martedì 21 dicembre 2021

MALTHUS E IL MISTICISMO ECOLOGICO

Thomas Malthus


Sono abbastanza note le teorie del vecchio Thomas Robert Malthus.
Nel “saggio sul principio della popolazione” Malthus afferma che mentre le risorse alimentari a disposizione del genere umano aumentano in progressione aritmetica la popolazione aumenta in progressione geometrica. Da qui la previsione di una inevitabile penuria. Se non si frena l’aumento della popolazione ci sarà una povertà generalizzata. Come frenare l’aumento della popolazione? Un ruolo possono svolgerlo le guerre e le carestie, un altro, preferibile, il disincentivo al matrimonio ed alla natalità. Malthus è favorevole alla limitazione delle nascite ed è anche nettamente contrario a qualsiasi tipo di politiche caritatevoli ed assistenziali. Migliorando il tenore di vita delle classi povere tali politiche portano ad incrementare la natalità e contribuiscono all’acutizzarsi del contrasto fra risorse e popolazione. Visto che il contrasto insanabile fra risorse e popolazione porta ad un futuro di miseria per tutti ogni miglioramento delle condizioni generali di vita va frenato. La scelta è fra una miseria meno generalizzata oggi ed una generalizzata domani. Altre vie non esistono.
Alla base delle teorie malthusiane sta un fenomeno innegabile, che tutti o quasi gli economisti hanno tenuto in grande considerazione: la limitatezza delle risorse a disposizione dell’uomo. L’uomo è un essere razionale finito, penosamente dipendente dall’ambiente circostanze. Proprio per questo non è possibile il regno del bengodi: per potere migliorare le condizioni di vita occorre il lavoro, inteso non come autorealizzazione ma come fatica. L’attività economica si basa principalmente su questo: calcolo del rapporto costi benefici, confronto fra onerosità del lavoro ed utilità dei suoi frutti. Però, quella che per molti economisti è una caratteristica della attività economica diventa per Malthus un limite assoluto alle prospettive di crescita del benessere. Una cosa è il calcolo del rapporto costi benefici in una situazione di risorse limitate, altra cosa considerare la limitatezza delle risorse come limite assoluto ad ogni miglioramento della condizione umana. Affermare che ogni miglioramento richiede uno sforzo è cosa del tutto diversa dal teorizzare l’inutilità di ogni sforzo ai fini del miglioramento.

Le teorie di Malthus, suscitarono da subito discussioni e polemiche. Molti le accolsero con grande favore, con il passare del tempo tuttavia risultò abbastanza chiaro che l’economista inglese era incorso in almeno due errori fondamentali.
Il primo era la sottovalutazione dello sviluppo tecnologico. L’applicazione della scienza e della tecnica ai processi produttivi, agricoltura compresa, ed il parallelo, prodigioso moltiplicarsi della produttività del lavoro dovevano smentire clamorosamente la profezia malthusiana di una crescita solo aritmetica delle risorse alimentari a disposizione degli esseri umani. Nei paesi sviluppati l’agricoltura assorbe oggi una parte largamente minoritaria della forza lavoro totale, eppure basta a soddisfare le esigenze alimentari di una popolazione molto superiore a quella dei tempi in cui Malthus visse.
In secondo luogo l’esperienza doveva smentire la previsione malthusiana secondo cui un continuo incremento del benessere era destinato a provocare un aumento incontrollato della natalità. In effetti è vero che, sino ad un certo punto, l’aumento del benessere causa un aumento di popolazione, superati certi livelli tuttavia la tendenza tende a bloccarsi. Nei paesi sviluppati i livelli di natalità si contraggono; in una prima fase l’incremento della popolazione continua ma è dovuto sostanzialmente all’allungarsi della vita media. Successivamente l’incremento demografico tende quasi ad azzerarsi e la popolazione totale a stabilizzarsi. Oggi l’incremento demografico riguarda le aree arretrate del pianeta, non quelle economicamente sviluppate. In queste semmai si presenta un problema opposto: quello di un decremento demografico potenzialmente assai pericoloso.

Entrambi i punti chiave del malthusismo si rivelarono errati, quanto meno, le previsioni di lungo periodo dell’economista inglese risultarono errate anche se, raffrontate a situazioni di breve periodo e a paesi particolari, potevano mostrarsi corrette. Le teorie di Malthus furono però sottoposte a dure critiche anche dal punto di vista etico. Con la sua teoria della popolazione Malthus considera la miseria milioni di esseri umani come un qualcosa di sostanzialmente immodificabile e questo apparve, non a torto, moralmente inaccettabile a molti suoi critici. Per la gran parte dei democratici, dei socialisti, anche per molti liberali Malthus divenne quasi il simbolo di una reazione nemica di ogni progresso ed emancipazione.
In effetti per lungo tempo il malthusianesimo è stato una delle filosofie ufficiali delle forze di destra più reazionarie. A suo modo era malthusiano Adolf Hitler; la sua teoria dello “spazio vitale” si basa su premesse malthusiane. Hitler non ha alcun interesse per il genere umano, a lui interessano solo i tedeschi “ariani”. Questi sono, nella sua ideologia malata, soffocati in una spazio troppo ristretto e non dispongono di sufficienti derrate alimentari. Da qui l’esigenza della conquista dello “spazio vitale”. I territori dell’Europa dell’est dovevano diventare grandi colonie agricole, popolate da fieri agricoltori “ariani” che avrebbero fornito alla Germania nazionalsocialista le necessarie risorse alimentari. Agli “ariani” teutonici occorrevano spazio ed alimenti e questi potevano essere procurati solo con la spada. In Hitler le teorie malthusiane si combinano con elementi a loro estranei come il razzismo e lo sciovinismo, senza tuttavia perdere molto delle loro caratteristiche fondamentali.
Eppure quel “bieco reazionario” di Malthus è oggi uno dei fondamentali punti di riferimento teorici del radicalismo ecologico. Un punto di riferimento su cui spesso si cerca di stendere una cortina di silenzio, un amico di cui un po’ ci si vergogna, simile a quei parenti poveri che si è restii ad invitare alle riunioni di famiglia, ma non per questo meno importante. Piaccia o non piaccia la gran maggioranza se non la totalità delle teorizzazioni del radicalismo ecologico sono infarcite di malthusianesimo.
Si rifà direttamente a Malthus il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani quando afferma che il nostro pianeta è “stato programmato” per tre, al massimo tre miliardi e mezzo di abitanti (programmato da chi? Da Dio forse? Il ministro è in contatto mistico col creatore?).
Sono sicuramente ed estremisticamente malthusiane le farneticazioni di Greta Thunberg che vede la fine del mondo fra otto, nove anni al massimo ed è nella sostanza malthusiana l’enciclica papale “Laudato si”. Certo, in quella enciclica papa Bergoglio nega che alla base del “degrado del pianeta” ci sia la sovrapopolazione, ma lo fa solo per sostenere la tesi, di chiara origine malthusiana, che un eccesso di consumo porta all’esaurimento delle risorse e alla distruzione della “casa comune”. Possiamo sopravvivere anche se siamo tanti a condizione di consumare poco, questa una delle tesi della “laudato si”. In questo modo però il malthusianesimo papale perde ciò che di scientificamente accettabile esisteva nelle stesse tesi di Malthus. Perché se può essere in parte fondata l’ipotesi che una crescita esponenziale della popolazione si può scontrare con la limitatezza delle risorse a nostra disposizione, poco o nulla ha di scientifico la tesi papale secondo cui si può avere, insieme, crescita della popolazione, miglioramento delle condizioni di vita nei paesi arretrati ed abbandono di fonti di energia primarie come nucleare, petrolio e gas naturale a condizione di combattere il “consumismo compulsivo”. Malthus aveva almeno il pregio della coerenza. Questo manca in uno dei documenti chiave dell’odierno misticismo pseudo ecologico.

I teorici dell’odierno misticismo ecologico apportano però una fondamentale variazione allo schema malthusiano. Questo, lo si è visto, è caratterizzato dalla fortissima sottolineatura del contrasto fra crescita della popolazione umana e limitatezza delle risorse, soprattutto di quelle alimentari. In Malthus l’uomo resta centrale: è lui la vittima della limitatezza delle risorse. Ad essere immodificabile è l’umana miseria perché ogni tentativo di ridurne l’area si scontra col dato dei rendimenti agricoli decrescenti, quindi con l’insufficienza di alimenti a disposizione degli esseri umani. Gli attuali mistici dell’ecologia continuano a parlare di limitatezza delle risorse, da decenni prevedono che entro poco tempo queste sono destinate ad esaurirsi, parlano di erosione delle superfici coltivabili, innalzamento degli oceani, scarsità d’acqua, in breve, superano di gran lunga in pessimismo il vecchio Malthus. Tuttavia i mistici di oggi affiancano a queste tematiche un’altra fosca previsione: quella della fine del pianeta. Il punto centrale dell’odierno catastrofismo ecologico (o pseudo tale) non è più l’uomo, è il pianeta. Il vero dramma non è costituito dalla miseria cui il genere umano è condannato dalla limitatezza delle risorse, questa resta presente nell’ideologia dell’ecologismo mistico, ma perde la sua centralità. L’umana miseria diventa solo un aspetto di una catastrofe più profonda la cui principale vittima è nostra madre terra. La limitatezza delle risorse è quasi sostituita come causa del dramma da un nuovo mostro: il consumismo compulsivo. Contrariamente a quanto profetizzava Malthus l’area della miseria si è enormemente ridotta negli ultimi due secoli, ma questo non ha affatto eliminato dal nostro orizzonte la tragedia incombente: ne ha anzi amplificato la portata: più consumiamo più prepariamo la nostra estinzione e, cosa ancora più grave, la morte del pianeta.
Il pianeta: questo è il nuovo protagonista, e il consumo il nuovo nemico. Il malthusianesimo classico è una teoria economica, l’attuale ecologismo mistico poco o nulla ha a che vedere con l’economia o, più in generale, con la scienza: siamo di fronte ad una nuova religione, un neopaganesimo con “il pianeta” o la natura al posto di Dio, gli ecosistemi che sostituiscono le nature angeliche e l’orrido consumismo compulsivo nel ruolo di novello Satana. E come tutte le religioni, e tutte le ideologie, il misticismo ecologico ha i suoi sacerdoti ed i suoi profeti, le sue proibizioni, le sue scomuniche ed il suo indice dei libri proibiti. Qualcuno vorrebbe anche i suoi tribunali dell’inquisizione ed i suoi roghi, ma questi non sono ancora pronti, per fortuna.

Per quanto ovvio val forse la pena di sottolineare che la critica del neopaganesimo pseudo ecologico non ha nulla a che vedere col rifiuto di una seria politica di protezione dell’ambiente, al contrario. In realtà gran parte delle proposte pratiche degli ecologisti mistici non avrebbero solo, se messe in atto su larga scala, effetti economici devastanti, avrebbero effetti quasi altrettanto devastanti a livello ambientale. Sostituire carbone e petrolio, gas naturale e nucleare con eolico e solare non provocherebbe solo crisi economiche gravissime, deturperebbe il paesaggio in maniera irrimediabile; riempirebbe aree enormi di territorio di pale eoliche e pannelli solari con effetti distruttivi su fauna e flora selvatiche. Se ne vedono già alcuni assaggi osservando le pale eoliche che fanno brutta mostra di se su alcuni rilievi alpini.
I fatti, la prassi sono in effetti il punto debole di tutti i mistici neopagani dell’ecologia. Quando si entra nel concreto e si passa dalle declamazioni teoriche alla volgare azione concreta emerge subito la debolezza del neomalthusianesimo pseudo ecologico.
Emerge la inadeguatezza ridicola di certe proposte. Si teorizza la fine del mondo prossima ventura ed intanto si chiede, e si ottiene, la sostituzione dei sacchetti di plastica nei supermercati. Si prevedono ondate di siccità destinate a distruggere intere specie animali, quella umana compresa, ed intanto dagli schermi televisivi una voce suadente ci invita a non risciacquare i piatti prima di inserirli nella lavastoviglie, per “risparmiare acqua”, ovviamente. Assolutamente ridicolo.
Ed emerge la totale incomprensione, tipica dei fanatici neo malthusiani, delle conseguenza, anche ambientali, delle crisi economiche.
I mistici dell’ecologia pensano, con tutta evidenza, che il blocco dello sviluppo economico non abbia conseguenza alcuna sull’ambiente. Nulla è più sciocco di una simile convinzione. Un mondo povero, quasi privo di energia, caratterizzato da disoccupazione di massa è da sempre del tutto indifferente alle tematiche ambientali. Se il problema è il pasto quotidiano la preservazione dei ghiacciai o della biodiversità passano completamente in secondo, terzo o ultimo piano. L’attività dei primi uomini, i cacciatori raccoglitori, era quanto di meno ecologico si possa immaginare. Non distruggeva radicalmente l’ambiente solo perché i nostri lontanissimi antenati erano troppo pochi per poterlo fare.

Abbiamo visto che i nuovi mistici dell’ecologia sono nella sostanza seguaci di un malthusianesimo di tipo nuovo, diverso da quello classico ma che parte da presupposti assai simili a quelli dell’economista inglese. Esiste però una ulteriore differenza fra il malthusianesimo classico e le attuali filosofie neomalthusiane, e questa differenza riguarda precisamente le azioni concrete, la prassi politica.
I Malthusiani classici si limitavano a contrastare le politiche tendenti a combattere la povertà. Combattere la miseria oggi significa solo preparare una maggiore miseria domani, sostenevano. Come abbiamo visto la causa unica o assolutamente prevalente della miseria era per loro lo squilibrio fra risorse e popolazione ed ogni tentativo di migliorare la situazione economica delle classi povere non faceva altro, in prospettiva, che peggiorare le cose. Tuttavia Malthus e i malthusiani “classici” non creavano con le loro politiche la povertà, si limitavano a considerarla un dato immodificabile. In questo i neomalthusiani sono profondamente diversi: sono le loro politiche a creare situazioni malthusiane, sia di tipo economico che ambientale.
Tipiche a questo proposito le proposte neomalthusiane in tema di energia. I neomalthusiani parlano di continuo, come i loro maestri classici, di risorse, soprattutto energetiche insufficienti, ma sono proprio le loro politiche a rendere scarse, in prospettiva scarsissime, quindi del tutto insufficienti le risorse. Un ampliamento del nucleare
, meglio ancora il nucleare a fusione renderebbero assai abbondanti le risorse energetiche, ma i neomalthusiani si oppongono con tutte le forse al nucleare di qualsiasi tipo…
Considerazioni analoghe si possono fare in tema ambientale. Se ne è gi
à parlato: le proposte neomalthusiane in tema di energia, se applicate su larga scala, avrebbero effetti ambientali devastanti ed effetti ambientali ancora più devastanti avrebbe la ricomparsa a livello di massa di situazioni di miseria, conseguenza necessaria del blocco dello sviluppo economico. A suo tempo Beppe Grillo si entusiasmò per l’aereo solare: un mostro enorme in grado di trasportare, a velocità ridottissima, due persone. Cosa succederebbe se milioni di persone si servissero di simili, mostruosi trabiccoli per volare? Avremmo aeroporti di migliaia di chilometri quadrati, davvero un bel regalo per l’ambiente!
Non val la pena di dilungarsi con gli esempi: sia dal punto di vista economico che ambientale i neomalthusiani fanno proposte destinate a creare situazioni in cui le profezie malthusiane risultino corrette. Un po’ come chi dopo aver previsto una crisi economica mette in atto politic
he che portano alla suddetta crisi, salvo poi vantarsi della la correttezza delle sue previsioni.

E’ singolare la parabola di Malthus e del malthusianesimo. L’economista e pastore anglicano, inizialmente presentato da tutti i progressisti, veri o presunti, come il campione della più dura reazione ha trovato in tempi recenti schiere di sostenitori proprio fra quelle forze di sinistra che a suo tempo lo disprezzarono. Marx ignorò il grumo di verità presente nelle tesi fondamentali di Malthus: qualsiasi tipo di sviluppo economico deve fare i conti col dato della limitatezza delle risorse a disposizione degli esseri umani. In Marx non si trova alcun discorso specifico sulla natura. Il filosofo di Treviri considera la natura solo nei suoi rapporti con l’uomo, la chiama addirittura “corpo inorganico dell’uomo” e non si pone mai il problema del carattere limitato di questo “corpo inorganico”; per questo può ingenuamente profetizzare un futuro di assoluta abbondanza e di totale assenza di problemi. Anche Marx prevede crisi catastrofiche, ma in lui queste sono legate al blocco dello sviluppo causato dal capitalismo. Gli odierni seguaci di Marx cercano di conciliare, spesso senza averne chiara consapevolezza, i due vecchi nemici: Marx e Malthus. Conservano il catastrofismo presente almeno in alcune parti dell’opera di Marx e l’odio di questi per l’economia di marcato. Oggi però alla radice del catastrofismo non c‘è più il marxiano mancato sviluppo delle forze produttive sociali ma la malthusiana scarsità di risorse combinata con l’eccesso di popolazione, cui i neomalthusiani aggiungono il dolore per le malattie del pianeta.
Il reazionario ed il rivoluzionario giungono in questo modo a toccarsi, quasi a strizzarsi benevolmente l’occhio a vicenda.
E anche questo non è, a ben vedere le cose, un fenomeno nuovo.

 

giovedì 9 dicembre 2021

FASCISMO EREDITARIO