lunedì 22 marzo 2021

SESSI E GENERI

Fino a ieri si parlava di violenza sulle donne, parità di diritti e doveri fra i sessi, oggi si parla di “violenza di genere” o “parità di genere”. Nei media il termine “genere” ha quasi completamente sostituito l’antiquato “sesso”, e non a caso. Il sesso è una determinazione naturale. Ci ricorda che gli esseri umani si dividono in maschi e femmine. Questo però fa orrore ai teorici del gender. Per loro il sesso non esiste, quanto meno, non esiste il sesso in quanto fatto naturale. Esiste il sesso come “costrutto sociale” oppure, meglio ancora, come scelta, optional.
“Genere” in effetti è, fra le altre cose, una categoria socio culturale. Ecco come definisce il “genere sessuale” l’enciclopedia Treccani:

“Per “genere sessuale” si intende l'aderenza e la vicinanza di un individuo alla definizione che culturalmente viene data di maschio o femmina. L'esperienza interiore di tale costruzione è definibile come identità di genere”.

In rete si può trovare anche questa definizione di “genere” riferita, ovviamente, al sesso: “genere” può infatti voler dire anche molte altre cose.

“Il maschile e il femminile, intesi come risultante di un complesso di modelli culturali e sociali che caratterizzano ciascuno dei due sessi e ne condizionano il ruolo e il comportamento”.

A fronte del “sesso”, categoria naturale, sta quindi il “genere”, categoria socio culturale e, qui sta il "bello", per i teorici del gender la seconda soppianta completamente la prima. Quando ancora si ragionava logicamente, si diceva: esistono i maschi e le femmine e questi, o molti, o alcuni di loro, hanno le seguenti idee, atteggiamenti, comportamenti su quelli che devono essere i loro rapporti. In altre parole, esistevano i sessi (determinazione naturale) e nei sessi si formavano determinate idee, atteggiamenti, comportamenti (determinazione socio culturale).
Oggi le cose non stanno più così. I sessi non esistono, o esistono come fatto secondario, ontologicamente irrilevante, slegato dalla riproduzione della specie. Esistono i generi, cioè l’insieme delle idee e dei comportamenti presenti nei sessi. Il socio culturale non si innesta più sul naturale, lo soppianta. Un po’ come dire che l’uomo in quanto ente naturale non esiste ed esiste solo l’uomo in quanto membro, o peggio, prodotto di una certa cultura o società.

Questa sostituzione del naturale col socio culturale conduce però, inevitabilmente, a macroscopiche contraddizioni logiche.
  Per i fanatici del "gender" il sesso maschile non esiste esiste il “genere” maschile e questo in quanto categoria socio culturale è caratterizzato da violenza ed aggressività nei confronti delle donne (o dei gay, o dei trans). Ma, se le cose stanno così che senso ha parlare di lotta contro la “violenza di genere”? Il genere maschio è quella cosa lì, è quel costrutto socio culturale caratterizzato, fra le altre cose, dalla aggressività nei confronti delle donne. Se, come sostengono le femministe radicali, la violenza è parte integrale del genere maschile occorre lottare contro quel genere, non contro la sua violenza. Se esiste differenza fra sesso (categoria naturale) e genere (categoria socio culturale) è sensato lottare contro la violenza sulle donne senza essere contro i maschi in quanto tali. Se questa differenza non esiste la lotta contro la “violenza di genere” non può essere altro che lotta contro il genere maschile. Lottare contro la “violenza di genere” in questo caso è un po’ come lottare contro il fatto che gli squali siano carnivori. Ci si può difendere dagli squali, non non si può pretendere di eliminare il loro essere carnivori. Uno squalo non carnivoro non è uno squalo. Se il sesso è assorbito nel genere e un certo genere è aggressivo e violento è privo di senso lottare contro questa sua aggressività: occorre lottare contro quel genere e basta.
Considerazioni analoghe si possono fare sulla “parità di genere”. Se i sessi vengono assorbiti dai generi ed i generi hanno certe determinazioni come è possibile istituire fra queste una qualche forma di parità? Se esistono maschi e femmine con certe idee e comportamenti è possibile lottare per cambiare idee e comportamenti ed instaurare una autentica parità di diritti e doveri fra femmine e maschi. Ma se idee e comportamenti sostituiscono le categorie “maschio” e “femmina” e tali idee e comportamenti sono radicalmente conflittuali come si può instaurare fra loro una qualsiasi forma di parità? Se il genere culturale maschio è caratterizzato dalla idea di una sua congenita superiorità come lo si può rendere pari al genere culturale femmina? E questo genere culturale può aspirare alla parità se è caratterizzato da sottomissione?

“Parità di genere”, “violenza di genere” sono espressioni che conducono ad inevitabili contraddizioni, meglio, sono espressioni prive di senso.
Con una certa approssimazione si può dire che il “genere” come categoria socio culturale è una determinazione, un attributo del sesso come categoria naturale. In termini aristotelici, il sesso è il soggetto, il genere il predicato. Ora, è sensato render giuridicamente pari i soggetti, o lottare contro predicati negativi degli stessi, è invece del tutto insensato render pari i predicati o eliminare le caratteristiche indesiderate di un predicato senza eliminare il predicato stesso. Tizio, biondo può esser reso giuridicamente pari a Caio, bruno, ma non si possono eguagliare fra loro gli attributi “biondo” e “bruno”. Posso estirpare da me, o controllare alcuni sentimenti aggressivi, ma non posso farlo se io mi identifico con tali sentimenti. In questo caso l’eliminazione di questi equivale alla distruggere di me stesso.
I effetti i teorici del gender non vogliono eliminare alcune determinazioni negative che, a torto o a ragione, ritengono caratteristiche di maschi e femmine, vogliono eliminare i maschi e le femmine, per lo meno così come questi sono finora esistiti. L’assorbimento del sesso nel genere è il primo passo verso la distruzione di generi e sessi e la loro sostituzione con l’assolutamente nuovo.
Come tutti gli utopisti fanatici i teorici del gender vogliono un rinnovamento totale, assoluto degli esseri umani, una rivoluzione globale che nulla salvi del passato ed apra le porte ad un futuro totalmente altro rispetto al miserabile presente. Per tornare ad usare termini aristotelici, non vogliono modificare alcuni attributi dei soggetti, vogliono soggetti del tutto nuovi, una nuova soggettività che soppianti in tutto e per tutto quella vecchia. Nulla di nuovo sotto il sole: si tratta del vecchio mito del rivoluzionamento totale di natura, uomo e società. Un mito truculento, che in passato è costato al genere umano decine di milioni di cadaveri. E che per ora ci regala, fra le molte altre pessime cose, i non sensi e le contraddizioni della barbarica neolingua politicamente corretta.

 

venerdì 19 marzo 2021

CAUSE EFFETTI E LUNGO TERMINE

 

Cerco di fare alcune considerazioni, molto pacate e generali, in tema di vaccini, meglio, su temi che riguardano anche i vaccini e la discussione sugli stessi. Non dico invece nulla di specifico sui vaccini anti covid per un motivo molto semplice: non dispongo delle conoscenze necessarie. Lascio a tutti i Beppe Grillo del mondo la immane fatica di parlare di cose che non conoscono.
Mi limito ad esaminare due tipi di argomentazioni: quella inerente il principio di causa e l’altra sulle conseguenze a lungo termine dei vaccini. Non esamino altri tipi di argomentazioni, a partire da quella sui profitti delle case farmaceutiche che mi sembrano francamente troppo ideologicamente caratterizzate.

Il principio di causa

Alcune persone sono morte di trombosi dopo la somministrazione dei vaccini anti covid e questo ha, comprensibilmente, suscitato timori e discussioni. Per cercare di capirci qualcosa occorre approfondire il tema della causalità.
Prescindo totalmente dalla enorme discussione filosofica sul principio di causa e vengo subito al dunque. Il principio di causa dice che
se tutte le volte che si da A si da anche B allora A è causa di B. Cosa segue da questo? Vediamo, per punti.

1) Il principio di causa instaura una relazione necessaria ed universale fra i fenomeni. Da A segue B sempre, a meno che non esistano circostanze tali da annullare od attenuare l’effetto di A su B. Se mi butto dalla finestra precipito al suolo a meno che delle corde non mi trattengano. Se Tizio mi spara e mi colpisce come minimo mi ferisce, a meno che io non sia protetto da un giubbotto anti proiettile. Anche le circostanze che annullano o attenuano gli effetti di A su B sono a loro volta legate al principio di causa.
2) Il principio di causa agisce nel tempo, ma non sempre il fatto che un fenomeno segua un altro significa che il primo è
causa del secondo. Se A segue temporalmente B questo non vuol dire necessariamente che A è causa di B. Se mangio un piatto di spaghetti alla marinara e dieci minuti dopo muoio di infarto non vuol dire che gli spaghetti siano stati la causa dell’infarto.
3) Chi indaga sulle cause di certi fenomeni non si accontenta di dire: B segue A quindi A è causa di B. Cerca di vedere se fra A e B esistono altri fenomeni:
X, Y, Z in grado di meglio collegare A e B. Un forte colpo alla testa uccide Tizio perché provoca la rottura di vasi sanguigni, quindi una emorragia interna, quindi… e così via sino alla morte di Tizio. Certo, la catena di collegamenti alla fine deve interrompersi. Alla fine si deve dire: e Y provoca Z perché è così, punto e basta. Ma la scienza si differenzia dalla magia proprio perché cerca di allungare il più possibile la catena dei collegamenti. Per poter dire che un vaccino provoca la trombosi occorre individuare fra il fenomeno “somministrazione del vaccino” e l’altro, “trombosi mortale” tutta una serie di fenomeni intermedi.
4) Il principio di causa agisce diversamente in situazioni diverse. Se cado da dieci metri su delle rocce aguzze muoio, o sono ferito gravemente, se cado in mare me la cavo con pochi danni. Lo zucchero può risultare mortale per i diabetici,
non fa nulla a chi diabetico non è.
Parlando di medicinali questi possono avere effetti diversi se somministrati a persone diverse.
5) Un fenomeno può essere causa di numerosi effetti. Un farmaco ha effetti benefici ma anche dannosi effetti collaterali, legati a loro volta alle particolarità di chi il farmaco lo ingerisce.
6) Al contrario numerose cause possono provocare un solo effetto. Spesso una causa ha determinati effetti perché esistono numerose concause.

Si potrebbe continuare ma direi che basta. Ora, si pensi ai vaccini anti covid. Su circa 20 milioni di somministrazioni si sono avute un certo numero di morti sospette. C’è chi parla di 20, altri di due o trecento decessi sospetti. Ha senso parlare del vaccino come di causa di tali decessi? E’ quanto meno estremamente dubbio, direi. Certo, occorre indagare, approfondire, cercare i fenomeni intermedi, le concause,  vedere se il vaccino somministrato a chi ha certe patologie può avere effetti particolarmente dannosi. Tutto giusto, ma si tratta di precauzioni che valgono, devono valere, per tutti i farmaci. Sono invece del tutto ingiustificati, e gravemente dannosi, gli allarmismi. 

Conseguenze a lungo termine

Non sappiamo quali possono essere le conseguenze a lungo termine della somministrazione di vaccini, quindi, almeno per ora, è meglio astenersi dall’assumerli. Questo dicono molti.
Lo dico chiaramente, ritengo del tutto errato un tale ragionamento; tra l’altro resta completamente indeterminato quell’”almeno per ora” che lo conclude. Cosa vuol dire “
almeno per ora”? In che lasso di tempo dovrebbe concretizzarsi? Quanto dobbiamo aspettare per avere ragionevoli rassicurazioni sulle conseguenze a lungo termine? Quanto è lungo il termine delle conseguenze a lungo termine? Non sembra sia dato saperlo. Sappiamo invece quali possono essere le conseguenze negative di simili attese, purtroppo.
Questi però sono dettagli. Il discorso sulle conseguenze a lungo termine è strutturalmente sbagliato, val la pena di esaminarlo in profondità.

In senso stretto noi non siamo certi delle conseguenze a lungo termine di nulla, anzi, non siamo certi neppure del nostro futuro prossimo. Che il mondo sia, almeno in parte, regolare, che il domani sia, grosso modo, simile all’oggi è un dato originario che rende possibile ogni nostro pensiero o discorso e, prima ancora, ogni nostra azione. Ma nulla può darci la certezza apodittica che un simile dato sia permanente. Noi presupponiamo il persistere della regolarità del mondo, diamo per scontato, istintivamente prima ancora che razionalmente, che tale regolarità sia destinata a durare indefinitamente, ma non possiamo esserne logicamente certi. Guglielmo di Occam ricordava che Dio potrebbe annichilire il mondo stanotte. Secoli dopo di lui Hume afferma che è logicamente possibile che se buttiamo un bambino dalla finestra questo resti sospeso a mezz’aria invece che precipitare al suolo. Aggiungeva però che le madri non gettano i bambini dalla finestra, e fanno benissimo a non farlo. L’impossibilità di fondare logicamente il dato originario della regolarità del mondo non toglie a questo un grammo del suo valore teoretico e pratico.
Ma c’è di più. Anche dando per scontata la regolarità del mondo dobbiamo ammettere che
questa non garantisce la certezza a lungo, e meno lungo, termine di un bel niente.
Diamolo per scontato: il mondo è perfettamente regolare, tutto ciò che accade si inserisce in una lunga catena di cause ed effetti. Da questo qualcuno potrebbe dedurre che tutto è perfettamente prevedibile. Invece NO. Anche in un mondo perfettamente regolare è possibile che esista una legge di natura a noi del tutto sconosciuta, che questa agisca, regolarmente, diciamo una volta ogni 10.000 anni, che si manifesti stanotte e renda errate tutte le nostre previsioni sul futuro, a breve e lungo termine.
Cosa ci portano a concludere queste fantasie filosofiche? Forse che non dobbiamo far nulla perché non possiamo avere alcuna certezza apodittica del domani? No, ovviamente.
A chi avanza fantasiose ipotesi su ciò che domani potrebbe accadere si può rispondere in un solo modo: nulla al momento ci induce a pensare che ciò accada,
quando accadrà esamineremo la cosa.
Chi afferma che non possiamo sapere quali siano gli effetti a lungo termine dei vaccini deve esporre i fenomeni che possono far pensare,
oggi, che tali effetti siano ragionevolmente prevedibili. Deve cioè mostrare che, in base alle conoscenze oggi in nostro possesso, è possibile affermare con buone ragioni che prevedere tali effetti sia qualcosa di più di un mero esercizio logico (tale era il discorso di Hume sul bambino buttato dalla finestra). Se non lo fa gli si può solo rispondere: quando questi effetti negativi si manifesteranno li esamineremo. E chiudere il discorso.

La certezza sul mondo è fuori dalla portata degli esseri umani.
Certezze le danno la logica, che nulla dice sul mondo, e la religione, che è privilegio di chi ha fede. La scienza non da, mai, certezze, solo verità valide sino a prova contraria. Le previsioni scientifiche valgono sino a che persiste la regolarità del mondo e a meno che non emergano, in tale regolarità, nuovi fenomeni, al momento non previsti e non prevedibili, che “cambino le carte in tavola”. Se oggi assumo un farmaco questo non avrà per me fra 10 anni conseguenze negative se nei prossimi 10 anni il mio fisico continuerà a comportarsi come oggi, o cambierà in maniera oggi prevedibile. Altro la medicina non può dire.
La mancanza di tali certezze sul futuro può indurci a rifiutare ciò che di buono scienza e medicina possono offrirci? Basta fare la domanda per avere la risposta, e la risposa è
NO. Agire solo se si hanno indiscutibili certezze o totali rassicurazioni sul futuro è quanto di più irrazionale si possa concepire. E’ la logica del “rischio zero” che, se portata alle sue logiche conseguenze, dovrebbe indurci ad una totale immobilità, alla non scelta come stile di vita. Cioè a qualcosa di estremamente, ed irrazionalmente rischioso.

Poche parole per concludere

Non vado oltre, mi sembra di essere stato chiaro. Vorrei solo specificare, anche se dovrebbe essere evidente, che quanto ho scritto non è e non vuole essere un invito a fidarsi ciecamente di tutto e di tutti. La fiducia generalizzata è altrettanto irrazionale della generalizzata diffidenza. E il fatto che non si possano avere certezze assolute non esclude, ma implica che si debbano cercare certezze ragionevoli. L’impossibilità di fare previsioni assolutamente certe non vuol dire che non si possano tentare previsioni ragionevolmente attendibili. La medicina non è un toccasana ma è la miglior garanzia per la nostra salute. Aver fiducia nei vaccini non vuol dire rinunciare a vederci chiaro negli stessi. Non demonizzare le case farmaceutiche, non strillare contro i loro profitti non equivale a rifiutarsi di considerare la possibilità che dietro a tali profitti possano esserci pratiche, diciamo… non trasparenti.
Quelli che sono da rifiutare sono, come sempre, gli atteggiamenti ideologici, le ostilità per partito preso, in una parola, il fanatismo.
E tanto basta.

giovedì 18 marzo 2021

IL PERICOLOSO BIDEN

 

Qualche capo di stato ha mai definito “assassini” personaggi come Hitler, Stalin, Mao, Pol Pot fino a che questi sono rimasti al potere in tempo di pace?
No. Eppure si tratta di personaggi che hanno sulla coscienza milioni e milioni di esseri umani.
Nessun capo di stato ha mai definito “assassini” questi personaggi per il semplice motivo che la diplomazia è cosa diversa dall’etica.
Gli USA sono stati alleati dell’URSS di Stalin, la Gran Bretagna ha cercato ripetutamente il dialogo con Hitler, Nixon a suo tempo inaugurò la diplomazia del ping pong con la Cina di Mao.
Quale che sia il giudizio su queste politiche nessuno, credo, considera Roosvelt, Chamberlain o Nixon come “complici di assassini”.
Del resto, anche ammettendo che Putin non sia uno stinco di santo, nel mondo di oggi ci sono innumerevoli capi di stato enormemente peggiori di lui.
I teocrati iraniani, con cui Obama ha firmato un pessimo accordo e con cui Biden intende dialogare sono forse migliori di Putin? E’ meglio di Putin Kim Joung Un? Lo è Raul Castro? Lo sono i leader di tanti paesi islamici in cui le adultere vengono lapidate ed i gay impiccati? Lo è Erdogan, leader della Turchia che alcuni vorrebbero in "europa"?
Putin non è certo un esempio di democratico liberale, ma la Russia non ha MAI conosciuto la democrazia. L’unico governo democratico della sua storia la Russia lo ha avuto per pochi mesi: dal febbraio all’ottobre del 1917. Poi è entrata nel tunnel di una delle più sanguinose tirannidi totalitarie di ogni tempo. Putin, piaccia o non piaccia la cosa, è l’unico leader russo salito e rimasto al potere in seguito a consultazioni elettorali, anche se non del tutto trasparenti.
Del resto, quali sarebbero le “interferenze” russe nelle elezioni americane? Quali le “menzogne” diffuse ad arte dai russi per screditare Biden? Forse si tratta delle notizie sugli scandali riguardanti la famiglia Biden? Su questi si indaga non in Russia ma negli USA…
Se vuole eliminare ogni dubbio sulla legittimità della sua “vittoria” Biden faccia sottoporre a verifica le macchine “dominium” ed eviti follie che possono precipitare il mondo in una catastrofe.

domenica 7 marzo 2021

IL SISTEMA

 















“”Gaeta cita diverse intercettazio







“”Gaeta cita diverse intercettazioni che mi riguardano, (…) ma ne dimentica una a mio avviso fondamentale”
“Quale?”
“Quella in cui Luca Lotti (…) mi dice: "Sergio mi dice di andare avanti". Si riferisce alla nomina di Viola a procuratore di Roma”
“Quel Sergio è il presidente della repubblica Mattarella?”
“Si, proprio lui. . Non posso escludere che Lotti millanti rapporti che nella realtà non ci sono, anche se fino ad ora nessuno ha indagato sulla questione…”
Questo è un brano de “Il sistema”, libro intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara.

Il 9 ottobre 2020 il CSM radia Luca Palamara dalla magistratura.
Palamara è stato per anni presidente della ANM, il potentissimo sindacato dei magistrati e membro del consiglio superiore della magistratura, organo costituzionale preposto al governo della magistratura e garante della sua autonomia. E’ stato per lungo tempo uno dei più potenti ed influenti magistrati d’Italia; in una sua intercettazione afferma “senza di me non si muoverebbe foglia”. Ed in effetti c’è lo zampino di Palamara in tutte le nomine ed i movimenti importanti di magistrati da una sede e da un incarico all’altro degli ultimi 20 anni.
Il CSM lo ha radiato perché ritenuto colpevole di aver lottizzato la magistratura ed instaurato un costume secondo cui le nomine venivano decise non in base a criteri di merito ma a pressioni politiche.
Nel libro intervista con Sallusti Palamara spiega con gran dovizia di particolari che lui è stato, si, interno a quel sistema, ma non ne è stato l’inventore né l’unico protagonista. Non esiste un “sistema Palamara”, esiste il sistema che regge la magistratura italiana.

Ci è stato spiegato innumerevoli volte che la politica deve stare lontana dalla magistratura: è il principio della autonomia della magistratura ad imporlo. I magistrati applicano le leggi ai casi concreti, punto e basta. Se perseguono un politico è solo perché questi ha commesso qualche reato, od almeno ci sono fondati sospetti che lo abbia commesso. E’ ridicolo parlare di scontro fra magistratura e politica: l’unico scontro è quello fra magistrati tutori della legge e persone che la legge la violano.
Le cose però, afferma Luca Palamara, stanno ben diversamente. La magistratura è divisa, anche ufficialmente, in correnti politiche con una destra, un centro ed una sinistra. Queste correnti si spartiscono a volte di comune accordo, altre lottando fieramente fra loro, nomine ed incarichi prestigiosi. Un comune mortale pensa che le varie nomine siano fatte tenendo conto dei curricoli, della professionalità dei magistrati e della rilevanza delle sedi cui questi devono essere assegnati. No, le cose non vanno così. Se alla sinistra della magistratura va una certa sede alla destra ne deve andare un’altra. Rilevanza delle sedi e professionalità sono cose del tutto secondarie. Ad essere decisiva è la appartenenza a questa o a quella corrente. E non è tutto: non solo incarichi e sedi vengono decisi in un’ottica spartitoria fra le varie correnti, queste intrattengono stretti rapporti con esponenti di partito. Il CSM, organo che dovrebbe garantire la autonomia della magistratura compie scelte importantissime consultandosi con importanti uomini politici. Palamara ha partecipato ad una riunione cui era presente il renziano Lotti. Altri hanno avuto contatti meno diretti, ma la musica non cambia.

Essere il capo di una corrente di magistrati è un po’ come, afferma Palamara, essere l’allenatore di una squadra di calcio: occorre avere un buon “vivaio”. Fuori di metafora, occorre che tanti neo magistrati vengano indirizzati, appena superato il concorso, verso questa o quella corrente politica in cui la magistratura si divide.
“L’obiettivo del sistema è accaparrarsi il neomagistrato” afferma Palamara. “Come? Facendolo iscrivere il prima possibile alla propria corrente. (…) Se entrano in sessanta trenta andranno a fare il tirocinio da un anziano di Unicost, venti da uno di magistratura democratica, dieci da uno di magistratura indipendente”.

Finora si è parlato di politicizzazione della magistratura, ma, nell’ambito di questa politicizzazione, i più attivi sono i rappresentanti dell’area di sinistra. Per questi, è sempre Palamara a parlare,
“la magistratura ha il dovere, anzi l’obbligo (…) di fare politica per plasmare la società, insieme ad un partito di riferimento”.
Non stupisce quindi che quando il centro destra vince le elezioni questa componente della magistratura si mobiliti. Berlusconi, deve esser fatto fuori ad ogni costo. Il centro e la destra a dire il vero non si opporranno alla persecuzione giudiziaria di cui il cavaliere sarà vittima, perché lui, il cavaliere, commette l’errore di dichiararsi a favore di una radicale riforma della magistratura. E quando sono in gioco gli interessi basilari del sistema i contrasti di corrente scompaiono. Sorte simile toccherà, anche se in misura infinitamente minore, a Renzi che si permette di dire cose non gradite sulle ferie e sulla responsabilità civile dei magistrati e a Salvini, oggetto di un attacco furioso da parte delle componenti più ideologizzate della magistratura. Ed anche nel caso di Salvini le correnti più moderate si adeguano: difendere Salvini vorrebbe dire indebolire il “sistema” e quello, il “sistema”, è difeso da tutte le correnti in cui si divide la italica magistratura, al di la delle pur profonde differenze politiche e gli interessi spesso conflittuali fra loro.

In magistratura, afferma Palamara, vige la regola del tre:
“si ricordi la regola aurea del tre, le tre armi del sistema: una procura, un giornale amico un partito che ti fa da spalla politica. Funziona contro qualcuno ma anche a difesa di qualcuno. Con Berlusconi avvenne contro, con Fini e tanti altri a difesa.”
Usando sapientemente la regola del tre si può perseguitare qualcuno con continue inchieste, forse addirittura giungere a qualche sentenza di condanna, ma si possono anche scagionare a tempo di record persone su cui gravano poderosi indizi di colpevolezza. E’ il caso di Fini e della famosa casa di Montecarlo. A volte i media battono la grancassa, altre volte sono colti da ermetico mutismo…

E’ inutile dilungarsi: il libro intervista a Palamara offre uno spaccato impietoso della magistratura italiana: politicizzata, il più delle volte a sinistra, vicina a partiti, spesso impegnata in inchieste che, al di là dei reati contestati e della fondatezza dell’impianto probatorio, hanno il chiaro fine di eliminare dalla scena politica personaggi ritenuti, a torto o a ragione, “scomodi”. Ed agevolata in questo poco nobile compito da chi occupa cariche altissime dello stato, presidenza della repubblica compresa.
C’è quasi da chiedersi, leggendo il libro, come mai la magistratura abbia dovuto faticare tanto per far fuori Berlusconi e sembra stia faticando per riuscire a far fuori Salvini.
La risposta è piuttosto semplice, ce la ricorda proprio Palamara quando parla della regola del tre. La magistratura è forte ma non onnipotente, non può fare a meno di un certo sostegno politico e mediatico, non ne può fare a mano perché le serve una forte area di consenso nella pubblica opinione. Il fondo la politica si può difendere dalle incursioni dei magistrati politicizzati: le basta approvare una seria riforma della magistratura. Per impedirle di farlo non bastano le inchieste, occorre il consenso sulle inchieste che devono per questo avere una certa plausibilità. Si aggiunga che il sistema è unito in certe occasioni ma diviso, profondamente diviso, in molte altre e riguarda un numero ristretto di magistrati, quelli che contano, che decidono le cose importanti, ma che di solito non emettono le sentenze. I magistrati italiani sono circa 10.000 e non tutti sono dei Palamara.

Devo ammetterlo: leggendo il libro intervista non ho potuto evitare di provare a volte un moto di simpatia per Palamara. Protagonista del “sistema” questi è stato bruscamente scaricato quando è diventato un personaggio scomodo. E gli si sono addossate tutte le colpe, come al solito.
Palamara è la “mela marcia”, il cattivone, l’eccezione in un sistema lindo e pulito dove imperano imparzialità nei giudizi ed assoluto rispetto della legalità. Palamara afferma che le cose stanno ben diversamente, che se lui è colpevole tanti altri lo sono, come e più di lui.
Racconta un sacco di palle? Cerca di scaricare sul “sistema” responsabilità che sono solo sue? Lo si denunci! Lo si porti in tribunale, gli si intimi di provare la veridicità di quanto dice! I casi sono due: o Palamara dice il falso, ed allora è un diffamatore e va punito severamente. O dice il vero, ed allora il sistema su cui si regge la magistratura italiana è marcio.
Ognuno è libero di pensarla come crede. Io ho il fortissimo sospetto che sia vera la seconda ipotesi.

Per concludere: consiglio amiche ed amici di leggere “Il sistema”, libro intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara. Rizzoli 2021.
A volte il lettore quasi si perde nella selva di nomi, concorsi, trattative segrete, nomine e contro nomine di questo o quell’esponente di questa o quella corrente, ma nel complesso la lettura è piana e piacevole. Si legge “il sistema” quasi come un libro giallo. Forse sarebbe meglio dire un romanzo horror. L’orrore di una magistratura politicizzata.



 

 


martedì 2 marzo 2021

CULTURA DEL PIAGNISTEO


Non riesci a realizzare un piccolo obiettivo? Nessun problema, poniti un obiettivo cento, mille volte maggiore. Non riesci a mantenere decentemente a tuo figlio? Devi farti carico dei figli di Tizio, Caio e Sempronio, magari dei figli di tutti gli italiani, gli europei, meglio ancora, dei figli di tutti i “cittadini del mondo”.
“Ragionano” in questo modo certe persone “buone”. In Italia il piano vaccini segna il passo? Nessun timore: il vero obiettivo è vaccinare l’intera popolazione mondiale. Hai difficoltà con 60 milioni di italiani? Non ti affannare… pensa a vaccinare sette miliardi di persone… tutto si risolverà.
Se non vacciniamo tutti saremo sempre esposti ai contagi, affermano, cercando di apparire “realisti” i “buoni”. Beh… se siamo vaccinati il rischio di contrarre infezioni si riduce ed in ogni caso lo si può controllare vietando l’ingresso in Italia a coloro che vengono da aree a rischio. Esattamente quello che i “buoni” a suo tempo non vollero fare. Ricordiamo tutti, credo, gli inviti ad “abbracciare un cinese” o le accuse di “razzismo” lanciate a chi voleva sottoporre a quarantena tutti coloro che arrivavano dalla Cina, quale che fosse la loro nazionalità. E, sempre a proposito di “realismo”, nulla è tanto poco realistico quanto l’idea balzana che mega piani centralizzati sovranazionali possano avere un minimo di efficienza ed efficacia. Quanto avviene nella UE dovrebbe insegnare qualcosa ai fanatici della super centralizzazione.
In realtà non è il “realismo” o la ricerca dell’efficienza ciò che spinge certi “buoni” a sparare le loro idiozie. No, questi personaggi sono convinti che l’Italia e l’occidente abbiano l’obbligo morale di farsi carico dei problemi di tutto il mondo. Non di aiutare, consigliare, indirizzare, NO, questo sarebbe “imperialistico”. L’occidente e, per quanto ci riguarda, l’Italia DEVONO provvedere loro, in prima persona, a mettere in sicurezza alcuni miliardi di esseri umani. Tutti abbiamo la stessa umana dignità, tutti abbiamo gli stessi diritti fondamentali, quindi (QUINDI!!!) occidente ed Italia devono risolvere i problemi di tutti. Un po’ come dire che, visto che i miei figli e quelli di ogni cittadino italiano hanno la stessa dignità etica io devo mantenere i figli di tutti gli italiani. Per certi personaggi, mi viene in mente un certo professor Montanari, l’etica si risolve nel parassitismo, la dignità morale coincide col diritto al mantenimento.
Queste idiozie siderali sono il risultato della cultura del piagnisteo, del senso di colpa che perseguita gli occidentali. Siamo stati imperialisti e schiavisti, ora dobbiamo pagare… questo il senso di tante elucubrazioni. Ma… a parte il fatto che anche gli altri, praticamente TUTTI gli altri, sono stati imperialisti e schiavisti, a parte questo dettaglio storico, è semplicemente stupido pensare che gli esseri umani di oggi siano colpevoli ed obbligati a pagare per le colpe, vere o presunte, di chi è vissuto secoli o millenni prima di loro.
Dovrebbero essere cose ovvie. Non pare lo siano, purtroppo.