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mercoledì 17 febbraio 2016

LA LEGGE SULLE UNIONI CIVILI. QUALCHE PENSIERINO

La cosiddetta legge sulle unioni civili istituisce a tutti gli effetti il matrimonio gay nel nostro ordinamento:
“le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenuti a contribuire ai bisogni comuni”. Così recita la legge. Il testo estende ogni diritto sociale e previdenziale previsto per gli sposati anche ai gay che si uniranno civilmente, quindi anche la pensione di reversibilità. Per sciogliere l’unione civile si deve ricorrere al divorzio. “
Si tratta di un matrimonio a tutti gli effetti che però non si chiama matrimonio. La solita “furberia” italica fatta apposta per “schivare” una sentenza della consulta.

Val la pena di fare un paio di considerazioni.
Questa legge non riguarda il diritto degli omosessuali a praticare la loro sessualità. Questo poteva essere tutelato con apposite misure nel campo, ad esempio, del diritto ereditario, o dei regolamenti per la assegnazione di case popolari.
Questa legge non estende ai gay il diritto al matrimonio. Già ora i gay hanno questo diritto. Nessuno impedisce a Tizio, omosessuale, di sposare Laura o Carla, persone di sesso femminile.
No, questa legge modifica l'istituto matrimoniale. Fino ad oggi il matrimonio era l'unione di un uomo e di una donna, da oggi diventa unione di un uomo e di una donna oppure di un uomo ed un uomo o di una donna ed una donna. NON si tratta della estensione di un diritto ma di una modifica radicale delle caratteristiche di tale diritto. Si può essere o meno d'accordo, ma, di questo si tratta, val la pena di sottolinearlo a scanso di equivoci ed ipocrisie.
Sul problema delle adozioni l'ipocrisia che informa la legge appare con particolare chiarezza. Si prende in considerazione un caso rarissimo: quello di Tizio, omosessuale, che è, o è stato, anche eterosessuale ed ha un figlio. Dopo averlo avuto decide di vivere insieme a Caio, del suo stesso sesso. La coppia gay così formata potrà adottare il figlio di Tizio. Un caso che sembra costruito a tavolino e per il quale, qualora diventasse reale, un giudice equilibrato potrebbe trovare le soluzioni più adatte nell'interesse del minore: affidarlo alla madre, ad esempio, con diritto del padre di vederlo spesso e volentieri. In realtà un caso simile è stato inventato allo scopo di permettere la pratica dell'utero in affitto. Tizio va negli USA, ha un “figlio” grazie all'utero in affitto, torna in Italia col pargoletto che viene adottato dalla coppia gay. Con la “Cirinnà” passa l'utero in affitto e passa per le sole coppie gay ricche, quelle che hanno la possibilità di andare all'estero a prendersi un bambino.

La legge Cirinnà è una legge ipocrita. Istituisce il matrimonio gay, ma non lo chiama matrimonio. Legalizza la pratica dell'utero in affitto tramite l'invenzione di un caso del tutto improbabile, ma continua ufficialmente a considerala illegale. Sarebbe stato meglio essere più onesti: chiamare matrimonio quello che è a tutti gli effetti un matrimonio e legalizzare a tutti gli effetti la pratica dell'utero in affitto, senza nascondersi dietro ad un dito.
Molti presentano il dibattito intorno a questa legge come uno scontro fra laici e cattolici. E' una posizione fuorviante. Personalmente non sono credente e mi considero estremamente laico, ma non sono d'accordo con questa legge, e non credo di essere l'unico.
Non sono d'accordo col matrimonio gay per il semplice motivo che ritengo sbagliato equiparare dal punto di vista della rilevanza sociale tutte le possibili forme di convivenza fra esseri umani. Ognuno ha diritto di far sesso e convivere con chi gli pare. Non considero “malati” o “pervertiti” gli omosessuali, come non considero “lascive” tre persone di diverso o dello stesso sesso che vivano insieme o abbiano rapporti sessuali a tre. La sessualità è qualcosa di strettamente personale e, se non è aggressiva e prevaricatrice o rivolta a minori, ognuno ha diritto di praticarla come meglio crede. Ma non tutte le forme di sessualità hanno la stessa rilevanza sociale. Una sessualità legata alla procreazione ha una importanza sociale che altre forme di sessualità non hanno, tutto qui. Il matrimonio gay nasce nell'ottica di chi contesta l'importanza della differenza sessuale. Tutte le forme di sessualità hanno pari rilevanza perché la differenza sessuale è, nella sostanza, priva di rilevanza. La differenza fra i sessi è solo una differenza nel gioco erotico, priva di valenza, mi si scusi la parolona, ontologica.
Ma, mi si perdoni la provocazione, partendo da simili premesse, perché mai non dovremmo, un giorno non troppo lontano, immettere nel nostro ordinamento giuridico la poligamia? La poligamia è praticata da centinaia di milioni di esseri umani ed ha radici naturali che risalgono al mondo animale. Se tutte le forme di sessualità hanno la stessa rilevanza perché non istituire il matrimonio poligamo? Certo, ci sarebbe il problema della libertà della donna, ma, il concetto di libertà è molto relativo, in fondo, vero? Di fronte al sindaco le quattro mogli di Tizio potrebbero dichiarare di accettare “liberamente” di sposarlo ed il gioco sarebbe fatto, l'italica ipocrisia soddisfatta. Inoltre, non dimentichiamolo, la legalizzazione della poligamia accelererebbe il processo di integrazione dei “migranti”, per la gioia di tutti gli occidentali “buoni”. Resterebbe, è vero, aperto un problemino: sarebbe una “integrazione” di loro a noi o di noi a loro? Ma questi, lo si sa, sono “dettagli”.

La legge Cirinnà pone, a ben vedere le cose, anche un altro problemino. Si tratta di una legge che non riguarda le sole coppie omosessuali, ma anche quelle eterosessuali. Per queste c'è già il normale matrimonio, ma pare che non basti. Ricordo che, tempo fa, un leader politico faceva, più o meno, questo discorso: “C'è molta gente che non accetta il matrimonio e convive senza sposarsi. Anche queste coppie hanno però bisogno di tutela giuridica, quindi occorre una forma di unione civile diversa dal matrimonio...”. Fantastico ragionamento! Si potrebbe dire: “Ci sono molte persone che convivono e non accettano né il matrimonio né l'unione civile, quindi occorre una diversa forma di unione civile per regolamentare i loro rapporti...” e così via, all'infinito. Insomma, si pretende di regolamentare anche le relazioni di chi non vuole farsi regolamentare. E proprio questo fa la “Cirinnà”. Tizio e Caia non sono sposati, non intendono sposarsi, ma i loro rapporti devono comunque essere regolamentati. Non regolamentati per ciò che riguarda i sacrosanti diritti di eventuali figli, no, regolamentati in tutto, più o meno come in un normale matrimonio.
Sorge spontanea una domanda: sarà possibile in futuro che due persone possano avere rapporti non regolamentati dalla legge? Sarà possibile che due esseri umani decidano di frequentarsi, far l'amore, vivere insieme senza che le loro relazioni siano oggetto di legislazione? Se un ragazzo ed una ragazza “filano” per un po' questo fa nascere reciproche obbligazioni giuridiche? Sarà possibile in futuro che Caia dica a Tizio: “senti caro, mi sono innamorata di un altro, quindi da ora i nostri rapporti cessano. Ciao e amici come prima”. Una cosa simile, che molti, a partire da me, considerano normale, continuerà ad essere possibile o tutte le relazioni fra esseri umani avranno conseguenze giuridiche?
La “Cirinnà” ha anche questo aspetto, che molti tralasciano. E' una delle tante manifestazioni di quella smania programmatoria che caratterizza il decadente occidente dei nostri giorni. Tutto deve essere regolamentato, di ogni cosa deve occuparsi la legge. E la libertà personale? E l'umana autonomia? Sciocchezze!

Lo confesso, quando sento parlare della famosa legge Cirinnà mi viene in mente il titolo del capolavoro di Milan Kundera: “l'insostenibile leggerezza dell'essere”. L'occidente è una civiltà insostenibilmente leggera, e lo diventa ogni giorno di più.
Civiltà “leggera” perché priva di idee forti, valori condivisi, sentimenti profondi. Si scambia la libertà con il “tutto va bene”. Tutto va bene perché nulla è davvero importante, tutto è sullo stesso piano perché tutto è futile, banale, interscambiabile. Non era questa la libertà teorizzata dai maestri del pensiero liberale. Quella era una libertà-valore, qualcosa da difendere e per cui lottare. Qualcosa che riguardava la natura profonda dell'uomo, il suo essere autonomo, autocosciente, capace di scelte. Oggi non è più così. La libertà è uno dei tanti valori esposti al supermercato delle idee e lo si può facilmente barattare con altre cose. E così oltre che leggera la nostra civiltà diventa schizofrenica. Si vuole il matrimonio gay ed insieme il dialogo con chi i gay li impicca. Si usano orribili neologismi come “ministra” o “femminicidio” e si cinguettano scemenze sul “rispetto” dovuto a chi lapida le adultere ed infibula le donne, si parla di “libertà personale” e ci si dichiara amici di chi decapita gli apostati. “Non bisogna giudicare” ripetono in tanti, tutto va bene. Forse chi deve essere decapitato la pensa diversamente, ma... sono affari suoi.
Tutto è possibile, non esistono contraddizioni perché nulla è rilevante, perché l'uomo occidentale ha sempre meno una sua identità, diventa ogni giorno di più pura virtualità, potenzialità ad accettare tutto. Tutto tranne le idee di chi si oppone a questa deriva nichilista. Si provi a non essere d'accordo col politicamente corretto ed i “buoni” diventano subito cattivissimi. I teorici del “tutto va bene” chiedono censure, magari anche il carcere nei confronti dei reprobi.
Non è un caso che l'occidente stia perdendo la guerra col fondamentalismo islamico. E la stia perdendo nel modo peggiore: senza combatterla.
Qualcuno potrebbe dire che tutto questo c'entra poco con la “Cirinnà”. Beh... sbaglia, a mio modestissimo parere.

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