La linea dei media sembra ormai chiara: trasformare un fenomeno
politico, sociale e culturale come il terrorismo islamico in una serie di atti individuali. Per far questo devono eliminare ogni differnza fra la dimensione giuridica e quella politica del problema.
A livello giuridico occorre assicurare alla giustizia i singoli responsabili degli atti di terrorismo, provarne la colpevolezza e condannarli. A livello politico occorre rispondere alla guerra che il fondamentalismo islamico ci ha dichiarato. Una cosa è punire il signor Alì, che ha organizzato un attentato, cosa diversa è combattere il fondamentalismo terrorista di cui il signor Alì è espressione.
I media politicamente corretti tendono, ogni giorno di più, a cancellare questa fondamentale differenza di livelli. Il terrorismo islamico cessa di essere un fenomeno politico, sociale, culturale e militare per diventare la sommatoria di tanti casi individuali di violenza o di “pazzia”. La necessità di rispondere ad un fenomeno sociale di enormi dimensioni scompare, restano le indagini di polizia e magistratura.
La conseguenza di questa impostazione è evidente: non è possibile anticipare le conclusioni di una indagine, siamo garantisti perbacco, crediamo nella presunzione di innocenza. Se Tizio, Caio e Sempronio ammazzano gente a casaccio strillando: “Allah u akbar” non dobbiamo subito parlare di terrorismo islamico. Dobbiamo aspettare che questi signori siano catturati, che si provi la loro appartenenza a qualche un gruppo terrorista, che siano condannati in maniera definitiva. Solo allora, ad una decina di anni dagli eventi, potremo parlare di terrorismo islamico. Anzi, a rigore non potremmo parlarne neppure allora. A livello giuridico non valgono infatti le generalizzazioni, la responsabilità è sempre e solo individuale. Quindi non di terrorismo islamico dovremo parlare ma delle colpe di Tizio, Caio e Sempronio che hanno fatto fuori un bel po' di gente e che sono tutti, casualmente, di religione musulmana.
Non serve più a questo punto intervenire militarmente in Libia, o controllare i flussi migratori, o controllare le moschee, o espellere dal nostro paese chi predica odio religioso, non occorrono più, per essere chiari, misure politiche, collettive. Queste riguardano i fenomeni sociali ed il il terrorismo islamico non è, fanno intendere i giornalisti politicamente corretti, un fenomeno sociale; è solo l'insieme di tanti casi singoli, da risolvere uno per uno.
E, per evitare che il popolo bue faccia indebite generalizzazioni cosa fanno i signori dei media? Mettono in atto una censura ogni giorno più invasiva sugli atti di terrorismo. La gente comune tende a generalizzare. Se tutti i giorni qualche musulmano ammazza gente urlando “Allah u akbar” le persone normali sono assalite dal sospetto che la cosa riguardi l'Islam. Sono tanto sciocche le persone normali! E allora loro, i sapientissimi ed intelligentissimi padroni dei media, modificano leggermente le notizie.
Prendiamo una notizia, non vera ma verosimile.
“Attentato islamico a Parigi. Un cittadino francese di origini marocchine, il signor Abdul Amid, di religione islamica, ha accoltellato due passanti al grido di Allah u akbar”.
I media la trasformano in questo modo:
“Oggi a Parigi un giovane di nazionalità francese ha accoltellato due passanti. La polizia indaga. Al momento non risultano legami con l'Isis. Pare che il giovane ultimamente fosse molto depresso”.
Basta tacere il nome del giovanotto, le sue origini marocchine, la sua religione, passare sotto silenzio le sue urla inconsulte ed il gioco è fatto! Se poi si aggiungono accenni ad una sua presunta “depressione” e si sottolinea che non gli è stata trovata in tasca la tessera dell'Isis è ancora meglio. Certo, i depressi non musulmani si suicidano, non accoltellano passanti a casaccio, ma si tratta di inezie.
Si credono molto abili i signori dei media: prima trasformano il terrorismo islamico in una serie di fatti individuali, poi depurano le notizie da qualsiasi accenno all'Islam, per evitare che il popolo bue faccia indebite generalizzazioni. Un fenomeno di dimensioni mondiali si trasforma in questo modo in una serie di casi per un novello commissario Maigret. Perfetto!
Forse troppo perfetto però. Si, perché il popolo sarà anche bue ma una certa capacità di pensare ancora la conserva.
E forse non è così facile da infinocchiare. Se davvero non esiste un fenomeno “terrorismo islamico” come mai spiagge e metrò, porti ed aeroporti, chiese e piazze, stadi e fermate degli autobus sono diventati luoghi a rischio? Perché occorre che in Brasile, in Brasile, non in Sudan, quasi novantamila (NOVANTAMILA) militari vigilino sulla sicurezza dei giochi olimpici? Perché una chiesa, un luogo di pace come la Basilica di San Pietro è guardata a vista da stuoli di militari armati sino ai denti? In fondo singoli casi di violenza criminale sono sempre esistiti, ma solo da una quindicina d'anni la nostra vita è diventata sempre più blindata.
E se davvero non si deve generalizzare, perché mai loro, si proprio loro, i padroni dei media, fanno le più indebite generalizzazioni in certe altre occasioni? Perché una volgare rissa fra un nigeriano ed un italiano è subito stata trasformata in una brutale “aggressione razzista”? E perché se negli USA un poliziotto, magari con la pelle nera, uccide un giovane rapinatore “afroamericano” i vari TG parlano subito, senza neppure aspettare notizie su quanto davvero è avvenuto, di “omicidio a sfondo razzista”?
I signori dei media sono convinti di essere molto intelligenti, oltre che straordinariamente colti, ma sono solo dei mistificatori, e non particolarmente abili, in fondo. Joseph Goebbels era molto meglio di loro.
A livello giuridico occorre assicurare alla giustizia i singoli responsabili degli atti di terrorismo, provarne la colpevolezza e condannarli. A livello politico occorre rispondere alla guerra che il fondamentalismo islamico ci ha dichiarato. Una cosa è punire il signor Alì, che ha organizzato un attentato, cosa diversa è combattere il fondamentalismo terrorista di cui il signor Alì è espressione.
I media politicamente corretti tendono, ogni giorno di più, a cancellare questa fondamentale differenza di livelli. Il terrorismo islamico cessa di essere un fenomeno politico, sociale, culturale e militare per diventare la sommatoria di tanti casi individuali di violenza o di “pazzia”. La necessità di rispondere ad un fenomeno sociale di enormi dimensioni scompare, restano le indagini di polizia e magistratura.
La conseguenza di questa impostazione è evidente: non è possibile anticipare le conclusioni di una indagine, siamo garantisti perbacco, crediamo nella presunzione di innocenza. Se Tizio, Caio e Sempronio ammazzano gente a casaccio strillando: “Allah u akbar” non dobbiamo subito parlare di terrorismo islamico. Dobbiamo aspettare che questi signori siano catturati, che si provi la loro appartenenza a qualche un gruppo terrorista, che siano condannati in maniera definitiva. Solo allora, ad una decina di anni dagli eventi, potremo parlare di terrorismo islamico. Anzi, a rigore non potremmo parlarne neppure allora. A livello giuridico non valgono infatti le generalizzazioni, la responsabilità è sempre e solo individuale. Quindi non di terrorismo islamico dovremo parlare ma delle colpe di Tizio, Caio e Sempronio che hanno fatto fuori un bel po' di gente e che sono tutti, casualmente, di religione musulmana.
Non serve più a questo punto intervenire militarmente in Libia, o controllare i flussi migratori, o controllare le moschee, o espellere dal nostro paese chi predica odio religioso, non occorrono più, per essere chiari, misure politiche, collettive. Queste riguardano i fenomeni sociali ed il il terrorismo islamico non è, fanno intendere i giornalisti politicamente corretti, un fenomeno sociale; è solo l'insieme di tanti casi singoli, da risolvere uno per uno.
E, per evitare che il popolo bue faccia indebite generalizzazioni cosa fanno i signori dei media? Mettono in atto una censura ogni giorno più invasiva sugli atti di terrorismo. La gente comune tende a generalizzare. Se tutti i giorni qualche musulmano ammazza gente urlando “Allah u akbar” le persone normali sono assalite dal sospetto che la cosa riguardi l'Islam. Sono tanto sciocche le persone normali! E allora loro, i sapientissimi ed intelligentissimi padroni dei media, modificano leggermente le notizie.
Prendiamo una notizia, non vera ma verosimile.
“Attentato islamico a Parigi. Un cittadino francese di origini marocchine, il signor Abdul Amid, di religione islamica, ha accoltellato due passanti al grido di Allah u akbar”.
I media la trasformano in questo modo:
“Oggi a Parigi un giovane di nazionalità francese ha accoltellato due passanti. La polizia indaga. Al momento non risultano legami con l'Isis. Pare che il giovane ultimamente fosse molto depresso”.
Basta tacere il nome del giovanotto, le sue origini marocchine, la sua religione, passare sotto silenzio le sue urla inconsulte ed il gioco è fatto! Se poi si aggiungono accenni ad una sua presunta “depressione” e si sottolinea che non gli è stata trovata in tasca la tessera dell'Isis è ancora meglio. Certo, i depressi non musulmani si suicidano, non accoltellano passanti a casaccio, ma si tratta di inezie.
Si credono molto abili i signori dei media: prima trasformano il terrorismo islamico in una serie di fatti individuali, poi depurano le notizie da qualsiasi accenno all'Islam, per evitare che il popolo bue faccia indebite generalizzazioni. Un fenomeno di dimensioni mondiali si trasforma in questo modo in una serie di casi per un novello commissario Maigret. Perfetto!
Forse troppo perfetto però. Si, perché il popolo sarà anche bue ma una certa capacità di pensare ancora la conserva.
E forse non è così facile da infinocchiare. Se davvero non esiste un fenomeno “terrorismo islamico” come mai spiagge e metrò, porti ed aeroporti, chiese e piazze, stadi e fermate degli autobus sono diventati luoghi a rischio? Perché occorre che in Brasile, in Brasile, non in Sudan, quasi novantamila (NOVANTAMILA) militari vigilino sulla sicurezza dei giochi olimpici? Perché una chiesa, un luogo di pace come la Basilica di San Pietro è guardata a vista da stuoli di militari armati sino ai denti? In fondo singoli casi di violenza criminale sono sempre esistiti, ma solo da una quindicina d'anni la nostra vita è diventata sempre più blindata.
E se davvero non si deve generalizzare, perché mai loro, si proprio loro, i padroni dei media, fanno le più indebite generalizzazioni in certe altre occasioni? Perché una volgare rissa fra un nigeriano ed un italiano è subito stata trasformata in una brutale “aggressione razzista”? E perché se negli USA un poliziotto, magari con la pelle nera, uccide un giovane rapinatore “afroamericano” i vari TG parlano subito, senza neppure aspettare notizie su quanto davvero è avvenuto, di “omicidio a sfondo razzista”?
I signori dei media sono convinti di essere molto intelligenti, oltre che straordinariamente colti, ma sono solo dei mistificatori, e non particolarmente abili, in fondo. Joseph Goebbels era molto meglio di loro.
Basta dire che hai completamente ragione? Goebbels, pur nella sua capacità di mistificare, aveva una sua tragica grandezza. Prendiamo un mistificatore dei tempi nostri: Mario Calabresi, direttore di Repubblica. E' casualmente figlio di Luigi Calabresi, ucciso da esponenti di Lotta Continua. Pur di fare carriera, è stato anche collega al giornale con Adriano Sofri, condannato per essere il mandante dell'omicidio.
RispondiEliminacorreggo; collega....di
RispondiEliminacorreggo ancora (uffa, la fretta):(non ;) collega...di
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