martedì 25 marzo 2014

QUALCHE PENSIERO, NON MIO, SUL TASSO DI CAMBIO FRA MONETE.



Val la pena di seguire questi serrati ragionamenti di Milton Friedman.

“Supponiamo, per cominciare, che 360 yen equivalgano ad un dollaro e che a questo tasso di cambio (…) i giapponesi possano produrre e vendere qualsiasi cosa per meno dollari di quanto non si possa fare negli Stati Uniti. (…) In condizioni di commercio internazionale libero noi cercheremmo di comprare tutto ciò che ci serve dal Giappone. (…)
Come pagheremmo i giapponesi? (…) abbiamo ipotizzato che a 360 yen per dollaro in Giappone tutto è più a buon mercato, e quindi non c'è nulla che essi potrebbero desiderare di comprare nel mercato statunitense. (…) I giapponesi non ci venderebbero mai beni utili solo per ottenere inutili pezzi di carta. Come noi essi vogliono avere qualcosa di reale in compenso del loro lavoro. Se tutti i beni fossero meno cari in Giappone che negli Stati Uniti a 360 yen per dollaro, gli esportatori cercherebbero di liberarsi dei loro dollari vendendoli per 360 yen ciascuno allo scopo di comprare i beni giapponesi meno cari. Ma chi sarebbe disposto a comprare dollari? Quello che è vero per gli esportatori giapponesi è vero per chiunque in Giappone. Nessuno sarebbe disposto a dare 360 yen in cambio di un dollaro se 360 yen in Giappone comprassero quantità maggiori di cose che non un dollaro negli Stati Uniti. Gli esportatori, scoprendo che nessuno compra i loro dollari a 360 yen sceglierebbero l'alternativa di di ricevere meno yen per un dollaro. Il prezzo del dollaro in termini di yen scenderebbe a 300, 250, 200 yen per dollaro. Detto in altri termini occorrerebbero sempre più dollari per acquistare un dato numero di yen giapponesi. I beni giapponesi hanno il prezzo espresso in yen, cosicché i loro prezzi in dollari salirebbero. Viceversa, i beni statunitensi hanno prezzi espressi in dollari, cosicché, più dollari i giapponesi ottenessero per un dato numero di Yen, meno cari diventerebbero per i giapponesi i beni statunitensi in termini di yen.
Il prezzo del dollaro in termini di yen cadrebbe finché, in media, il valore del dollaro di merci che il giapponese compra negli Stati Uniti non equivalesse grosso modo al valore del dollaro di merci che lo statunitense compra in Giappone. (…)
Che dire della tesi secondo la quale gli Stati Uniti devono difendere il dollaro, cioè devono impedirgli di perdere di valore in termini di altre valute (...)?
Si tratta di un problema del tutto artificioso. Se i tassi di cambio estero sono determinati da un mercato libero essi si fisseranno ad un livello qualsiasi che equilibri il mercato. Il prezzo del dollaro in termini di yen, ad esempio, può temporaneamente cadere al di sotto del livello giustificato dal costo in dollari e yen rispettivamente dei beni americani e giapponesi. Se è così ciò darà alle persone che si rendono conto della situazione un incentivo a comprare dollari e a tenerli per qualche tempo, allo scopo di realizzare un profitto quando il prezzo salirà. Abbassando il prezzo in yen delle esportazioni americane per i giapponesi , le esportazioni americane ne saranno stimolate; alzando il prezzo in dollari dei beni giapponesi, si scoraggeranno le importazioni dal Giappone. Questi sviluppi incrementeranno la domanda di dollari e, in tal modo, correggeranno il prezzo inizialmente basso. Il prezzo del dollaro, se è determinato liberamente, ha la stessa funzione di tutti gli altri prezzi. Esso trasmette informazioni e fornisce un incentivo ad agire sulla base di quelle informazioni, poiché influisce su redditi di coloro che sono presenti sul mercato”.
Milton & Rose Friedman: Liberi di scegliere. TEA 1994. pag. 44 – 45 – 50.

Mirabile analisi, che può essere riassunta in una sola frase: il tasso di cambio fra due monete deve rispecchiare i rapporti di forza fra due economie, la loro produttività comparata, il livelli comparati dei prezzi, in una parola, i loro fondamentali.
Se un esportatore giapponese ha in mano dollari che comprano negli Usa meno merci di quante 360 yen comprano in Giappone, di ce Friedman, non riuscirà a vendere quei dollari ed il dollaro si svaluterà. Si svaluterà NON perché qualche governo decide una “svalutazione competitiva”, ma perché si adeguerà a quel livello che rispecchia i rapporti di forza reali fra economia americana ed economia giapponese.
Se però i cambi sono fissati autoritariamente dai governi dallo stato questo NON avviene. In questo caso le banche centrali intervengono e cambiano comunque in yen (per continuare a stare all'esempio di Friedman), i dollari sopravalutati. Se addirittura siamo in una situazione di moneta unica, gli aggiustamenti previsti da Friedman diventano impossibili. Dati i tassi di conversione dell'euro, in Europa siamo attualmente in una situazione che favorisce l'economia tedesca. L'economia tedesca è più forte, quindi può vendere le sue merci a prezzi più vantaggiosi negli altri paesi, ma l'esportatore tedesco non si trova nella imbarazzante situazione dell'esportatore giapponese descritta da Friedman: non ha in mano dollari che non riesce a cambiare in yen, ha in mano degli euro che può spendere dove vuole. L'esportatore tedesco vende in Spagna il suo bene a 80 centesimi mentre il produttore spagnolo deve venderlo a un euro, se vuole coprire i costi. Con gli 80 centesimi ricavati l'esportatore tedesco può poi tranquillamente comprare beni a buon mercato in Germania. Grazie all'euro ci troviamo in una situazione di artificiale sottovalutazione del marco, senza che possano operare i meccanismi correttivi del mercato.
Certo, la svalutazione ha i suoi costi: fa lievitare i prezzi dei beni importati. Quanti pensano che si possa favorire l'economia mantenendo artificiosamente basso il tasso di cambio sbagliano esattamente come coloro che vogliono mantenere questo tasso artificiosamente alto. Una economia è forte se è efficiente, produttiva, in grado di competere. Le furbizie sul cambio contano a poco. Ma è certo che mantenere un tasso di cambio artificiosamente alto non permette alle economia di diventare forti, efficienti, competitive.
I demagoghi parlano di auto blu, corruzione, costi della politica. Certo, esistono questi fattori, ma far risalire a questi la crisi durissima che stiamo attraversando è, appunto, pura demagogia se non imbecillità. Furti e ruberie, corruzione e costi della politica ci sono sempre stati, anche in momenti in cui l'economia marciava spedita.
E con la demagogia si possono raccattare un po' di voti, non risolvere i problemi.


sabato 22 marzo 2014

LA DELAZIONE POLITICAMENTE CORRETTA





Molto, molto indicativo questo spot ministeriale. Fornisce una visione melensa, sdolcinata, falsa del fenomeno della immigrazione clandestina, ma questo è il meno, in fondo. La pubblicità ha il compito di abbellire, non di rappresentare la realtà. Ed anche se sarebbe giusto pretendere che il governo dicesse la verità ai cittadini, non scandalizza più di tanto lo spettacolo di una pubblicità ministeriale che non ha nulla da invidiare a quella di chi vende detersivi o elettrodomestici.
La cosa davvero grave è l'invito aperto alla delazione contenuto nello spot.
Certo, chi è a conoscenza di reati, reati di qualsiasi tipo commessi da chiunque, fa bene a denunciarli, me li deve denunciare alla polizia, seguendo le procedure di rito, indicando con precisione fatti e circostanze, nomi se ci sono nomi da fare, e firmando il relativo verbale. Qui no, qui si invita chi è a conoscenza di un “reato di tipo razziale” a fare una email, e chi ha subito un "atto di xenofobia o razzismo" a telefonare ad un numero verde. Quali sono i “reati”da denunciare, cosa è un atto di xenofobia? Se Tizio racconta una barzelletta sconveniente, o afferma che in Italia ci sono troppi immigrati, o dice che lapidare una donna, come avviene in molti paesi islamici, è un atto barbaro si macchia di xenofobia o razzismo? O commette qualche reato di tipo razziale? Non si sa, tutto è lasciato alla interpretazione del singolo. Fare una e mail è facilissimo, e non si rischia nulla a farla, ed è ancora più facile telefonare ad un numero verde. Un bel giorno Tizio sente bussare alla porta di casa, va ad aprire e si trova davanti un poliziotto. E' accusato di un “reato razziale”. Non capisce cosa stia succedendo, non ha mai fatto nulla di illegale, ne è certo. Il poliziotto lo aiuta. “Un mese fa lei è andato a cena con amici, ricorda? E ha raccontato alcune barzellette a sfondo xenofobo...”
Fatte le doverose, giuste distinzioni, la società che vorrebbero gli autori dello spot ricorda le peggiori esperienze totalitarie del secolo scorso. La Russia staliniana, in cui i mariti denunciavano le mogli, e i figli i genitori, di “attività controrivoluzionarie”, o la Cambogia di Pol Pot, dove gli adulti erano letteralmente terrorizzati dai bambini, trasformati da una “educazione” goebbelsiana in piccole, spietate spie.
L'occidente si sta trasformando in una dittatura del politicamente corretto. Una società che dietro una mielosa cortina di dolcezza e tolleranza nasconde un volto violento, intollerante, oppressivo.
Far finta di non accorgersene è quanto di peggio si possa fare.

lunedì 10 marzo 2014

SOCRATE E LE QUOTE ROSA



Socrate. Ciao Laura, amica mia! Ti vedo trafelata e rossa in volto!
Laura Poltrini. Socrate, che piacere vederti! Si, sono emozionata, ho appena partecipato ad una bellissima riunione!
S. Di che si trattava?
P. Una riunione di parlamentari, donne. Donne di tutti, i partiti, pensa. Donne vestite di bianco che lottano per i diritti, la libertà, la dignità di tutte le donne!
S. Si tratta di una bellissima cosa!
P. Certo, bellissima. Queste donne coraggiose vogliono una cosa sacrosanta, la parità di genere, vogliono inserirla nelle legge elettorale.
S. Cioè? Di che si tratta di preciso?
P. Presto detto. Tutti i partiti devono essere costretti a mettere il 50% di donne fra i loro candidati e, soprattutto, fra i loro capolista. Non è giusto che le donne non possano essere elette in parlamento, che non le si candidi!
S. Quindi, se un certo partito candida 10 persone, 5 devono essere donne ed altre 5 uomini?
P. Si, proprio così.
S. Sono perplesso.
P. Perché?
S. Mi sembra che in nome della parità di genere tu e le tue amiche vogliate limitare molte libertà, quella dei partiti per cominciare.
P. Limitare la libertà dei partiti? E perché mai?
S. Li obblighereste a candidare un certo numero di donne, o di uomini, anche se i loro militanti non lo volessero, mi pare. Che se i membri di un partito, uomini e donne, vogliono candidare 7 uomini e 3 donne, o viceversa, e devono invece candidare 5 uomini e 5 donne la loro libertà è limitata, non trovi?
P. Si, così pare. Ma si tratta di un limite che è giusto imporre ai partiti in nome del grande obiettivo della parità di genere.
S. Si.. forse è così.. forse...
P. Non mi sembri convinto; e dire che sei un uomo tanto aperto... un po' mi deludi Socrate!
S. No, nobilissima amica! Mi spiace deluderti, non lo vorrei mai, per nulla al mondo. Ma, sai come sono fatto, ho la mania di approfondire, esaminare tutti i pro ed i contro delle cose... e ci sono altre cose che non mi convincono nella vostra proposta. Mi sembra che violi molte altre libertà, oltre a quella dei partiti di candidare chi vogliono.
P. Altre libertà? E quali?
S. Ad esempio, quella degli elettori, ed anche delle donne che si vorrebbero candidare.
P. Degli elettori? Delle donne che si vorrebbero candidare? E perché mai?
S. Poniamo che un partito debba candidare un certo numero di donne, ma che le sue iscritte e militanti non abbiano alcuna voglia di essere candidate. Cosa si dovrebbe fare?
P. Non saprei, mi sembra un caso molto improbabile.
S. Mica detto... e poi, le leggi devono tener conto anche dei casi poco probabili. Dunque, nel caso che un partito non trovi un numero sufficiente di candidate, gli si dovrebbe vietare di presentarsi alle elezioni? Non trovi che questo sarebbe un attentato alla libertà di tutti gli elettori, uomini e donne?
P. Forse, non ci ho mai pensato, ne discuteremo, troveremo delle soluzioni. Ma tu parlavi anche di attacco alla libertà delle donne che si vorrebbero candidare e questo è davvero inconcepibile. Noi le vogliamo portare in parlamento le donne, altro che attentare alla loro libertà!
S. Non ti scaldare eccellente amica! Io sto solo facendo dei casi teorici...
P. Troppo teorici!
S. Ma sai, la teoria ci aiuta a capire la realtà, e fare un caso teorico oggi può aiutarci ad affrontare un caso reale domani.
P. Teoria o non teoria, vieni al dunque Socrate, perché mai noi attenteremmo alla libertà delle donne?
S. Beh... tu ammetti che sia possibile che alcune donne (o alcuni uomini) non abbiano voglia di farsi candidare?
P. Beh... si, è possibile.
S. Ed ammetti che sarebbe molto poco democratico escludere per questo un partito dalle elezioni?
P. Direi di si.
S. Ed ammetti che sarebbe ancora più brutto candidare la prima, o il primo, che passa, anche se neppure ha mai fatto politica, solo per trovare una candidata, o un candidato, lo ammetti questo?
P. Direi di si.
S. Quindi, per rispettare la parità di genere, e non candidare il primo o la prima che passa, e non escludere un partito dalle elezioni, si dovrebbero obbligare le donne,o gli uomini, designati ad accettare la candidatura, ne convieni?
P. Ma, non so! Che razza di discorsi, teoria! Sofismi!
S. Forse, ma, ne convieni?
P. Uffa! Si, forse posso convenire! Ma sarebbe una cosa buona in fondo, o magari, una cosa buona no, sarebbe una cosa cattiva, ma giustificata dal grande fine della parità di genere. A volte occorre un po' di male per ottenere un grande bene!
S. Forse hai ragione amica mia. Su, non ti arrabbiare, non guardarmi storto. Io mi limito a discutere per cercare di avvicinarmi, insieme al te, alla verità.
P. E va bene Socrate, non ti tengo il broncio! Mi fa piacere che alla fine ci si trovi d'accordo. Forse la proposta del 50% viola qualche libertà ma è talmente importante che... ben vengano queste piccole violazioni delle libertà.
S. Forse non sono tanto piccole...
P. Ma si! In fondo le donne saranno ben contente di accettare le candidature, e non si dovrà mai cancellare un partito dalla competizione elettorale, dai... non fare il brontolone!
S. Anche ammettendo che sia così, ci sarebbe da fare un'altra considerazione.
P. Quale?
S. Pensavo, come garantire la parità di genere se gli elettori votano solo il 50% dei candidati maschi, o femmine? Candidare le donne non basta se poi gli elettori non le votano.
P. Questa volta concordo con te o Socrate... è un bel problema, specie con un popolo come il nostro, disinformato, ingannato dai media, vittima del più becero consumismo che mercifica il corpo delle donne e del sessismo dilagante.
S. Quindi, visto che la parità di genere è un così grande e nobile obiettivo, per realizzarla davvero dovremmo limitare la libertà degli elettori. E non solo in via ipotetica, non solo se nell'ipotesi non si trovassero donne da candidare, no, dovremmo sicuramente limitarla.
P. E come?
S. Beh... io penso che dovremmo imporre il doppio voto di preferenza: una ad un candidato uomo ed una ad un candidato donna.
P. Socrate, ti abbraccerei! Hai davvero centrato il problema! La tua è una ottima proposta, la presenterò oggi stesso alle mie valorose colleghe.
S. Però, è una proposta che limita, e tanto, la libertà degli elettori, e la limita sul serio, nelle situazioni reali, non in quelle ipotetiche. Dimmi, amica carissima, tu voteresti per una donna che dicesse le cose che diceva Oriana Fallaci?
P. Mai!!! Oriana Fallaci! Quella razzista, nemica dei nostri fratelli mussulmani... non era una vera donna!
S. Mah... io so che era una donna...
P. Essere una vera donna vuol dire essere buona, tenera, tollerante e comprensiva, amica dei diversi... il contrario di ciò che era l'orribile Oriana Fallaci.
S. Quindi una donna intollerante è un uomo?
P. Si
S. Allora un uomo tollerante è una donna?
P. Si
S. Ma, allora, perché chiedere la parità di genere? Basterebbe votare per i tolleranti... voteremmo sempre per delle donne...
P. Uffa!!! Basta!!! Lasciamo perdere! Comunque, io non voterei mai per una come la Fallaci, mai!!
S. E se fosse l'unica donna disponibile, voteresti lei o un uomo come Vendola?
P. Vendola
S. Ma allora tradiresti la parità di genere.
P. Mi fai arrabbiare Socrate!!
S. Non arrabbiarti amica carissima. Vedi... siamo sempre al punto di partenza: la vostra proposta limita la libertà. La libertà degli elettori in questo caso. Forse io ho un po' esagerato col caso di Vendola e della Fallaci ma, in fondo, il problema è sempre quello. Se si impone la doppia preferenza si obbligano gli elettori, uomini e donne che siano, a dare il loro voto a persone che non gradiscono.
P. Forse è così, ma, lo abbiamo già detto, la parità di genere è tanto importante che, ben venga questa limitazione!
S. Non piccola...
P. Piccola, non piccola... non conta! Conta l'obiettivo. E che sia un grande, nobilissimo, obiettivo non lo puoi negare, o Socrate.
S. Ma... non saprei.
P. Non puoi avere dubbi su questo!
S. Non saprei. Dimmi carissima, ti capita di prendere l'aereo, vero?
P. Certo, assai spesso.
S. E dimmi, cosa chiedi a chi deve guidare l'aereo su cui tu viaggi?
P. Che sia un buon pilota, preparato ed esperto.
S. E se si costruisce un ponte, chi pensi debba fare il progetto e dirigere i lavori?
P. Un buon ingegnere, preparato ed esperto.
S. E dimmi, eccellente amica, se un giorno, Dio mai non voglia, tu dovessi essere costretta a subire un delicato intervento chirurgico, chi vorresti che ti operasse?
P. Un chirurgo esperto e di grandissima professionalità.
S. Quindi, possiamo dire che è bene avere ingegneri, e piloti, e chirurghi esperti e preparati?
P. E' ovvio...
S. E che la preparazione, la professionalità e l'esperienza sono le doti che noi chiediamo loro?
P. E come no?
S. E possiamo aggiungere che il fatto che piloti, ingegneri e chirurghi siano di sesso maschile o femminile è del tutto secondario rispetto alla loro preparazione, alla loro professionalità ed alla loro esperienza?
P. Così pare...
S. E dimmi ora amica mia: ti sembra che dar buone leggi ad un paese sia cosa di poca importanza o di importanza ne abbia invece tantissima?
P. Ha di certo grande importanza.
S. E chi fa le leggi non dovrebbe avere anche lui grande esperienza e grande professionalità?
P. Direi di si.
S. Non è quindi meglio scegliere chi fa le leggi in base alla sua professionalità ed alla sua esperienza, e non in base al suo sesso?
P. Ma ci sono molte donne molto, molto professionali!
S. E chi lo nega? Ma, appunto, vanno scelte perché brave, esperte e professionali, non perché donne. Sinceramente, preferiresti essere operata da un pessimo chirurgo donna o da un ottimo chirurgo uomo?
P. Beh... forse... direi da un ottimo chirurgo di sesso maschile.
S. E io preferirei senza esitare volare su un aereo guidato da un ottimo pilota di sesso femminile che non da un pessimo pilota maschio... siamo d'accordo come vedi.
P. Forse... ma qui si tratta di una discriminazione secolare, che va distrutta.
S. Certo, occorre eliminare le ingiuste discriminazioni. Ma, cosa è per te discriminare ingiustamente?
P. Escludere qualcuno da un lavoro per il colore della pelle, o il sesso, o altro.
S. Cioè, fammi capire, discriminare è dire: tu non puoi fare questo lavoro perché sei nero, anche se sei bravo a farlo?
P. Si
S. Oppure: tu non puoi fare quest'altro lavoro perché sei donna, anche se sei bravissima a farlo, questo è discriminare?
P. Si, lo è.
S. Ma, dimmi, non ti sembra che valga anche il contrario?
P. Cioè?
S. Cioè, dire: tu puoi fare questo lavoro, anche se non sei bravo a farlo, solo perché sei bianco, o maschio, questo è discriminare ingiustamente?
P. Direi di si.
S. Anche io. Perché far fare un certo lavoro a chi non lo sa fare solo perché è bianco o maschio discrimina chi invece ha la professionalità per farlo, qual lavoro.
P. Concordo.
S. Ma allora, garantire un certo numero di posti in base al sesso, o alla razza o a qualsiasi altra cosa e non in base alle capacità ed alla professionalità, non significa discriminare?
P. Non saprei... forse si.
S. Dire: tu devi entrare in parlamento anche se nessuno vorrebbe candidarti e meno che mai votarti, solo perché sei donna, o uomo, non vuol dire discriminare quegli uomini e quelle donne che invece sarebbero candidati e votati?
P. Sembrerebbe.
S. E non ti pare che a questo porti la vostra proposta?
P. Devo scappare o Socrate, le mie amiche mi aspettano!
S. Vengo con te, potrei continuare con loro questa interessenatissima conversazione.
P. No no, non credo sarebbe un bene! Arrivederci Socrate.
S. Arrivederci ottima amica!

martedì 4 marzo 2014

BREVI CONSIDERAZIONI, FRA STORIA E CRONACA


Nella foto: un villaggio dei Sudeti, al momento della occupazione tedesca.


Nel 1938 Hitler, dopo essersi annesso l'Austria, considerata parte del Reich in quanto paese di lingua tedesca, volge lo sguardo verso la Cecoslovacchia. Nella regione dei Sudeti vive una popolazione a maggioranza di lingua tedesca, sottoposta, a detta del dittatore nazista, a continue persecuzioni e vessazioni. Hitler rivendica la annessione dei Sudeti alla Germania e si fa forte dei manifestazioni filo tedesche che scuotono nel periodo la Cecoslovacchia. La storia è nota. A Monaco Francia ed Inghilterra, terrorizzate della prospettiva di una guerra, cedono alle pretese del dittatore nazista, accettano lo smembramento della Cecoslovacchia. Hitler ringrazia, si annette i Sudeti e subito dopo l'intera Cecoslovacchia, senza che Inghilterra e Francia muovano un dito. Poi guarda più a nord, in direzione della Polonia.

La città libera di Danzica fu istituita nel 1920 in attuazione del trattato di Versailles. Inizialmente si era pensato di assegnare Danzica alla Polonia, per consentire a questa uno sbocco al mare, ma si dovette rinunciare perché la gran maggioranza della città era di lingua tedesca. Danzica divenne così una città stato, sotto tutela della società delle nazioni, ma politicamente ed economicamente legata alla Polonia; era separata dalla Germania da una striscia di terreno polacco, il famoso “corridoio”. Hitler rivendicò la annessione di Danzica e del corridoio al terzo Reich, precisamente facendo leva sul fatto che la città era abitata il larga misura da tedeschi.
Nel settembre del 1939 le truppe hitleriane attaccano la Polonia. L'aggressione è resa possibile dall'accordo che Hitler ha stretto con la Russia di Stalin. Il dittatore nazista è infatti impaurito dalla prospettiva di dover combattere una guerra su due fronti: URSS ad oriente, Francia ed Inghilterra ad occidente. Così firma con Stalin il celebre patto di non aggressione. Il patto contiene delle clausole segrete che prevedono la divisione della Polonia fra URSS e Germania. Poco tempo dopo l'attacco tedesco le truppe sovietiche attaccano infatti la Polonia da oriente. Francia ed Inghilterra, avevano nel frattempo dichiarato guerra alla Germania di Hitler. Era iniziato il più sanguinoso conflitto di tutti i tempi.

Austria, Cecoslovacchia, Polonia. In precedenza c'era stata la occupazione militare della Renania, regione già tedesca trasformata in zona smilitarizzata sotto il controllo di Francia ed Inghilterra. In tutti questi casi il pretesto è sempre lo stesso: si rivendica la annessione al Reich di territori abitati in larga misura da popolazioni di lingua tedesca. Hitler ha in realtà obbiettivi ben più ambiziosi: vuole lo spazio vitale ad oriente. Spazio vitale, una idiozia, nichilista dal punto di vista politico e ridicola da quello economico: non sono i territori conquistati e neppure il controllo militare delle fonti di materie prime a rendere prospera una economia, malgrado oggi siano in tanti, a destra come a sinistra, a pensare il contrario. Ma una idiozia perfettamente in linea con la sua ideologia imperiale e razzista. Il dittatore nazista vagheggia la creazione, ad oriente della Germania di una enorme area di colonie agricole popolate da rudi contadini ariani, con conseguente spostamento delle popolazioni locali ed eliminazione delle “razze inferiori”, Slavi e, soprattutto, ebrei. Nel limiti del possibile metterà in atto queste follie sanguinarie, lo si sa.
Resta però il fatto che
il pretesto per l'attacco gli è sempre fornito dalla presenza di nuclei tedeschi fuori dai confini del Reich.
Non è assolutamente mia intenzione fare paralleli storici; sono fermamente convinto che Putin NON sia Hitler, e neppure sia Stalin. 
Considero inoltre profondamente ipocriti molti dei critici più accesi del leader russo, nipotini di coloro che, ieri e l'altro ieri, applaudivano a Stalin. Però, questo continuo scavare nella storia della Crimea, le sottolineature del carattere russo della sua popolazione, mi lasciano abbastanza perplesso. Se cominciassimo a ridisegnare i confini dei vari stati a partire dalla lingua che parlano le popolazioni locali non la finiremmo più. Giustificare un intervento militare in base a considerazioni sulla lingua delle popolazioni delle zone invase è ridicolo. Cero, uno stato può anche dividersi, nulla obbliga le popolazioni a stare sempre e comunque unite. Però, lo smembramento di uno stato sovrano effettuato sotto la minaccia dei carri armati non è precisamente il massimo, dal punto di vista del diritto internazionale.

Un'ultima considerazione. Molti, a sinistra come a destra, parlano in questi giorni di oscure manovre di Germania e Stati uniti per “annettersi” l'Ucraina, di mire imperialiste al gas. Ora, che l'Europa abbia interesse al gas russo è cosa ovvia, nel mondo contemporaneo tutti hanno bisogno di tutti. Che il modo migliore di ottenere ciò di cui si ha bisogno siano la guerra e le annessioni militari è invece una emerita idiozia. Le economie tecnologicamente avanzate funzionano grazie alla specializzazione, al commercio, alla divisione del lavoro, non grazie alle guerre di conquista. Comunque, se davvero Usa e Germania vogliono usare la crisi Ucraina per umiliare la Russia, beh, hanno un modo molto “personale” di farlo. E' fin troppo chiaro infatti che, a parte qualche balbettio, si stanno dimostrando timorose, incapaci di gestire questa crisi e di indurre la Russia a fare qualche sostanzioso passo indietro.
Sono in tanti oggi a non condividere la politica dell'America di Obama, e sono ancora più numerosi coloro che,
giustamente, non ne possono più dell'Unione europea, della sua smania programmatoria, delle sue politiche di austerità a guida tedesca. Però, chi passa dalla critica alla UE all'appoggio della politica russa in Ucraina rischia davvero di cadere dalla padella alla brace.