martedì 6 ottobre 2015

MONSIGNOR CHARAMSA

 © ANSA


Un sacerdote cattolico gay che convive col suo compagno è un po' come un comunista che specula in borsa. Esistono di certo molti comunisti esperti in speculazioni borsistiche, come di certo esistono molti sacerdoti che fanno sesso, omo o eterosessuale, ma questi comportamenti contrastano radicalmente con le loro dottrine.
Da sempre la chiesa guarda con sospetto a tutto ciò che è materia, corporeità. Certo, esistono a questo proposito differenze anche profonde fra i vari pensatori cattolici. L'avversione che Agostino nutre per tutto ciò che è corpo, sensibilità è inferiore a quella di Tommaso che, da buon aristotelico, rivaluta la materia e la componente sensibile dell'uomo. Al di là di ogni differenza tuttavia il corpo è guardato dalla Chiesa e dai suoi pensatori quanto meno con sospetto. La materia, e con questa il corpo, è qualcosa di oscuro, tendenzialmente peccaminoso. Il culmine della scala dell'essere è rappresentato dallo spirito, e più lo spirito si libera dalle tentazioni della materia più si avvicina alla perfezione. La stessa dottrina della resurrezione della carne non contrasta con questo atteggiamento: la carne risorta, libera dalle allettanti lusinghe della sensibilità, sarà qualcosa di radicalmente diverso dalla carne come comunemente la intendiamo.
E, naturalmente, il sospetto con cui la Chiesa guarda alla corporeità investe in maniera particolare il sesso. La Chiesa non condanna il sesso, l'istinto sessuale ha un ruolo preciso nel disegno divino: spinge l'uomo a riprodursi ed assicura in questo modo la sopravvivenza della specie. Ma, in quanto tale, il sesso è una potente tentazione che può portare al peccato. Non a caso la Madre di Dio è vergine, concepita “senza peccato”.
Bastano queste telegrafiche note per capire come la Chiesa non possa accettare la omosessualità. Per la Chieda la omosessualità separa nella maniera più netta sesso e riproduzione, sconvolgendo in questo modo il disegno divino. La Chiesa potrà essere “amorevole”, “tollerante”, “comprensiva” fin che si vuole con gli omosessuali ma non potrà mai accettare la omosessualità, a meno di non rinnegare una tradizione ed una elaborazione teologica e filosofica bimillenarie. Meno che mai la Chiesa potrà accettare la omosessualità al proprio interno. La Chiesa bandisce per i suoi ministri il sesso in generale: chi dedica a Dio la propria vita si pone su un piano ontologicamente superiore di chi resta invece legato alle cose del mondo, per questo motivo sceglie, deve scegliere, la castità ed il celibato. Pretendere poi che la Chiesa possa accettare che i propri ministri, oltre a praticare il sesso, pratichino la omosessualità è semplicemente ridicolo. Per la Chiesa la omosessualità stravolge il disegno divino, aggira l'astuzia della natura, e del suo creatore, volta a garantire la perpetuazione della specie. Se la Chiesa accettasse, oltre alle nozze gay per i laici, le convivenze gay per i suoi ministri cesserebbe di essere tale, non sarebbe più CHIESA.
Monsignor Charamsa queste cose di certo le sa benissimo. Le sue proteste contro le censure di cui è stato fatto oggetto sono perciò del tutto prive di fondamento. Si possono benissimo non condividere le posizioni della Chiesa sul sesso, l'omosessualità e tante altre cose. Ma pretendere di stravolgerle restando all'interno della istituzione Chiesa è semplicemente ridicolo. Affermare che la Chiesa è “omofoba” è privo di senso. La Chiesa è Chiesa, punto e basta. Non è obbligatorio essere suo ministro.

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