO DEPRIMENTE

Lo ammetto, a volte lo spettacolo dell’umana idiozia mi lascia davvero perplesso.
Ognuno è libero di avere le proprie idee, ma dovrebbe cercare, almeno cercare, di difenderle con argomenti almeno plausibili. Trasformare le idee in slogan e gli argomenti in ripetizioni degli slogan sembra invece essere diventato uno sport molto diffuso e questo, lo ammetto, lo trovo deprimente.
Ho letto ieri in rete il solito, vecchio discorso sulle perdite israeliane e palestinesi. I palestinesi hanno avuto ed hanno molti più caduti che non gli israeliani. Questo per qualcuno “dimostra” che gli israeliani sono aggressori e stanno mettendo in atto una guerra di sterminio.
Alcuni, compreso chi scrive, hanno replicato ricordando che nella seconda guerra mondiale la Germania ha avuto molti più morti che Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti messi insieme. Non si trattava, ovviamente, di un invito a ricalcolare le vittime del secondo conflitto mondiale, solo di un esempio volto a dimostrare che i torti e le ragioni di un conflitto non sono legate al numero delle perdite della parti in causa.
E’ così che invece hanno considerato la cosa alcune persone (molto) diversamente intelligenti. La Germania, hanno sentenziato, ha avuto MENO perdite che non la coalizione anti tedesca globalmente considerata! Favoloso argomento! Così, per questi geni, SE la Germania avesse avuto più perdite della coalizione anti tedesca si sarebbe trasformata da aggressore in aggredita! Ovviamente mi sono ben guardato dal replicare ad una simile idiozia. Il dialogo con i diversamente intelligenti non mi interessa.
In ogni guerra i vari eserciti cercano di minimizzare le proprie perdite e di massimizzare quelle del nemico. Questa regola, universalmente accettata, non dovrebbe valere nel caso di Israele. Israele compie l’enorme peccato di difendere il proprio diritto all’esistenza. Per farsi perdonare dai “progressisti” Israele dovrebbe condurre la guerra massimizzando le sue perdite e minimizzando quelle dei suoi nemici. Gli israeliani cercano in ogni modo si salvaguardare la propria popolazione civile. I bambini israeliani vanno a scuola pronti a correre nei rifugi non appena scatta l’allarme. Non dovrebbero farlo! I sionisti dovrebbero lasciare che i "missili giocattolo" di Hammas uccidessero un bel po’ di bambini ebrei, solo allora i vari Moni Ovadia e Gad Lerner spenderebbero qualche lacrimuccia per loro. Invece quei cattivoni di Israeliani si comportano diversamente. Rinunciano alle lacrimuccie degli ipocriti e salvaguardano i lori civili. Intollerabile!
Nelle guerre le dittature totalitarie hanno quasi sempre un numero di morti enormemente più alto delle democrazie liberali. Questo per il banale motivo che i tiranni totalitari se ne fregano delle sofferenze dei loro stessi popoli. Nella seconda guerra mondiale il folle rifiuto hitleriano di riconoscere la sconfitta ha causato alla Germania negli ultimi nove, dieci mesi di combattimenti un numero di morti quasi pari a quello patito nei quasi cinque anni precedenti.
Sempre nel secondo conflitto mondiale l’URSS ha patito circa 20 milioni di morti non solo perché la Germania nazista ha condotto contro l’URSS una brutale guerra di sterminio, ma anche perché Stalin ha condotto la stessa guerra senza riguardo alcuno per le sofferenze del popolo sovietico.
I palestinesi hanno tante perdite soprattutto perché Hammas se ne frega delle perdite fra i civili, anzi, cerca di massimizzarle a fini biecamente propagandistici. Gli Israeliani avvisano la popolazione civile palestinese prima di sferrare attacchi aerei. I terroristi di Hammas piazzano rampe missilistiche nelle vicinanze di scuole ed asili. Poi strillano per la perdita di vite innocenti. E c’è sempre qualche occidentale "buono" che si unisce ai loro strilli.
Non val davvero la pena di aggiungere altro...

 

mercoledì 12 maggio 2021

PER LA LIBERTA' DI TUTTI


Il DDL Zan NON mira a difendere le minoranze sessuali da aggressioni, insulti, derisioni o ingiuste discriminazioni. Mira ad una cosa radicalmente diversa: ridefinire il concetto stesso di sesso.
Nel DDL Zan la sessualità, ogni sessualità, compresa quella omosessuale, NON è più qualcosa di legato alla natura umana, componente essenziale, ontologicamente rilevante, della nostra identità. Non è più un fatto naturale denso di enormi implicazioni sociali, in primo luogo per il suo legame con la riproduzione della specie.
A ben vedere le cose nel DDL Zan il sesso non è più neppure un costrutto socio-culturale, e questa già sarebbe una concezione assai riduttiva della sessualità. I costrutti socio-culturali hanno infatti una dimensione intersoggettiva, sono ameno relativamente stabili.
No, nel DDL Zan il sesso è una scelta, e neppure una scelta particolarmente rilevante. E’ un mero “sentire”, una percezione di se, variabile, come tutte le percezioni di se. Il sesso come fluidità, scorrere eracliteo, apparire e dileguarsi. Non è un caso che nel DDL Zan la parola sesso non venga quasi mai usata, sostituita da un'altra, tanto cara ai politicamente corretti. "genere".
E, cosa più grave di tutte, il DDL Zan pretende che questa concezione del sesso, del tutto errata a mio parere, ma legittima, sia IMPOSTA con forza di legge agli esseri umani. Il DDL Zan pretende di assimilare il rifiuto della sua concezione fluida del sesso alla aggressione, all’insulto, alla derisione ed alla ingiusta discriminazione.
Il nichilismo imposto con la forza della legge. Una pseudo assoluta libertà sessuale resa obbligatoria a suon di propaganda scolastica, carcere e corsi di rieducazione. Roba da fare invidia a Pol Pot.
Il centro destra la deve smettere con gli atteggiamenti timidi. Essere contro questo decreto NON vuol dire essere “omofobi", vuol dire essere per la libertà di TUTTI, omosessuali compresi.

 

giovedì 6 maggio 2021

DDL Zan

Non intendo affrontare la complessa tematica filosofica che sta dietro al DDL Zan. Si tratta, anche se cercano di negarlo, della ideologia della non differenza, quella mostruosità nichilista secondo cui i sessi, e con loro nazioni, culture, stati e civiltà o non esistono o hanno importanza residuale. Mi limito ad affrontare un paio di punti di questo decreto che ne evidenziano le debolezze e la pericolosità.
Il DDL Zan punisce gli atti di violenza e discriminazione basati sul sesso, il genere e l’identità di genere.
Per “genere” il DDL Zan intende:
“qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso”.
A ben vedere le cose nel DDL Zan il “genere” non è un costrutto socio culturale. Un simile costrutto è infatti, per definizione, qualcosa di sovra individuale, Nel DDL Zan il “genere” riguarda invece l’atteggiamento che ogni persona ha nei confronti del suo sesso e delle aspettative sociali che lo riguardano. Sono maschio ma mi sento femmina, quindi mi vesto da femmina, se vado in un locale pubblico voglio entrare nelle toelette riservate alle femmine eccetera.
Questa concezione del genere è ancora più chiara quando il DDL affronta il concetto di “identità di genere”:
“per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”.
Siamo di fronte, come si vede, a qualcosa di estremamente fluido. Le leggi dovrebbero individuare i reati in maniera il più possibile oggettiva, chiaramente determinabile. Non puoi uccidere, aggredire, insultare nessuno, indipendentemente da sesso, razza, genere o identità di genere. Non si offende né si aggredisce nessuno, punto e basta. Ma che fare quando siamo di fronte ad una “discriminazione” basata sulla identità di genere? In certi casi le situazioni sono chiare, in altri no e questo rende possibili situazioni ingiuste o paradossali. Io sono nato maschio ma mi sento femmina. Una ditta assume sole donne destinate a fare le indossatrici di abiti femminili Io mi sento donna e chiedo di essere assunto. Non vengo assunto. Posso denunciare la “discriminazione" che avrei subito? In base al DDL Zan sembra proprio di si.
Sono al cinema. Devo usare la toelette. Sono maschio ma mi sento femmina. Vado nella toelette riservata alle donne. Le donne già nel locale strillano e mi cacciano via. Le posso denunciare per avermi oltraggiato? Di nuovo, in base al DDL Zan sembra di SI.
Veniamo alla libertà di espressione. I fautori del DDL Zan affermano che questo non la mette in discussione. Afferma infatti il decreto:
“Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte…”
Tutto bene sembrerebbe. Solo quegli omofobi del centro destra possono protestare!
Invece NO. L’articolo infatti prosegue dicendo:
“purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
Quindi le idee si possono esprimere purché qualcuno non possa usarle come pretesto per compiere atti discriminatori o violenti.
Tizio dice che esistono la paternità e la maternità, non la “genitorialità”, Caio interpreta la cosa come incitamento ad aggredire un gay, lo aggredisce e la legge colpisce non solo Caio ma anche Tizio.
Stalin ha fatto fuori un sacco di gente, ma dietro a Stalin c’è Marx e dietro a Marx c’è Hegel. Che fare? Siccome Stalin ha inventato i gulag si mettono al bando il “Capitale” e la “scienza della logica?
Ogni idea può essere interpretata, bene o male, ogni idea può “determinare il pericolo del compimento di atti discriminatori e violenti”. Ma nei paesi democratici è essenziale la distinzione fra idee ed azioni, reati e peccati. Per il DDL Zan NO! Questo decreto abolisce questa distinzione. Le idee vanno bene fino a che qualche solerte magistrato non decida che quella certa idea ha indotto Tizio a compiere un reato. In questo caso l’idea stessa diventa reato. La logica degli Hitler e degli Stalin.
NO. Il DDL Zan non ha nulla a che vedere con la sacrosanta difesa dei diritti degli omosessuali. Si tratta di un tentativo sin troppo palese di imporre a tutti l’ideologia gender, la teorizzazione della non differenza. Il nichilismo.