Un tempo dopo le elezioni
chi vinceva festeggiava, chi perdeva si leccava le ferite, cercava di
capire le cause della sconfitta e si preparava a fare l'opposizione.
Oggi le cose vanno diversamente: chi perde scende in piazza e
manifesta. Manifesta contro chi, di grazia? E per
che cosa? La risposta è piuttosto semplice, manifesta contro chi
ha avuto l'ardire di votare diversamente da lui, e spera di riuscire
ad invalidare il risultato elettorale. Se si accetta anche solo per
un attimo una simile, aberrante logica tanto varrebbe non farle,
le elezioni. Si assegni subito la vittoria a chi è pronto a scendere
in piazza per contestare il responso delle urne e non si perda del
tempo in inutili liturgie elettorali.
In queste ore gli Stati Uniti sono scossi da manifestazioni contro la vittoria di Trump. Qualcuno fra i “giornalisti” che con voce tremante ce ne danno notizia ricorda al popolo bue quali terribili pericoli corra con Trump la democrazia americana. I risultati elettorali vanno accettati, non però se mettono a rischio la democrazia, questo è il messaggio subliminale dei padroni dei media.
Ma l'America non è la Corea del Nord, o Cuba, o l'Iran, certi stati semmai piacciono a molti dei manifestanti anti Trump. Negli USA vige la divisione dei poteri, il presidente non può fare quello che vuole. Se davvero alcuni suoi provvedimenti mettessero a rischio la democrazia questi si porrebbero fuori dalla costituzione e sarebbero bloccati. Comunque, chi teme provvedimenti liberticidi dovrebbe per lo meno aspettare che il neopresidente cerchi di vararne qualcuno, prima di bloccare autostrade e ferrovie. Invece no. Trump non si è neppure insediato e il centro di molte città americane è bloccato da migliaia di giovanotti, per lo più studenti bianchi della classe media. Non è difesa della democrazia, è rifiuto del suo meccanismo fondamentale. Si può votare, ma dobbiamo vincere noi. Questo il messaggio che i nobili ragazzotti che sfilano nelle città americane lanciano all'America, e al mondo.
Ad essere sinceri in tutto questo Trump c'entra solo in parte. Il vezzo di non accettare il risultato elettorale non è iniziato negli Stati Uniti il nove novembre. Già in occasione della vittoria della brexit si è assistito ad uno spettacolo simile. Manifestazioni e cortei, raccolta di firme per annullare il referendum, richiesta di indirne uno nuovo, e poi magari un altro, ed un altro ancora sino a quando la brexit non fosse stata sconfitta. Fino all'ultima, incredibile giravolta: l'alta corte stabilisce che a decidere sulla brexit deve essere il parlamento! Prima si era deciso di dare la parola agli elettori. Se qualcuno riteneva non costituzionale una simile prassi poteva, allora, prima delle operazioni di voto, chiedere che il referendum non si facesse. Ma lorsignori erano convinti che il popolo bue avrebbe votato per la cosiddetta “Europa”, ed il referendum si è fatto. Però, sorpresa! Vincono i barbari contrari alla UE, ed allora l'alta corte decide che no, sulla brexit il popolo non può avere voce in capitolo, deve decidere il parlamento. La logica è sempre la stessa: si vota ma il risultato vale solo se vinco io. Se invece vinci tu si tratta di una vittoria di biechi e pericolosi “populisti” ed il risultato elettorale può tranquillamente essere buttato nel cesso!
Esiste nel decadente occidente di oggi quello che possiamo definire il paradigma politicamente corretto. Un insieme di idee, valori, interessi che delimita una certa area sociale e culturale. E' l'area di chi dice che “l'Islam è una religione di pace”, o che “i migranti sono una risorsa” o che ”il solare può darci tutta l'energia che ci serve” o che “per uscire dalla crisi serve più Europa” eccetera eccetera. Dentro questa area vale una certa dialettica democratica. Le varie forze interne a questa area possono alternarsi al governo senza che questo dia luogo a frizioni violente. Ma è assolutamente inaccettabile che chi si colloca fuori da questa area possa permettersi di vincere una consultazione elettorale. Fuori dal paradigma politicamente corretto ci sono gli impresentabili, i populisti vecchi ed ignoranti, razzisti, omofobi e sessisti. Chi non crede che oggi occorra più Europa, o che l'Islam sia una religione di pace, chi non vede nei migranti una “preziosa risorsa” o non è convinto che si possano far volare gli aerei, viaggiare i treni ed illuminare le città col solare e l'eolico, tutti questi immondi populisti non hanno diritto di vincere delle elezioni democratiche, qualcuno vorrebbe addirittura impedire loro di parteciparvi. La signora Kienge, ex ministro della repubblica, ha detto tempo fa che alla lega dovrebbe essere proibita la partecipazione al voto. Ha avuto per lo meno il pregio di essere chiara.
Lo ho già scritto e lo ripeto. Se si rifiuta il gioco democratico, se non si accetta il principio secondo cui si vota ed il vincitore ha diritto di governare, fermo restando il rispetto per i diritti della minoranza e la dignità delle persone, se non si accetta tutto questo ci si pone nell'ottica della guerra civile. Si affidano le sorti di un paese, forse di una civiltà, alla violenza. E si imbocca una strada che può avere esiti disastrosi. Perché solo dei pazzi possono pensare che chi si vede privato di una vittoria elettorale possa accettare tutto senza reagire. Per tornare agli Stati Uniti, cosa sperano i giovanotti che marciano a New York? Che l'esito delle elezioni possa davvero essere invalidato? A parte il fatto che è una cosa impossibile, pensano forse che decine di milioni di americani accetterebbero senza batter ciglio una decisione del genere? Si chiedono come reagirebbe un paese in cui, tra l'altro, un sacco di gente va in giro con una o due pistole, o peggio?
Sarebbe bene che chi gioca col fuoco la smettesse di giocare. E questo vale per i giovanotti che manifestano, ma vale cento, mille volte di più per gli pseudo intellettuali che sul fuoco ci soffiano. Potrebbero bruciarsi, e con loro tutti noi.
In queste ore gli Stati Uniti sono scossi da manifestazioni contro la vittoria di Trump. Qualcuno fra i “giornalisti” che con voce tremante ce ne danno notizia ricorda al popolo bue quali terribili pericoli corra con Trump la democrazia americana. I risultati elettorali vanno accettati, non però se mettono a rischio la democrazia, questo è il messaggio subliminale dei padroni dei media.
Ma l'America non è la Corea del Nord, o Cuba, o l'Iran, certi stati semmai piacciono a molti dei manifestanti anti Trump. Negli USA vige la divisione dei poteri, il presidente non può fare quello che vuole. Se davvero alcuni suoi provvedimenti mettessero a rischio la democrazia questi si porrebbero fuori dalla costituzione e sarebbero bloccati. Comunque, chi teme provvedimenti liberticidi dovrebbe per lo meno aspettare che il neopresidente cerchi di vararne qualcuno, prima di bloccare autostrade e ferrovie. Invece no. Trump non si è neppure insediato e il centro di molte città americane è bloccato da migliaia di giovanotti, per lo più studenti bianchi della classe media. Non è difesa della democrazia, è rifiuto del suo meccanismo fondamentale. Si può votare, ma dobbiamo vincere noi. Questo il messaggio che i nobili ragazzotti che sfilano nelle città americane lanciano all'America, e al mondo.
Ad essere sinceri in tutto questo Trump c'entra solo in parte. Il vezzo di non accettare il risultato elettorale non è iniziato negli Stati Uniti il nove novembre. Già in occasione della vittoria della brexit si è assistito ad uno spettacolo simile. Manifestazioni e cortei, raccolta di firme per annullare il referendum, richiesta di indirne uno nuovo, e poi magari un altro, ed un altro ancora sino a quando la brexit non fosse stata sconfitta. Fino all'ultima, incredibile giravolta: l'alta corte stabilisce che a decidere sulla brexit deve essere il parlamento! Prima si era deciso di dare la parola agli elettori. Se qualcuno riteneva non costituzionale una simile prassi poteva, allora, prima delle operazioni di voto, chiedere che il referendum non si facesse. Ma lorsignori erano convinti che il popolo bue avrebbe votato per la cosiddetta “Europa”, ed il referendum si è fatto. Però, sorpresa! Vincono i barbari contrari alla UE, ed allora l'alta corte decide che no, sulla brexit il popolo non può avere voce in capitolo, deve decidere il parlamento. La logica è sempre la stessa: si vota ma il risultato vale solo se vinco io. Se invece vinci tu si tratta di una vittoria di biechi e pericolosi “populisti” ed il risultato elettorale può tranquillamente essere buttato nel cesso!
Esiste nel decadente occidente di oggi quello che possiamo definire il paradigma politicamente corretto. Un insieme di idee, valori, interessi che delimita una certa area sociale e culturale. E' l'area di chi dice che “l'Islam è una religione di pace”, o che “i migranti sono una risorsa” o che ”il solare può darci tutta l'energia che ci serve” o che “per uscire dalla crisi serve più Europa” eccetera eccetera. Dentro questa area vale una certa dialettica democratica. Le varie forze interne a questa area possono alternarsi al governo senza che questo dia luogo a frizioni violente. Ma è assolutamente inaccettabile che chi si colloca fuori da questa area possa permettersi di vincere una consultazione elettorale. Fuori dal paradigma politicamente corretto ci sono gli impresentabili, i populisti vecchi ed ignoranti, razzisti, omofobi e sessisti. Chi non crede che oggi occorra più Europa, o che l'Islam sia una religione di pace, chi non vede nei migranti una “preziosa risorsa” o non è convinto che si possano far volare gli aerei, viaggiare i treni ed illuminare le città col solare e l'eolico, tutti questi immondi populisti non hanno diritto di vincere delle elezioni democratiche, qualcuno vorrebbe addirittura impedire loro di parteciparvi. La signora Kienge, ex ministro della repubblica, ha detto tempo fa che alla lega dovrebbe essere proibita la partecipazione al voto. Ha avuto per lo meno il pregio di essere chiara.
Lo ho già scritto e lo ripeto. Se si rifiuta il gioco democratico, se non si accetta il principio secondo cui si vota ed il vincitore ha diritto di governare, fermo restando il rispetto per i diritti della minoranza e la dignità delle persone, se non si accetta tutto questo ci si pone nell'ottica della guerra civile. Si affidano le sorti di un paese, forse di una civiltà, alla violenza. E si imbocca una strada che può avere esiti disastrosi. Perché solo dei pazzi possono pensare che chi si vede privato di una vittoria elettorale possa accettare tutto senza reagire. Per tornare agli Stati Uniti, cosa sperano i giovanotti che marciano a New York? Che l'esito delle elezioni possa davvero essere invalidato? A parte il fatto che è una cosa impossibile, pensano forse che decine di milioni di americani accetterebbero senza batter ciglio una decisione del genere? Si chiedono come reagirebbe un paese in cui, tra l'altro, un sacco di gente va in giro con una o due pistole, o peggio?
Sarebbe bene che chi gioca col fuoco la smettesse di giocare. E questo vale per i giovanotti che manifestano, ma vale cento, mille volte di più per gli pseudo intellettuali che sul fuoco ci soffiano. Potrebbero bruciarsi, e con loro tutti noi.
In U.S.A è sempre stato così (In Europa un pò meno). Ecco perchè mi è sempre piaciuta la cultura americana. Anche con le sue imperfezioni, la gente che vive la è sempre pronta a dare il meglio per costruire un paese migliore. Bastava sentir parlare un americano qualsiasi, dal presidente all'americano più povero.
RispondiEliminaLa scesa in piazza contro Trump ha un'altra contraddizione. Non sanno neppure cosa farà Trump, sanno solo che è un repubblicano. Neppure quando è salito per la seconda volta Obama ho udito storie come questa. Ci sono state contestazioni (anche io avevo contestato), giustificate dal fatto che Obama lo si conosceva per i quattro anni passati. ma nulla di questo calibro.
Tra l'altro contestano Trump mentre fino a gennaio abbiamo ancora Obama. Non sanno proprio nulla di nulla di nulla su come Trump governerà.
Fai notare che gli studenti che contestano Trump sono bianchi. Sono gli estremisti di sinistra poverinisti che vedono nel nero l'anello debole, l'ingenuotto, il minorato mentale che non può difendersi, perciò devono scendere in piazza loro per i neri. Per le problematiche riguardanti i neri (es discriminazione) i neri sanno organizzarsi e scendere in piazza da soli, senza l'insozzuria dei comunistelli dei centri sociali. Anche perchè il supporto dei deficenti nessuno lo vuole.
La storia della dialettica democratica, in un certo senso, esiste anche in Iran. Anche la si vota per il presidente, a patto che sia di estrema destra (tutt'al contrario dell'Europa dove a dettar legge è l'estrema sinistra). Ma non per questo è democrazia.
Ho notato una cosa a cui i sinistri sono ciechi, oppure semplicemente praticano il double standard. Tra i vecchi populisti xenofobi e sessisti vi sono tanti giovani e tante donne (Giorgia Meloni, Marine e Marion Le Pen, Frauke Petry, Siv Jensen per dirne alcuni) oppure degli stranieri (Toni Iwobi uno che mi viene in mente), ma nessuno notifica l'età e il sesso o il colore della pelle dei leaders, al contrario delle sinistre che devono notificare che 'Obama è un afroamericano', che 'la Clinton è una donna' (anche se qui ci sono andati stranamente piano), che 'la Kienge è una nera' o che 'Sumaya Abdel Qader è musulmana'