Detesto il fanatismo,la faziosità e le mode pseudo culturali. Amo la ragionevolezza, il buon senso e la vera profondità di pensiero.
lunedì 31 maggio 2021
NON BINARIO
sabato 29 maggio 2021
SOCRATE E L'IMPOSTA DI SUCCESSIONE
Petta. Salve o Socrate
Socrate. O Petta, nobile amico, che
piacere incontrarti. Dove vai di bello?
P. Mi sto recando alla
direzione del mio partito di cui da poco son diventato leader.
S.
Si si, conosco questa buona notizia e ti auguro di svolgere
proficuamente il tuo importante lavoro.
P. Ti ringrazio o
Socrate. Però, devo confessarti che sono un po’ preoccupato.
S.
E come mai?
P. Sai, anche nel mio partito c’è chi avanza
perplessità su una mia proposta.
S. Quale?
P. Quella
riguardante l’imposta di successione. Una imposta che colpisce le
grandi ricchezze che i ricchi lasciano in eredità ai loro eredi. Col
ricavato lo stato darà una dote ai giovani, che ne hanno tanto
bisogno. Si tratta di 10.000 euro per i diciottenni. Purtroppo però
nel mio stesso partito ci sono persone poco convinte della bontà di
una tale, sacrosanta misura. Questo, te lo confesso, mi addolora
assai. Forse che anche nella sinistra sta penetrando l’ideologia
egoista e meschina della impresentabile destra italiana? Come è mai
possibile una cosa tanto orribile?
S. Non ti amareggiare troppo
caro Petta. In fondo io capisco che anche nel tuo partito ci siano
delle perplessità…
P. Come sarebbe? La mia è una proposta
tanto rispondente a criteri di sacrosanta giustizia che solo persone
senza cuore nè cervello possono avversarla. E tu, o Socrate, hai
gran cuore e, soprattutto, una mente eccelsa. Non puoi davvero
dubitare della bontà di quanto propongo! Dimmi, stai scherzando?
S.
No, ti assicuro di no.
P. La cosa mi stupisce, molto. Dimmi,
cosa nella mia proposta ti lascia perplesso?
S. So che in Italia
la pressione fiscale è già molto alta. Il reddito viene tassato,
vai a comprare qualcosa e paghi varie imposte di consumo. Esistono di
fatto imposte patrimoniali, come l’IMU su case di lusso e seconde
case, il canone TV, la tassa di circolazione.. siamo in una fase di
crisi economica e tu cosa fai? Proponi un’altra imposta, come
minimo non mi pare il momento giusto.
P. Che delusione o
Socrate! Parli come certi scettici del mio partito. Proprio perché
la situazione è difficile occorre aiutare i giovani che dalla crisi
sono i più colpiti. Sarai d’accordo spero.
S. Mah… in primo
luogo non credo che solo i giovani siano colpiti dalla crisi.
Esistono, mi pare, situazioni ancora più drammatiche che riguardano
i meno giovani…
P. Che dici mai!
S. Pensi che un operaio
cinquantenne che ha perso il posto di lavoro, o una commerciante
sessantenne, o un ristoratore anche lui di 60 anni costretti a
chiudere le proprie attività dai vari lockdown si trovino in una
situazione migliore di quella di tanti diciottenni che comunque sono
mantenuti dalla famiglia?
P. Che discorsi! Certo, dovremo
pensare anche a loro, ci penseremo
S. Proporrai una “dote”
anche per queste persone?
P. Che fai o Socrate, mi prendi in
giro? E’ questa la tua celebre ironia? Guarda che io sono un
sottile intellettuale, non casco nei tuoi trucchi...
S. Nessun
trucco caro Petta, mi limitavo ad esprimere dei dubbi, ma vedo che tu
ti inalberi…
P. Non mi inalbero, solo mi irrita un po’
vedere che invece di essere attratti dalla giustizia e dalla equità
della mia proposta tanti ricorrano a piccole polemiche su cose
secondarie.
S. Beh… la sorte di tanta gente non più giovane
non è cosa secondaria, mi pare, ma, restando ai giovani, davvero
pensi che dando loro una mancia…
P. Dote o Socrate, dote non
mancia!
S. Va bene, dando loro una dote si risolvano i loro
problemi? Davvero pensi che con 10.000 euro possano pagarsi
l’università, comprar casa, dare inizio ad una attività
imprenditoriale?
P. La dote è solo un passo, il primo passo…
S.
A me pare che si potrebbero fare primi passi in direzione diversa, ad
esempio riducendo la pressione fiscale ed incentivando gli
imprenditori ad assumere i giovani in cerca di lavoro. Dando una dote
di 10.000 euro al massimo si può spingere qualche giovane a
comprarsi una moto o una utilitaria… non mi sembra un gran passo
avanti…
S. Stai facendo vani sofismi o Socrate! Si tratta di
un primo passo, te lo ripeto. Altri ne faremo…
S. Hai in mente
nuove tasse?
P. No, cioè, non lo so… vedremo. Ma non è
questo il punto, noi stiamo discutendo a vuoto.
S. E quale è
allora il punto?
P. Il punto è la profonda giustizia, il
respiro umano universale della mia proposta. E’ questo che dovrebbe
spingere ogni persona ragionevole e di buon cuore a sostenerla. Su
questo sarai d’accordo o Socrate; neppure oso pensare che tu non lo
sia.
S. Mah… dimmi, in cosa consiste questa profondissima
giustizia della tua proposta?
P. E me lo chiedi? Stiamo parlando
di imposta di successione o Socrate, di eredità! Di soldi che vanno
a persone che nulla hanno fatto per meritarli… ti sembra giusta una
cosa simile? A me sembra sommamente ingiusta e penso sia sacrosanto
togliere parte, almeno parte, di ciò che va a chi non ha merito
alcuno per avere e darlo a chi ha bisogno.
S. Dunque la cosa
davvero giusta è proprio questa: che la tua riforma toglie soldi a
chi nulla fa fatto per meritarli.
P. Si, certo. E in più c’è
l’aspetto della redistribuzione, del dare a chi ha bisogno.
S.
Di questo, se permetti, parleremo dopo, concentriamoci ora sul fatto
che gli eredi non hanno merito alcuno per il denaro che ricevono
P.
Concentriamoci.
S. Molto bene. Dimmi: un neonato ha bisogno di
cure?
P. E come no?
S. Ed un bambino deve essere nutrito,
educato, mandato a scuola, coperto di affetto?
P. Ma certo! Che
domande!
S. E dimmi, neonato e bambino hanno fatto qualcosa per
meritare cure, educazione, affetto?
P. Che razza di domande mi
fai o Socrate! Cosa c’entrano col nostro discorso?
S. A me
sembra che c’entrino eccome! I genitori coprono o dovrebbero
coprire i figli di cure, amore ed attenzioni, anche se i figli nulla
hanno fatto per meritarli. Ne convieni?
P. Si
S. E lasciare
ai propri figli ciò che si è riusciti ad ottenere lavorando
onestamente tutta una vita non è anch’esso un gesto di amore verso
i propri figli?
P. Che discorsi…
S. A me sembrano
ragionevoli… lo è o non lo è?
P. Mah… direi di si, che lo
è.
S. E non è simile all’atto d’amore che spinge i
genitori ad accudire i neonati ed i bambini?
P. Forse si
S.
E perché accudire i figli quando sono bambini o neonati dovrebbe
esser giusto e lasciar loro in eredità i propri beni no?
P.
Sofismi! Giri di parole! Come al solito tu fai ballare tutti i
concetti o Socrate!
S. Io mi limito a cercare di avvicinarmi al
vero, discutendo pacatamente con te, ottimo amico.
P. No! Tu fai
il sofista!
S. Mi spiace che tu te la prenda, calmati, stiamo
solo discutendo serenamente…
P. E sia.
S. Una cosa ti
vorrei chiedere
P. Chiedi
S. Siamo d’accordo sul fatto
che i figli hanno diritto di essere curati dai genitori, ne
convieni?
P. Ne convengo
S. Bene, ora ti chiedo: esiste
solo il diritto dei figli ad essere curati dai genitori o anche il
diritto dei genitori a prendersi cura dei figli?
P. Direi che
esistono entrambi.
S. Concordo. E ora parliamo dell’eredità.
Ammesso che esista il diritto dei figli di ricevere una eredità, non
importa quanto tassata, ti chiedo: esiste a tuo parere solo il
diritto dei figli di ricevere l’eredità dai genitori o anche il
diritto dei genitori di lasciare ai figli i propri beni in
eredità?
P. Direi che esistono entrambi.
S. Di nuovo
concordo, ma, se quanto abbiamo stabilito è vero tutto il tuo
precedente discorso risulta nettamente inficiato, caro amico.
P.
E perché mai?
S. Tu contesti il diritto dei figli a ricevere
una eredità basandoti sul fatto che nulla hanno fatto per meritarla,
ora però abbiamo scoperto che esiste anche il diritto dei genitori
di lasciare i propri beni in eredità ai figli, ed i genitori hanno
di certo fatto qualcosa per meritare i beni che possiedono. Questo
diritto non lo puoi contestare, mi pare.
P. E va bene o Socrate,
se proprio ci tieni ti rispondo che, se così stanno le cose, è
giusto limitare anche il diritto dei genitori.
S. Non però con
l’argomento che nulla hanno fatto per meritare i beni di cui
dispongono.
P. Su questo si può discutere. In ogni caso è bene
limitarlo, e molto, in nome della redistribuzione dei beni.
S.
Veniamo quindi alla redistribuzione. Parlamene ed io mi abbevererò
alla fonte del tuo sapere.
P. Socrate, ti ho già detto che non
sopporto la tua ironia…
S. Tu dunque pensi che chi ti
definisce sapiente possa farlo solo per ironia? Ti sottovaluti…
comunque parla e ti ascolterò serissimo.
P. Noi nasciamo tutti
uguali, o Socrate, ma, poco tempo dopo diventiamo disuguali.
L’originale uguaglianza se ne va perché operano le differenze
sociali, la ricchezza, i privilegi che i nostri genitori ci regalano.
E così il mondo si divide in fortunati e sfortunati, ricchi e
poveri. Ed è giusto, del tutto giusto, che chi è stato fortunato
risarcisca chi non lo è stato, restituisca almeno una parte di ciò
che ha avuto. Occorre redistribuire ciò che alcuni hanno senza
merito, per pura fortuna. Questo è ciò che penso.
S. Se devo
essere sincero i tuoi argomenti non mi sembrano molto diversi da
altri su cui già abbiamo discusso.
P. Lo sono. O tu hai paura
di affrontarli o Socrate?
S. Il dialogo non deve mai fare paura
caro Petta. Noi stiamo cercando insieme la verità, non combattendo.
Dimmi, posso farti alcune domande?
P. Fai pure.
S. Tu chi
diresti che io sia, o Petta?
P. Che razza di domanda, cosa
diavolo c’entra?
S. Questo se permetti lo vedremo dopo,
insieme. Dimmi, parlando di me a chi pensi?
P. Penso ad un
uomo…
S. E come è quest’uomo?
P. Fisicamente?
S.
Fisicamente, mentalmente, culturalmente, in tutti i suoi aspetti,
dimmi…
P- Continuo a non capire, comunque, direi che tu sei
basso, non bello, scusami…
S. Figurati, parla pure senza
reticenze.
P. Allora, sei non bello, ma intelligente, ami
discutere, anche troppo, a mio avviso sei assai sofistico, sei
colto…
S. Ho dubbi in proposito, ma, continua, son nato in un
certo momento storico?
P. Bella scoperta! Certo che si.
S.
In un certo paese?
P. E come no?
S. Da certi genitori,
poveri o ricchi?
P. Ma si! Mi sembrano domande strampalate le
tue…
S. Dimmi ora, io sarei io se non fossi brutto, basso,
colto e sofistico (a tuo parere) amante del dialogo, nato in un certo
paese, in un certo anno, da certi genitori?
P. Non so cosa
risponderti.
S. Diciamo che tutte le cose che abbiamo detto,
scarsa altezza, bruttezza, cultura, epoca in cui vivo, paese in cui
sono nato, tutte insomma, siano le mie particolarità. Ti chiedo:
esisterei io senza l’insieme di tutte queste particolarità?
P.
Proprio non ti seguo.
S. Dimmi allora, esiste un uomo che non
sia né bello né brutto, né alto né basso, né intelligente né
sciocco, che non sia nato in nessuna famiglia, in nessun paese, in
nessuna epoca storica?
P. Direi che un simile uomo non può
esistere.
S. Quindi io sono io perché ho tutte le mie
particolarità e la stessa cosa si può dire di te e di ognuno di
noi, concordi?
P. Concordo.
S. Ma come puoi allora parlare
di un bambino che è “fortunato” perché nasce da certi genitori,
in un certo momento storico, in un certo paese e, potrei aggiungere,
bello, sano e forte?
P. Di nuovo fai il sofista.
S. Scusami
o nobile Petta, chi era questo bambino prima di diventare
“fortunato”?
P. Diciamo che era un feto nel ventre materno,
e prima un embrione.
S. Certo, ma questo embrione aveva o non
aveva un certo patrimonio genetico?
P. Penso di si
S. Era
nel ventre materno hai detto
P. Si
S. Ma la madre che lo
portava in seno non apparteneva ad un certo strato sociale, non
viveva in un certo paese…?
P. Ma si!
S. Quindi sin
dall’inizio quel bambino era “fortunato”! Non era un ente privo
di particolarità, cui successivamente sia capitata una “fortuna”
che occorra ora redistribuire…
P. Basta o Socrate! Non ne
posso più dei tuoi sofismi! Cosa intendi dire, che non si debbano
aiutare coloro che hanno di meno?
S. Certo che li si deve
aiutare, ma questo nulla ha a che vedere con la restituzione di
quanto si ha avuto dalla “fortuna”, cioè da come ci hanno fatto
madre natura e i nostri genitori. E questo perché nessuno esiste al
di fuori di come madre natura e genitori lo hanno fatto.
P.
Discorsi astrusi, mi fai venire il mal di testa.
S. Discorsi
assai semplici a mio parere. Io non ho avuto la “fortuna” di
nascere in una certa famiglia perché sono io proprio in quanto nato
in quella famiglia.
P. E come vorresti allora aiutare chi ha
meno?
S. Non con l’imposta di successione, a mio parere.
P.
E perché mai?
S. Mi pare che l’imposta di successione
favorisca comportamenti anti sociali e finisca per non aiutare
affatto i giovani.
P. E perché mai?
S. Concordi con me, o
Petta,, se dico che noi uomini siamo esseri finiti, limitati?
P.
Che discorsi, concordo.
S. Ed è vero che molto di ciò ce
facciamo va oltre l’orizzonte temporale della nostra vita?
P.
Si, concordo.
S. Concorderai allora se dico che la possibilità
di lasciar qualcosa in eredità ai propri figli è un formidabile
incentivo che spinge tutti a migliorare la propria posizione.
P.
Non so, può essere ma può anche non essere.
S. Dimmi o
illustre amico, se tu sapessi che domani gran parte del patrimonio ti
verrà tolta faresti un investimento o spenderesti tutto o quasi ciò
che hai?
P. Io ho un altissimo senso civico, non sono un gretto
egoista come tanti miei rivali politici. Quindi ti rispondo:
investirei, per il bene del paese.
S. Nobilissimo il tuo
atteggiamento! Però… tu pensi che la gran maggioranza di chi ha
fondi da investire si comporterebbe come te?
P. Non saprei…
S.
E’ sensato pensare che moltissimi sarebbero disincentivati ad
investire?
P. Direi che lo è.
S. E che molti si darebbero
alle spese pazze?
P. Direi di si.
S. Quindi ci sarebbe in
ogni caso una riduzione degli investimenti, concordi?
P. Forse…
S. Hai appena ammesso che pochi hanno il tuo nobilissimo senso
civico, amico mio.
P. E’ vero…
S. Quindi moltissimi
reagirebbero alla imposta di successione facendo più spese pazze e
riducendo gli investimenti.
P. Lo ammetto.
S. E questo
darebbe ai giovani maggiori o minori possibilità di lavoro?
P.
Direi minori…
S E non credi che il vero interesse dei giovani
non sia di avere un po’ di soldi in tasca per un po’ di tempo, ma
un lavoro?
P. Certo che lo penso.
S. Vedi dunque che la tua
imposta di successione avrebbe effetti negativi proprio su coloro
che, a tuo parere, dovrebbero esserne i beneficiari.
P.
Discorsi molto astratti i tuoi. Di fatto non proponi niente per
aiutare chi ha bisogno.
S. Si possono incentivare fiscalmente
gli imprenditori che assumo, ridurre le tasse sul lavoro, lo stato
può usare i propri fondi per contribuire alla costruzione di
infrastrutture che favoriscano lo sviluppo, quindi il lavoro. Una
mancia, pardon, una dote ai diciottenni invece non risolve alcun
problema e l’imposta di successione disincentiva gli investimenti,
come abbiamo insieme stabilito.
P. Tu criminalizzi questa imposta, in
fondo esiste anche negli Stati Uniti.
S. Non amo criminalizzare
nulla e nessuno. Ci può anche stare una imposta di successione in
sistemi come quello americano dove la pressione fiscale è molto più
bassa che da noi. E poi, tu hai criticato molte volte il sistema
americano, com’è che ora lo porti ad esempio?
P. Basta con
le inutili polemiche! Insisto, tu criminalizzi questa imposta e
dimentichi che io non ho proposto di togliere tutto il patrimonio ai
ricchi, solo una parte. Sono un moderato io.
S. Ti ripeto
che non criminalizzo nulla, mi limito ad analizzare e a criticare.
E, ribadisco, in un sistema fiscale diverso, meno opprimente, una
imposta di successione potrebbe anche starci, anche se io la
considero comunque negativa. Piuttosto, sono gli argomenti con cui tu
la difendi, questa imposta, ad apparire estremamente pericolosi,
indegni di un moderato quale tu dici di essere.
P. Spiegati, mi
sembra che tu parli per enigmi.
S. In base agli argomenti con
cui hai difeso l’imposta avresti dovuto proporre il quasi totale
esproprio dei patrimoni dei ricchi e non solo dei ricchi.
P. E
perché mai?
S. Hai detto che i figli dei ricchi nulla fanno per
meritare l’eredità quindi che questa è un ingiusto privilegio,
vero?
P. Vero.
S. Poi hai detto che nasciamo tutti uguali
ma la “fortuna” ci rende disuguali e che questo è un privilegio
ingiusto e che coloro che hanno devono “restituire” ciò che la
fortuna ci ha loro dato ingiustamente, è vero?
P. E’
vero
S. Ma è o non è vero che si deve “restituire”
qualcosa alle persone cui qualcosa è stata sottratta ingiustamente,
diciamo pure rubata?
P. Vero.
S. Dal che si deduce che chi
ha molto ha rubato a chi non ha, ne convieni?
P. Ne
convengo.
S. E dimmi ora, se io ti rubo 100 quanto ti devo
restituire, 100 o 10?
P. !00, è ovvio.
S. E ti devo
restituire 100 anche se non sono ricco sfondato?
P. Si, devo
restituire 100 in ogni caso. Tu però ti appigli alle parole, o
Socrate. Lasciamo perdere la parola “restituire”, limitiamoci a
dire che chi ha molto lo possiede ingiustamente e tutto si
risolve.
S. Non mi pare. Dimmi, se io ho 100 mentre dovei
avere 10, devo restituire 90 oppure 10?
P. 90 direi.
S. E
se ho 50 mentre dovrei avere 10 devo restituire 10 o 40?
P. 40
direi.
S. E se ho 30 mentre solo 10 dovrei avere, devo restituire 20 o 10?
P. 20.
S. Come vedi, se davvero chi ha lo ha ingiustamente non basta che restituisca
una piccola parte, deve restituire quasi tutto. E se poi ciò che ha lo ha rubato ad altri deve restituire tutto. E questo non
vale solo per chi ha moltissimo, vale anche per chi ha abbastanza, o
non troppo poco, Vale per i ricconi come per il ceto medio, per chi è appena un po' benestante, per un
sacco di gente insomma. Chi ha ingiustamente deve restituire tutto
ciò che ingiustamente ha, quale che sia il suo reddito. Perché
allora vuoi una imposta del 10 o del 20 per cento, e solo per i ricconi? Dovresti chiederne
una del 90 o del 100 per cento, estesa a moltissimi, se fossi coerente e prendessi sul serio ciò che dici!
P. Basta! Mi
fai venire il mal di testa!
S. Mi spiace molto. Possiamo ancora
approfondire il discorso, se vuoi.
P. Non ne posso più Socrate!
Sei un sofista! Ho un terribile mal di testa! Me ne vado!
S.
Resta nobile amico!
P. Meglio di no.
domenica 16 maggio 2021
CONTRO IL NICHILISMO SESSUALE
Essere dati
Ognuno di
noi è un essere dato. Non ci creiamo da soli, ci troviamo nel mondo,
possiamo solo constatare la nostra esistenza. Ed
è dato il mondo che ci circonda, il
luogo in cui siamo nati, le
relazioni sociali in cui erano inseriti i nostri genitori, l’epoca
storica in cui loro sono vissuti ed in cui noi viviamo.
Possiamo
farci tante domande, dimostrare o cercare di dimostrare tante cose,
porci tanti “perché” e dare risposta ad alcuni, ma alla fine
siamo costretti a dire: le cose stanno così e così, basta. Oltre
non si può andare. Come diceva Wittgenstein qui la zappa si piega.
E
tutto questo non vale solo a livello teorico, riguarda l’agire
oltre che il pensare. Possiamo modificare molte cose nel mondo ed
anche di noi stessi, ma
sempre a partire dal dato, da qualcosa che non è possibile
modificare. Il dato limita e circoscrive le possibilità umane,
accettarlo significa riconoscere la nostra ineliminabile finitezza,
la cosa può non piacere, non cambia nulla.
Siamo dati, non
possiamo auto crearci. L’idea di un ente che crea se stesso non
solo è priva di
qualsiasi possibilità di
applicazione empirica, ma
appare irta di insuperabili
contraddizioni.
Il concetto di un ente causa di se stesso, è
intimamente contraddittorio: per poter essere causa di se stesso un
ente dove già esistere, ma la sua esistenza dipende dalla capacità
di autocrearsi. Si tratta
di una difficoltà logica, non necessariamente legata alla
successione temporale: il concetto di esistenza rimanda a quello di
causa e questo rimanda a quello. Non a caso di un solo ente si dice
che è “causa sui”: Dio, ma è proprio questa caratteristica
della divinità a risultare
incomprensibile per l’umana
ragione. Si può credere per fede, non comprendere razionalmente che
Dio sia “causa sui”. In ogni caso una simile caratteristica
riguarda solo Dio.
L’uomo di certo non si crea da solo, è, inesorabilmente,
un essere dato.
La
rivolta contro la umana datità è caratteristica di una parte
importante della cultura contemporanea. Accettare il dato è qualcosa
di limitante, ci ricorda la nostra finitezza ed accidentalità. Non
possiamo fare né spiegare tutto, in una certa misura dobbiamo
accettarci ed accettare il mondo in cui siamo inseriti. Questo appare
a molti intollerabile, da qui le filosofie che
pretendono di rifondare
integralmente l’uomo ed il mondo. Ed i loro deliri di onnipotenza.
L’uomo può trasfigurare se stesso, la società ed il mondo, creare
l’assolutamente nuovo. E se questa ansia di assolutamente nuovo si
scontra col dato… al diavolo il dato. Siamo o possiamo diventare
onnipotenti quindi possiamo arrivare a prescindere dal dato, e
diventare simili a Dio, o forse anche più che
simili.
Fantasticherie? Vagheggiamenti utopici? Si, ma
vagheggiamenti e fantasticherie che hanno avuto, ed ancora possono
avere, conseguenze disastrose.
Sesso e
datità
Poche cose sono
tanto intimamente legate al nostro essere dati come il sesso. A parte
casi rarissimi chi nasce, nasce maschio o femmina. Un neonato può
essere nero o bianco, più o
meno pesante della media ma
di certo
sarà maschio o femmina. Certo, crescendo potrà sviluppare tendenze
omosessuali, potrà anche provar disagio per il suo sesso, ma lo farà
sempre, in ogni caso, a partire dal dato originario del suo essere
maschio o femmina. La sessualità è un dato originario, non ce la
assegniamo,
è parte essenziale del nostro essere dati.
Naturalmente
è possibile che un essere
umano si senta attratto da persone del suo stesso sesso, non trovo in
questo nulla di scandaloso. E’ anche possibile che si trovi male
nel suo sesso, desideri di essere di sesso diverso, anche in questo
non c’è nulla di scandaloso. Tutto
questo però nasce sulla base del dato originario della sessualità
maschile o femminile. Provare pulsioni omosessuali o desiderare di
essere di sesso diverso non elimina il dato originale della
sessualità maschile o femminile, si
limita ad introdurre
in questa delle eccezioni, eccezioni, non perversioni,
che riguardano una parte abbastanza minoritaria del genere umano. La
presenza di simili eccezioni non toglie nulla alla rilevanza
ontologica del dato sessuale originario. La sessualità resta
maschile o femminile anche se alcuni possono provare attrazione per
persone del loro stesso sesso, ed altri possono trovarsi male nel
loro sesso naturale. A
ben vedere le cose, un omosessuale ed un trans restano per intero
all’interno della sessualità intesa come dato originario:
l’omosessuale è un maschio, o una femmina, che prova attrazione
per altri maschi, o femmine. Il trans è una femmina che vorrebbe
essere maschio
o viceversa. Tutti restano dentro il binomio maschile - femminile.
Non possono prescinderne.
Nessun gay e nessun trans chiede di potersi riprodurre per
partenogenesi, e non a caso.
Quali che possano essere i desideri e le pulsioni
individuali, il sesso resta
dato originario, naturale,
legato alla riproduzione della specie, carico quindi di enormi
conseguenze sociali. Ora, la filosofia gender contesta appunto
questo carattere del sesso. Ne
nega la naturalità,
la rilevanza ontologica, il legame con la riproduzione della specie
quindi il
peso sociale.
Il sesso non è per i teorici gender un fondamentale dato originario,
è, in prima battuta, un costrutto socio culturale e poi neppure più
questo, si riduce a
scelta inessenziale. Il dato
originario
scompare resta
il sentire del momento, il
fluire dei desideri. Si
allenta fin quasi a scomparire il legame fra sesso e personalità,
caratteristiche fisiche e psicologiche di ognuno di noi.
Del
legame fra sesso e riproduzione della specie resta solo il
fatto tecnico che impedisce ai maschi di partorire, cosa comunque
cui si può ovviare con la pratica dell’utero in affitto. La
famiglia composta da un uomo, una donna ed eventualmente un certo
numero di figli cessa di essere il nucleo fondamentale della società,
sostenerlo significa essere sessisti ed omofobi. Qualsiasi altra
forma di unione fra esseri umani viene equiparata alla famiglia.
Padre e madre
non hanno
rilevanza alcuna nello sviluppo dei bambini, vengono
sostituiti da genitore uno e due.
Tutto questo non ha assolutamente nulla a
che vedere col diritto di
omosessuali e trans di soddisfare le proprie pulsioni; non
siamo di fronte alla tutela di importanti diritti individuali, ma
ad un attacco frontale alla struttura sociale nel suo complesso, di
più, ad alcuni capisaldi su
cui da tempo immemorabile si
basano i rapporti fra gli
esseri umani.
Nulla di cui stupirsi. Come tutti gli ultra
radicali i teorici del gender non si accontentato di tutelare diritti
ed apportare modifiche anche profonde alla organizzazione sociale.
No, vogliono rovesciare come un calzino l’uomo e la società,
introdurre trasformazioni che segnino una frattura assoluta,
definitiva col passato. Il genere prende il posto del sesso, la
fluidità desiderante soppianta il sesso come dato originario. La
novità è assoluta, totale, irreversibile.
Natura
Il
rifiuto del sesso come dato originario ne
prende di mira soprattutto la naturalità. Chi considera il sesso un
costrutto socio culturale sostituisce al sesso come dato naturale le
idee, i comportamenti, i pregiudizi legati al sesso. Chi riduce il
sesso a scelta ritiene che il dato sessuale naturale non esista, o
non abbia rilevanza, o sia manipolabile a nostro piacere, sempre,
senza conseguenza alcuna. Il sesso come argilla, materiale facilmente
modellabile, giocattolo pronto a seguire il fluire dei nostri
desideri.
Ma la natura
è davvero qualcosa di tanto debole? Le si può togliere qualsiasi
“durezza” ontologica? La si può ridurre a una sorta di
plastilina che possiamo plasmare a nostro piacimento? Basta fare la
domanda per avere la risposta, e la risposta è NO!
L’uomo
è parte, piccola, piccolissima parte, della natura, risultato di un
processo di selezione naturale durato milioni di anni. Trasformarlo
in signore della natura è, da questo punto di vista, una pura e
semplice idiozia. L’uomo è
tuttavia un animale molto particolare: non si adatta a vivere in
qualche ecosistema, modifica a suoi fini l’ambiente circostante.
Anche altri animali, addirittura degli insetti lo fanno: basti
pensare ai castori od alle formiche. Nell’uomo però la capacità
di modificare l’ambiente circostante è progressiva. L’uomo
impara dall’esperienza; formicai e dighe dei castori sono oggi le
stesse di secoli e secoli fa, non altrettanto si
può dire delle costruzioni umane. In questo senso l’uomo è
davvero unico, ha con la natura un rapporto del tutto speciale, e
nulla è tanto stupido quanto pretendere di ridurlo a mera componente
subordinata di qualche ecosistema.
L’uomo
modifica l’ambiente quindi, e modificando l’ambiente modifica in
una certa misura se stesso. Malgrado le lamentele dei mistici
dell’ecologia lo sviluppo economico ha reso l’uomo più sano, ne
ha allungato la vita, aumentato la cultura, ampliato i punti di
vista, tutto questo è innegabile, ed in larga misura positivo. Ma
come è avvenuto e come avviene questo processo? Quali sono le sue
modalità? Questo è il punto decisivo.
Modificando
l’ambiente circostante l’uomo non impone alla natura alcuna nuova
legge, al contrario, può modificare l’ambiente solo adattando la
sua azione alle leggi naturali;
come diceva Bacone, l’uomo
può diventare il signore della natura solo sottomettendosi alle sue
leggi.
Le case di montagna hanno i tetti molto inclinati per
far si che la neve non si accumuli troppo rischiando di sfondarli.
Gli aerei volano per la pressione dell’aria sotto le ali, le navi
galleggiano grazie al principio di Archimede. Gli uomini non
combattono gli effetti negativi delle nevicate creando un clima a
loro immagine, né cercano di volare o di
varcare i mari modificandosi geneticamente e dotandosi,
alternativamente, di ali o
branchie. Simili azioni
sarebbero solo follia nichilista. Le
leggi naturali sono un dato immodificabile, da questo deve partire
ogni azione tendente a rendere l’ambiente migliore per
l’uomo.
Considerazioni
simili si possono fare per il sesso. Il sesso è un dato naturale
originario, legato a quel fatto di enorme rilevanza sociale che è la
riproduzione della specie. Ultimamente gli esseri umani hanno fatto
grandi passi avanti nel controllo della sessualità. Un tempo le
donne passavano gli anni migliori della loro vita partorendo in
continuazione, e le morti per parto erano una tragica eventualità
che mieteva moltissime vite nel sesso femminile. Oggi tutto questo
è in larga misura scomparso, almeno nei paesi economicamente
sviluppati. Le morti per
parto si sono ridotte al minimo,
le stesse doglie del parto possono
essere ridotte, se il parto
è particolarmente complicato si può ricorrere al cesareo. Gli
strumenti anticonzezionali hanno liberato la donna dalla schiavitù
delle gravidanze non desiderate, numerose misure legislative hanno
abbattuto gli ostacoli che la maternità frapponeva al pieno
ingresso, a tutti i livelli, della donna nel mercato del lavoro,
anche se in questo campo molto resta ancora da fare. Tutto questo ha
permesso agli esseri umani, alle
donne soprattutto, di
controllare gli effetti non desiderati della sessualità, ma non ha
minimamente alterato il carattere naturale della stessa. La
forza di gravità è oggi la stessa di mille anni fa, anche se oggi,
a differenza di mille anni fa, gli aerei volano. Allo stesso modo, il
sesso è oggi lo stesso di mille anni fa, anche se oggi, a differenza
di mille anni fa, le donne non sono più, almeno
nei paesi culturalmente più sviluppati,
una sorta di macchine per la riproduzione e
schiave domestiche.
I
teorici del gender mirano invece proprio a questo: a sovvertire le
leggi naturali legate alla riproduzione della specie. Ovviamente non
possono riuscire nel loro intento: le leggi naturali hanno la pessima
abitudine di non farsi modificare a piacere dai moderni stregoni del
politicamente corretto. In fondo pratiche oggi di moda come l’utero
in affitto non fanno altro che copiare in laboratorio, in maniera
faticosa e, a volte, pericolosa, ciò che in natura avviene
spontaneamente e, particolare non secondario, in modo piuttosto
piacevole. Ma è comunque questo il loro fine. Il fatto che si tratti
di un fine irraggiungibile, mai apertamente dichiarato, non implica
che non venga perseguito, o che non sia il tendere
ad esso il senso di tante
disquisizioni sofistiche.
Se
il sesso non è un dato naturale originario, se il suo legame con la
riproduzione della specie viene negato, se, ai fini della
riproduzione, il sesso omosessuale è posto sullo stesso piano di
quello etero sessuale, se la famiglia detta “tradizionale” viene
equiparata a qualsiasi unione fra esseri umani, soprattutto, se il
sesso viene ridotto a costrutto
culturale prima e poi a scelta legata al “sentire”, se tutto
questo avviene è il legame stesso fra sesso e legge di natura a
venir messo radicalmente in discussione. La riproduzione della specie
legata a rapporti sessuali fra uomo e donna cessa di essere la
regola, basata su solide basi
naturali, diventa
uno dei tanti modi di riproduzione. Da qui la svalutazione della
famiglia, la contestazione dei concetti stessi di paternità e
maternità e
dell’importanza delle figure maschili
e femminili.
Queste
figure, a rigore, smettono
di esistere perché l’essere
maschio o femmina non ha più spessore ontologico. Si tratta di una
scelta fra tante, un momento del fluire sessuale. La difesa dei
diritti di gay e trans non è
più in questo modo la
sacrosanta
tutela di persone che hanno una forma diversa di sessualità. Questo
perché a rigore non esistono forme diverse di sessualità.
L’eterosessualità non è più la regola ma non per questo le
eccezioni omo e transessuali diventano regola a loro volta. Tutto
diventa eccezione perché non
esiste più una
sessualità chiaramente definita. Il sesso come fatto naturale e
sociale scompare, restano le scelte erotiche legate al sesso
giocattolo.
Scelte e valori
Tutto
ciò di cui si è finora parlato ha una inevitabile, tragica
conclusione. La
riproduzione della specie viene
ad identificarsi col processo di produzione
degli esseri umani. Ogni coppia, trans, omo od etero che sia può
avere il “suo” bambino. Domani potrebbero avanzare pretese simili
gruppi più, o meno,
vasti di persone. Perché mai infatti dare tanta importanza al DUE,
alla COPPIA? Perché
una famiglia composta da tre uomini o tre donne, o da due donne e tre
uomini non dovrebbe avanzare pari pretese? E perché non dovrebbe
avanzarle una famiglia “monogenitoriale”, composta da una sola
persona? In fondo nel mondo esistono milioni e milioni di single e la
poligamia è assai più diffusa dell’omosessualità, perché allora
privilegiare la coppia? Proprio
non lo si capisce...
Non
c’è in tutto questo nulla di esagerato, nessuna visione
apocalittica del futuro. In fondo negli USA esiste già di fatto un
mercato dei bambini. Persone particolarmente danarose scelgono,
grazie all’utero in
affitto, il bambino che più
loro aggrada: deve avere la pelle di un certo colore, essere alto,
intelligente… e c’è chi protesta non perché nauseato da simili
pratiche, ma perché queste privilegiano i bambini bianchi! Va bene
“costruire” il
pargolo, ma che non sia sempre bianco, se no è “razzismo”!
Incommentabile.
Voglio fare
l’avvocato del diavolo. Perché rifiutare simili pratiche? Potrebbe
chiedere qualcuno. In fondo siamo tutti esseri dati, non ci facciamo
da soli. Perché dovrei accettare la mia datità se questa deriva
dall’incontro casuale di un ovulo e di uno spermatozoo e non dallo
stesso incontro deciso da un altro essere umano?
Domanda a cui è
facilissimo rispondere. Rivendico per ogni essere umano il
diritto alla propria datità naturale.
Voglio essere stato la risultante di un incontro causale fra un ovulo
ed uno spermatozoo, non il
risultato di una scelta compiuta da altri essere umani.
Nego
a chiunque
il diritto di costruirne una
persona, di decidere quali
siano le sue caratteristiche. Potevo non nascere, sono nato con le
mie caratteristiche fisiche e psicologiche al posto di tanti altri
possibili esseri umani, forse migliori di me, ma mi ripugna pensare
che siano stati Tizio e Caia a decidere chi io sono. Altro
non si può aggiungere, ma mi sembra che basti.
Le
persone non sono cose. Si possono costruire le cose, non le persone.
Le persone si riproducono, le cose si producono. Sono concetti
semplici, quasi elementari, non dovrebbe essere neppur necessario
ribadirli. Eppure oggi è necessario farlo e questo dimostra la
profondità della crisi culturale ed etica in cui ci dibattiamo. Come
abbiamo potuto arrivare a questo punto? La risposta ad una simile
domanda sarebbe davvero troppo lunga. Hanno contribuito il
prometeismo rivoluzionario, l’idea assurda che sia possibile il
rovesciamento assoluto del mondo e dell’uomo ed
Il connesso rifiuto
nichilista di ogni tradizione, la rivolta iconoclasta contro la
storia. Approfondire solo alcuni di questi temi ci porterebbe davvero
troppo lontano.
E’ certo però che ultimamente si è fatta
sempre più strada in occidente una idea che di certo ha contribuito
alla deriva attuale. Si tratta dell’idea secondo cui la scelta
libera degli individui avviene o dovrebbe avvenire in una sorta di
vuoto etico ed ontologico,
al di fuori, o al di là di ogni scala di valori. La
scelta è tutto, non deve misurarsi con oggettività alcuna, di tipo
etico, sociale o naturale che sia. Esser liberi vorrebbe dire
svolazzare nel vuoto,
privi di qualsiasi obbligo.
Si tratta di una concezione
ridicola della libertà, lontana anni luce dal pensiero dei maestri
del liberalismo. Per questi la libera scelta degli individui si
colloca sempre all’interno di un sistema di valori, i diritti sono
sempre accompagnati dai doveri, la
scelta è sempre connessa
con la responsabilità. La
libertà priva di vincoli, la pretesa che la libera scelta possa
eliminare ogni oggettività non è la libertà liberale, non ha nulla
a che vedere con il liberalismo di un
Kant, di un Locke o di un Berlin. E’
l’arbitrio dei vari Hitler, Stalin e Pol Pot. La
libertà non contrasta con la verità,
non
a caso Orwell
fa dire al protagonista di “1984”:
“la libertà prima è poter dire che due più due fa quattro”.
E
Dostoevskij ci ricorda che
il “tutto va bene” non è libertà, è nichilismo, quel
nichilismo che parte dalla assoluta libertà per arrivare
al dispotismo assoluto
Quel
nichilismo politicamente corretto che
è oggi il cancro dell’occidente.
giovedì 13 maggio 2021
SPETTACOLO DEPRIMENTE
mercoledì 12 maggio 2021
PER LA LIBERTA' DI TUTTI