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venerdì 9 dicembre 2016

MAGGIORITARIO, PROPORZIONALE

I sistemi maggioritario e proporzionale esprimono due diverse concezioni, potremmo dire due diverse filosofie della democrazia. Rispondono a due domande diverse.
Nel sistema maggioritario il corpo elettorale sceglie chi lo governa, nel sistema proporzionale chi lo rappresenta nelle istituzioni. Per i sostenitori del sistema maggioritario la domanda fondamentale è: chi ci deve governare? E ad essa rispondono: “ci deve governare chi vince le elezioni”.
Per i sostenitori del proporzionale invece la domanda fondamentale è: “
chi deve stare nelle istituzioni?” e a questa rispondono: “deve stare nelle istituzioni chi rappresenta il popolo nelle sue varie articolazioni”.
Governabilità contro rappresentanza, quindi.
La contrapposizione ovviamente non è totale ed assoluta. Nei sistemi maggioritari esistono in parlamento una maggioranza ed una minoranza che rappresentano in qualche modo le articolazioni del corpo elettorale; nei sistemi proporzionali la maggioranza sostiene i governi ed assicura in questo modo la governabilità del paese. Il contrasto è di accenti, punti vista, ma non per questo secondario o privo di importanza. Influisce invece, e profondamente, sulla struttura istituzionale degli stati.
Nei sistemi proporzionali il popolo non elegge il capo del governo, meno che mai il capo dello stato. Questo nel proporzionale è un “arbitro imparziale” che ha il compito di “dirigere il gioco” senza cercare di influenzarlo. Gli elettori votano per i vari partiti; una volta eletti, i parlamentari cercano, sotto la regia del capo dello stato, di formare una maggioranza di governo. In questi sistemi non esiste una corrispondenza immediata fra volontà popolare e maggioranze che sostengono i governi. Nel sistema costituzionale italiano, ad esempio, qualsiasi maggioranza si formi in parlamento è lecita, indipendentemente dalla sua coerenza con l'espressione della volontà popolare. La cosa può piacere o non piacere, ma
non viola alcuna norma costituzionale.

La costituzione italiana infatti è
integralmente e coerentemente disegnata in armonia con il sistema proporzionale. Si discute molto in questi giorni della costituzionalità di certe leggi elettorali, e la cosa è leggermente ridicola. Vorrei sapere se esiste qualche altro paese dell'occidente ove non solo si facciano leggi elettorali una volta all'anno, ma tutte corrano il rischio di essere dichiarate incostituzionali. Da dove origina una simile aberrazione? Molto semplice: dalla pretesa di innescare leggi elettorali in qualche modo maggioritarie sul corpo di una costituzione coerentemente disegnata sul proporzionale.
In Italia, quando c'è una crisi di governo il capo dello stato convoca i partiti, affida a qualcuno l'incarico di formare un governo che possa godere dell'appoggio di una maggioranza parlamentare (attenzione, di
una maggioranza, non della maggioranza uscita vincente alle elezioni). Se l'incaricato ce la fa il governo si presenta alle camere per chiedere la fiducia, se no il gioco ricomincia, altre consultazioni, altro incarico, e così via.
Una simile procedura può piacere o meno, ma non ha
niente a che vedere con l'elezione popolare del capo del governo, quindi con la designazione del candidato premier, con le famose “primarie” e cose simili. Non è neppure compatibile con una riforma come quella appena bocciata al referendum. Questa infatti aboliva il senato, ma non toccava minimamente le attribuzioni ed i poteri del capo dello stato, non trasformava in alcun modo l'impostazione proporzionale su cui tutta la nostra costituzione è disegnata.
Non a caso disegnata in questo modo, si può aggiungere. La “costituzione più bella del mondo” è, come sanno anche i poppanti, figlia di un compromesso. Non però di un compromesso fra liberali e socialisti democratici, laici e cattolici, conservatori e progressisti. No, la nostra costituzione è figlia di un compromesso fra forze politiche più o meno occidentali e
comunisti stalinisti. Se si tiene presente questo piccolo particolare tutto si spiega. Ad esempio che nella prima parte della costituzione si parli non solo di alcuni generalissimi principi democratico liberali, ma praticamente di tutto. Di risparmio e lavoro, pace e guerra, scuola e famiglia, chiesa e ricerca scientifica, diritto di sciopero e proprietà privata, cercando sempre, su tutti questi argomenti, di conciliare punti di vista diametralmente opposti.
E, passando dal livello dei principi generali a quello dei meccanismi istituzionali, non è casuale che una costituzione figlia di un compromesso fra forze liberali e cattoliche democratiche, da un lato, e staliniane dall'altro, si caratterizzi per lo scarsissimo spazio che concede alle istanze della governabilità. Capo dello stato “arbitro imparziale”, bicameralismo perfetto, fluidità delle maggioranze, irresponsabilità della magistratura, sono tutte figlie della paura reciproca che caratterizzava i nostri “padri costituenti”. Quando la “costituzione più bella del mondo” è stata scritta i democristiani di De Gasperi temevano che i comunisti di Togliatti tentassero in Italia quello che i loro compagni avevano fatto nei paesi “liberati” dall'armata rossa. I comunisti stalinisti dal canto loro stavano buoni perché temevano i marines. Si sfrondi il discorso sulla costituzione dalla retorica e dall'ipocrisia e si deve constatare che la nostra costituzione è figlia di una situazione di semi guerra civile.
Ma pensare di cambiarla sul serio è vietato. Così abbiamo avuto riforme pasticciate e un po' truffaldine come quella proposta da Renzi, ed abbiamo le chiacchiere sui governi tecnici, di scopo, istituzionali, del presidente eccetera eccetera.
E mentre i politici discutono, ogni giorno sbarcano clandestini che sulla costituzione hanno idee molto chiare. Esiste una sola costituzione, e questa è il CORANO, punto. Ci penseranno loro a mettere tutti d'accordo.

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