“E' genocidio il
METODICO sterminio di un gruppo etnico, razziale o religioso”.
Questa la definizione di "genocidio". Nella definizione approvata nel 1946 dalle nazioni unite si faceva riferimento anche a gruppi sociali. La parola venne cassata per l'opposizione dell'URSS, chissà perché...
In ogni caso, dietro ad un genocidio sta una precisa decisione politica che mira allo sterminio programmato di un certo gruppo di esseri umani. I morti causati da guerre, conquiste, schiavismo, scontri di civiltà non possono essere definiti vittime di genocidi, anche se sono tutti collegati ad eventi eticamente ripugnanti. Hitler ha compiuto un mostruoso genocidio sterminando gli ebrei e altri gruppi etnici, ma i 50 milioni di caduti nel secondo conflitto mondiale non possono essere considerati conseguenza delle politiche genocide del del tiranno nazista. I morti di Katyn, per fare solo un esempio, non sono conseguenza della follia genocida di Hitler.
Un genocidio, proprio perché legato a precise scelte politiche di sterminio, avviene di solito in tempi relativamente brevi.
La “soluzione finale” venne decisa e programmata nel 1942. Il massacro in grande stile degli ebrei è concentrato in meno di tre anni.
La dekulakizzazione, cioè l'eliminazione dei contadini considerati “benestanti”, e la successiva collettivizzazione dell'agricoltura si sviluppano in URSS dal 1929 al 1933/34 e provocano carestie in cui muoiono almeno 7/8 milioni di esseri umani.
Il “gran balzo in avanti in Cina si sviluppa dal 1958 al 1962 e tocca i vertici fra il 1959 ed il 1961. Le requisizione selvagge dei raccolti e la deportazione dei contadini in fattorie collettive causano dai 15 ai 30 milioni di morti.
In Cambogia i Kmer rossi eliminano dai due ai tre milioni di esseri umani in un paese con una popolazione che non supera i 12 milioni di persone. Tutto questo in tre anni ed otto mesi di governo.
Il genocidio degli Armeni si concentra in due anni: 1915 e 1916 ed elimina circa un milione e mezzo di persone.
Morti in quantità industriale concentrate nel tempo e conseguenza di precise, specifiche scelte politiche criminali: questo è un genocidio. Quando il conteggio delle vittime riguarda secolari scontri di civiltà è scorretto parlare di genocidio, anche se siamo comunque di fronte ad esperienze devastanti e molto spesso moralmente ripugnanti. Nel secolo e mezzo successivo alla caduta dell'impero romano la popolazione europea si ridusse di oltre un terzo. Un evento assolutamente tragico che sarebbe però del tutto errato definire come genocidio.
Invece di questo termine si fa oggi un abuso indecente. Dalla “soluzione finale” ai migranti annegati in mare, dagli Armeni ai palestinesi che cadono negli scontri con gli israeliani, tutto ormai è genocidio. E tutti ne sono vittime. E si finisce così per condannare, nella giornata della memoria, la... islamofobia! Si ricordano gli ebrei gasati e, insieme a loro, i nipotini di Amin Al Husayni, il gran Mufti di Gerusalemme che collaborò con Hitler allo sterminio degli ebrei nei Balcani.
Segno di tempi in cui la ragione va in vacanza!
Questa la definizione di "genocidio". Nella definizione approvata nel 1946 dalle nazioni unite si faceva riferimento anche a gruppi sociali. La parola venne cassata per l'opposizione dell'URSS, chissà perché...
In ogni caso, dietro ad un genocidio sta una precisa decisione politica che mira allo sterminio programmato di un certo gruppo di esseri umani. I morti causati da guerre, conquiste, schiavismo, scontri di civiltà non possono essere definiti vittime di genocidi, anche se sono tutti collegati ad eventi eticamente ripugnanti. Hitler ha compiuto un mostruoso genocidio sterminando gli ebrei e altri gruppi etnici, ma i 50 milioni di caduti nel secondo conflitto mondiale non possono essere considerati conseguenza delle politiche genocide del del tiranno nazista. I morti di Katyn, per fare solo un esempio, non sono conseguenza della follia genocida di Hitler.
Un genocidio, proprio perché legato a precise scelte politiche di sterminio, avviene di solito in tempi relativamente brevi.
La “soluzione finale” venne decisa e programmata nel 1942. Il massacro in grande stile degli ebrei è concentrato in meno di tre anni.
La dekulakizzazione, cioè l'eliminazione dei contadini considerati “benestanti”, e la successiva collettivizzazione dell'agricoltura si sviluppano in URSS dal 1929 al 1933/34 e provocano carestie in cui muoiono almeno 7/8 milioni di esseri umani.
Il “gran balzo in avanti in Cina si sviluppa dal 1958 al 1962 e tocca i vertici fra il 1959 ed il 1961. Le requisizione selvagge dei raccolti e la deportazione dei contadini in fattorie collettive causano dai 15 ai 30 milioni di morti.
In Cambogia i Kmer rossi eliminano dai due ai tre milioni di esseri umani in un paese con una popolazione che non supera i 12 milioni di persone. Tutto questo in tre anni ed otto mesi di governo.
Il genocidio degli Armeni si concentra in due anni: 1915 e 1916 ed elimina circa un milione e mezzo di persone.
Morti in quantità industriale concentrate nel tempo e conseguenza di precise, specifiche scelte politiche criminali: questo è un genocidio. Quando il conteggio delle vittime riguarda secolari scontri di civiltà è scorretto parlare di genocidio, anche se siamo comunque di fronte ad esperienze devastanti e molto spesso moralmente ripugnanti. Nel secolo e mezzo successivo alla caduta dell'impero romano la popolazione europea si ridusse di oltre un terzo. Un evento assolutamente tragico che sarebbe però del tutto errato definire come genocidio.
Invece di questo termine si fa oggi un abuso indecente. Dalla “soluzione finale” ai migranti annegati in mare, dagli Armeni ai palestinesi che cadono negli scontri con gli israeliani, tutto ormai è genocidio. E tutti ne sono vittime. E si finisce così per condannare, nella giornata della memoria, la... islamofobia! Si ricordano gli ebrei gasati e, insieme a loro, i nipotini di Amin Al Husayni, il gran Mufti di Gerusalemme che collaborò con Hitler allo sterminio degli ebrei nei Balcani.
Segno di tempi in cui la ragione va in vacanza!
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