martedì 18 febbraio 2025

BARBARIE LINGUISTICA

 

Ormai il giochetto è chiaro: per i talebani del politicamente corretto ogni parola, ogni discorso, ogni enunciato deve tener conto di tutti e deve farlo in maniera chiara, esplicita. L’inno di Mameli sarebbe “sessista” perché parla di “fratelli” e non di “sorelle”, come è sessista la dichiarazione dei diritto dell’uomo perché si riferirebbe, appunto, agli uomini e non alle donne. Poco importa per questi personaggi che nell’inno di Mameli e nella dichiarazione coi termini “fratelli” e “uomo” ci si riferisca alla totalità degli italiani e del genere umano, donne comprese. Perché usare il maschile quale termine generalizzante? Domandano a muso duro i talebani del politicamente corretto. Semplice, perché così si è evoluto il linguaggio. Un linguaggio non è una invenzione di alcuni burocrati, non scaturisce da qualche riunione di “esperti” politicamente corretti: è il risultato di un lungo processo molecolare, di molteplici adattamenti del parlare che solo a posteriori viene ripulito e sistematizzato in norme dai linguisti. Elementare direi…
Non per i nuovi guru però. Per loro occorre specificare, includere tutto, sempre e se il linguaggio che le persone normali parlano non si presta a una simile operazione… al diavolo le persone normali e… al diavolo il linguaggio.
Peccato però che in questo modo la comunicazione linguistica diventi impossibile.
Facciamo un esempio. L’introduzione di un comizio politico di sinistra.
Siamo a Genova, nella centralissima Piazza De Ferraris. L’oratore sale sul palco ed esordisce così: “cittadini genovesi, amici e compagni…”
Alt! Fermi tutti! Siamo di fronte a una valanga di discriminazioni, al tradimento della inclusività.
Perché “cittadini e non cittadine, compagni e non compagne, amici e non amiche?
Cambiamo l’introduzione:
“Cittadini e cittadine genovesi, amici e amiche, compagni e compagne...”
Alt! Fermi Tutti (tutte) ci sono altre odiose discriminazioni, altra mancanza di inclusività.
Perché mai fermarsi ai cittadini e alle cittadine, ai compagni e alle compagne? Non ci sono omosessuali, lesbiche, trans, non binari fra i compagne e le compagne?
Cambiamo di nuovo l’introduzione:
“Cittadini, cittadine, gay, lesbiche, trans, non binari genovesi, amici, amiche gay, lesbiche, trans, non binari, compagni e compagne gay, lesbiche, trans, non binari...”
Così va bene? Neppure per sogno! In piazza non ci sono mica solo i genovesi, ci sono anche i napoletani, i milanesi, i migranti eccetera. L’introduzione dovrà essere cambiata per tener conto anche di loro se no si discrimina perbacco!
L’esausto oratore dovrà quindi dire:
“Cittadini, cittadine, gay, lesbiche, trans, non binari genovesi, amici, amiche, gay, lesbiche, trans, non binari, compagni, compagne, gay, lesbiche, trans, non binari, migranti, milanesi, napoletani, sardi, siciliani, filippini, sud africani eccetera…”
E così via, praticamente all’infinito. Cosa bisogna fare per essere “inclusivi” e non “discriminare”!
Sarcasmo a parte, il politicamente corretto è una autentica aggressione al linguaggio, rende impossibile il linguaggio sensato, comprensibile. E col linguaggio rende impossibile il pensiero.
Nelle intenzioni dei talebani del politicamente corretto il linguaggio cessa di essere strumento di espressione e comunicazione di pensieri, sensazioni, sentimenti per trasformarsi in una meccanica ripetizione di slogan idioti: la negazione, appunto del pensiero.
Vanno combattuti, a tutti i livelli, senza se e senza ma.

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