CONVIVENZA. E' destinata a
diventare la parola chiave.
Dobbiamo imparare a convivere col terrorismo. Non a RESISTERE allo stesso, sapendo che sarà una lotta dura e difficile. No, a CONVIVERE.
La parola convivere richiama alla pace. Civile convivenza, pacifica convivenza. Si convive con chi è in pace con noi, o quanto meno con chi non ci combatte.
O richiama qualcosa che non piace ma che tutto sommato si accetta. Nelle grandi città si deve convivere con un traffico a volte tumultuoso, con rumori molesti, con un certo livello di criminalità. Cose negative, brutte, antipatiche ma inevitabili. Possiamo attenuarne la portata ma non eliminarle, e neppure
ridurne sensibilmente il peso. Ci dobbiamo CONVIVERE.
I pennivendoli vogliono far passare questo concetto. Dobbiamo abituarci al terrore, come ci siamo abituati al traffico o ai rumori molesti. Certo, possiamo ridurne, in piccola parte, l'impatto ma non eliminarlo, neppure in prospettiva. Non siamo dentro una guerra con chi ci vuole morti, o convertiti all'Islam, ma di fronte ad un aspetto brutto o sgradevole della nostra civiltà, da contenere ma anche accettare, con cristiana rassegnazione.
La cosa divertente (tragica in realtà) è che a dire certe stronzate sono gli stessi che ci invitano a “salvare il pianeta” dal riscaldamento globale, a “sconfiggere definitivamente la mafia”, a “ridurre a zero l'impatto dei terremoti”, a “debellare la corruzione”. Le crociate contro il caldo sono perfettamente realistiche, la lotta al terrore NO. Farla vuol dire cadere nel “razzismo” e nella “islamofobia”.
Qualcuno va oltre. Leggo che un genio dell'italico giornalismo, Beppe Severgnini, avrebbe affermato in un dibattito televisivo (che io mi sono ben guardato dal seguire) che se non accettiamo di convivere col terrore siamo destinati a diventare come la Corea del nord.
Non si può combattere il terrorismo ed insieme conservare la democrazia. Convivenza col terrore o fine della democrazia, questa sarebbe l'alternativa.
E' vero esattamente il contrario. Il patto democratico si regge se esistono a sua base alcuni fondamentali valori condivisi. Se non è diffusa l'accettazione di valori come la laicità dello stato, la tutela della libertà di pensiero, la pari dignità ed i pari diritti fra i sessi è proprio la democrazia a diventare impossibile. La convivenza col terrore, con le inevitabili concessioni fatte ai fondamentalisti, prima fra tutte le porte aperte ad una immigrazione fuori controllo, conducono precisamente a questo: la erosione delle basi stesse del sistema democratico, la sostituzione della base sociale e del sistema di valori che ne costituiscono il fondamento. Quindi la fine della democrazia. Non convivenza col terrore o Corea del Nord, ma Corea del nord (o califfato islamico) come conseguenza della convivenza col terrore.
Elementare Watson!
Dobbiamo imparare a convivere col terrorismo. Non a RESISTERE allo stesso, sapendo che sarà una lotta dura e difficile. No, a CONVIVERE.
La parola convivere richiama alla pace. Civile convivenza, pacifica convivenza. Si convive con chi è in pace con noi, o quanto meno con chi non ci combatte.
O richiama qualcosa che non piace ma che tutto sommato si accetta. Nelle grandi città si deve convivere con un traffico a volte tumultuoso, con rumori molesti, con un certo livello di criminalità. Cose negative, brutte, antipatiche ma inevitabili. Possiamo attenuarne la portata ma non eliminarle, e neppure
ridurne sensibilmente il peso. Ci dobbiamo CONVIVERE.
I pennivendoli vogliono far passare questo concetto. Dobbiamo abituarci al terrore, come ci siamo abituati al traffico o ai rumori molesti. Certo, possiamo ridurne, in piccola parte, l'impatto ma non eliminarlo, neppure in prospettiva. Non siamo dentro una guerra con chi ci vuole morti, o convertiti all'Islam, ma di fronte ad un aspetto brutto o sgradevole della nostra civiltà, da contenere ma anche accettare, con cristiana rassegnazione.
La cosa divertente (tragica in realtà) è che a dire certe stronzate sono gli stessi che ci invitano a “salvare il pianeta” dal riscaldamento globale, a “sconfiggere definitivamente la mafia”, a “ridurre a zero l'impatto dei terremoti”, a “debellare la corruzione”. Le crociate contro il caldo sono perfettamente realistiche, la lotta al terrore NO. Farla vuol dire cadere nel “razzismo” e nella “islamofobia”.
Qualcuno va oltre. Leggo che un genio dell'italico giornalismo, Beppe Severgnini, avrebbe affermato in un dibattito televisivo (che io mi sono ben guardato dal seguire) che se non accettiamo di convivere col terrore siamo destinati a diventare come la Corea del nord.
Non si può combattere il terrorismo ed insieme conservare la democrazia. Convivenza col terrore o fine della democrazia, questa sarebbe l'alternativa.
E' vero esattamente il contrario. Il patto democratico si regge se esistono a sua base alcuni fondamentali valori condivisi. Se non è diffusa l'accettazione di valori come la laicità dello stato, la tutela della libertà di pensiero, la pari dignità ed i pari diritti fra i sessi è proprio la democrazia a diventare impossibile. La convivenza col terrore, con le inevitabili concessioni fatte ai fondamentalisti, prima fra tutte le porte aperte ad una immigrazione fuori controllo, conducono precisamente a questo: la erosione delle basi stesse del sistema democratico, la sostituzione della base sociale e del sistema di valori che ne costituiscono il fondamento. Quindi la fine della democrazia. Non convivenza col terrore o Corea del Nord, ma Corea del nord (o califfato islamico) come conseguenza della convivenza col terrore.
Elementare Watson!
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