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lunedì 12 ottobre 2015

LA REALTA' E LA PROPAGANDA





Alcune sere fa ho avuto modi di ascoltare per qualche minuto il verbo dell'impagabile Angelino Alfano, parlava dei “migranti”. “Il pubblico ha una percezione errata del fenomeno migratorio”, ha affermato il nostro amato ministro dell'interno. “Tutti sparano cifre spropositate, ma in realtà si tratta solo di qualche decina di migliaia di persone”.
Non è il caso di addentrasi in troppe polemiche sui numeri, basta sottolineare che l'impareggiabile Angelino non solo scorda che le “poche decine di migliaia” di oggi si sommano alle centinaia di migliaia di ieri, ma cerca di misurare con cifre ufficiali un fenomeno quasi esclusivamente clandestino, un po' come se qualcuno volesse misurare il triste fenomeno della violenza domestica sulle donne col numero delle denunce presentate dalle vittime. E non vale neppure la pena di insistere troppo sulla contraddizione in cui cadono coloro che da un lato parlano delle “migrazioni” come di un fenomeno “biblico, epocale”, salvo poi minimizzare il tutto, ridurlo ad una temporanea e limitata “emergenza”.
La domanda che il signor ministro dell'interno dovrebbe porsi, se non fosse “diversamente intelligente”, è la seguente: come mai il pubblico ha una percezione distorta della realtà? Sono i media che inculcano nel cervello e nel cuore della gente questa “percezione distorta”? Difficile sostenerlo. I media, o la loro stragrande maggioranza, conducono da tempo una autentica campagna di sostegno ai “migranti”, basta guardare un telegiornale o acquistare un quotidiano per rendersene conto. O è a rete ad inculcare idee errate nella testa della gente? Ma, a parte il fatto che la rete pullula di link a favore della illimitata accoglienza, la rete esprime i sentimenti ed i modi di vedere di una parte non secondaria delle pubblica opinione. Dire che la rete indirizza la pubblica opinione è un po' come dire che la stessa pubblica opinione è indirizzata dalle chiacchiere al bar, insomma, che la pubblica opinione indirizza se stessa. Il problema resta: come mai la pubblica opinione, malgrado la soffocante propaganda dei media, indirizza se stessa in un senso e non nell'altro? Per quanto strizzi il suo potente cervello il prode Angelino non riesce a rispondere a questa domandina.

Il signor Angelino Alfano dimentica una cosa che i veri maestri della propaganda conoscevano invece benissimo: per essere convincente la menzogna deve contenere un grammo almeno di verità.
Tutti sanno (tranne, forse, il signor ministro dell'interno) che una delle armi propagandistiche più forti che Hitler usò nella sua ascesa al potere fu il mito della pugnalata alle spalle. La Germania aveva perso la guerra non perché battuta sul campo dagli alleati, ma perché tradita da un pugno di spregevoli individui, ebrei ovviamente: questo era il nucleo di tale mito. Si trattava di un mito fondato su una palla colossale, ma conteneva un grammo di verità: quando si arrese nel novembre del 1918 la Germania non aveva ancora subito l'onta di vedere un solo soldato nemico calpestare il suo territorio. Era esausta, le sue ultime grandi offensive erano fallite, avrebbe perso la guerra, ma non era ancora tecnicamente sconfitta. Questo grammo di verità rese il mito della “pugnalata alle spalle” particolarmente efficace e contribuì non poco alla affermazione di Hitler e del nazismo.
Si possono fare considerazioni simili sulla URSS di Stalin. Come si sa Stalin massacrò, oltre a numerosi milioni di contadini e comuni cittadini sovietici, decine di migliaia di oppositori politici, veri o presunti, reali o potenziali, compresi i suoi stessi alleati nelle lotte che avevano scosso il partito bolscevico negli anni 20. I più famosi dei suoi oppositori subirono dei processi farsa in cui si autoaccusarono dei crimini più nefandi e chiesero ai loro “giudici” di venire condannati senza pietà (le loro richieste furono accolte...). Si trattò di una autentica sagra della menzogna, ma anche in quella era presente un grumo di verità. E la verità consisteva nel fatto che la collettivizzazione dell'agricoltura e la industrializzazione a ritmi folli imposte da Stalin al suo paese erano caratterizzate, oltre che da immani lutti e sofferenze, da sprechi, inefficienze, fallimenti. Stalin cercava di nascondere le sofferenze ed i lutti ed ammetteva alcuni fallimenti, solo, li imputava ai “traditori”. I fallimenti della sua politica diventavano nelle mani di Stalin un'arma per far fuori gli oppositori. Il dittatore georgiano cercava di, ed in parte riusciva ad, apparire esente da colpe perché la colpa di tutto ciò che non andava era dei “nemici del popolo”. Di nuovo, la sapiente mistura di un grammo di verità in tonnellate di menzogna riusciva a rendere in qualche modo verosimili le menzogne.

Non voglio fare paragoni che sarebbero assurdi, ma ciò che sfugge a tanti aspiranti Goebbels dei nostri giorni è proprio questo: per poter apparire credibili le palle mediatiche non devono contraddire in tutto la realtà. Se la contraddizione fra realtà e propaganda è assoluta la propaganda diventa controproducente; se il signor ministro dell'interno conoscesse questa verità elementare peserebbe di più le sue parole.
Quando i “buoni” parlano in termini melensi delle “migrazioni”, quando ripetono fino alla noia che non ci sono pericoli di terrorismo, meno che mai ce ne sono per la sicurezza dei cittadini, o che i “migranti” non sono un problema ma una “risorsa”, o quando cercano di sminuire la portata quantitativa del fenomeno migratorio, dicono cose talmente lontane dal vero che non occorrono troppi discorsi per smentirle. Basta, a smentirle, la normale esperienza di ognuno di noi. Basta fare un giretto in certe zone delle nostre città, o prendere un treno, un bus o il metrò dopo una certa ora per rendersi conto che le parole rassicuranti del signor Alfano sono “diversamente vere”.
Ecco perché la “percezione“ del fenomeno migrazione è tanto diversa da quella che i media ci propinano tutti i giorni. E non basteranno tutte le parole melense e tutte le palle del mondo per cambiarla.

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