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mercoledì 24 gennaio 2018

REDISTRUBUZIONE

Lo si sente ripeter sempre più spesso: i ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri. Il problema fondamentale è redistribuire le ricchezze, solo in questo modo si può abbattere la povertà.
Non mi interessa qui addentrarmi nelle statistiche, anche perché i numeri sono un po' come gli esseri umani: se li torturi adeguatamente puoi far dire loro ciò che vuoi. Non mi interessa neppure stabilire se la redistribuzione delle ricchezze sia sempre e comunque capace di stimolare la produzione di nuovi beni e servizi, né se possa essere considerata conforme ai principi dell'etica. Mi interessa invece cercare di stabilire se davvero la redistribuzione delle ricchezze provoca, in quanto tale, una contrazione della povertà.
Apparentemente sembra che le cose stiano proprio così. Poniamo che Tizio guadagni 100, mentre Caio e Sempronio guadagnano ognuno 10. Si tolga 60 a Tizio e lo si divida fra Caio e Sempronio e tutti avranno un reddito di 40. Sarà eliminata la super ricchezza di Tizio ma anche la povertà di Caio e Sempronio. Semplice vero? Si, troppo semplice.

Per cercare di capirci un po' meglio occorre esaminare da cosa è composta la ricchezza. Semplificando molto le cose, senza tuttavia compiere mistificazioni inaccettabili, si può stabilire che la ricchezza sia composta da:

- Denaro.
- Titoli: obbligazioni ed azioni.
- Mezzi di produzione.
- Beni patrimoniali: case, auto, gioielli, panfili, quadri eccetera.
- Terra.
Vediamo ora di stabilire se la redistribuzione di questi beni aumenti la ricchezza di chi vive in povertà.

Denaro. Il denaro ha valore solo se esistono beni e servizi che possono essere acquistati col denaro. Senza questa copertura il denaro non vale assolutamente nulla. La redistribuzione del denaro contrae la povertà solo se grazie a questa redistribuzione aumenta o quanto meno non diminuisce la quantità globale di beni e servizi. Ad essere decisiva è la produzione, non la redistribuzione. Se in seguito alla redistribuzione la produzione si contrae la povertà non si riduce ma aumenta. E' solo il caso di aggiungere che questo è stato storicamente il risultato di molte politiche redistributive.

Titoli: obbligazioni ed azioni. Le obbligazioni sono debiti contratti dalle aziende col pubblico dei risparmiatori. Chi possiede una obbligazione ha un credito nei confronti di una certa azienda. E' chiaro che la obbligazione ha valore se l'azienda produce abbastanza per pagare gli interessi e restituire il capitale alla scadenza. In caso contrario la obbligazione non vale nulla. Le azioni sono titoli di proprietà, ogni azione rappresenta una quota parte del capitale di una azienda. Vale per le azioni lo stesso discorso delle obbligazioni: hanno valore se l'azienda produce ricchezza, fa utili, paga dividendi ed incrementa il suo valore. Se questo non avviene il valore delle azioni è pari a zero (lo sanno bene molti risparmiatori). Anche nel caso dei titoli ad essere decisiva è quindi la produzione, non la redistribuzione. Redistribuire riduce la povertà se e solo se grazie alla redistribuzione la produttività aumenta invece che contrarsi.

Mezzi di produzione. Possedere mezzi di produzione rende qualcuno ricco solo se con questi vengono prodotti in gran quantità beni e servizi. Se possiedo una officina meccanica ma non sono in grado di avvitare un bullone l'officina non mi serve a nulla. Ci ripetiamo: ad essere decisiva è di nuovo la produzione.

Beni patrimoniali: case, auto, gioielli, panfili, quadri eccetera. I beni patrimoniali di lusso sono fatti apposta per essere goduti individualmente. Poniamo che si espropri Berlusconi dei suoi beni patrimoniali. Questo arricchirebbe gli italiani poveri? In che modo? Ogni operaio potrebbe dormire una volta ogni due mesi a Villa Arcore? Sua moglie potrebbe passeggiare una volta ogni tre mesi con al collo una collana di diamanti? Si potrebbero organizzare gite in costa Smeralda per ammirare la villa del cavaliere? Questo ridurrebbe la povertà di qualcuno? Non scherziamo...

Terra. La terra è l'unico bene la cui redistribuzione può assicurare una contrazione reale della povertà. Non a caso l'abbattimento del latifondo è stato da sempre alla base di rivendicazioni democratiche e socialiste. Naturalmente la redistribuzione delle terre riduce la povertà se è accompagnata dal miglioramento e dalla razionalizzazione delle tecniche di coltivazione, dalla applicazione della scienza all'agricoltura, tutte cose che in prospettiva creano disuguaglianze fra i coltivatori.

Per concludere, la redistribuzione dei beni in quanto tale non abbatte o abbatte in misura minima la povertà; può abbatterla realmente solo se stimola la produzione e l'incremento della ricchezza totale. In molti casi questo non è avvennuto e politiche redistributive demagogiche hanno causato radicali contrazioni della ricchezza ed un  incremento spaventoso della miseria. Nella Russia rivoluzionaria la politica, molto "redistributiva", di distruzione della borghesia ha messo in crisi l'economia e distrutto i ponti fra città e campagne. I bolscevichi hanno cercato di far fronte alla crisi nell'unico modo che dei dogmatici dominati dall'ideologia potessero concepire: una politica di saccheggio delle campagne affiancata dalla instaurazione nelle fabbriche di una spietata disciplina sul lavoro.
Il ripristino di diseguaglianze nei redditi radicali e sganciate da criteri di efficienza è andato di pari passo con la crescita di un potere soffocante dello stato sulla società tutta, a partire dai lavoratori.
I risultati li conoscono tutti, tranne coloro che preferiscono chiudere gli occhi. Ho la sensazione che tanti "grandi giornalisti" che presentano di continuo la redistribuzione come una miracolosa ricetta contro la povertà facciano parte di questa categoria di ciechi volontari

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