martedì 27 luglio 2021

CONTRO TUTTI I TALEBANI

 

Non ne posso più dei talebani, di ogni tipo, forma e colore.
In una democrazia liberale non esistono valori assoluti, valori cioè che sempre, in ogni situazione debbano avere una preponderanza tale da annichilire tutti gli altri.
La libertà è un valore fondante in ogni democrazia pluralista, ma è, come tutti gli altri, soggetta a limiti. Nessun liberale ha mai teorizzato la libertà illimitata. E’ meglio se le limitazioni alla libertà sono il più possibile ridotte, ma esistono, ed in momenti di emergenza, e una pandemia è un momento di emergenza, possono diventare più rigide.
Non è un valore assoluto neppure la tutela della salute. La salute va tutelata. In certi momenti si possono imporre ai cittadini alcune limitazioni della libertà per meglio tutelare la salute di tutti, ma queste non possono MAI ridurre la libertà oltre certi limiti. Piaccia o non piaccia ai talebani la democrazia pluralista è il regno del compromesso, del contemperamento di valori diversi. Non è il regno degli assoluti sostenuti da grida ed insulti.
In Italia alcuni ritengono inaccettabile qualsiasi limitazione della libertà, per qualsiasi motivo. Altri di fatto disprezzano la libertà. Non a caso non usano quasi mai questa parola, o le affiancano aggettivi spregiativi tipo “smodata”, “antisociale” e cose simili. Sono gli eredi del comunismo marxiano, che, come tutti (o quasi) sanno, definiva “borghese” ed “egoistica” la libertà. Sappiamo quale è stato lo sbocco storico di simili teorizzazioni...

In una democrazia pluralista debbano convivere valori diversi, che in certi momenti possono diventare contrastanti. Questo può dar vita ad autentici dilemmi etici che di volta in volta una buona politica deve cercare di risolvere, o, quanto meno, rendere meno gravi. Il fatto che spesso i politici neppure si rendano conto dell’esistenza di tali dilemmi è una prova in più del fatto che a dominare oggi in Italia, e non solo, non è la buona ma la cattiva politica.
Cerco di esemplificare. Ormai è assodato che il covid colpisce in maniera grave o mortale le persone appartenenti a certe fasce di età. Per chi ha meno di 40 o di 30 anni il rischio è invece minimo, praticamente inesistente sotto i 20 anni. Perché allora volere a tutti i costi vaccinare anche i minorenni, gli adolescenti, addirittura i bambini? La risposta più frequente è la seguente: “si devono vaccinare tutti perché in questo modo si blocca il sorgere di nuove varianti”. Do per scontato che la risposta sia corretta dal punto di vista scientifico, ma trovo incredibile che in tanti non si rendano neppure conto del dilemma etico che una tale risposta sottintende. Praticamente si dice che è lecito sottoporre Tizio ad un trattamento sanitario obbligatorio di cui non ha nessun bisogno, anzi che può risultare sia pur minimamente rischioso, per tutelare la salute degli ALTRI. E’ moralmente lecita una cosa simile? La cosa è quanto meno assai dubbia. Estremizzando si potrebbe sostenere che in nome della salute pubblica possano essere anche oggi ammissibili le misure di inaudita crudeltà che un tempo venivano prese per cercare, inutilmente, di arginare le epidemie. In fondo, se viene scoperto un focolaio epidemico in una certa città nulla è tanto efficace per contrastare il diffondersi dell’epidemia quanto una bella scarica di napalm...

Non mi stancherò mai di ripeterlo: in una società libera bisogna salvaguardare tutti i valori fondamentali. La tutela della salute è un valore, ma anche la libertà lo è. Bisogna fare in modo che i possibili contrasti fra questi valori siano il meno acuti possibile, occorrono politiche pragmatiche, intelligenti, non proclami e strilli.
Del resto, quelli che non esito a definire i “talebani della salute” non sempre mettono la salute al primo posto fra i valori. Quando l’epidemia di covid ha iniziato a diffondersi alcuni governatori di regione avevano proposto che venisse sottoposto a quarantena chi arrivava dalla Cina. Si è subito levato un uragano di grida contro la “discriminazione” ed il “razzismo” anticinesi. Visto che c’era di mezzo un paese non occidentale la salute poteva benissimo passare dal primo all’ultimo posto…
Ed anche oggi, gli stessi che in nome della tutela della salute sono pronti ad accettare tutto spalancano le porte alla immigrazione clandestina, senza neppure chiedersi se questa non possa diventare stimolo al sorgere di nuove varianti.
Non aggiungo altro. So che molti non saranno d’accordo con me. Mi accuseranno di tenere una posizione “mediana”, di cercare di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte.
Può darsi che sia così, ma… siamo davvero sicuri che le posizioni “mediane” siano sempre sbagliate? Personalmente non mi sento obbligato a schierarmi con chi, come Burioni, paragona a “sorci” i presunti no vax, ma neppure con chi paragona il green pass alla Shoah.
Ho dubbi fortissimi sul green pass, tra l’altro mi sembra di impossibile attuazione. Per fare solo un esempio: può un barista chiedermi di esibire il green pass? Solo un poliziotto o un pubblico ufficiale possono costringermi ad esibire un documento. E’ pubblico ufficiale un barista? Non mi pare.
Ho, dicevo, serissimi dubbi sul green pass ma NON sono, NON sono MAI stato un no vax. Credo nella medicina “tradizionale”, cioè nella medicina tout court, non alle chiacchiere dei cultori delle medicine "alternative" e credo nella enorme utilità dei vaccini. Quindi non mi schiero con i talebani di nessun colore. Preferisco continuare a ragionare conla mia testa:
Aspetto le contestazioni...

lunedì 12 luglio 2021

SESSO O GENERE?

Diritti umani?

Per il signor Alessandro Zan e per il suo amico Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, cambiare sesso è un “diritto umano”.
“Tutti noi abbiamo un'identità di genere, la percezione del nostro genere, ma qualcuno già da bambino lo percepisce diverso da quello biologico. E' un diritto umano”. Così parlò Alessandro Zan, e Fedez è ovviamente d’accordo.
Da una parte c’è il genere, dall’altra il “sesso biologico”, quella cosuccia che differenzia fisicamente, e non solo, i maschi dalle femmine, che fa si che le donne, a differenza degli uomini, restino incinte e partoriscano, abbiano il ciclo mestruale, allattino i figli. Si tratta di particolari di scarsa rilevanza, a parere del signor Zan e del suo amico Fedez. A contare davvero non è il “sesso biologico”, è il “genere” cioè il sesso percepito. Il “genere” è costrutto culturale, scelta, ma è soprattutto un sentire, un percepire la propria sessualità. E’ possibile essere maschi ma vivere male questo essere, quindi si deve avere il diritto di modificare il proprio sesso “biologico”. Si tratta di un diritto, meglio, di un diritto fondamentale, un diritto umano, come quelli alla vita, alla liberà, alla sicurezza.
Lo dico subito, onde evitare fraintendimenti. Penso che se una persona si trova male nel suo sesso abbia diritto di cercare di cambiarlo. Chi si sente diverso ha diritto di esserlo senza dover per questo subire violenze, insulti o ingiuste discriminazioni. Se questo fosse il senso delle affermazioni del signor Zan non si potrebbe che essere d’accordo con lui. Ma il senso è ben diverso, e del tutto inaccettabile.

La prima domanda da porsi è la seguente: il diritto di cercare di cambiare il proprio sesso può esser definito diritto umano?
Non tutti i diritti si possono infatti definire “umani”. Si definiscono umani solo i diritti fondamentali, quelli da cui gli altri derivano, che informano di se gli ordinamenti giuridici ed influenzano nel profondo la vita di uomini e donne, in tutti i suoi aspetti. Il diritto alla libertà o alla sicurezza sono di questo tipo, lo è il diritto a cercare di modificate il proprio sesso? Con tutta evidenza NO. Se lo fosse dovremmo definire umani, cioè basilari, diritti come quello di scegliersi il lavoro ed il luogo di residenza, di frequentare una palestra o fare escursioni in montagna. Tutti questi sono diritti derivati, particolarizzazioni del diritto fondamentale alla libertà, definirli “diritti umani” è una mera sciocchezza. Se il diritto di cui parla Zan fosse solo quello di cercare di cambiar sesso quando non si è “soddisfatti” della propria sessualità ci troveremmo di fronte ad un diritto derivato non troppo diverso da quelli che si sono appena elencati, da tutelare ma che solo persone incredibilmente sciocche potrebbero definire “diritto umano”.
Infatti ciò di cui parla Zan NON è un diritto di questo genere. Zan e con lui i teorici del gender non mirano a tutelare i diritti di minoranze sessuali, mirano a ridefinire il concetto stesso di sesso. Non a caso non usano questa parola o se la usano le affiancano sempre l’aggettivo “biologico”, ad indicare che si tratta solo di una variante inessenziale della sessualità. Al posto della parola “sesso” che potrebbe domani fare la stessa fine di altre parole che i guru del politicamente corretto hanno espulso dal vocabolario, usano la parola “genere”. E il genere, lo si è visto, è il sesso percepito, la sensazione del sesso. Il sesso non è “quella cosa li”: una caratteristica naturale fondamentale degli esseri umani e degli animali superiori, non è collegato alla riproduzione della specie, non è componente essenziale del fisico ed in parte anche della psicologia di uomini e donne. No, il sesso è un sentire transitorio, una scelta fra le altre e, come molte altre, reversibile. Oggi sono maschio, domani femmina, dopo domani qualche altra cosa. Il sesso staccato dalla identità, dalla personalità, mero fluire eracliteo. Non si tratta di riconoscere e tutelare chi intende in questo modo la propria sessualità, si tratta di abbandonare la concezione del sesso che caratterizza da millenni il genere umano e, cosa se possibile ancora più grave, di trasformare in reato qualsiasi critica a questo concetto di sessualità. I teorici del gender si sono infatti inventati un nuovo tipo di reato: l’omofobia, in base al quale pretendono di condannare penalmente chi non condivide le loro idee. Non chi aggredisce o insulta qualcuno per le sue preferenze sessuali, questo è fuori discussione, chi ritiene che il sesso vero sia quello “biologico” e che il “genere” sia solo un costrutto culturale.

E’ chiaro che se di una ridefinizione di questo tipo si tratta, questa implica una trasformazione profonda dell’ordinamento giuridico, di usi, costumi, linguaggio, modi di rapportarsi fra loro delle persone. Non occorre trasformare il mondo per tutelare i diritti degli omosessuali e di quanti intendono modificare il proprio sesso, ma una ridefinizione del sesso nel senso indicato dai teorici del gender implica modifiche profonde e onnicomprensive.
Per fare solo alcuni esempi, i teorici del gender staccano la sessualità dalla riproduzione della specie, questo implica non solo il matrimonio e le adozioni omosessuali ma anche la legalizzazione di una pratica obbrobriosa e degradante per le donne come quella dell’utero in affitto. A sua volta questa porta a degenerazioni che è lecito definire eugenetiche. Si sceglie che tipo di bambino si intende avere: Tizio inietta il suo seme in una donna che abbia certe caratteristiche fisiche perché vuole che suo figlio abbia quelle caratteristiche e non altre. Molto spesso un’altra donna ancora porterà a termine la gravidanza. Il nascituro avrà in questo modo un padre e due madri, ma non c’è da preoccuparsi: appena nato sarà strappato a chi lo ha partorito e consegnato ai suoi felici “genitori” gender. I bambini vengono ad essere “costruiti” per assecondare i gusti degli adulti, la riproduzione diventa assai simile alla produzione; gli esseri umani diventano il risultato di una attività non troppo diversa da quella con cui si costruiscono case, automobili o televisori.
Continuiamo: se il sesso viene sostituito dal genere che fine farà mai lo sport, quello femminile soprattutto? Oggi le gare sportive si dividono in maschili e femminili e il criterio di distinzione fra queste è il sesso “biologico”, per usare la sprezzante terminologia gender. Ma se il sesso viene sostituito dalla percezione soggettiva del sesso come distinguere le competizioni maschili da quelle femminili? Sta già avvenendo: molti transgender che hanno conservato una struttura muscolare maschile partecipano a competizioni femminili e, guarda caso, vincono. Non ci vuole molto per comprendere che un simile stato di cose porterà alla fine dello sport femminile. Situazioni analoghe, a volte ridicole, altre drammatiche si presentano in molteplici aspetti della vita sociale. Carcerati maschi che “si sentono” femmine chiedono di poter scontar la pena in carceri femminili, con le conseguenze che è facile immaginare...
Conseguenze non meno gravi si hanno sul linguaggio. Oggi questo è strutturato per lo più in maschile e femminile. In una monarchia si avrà un re o una regina, a seconda del sesso di chi siede al trono. Ma questo uso del linguaggio fa riferimento al detestato “sesso biologico”. Se questo viene sostituito dal genere, cioè dalla percezione soggettiva del sesso, le cose cambiano radicalmente. Il sesso è fluido, cangiante. Oggi sono maschio, domani femmina, dopodomani… chissà… Parlare di re e di regine diventa in questo modo “discriminatorio”, “sessista”. I nomi devono diventare asessuati e per farlo li si fa terminare con un bell’asterisco. Il re diventa r* e stessa cosa capita alla regina. Il maestro diventa maestr*, la maestra idem. Qualcuno crede che con un simile linguaggio potrà continuare ad esistere una letteratura? Non scherziamo…
Infine la cosa forse più importante di tutte. Il reato di “omofobia” trasforma di fatto in crimine un sentimento, la paura, e fa si che la legge punisca con maggior severità le aggressioni di cui sono vittime le persone che hanno certe preferenze sessuali. In questo modo si viola il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, con conseguenze potenzialmente gravissime.

Non dilunghiamoci oltre: la sostituzione del genere al sesso ha conseguenze di enorme portata non solo sugli ordinamenti giuridici ma su molti e basilari aspetti della vita umana, in questo senso è simile ai fondamentali diritti umani, ma non di diritto umano si tratta. Si tratta dell’imposizione di una nuova concezione del sesso che si cerca di spacciare come difesa di un diritto. E mentre è sbagliato, non democratico ed illiberale opporsi ad un diritto è del tutto lecito, oserei dire doveroso, opporsi alla concezione del sesso che i teorici del gender cercano di imporre alle società occidentali.
Tizio ha diritto, se crede, di cercare di cambiar sesso, ma non ha il diritto di trasformare la società per adeguarla al suo modo di vivere la sessualità. Non ha diritto all’utero in affitto, né di negare ai bambini il diritto di avere un padre ed una madre e meno ancora ha il diritto di imporre ai bambini dei genitori il cui sesso varia da un anno o, chissà, da un mese all’altro. Meno che mai può spacciare per “diritto” la intollerabile violenza consistente nel bloccare lo sviluppo sessuale dei bambini di modo che questi, giunti alla maggiore età, possano “scegliere” il proprio sesso. Non ha il diritto di gareggiare in competizioni femminili pur conservando una struttura muscolare maschile, né di distruggere il linguaggio e con questo la possibilità stessa di una letteratura. Non ha il diritto di censurare o addirittura di sbattere in galera chi non concorda con la sua scelta. In una parola, non ha diritto al nichilismo, per il semplice motivo che il nichilismo non è un diritto. E’ invece un diritto, e forse anche un dovere, opporsi al nichilismo, con tutte le forze, senza se e senza ma.

Il rifiuto del dato, uomo e natura

La pretesa di contrapporre il genere a quello che si definisce “sesso biologico”, in realtà il sesso tout court, l’idea cioè che il sesso, ridenominato “genere”, sia qualcosa di fluido, malleabile all’infinito altro non è che la riproposizione in chiave politicamente corretta di una aspirazione da tempo presente nel pensiero occidentale: il rifiuto del dato.
Il dato è ciò di cui si può solo dire: è così e così. Non lo si può dimostrare perché è il presupposto di ogni dimostrazione, non è il risultato della nostra azione, non si adegua al nostro volere. C’è, esiste ed esistendo ci condiziona profondamente, e basta.
Noi tutti siamo esseri dati. Io sono nato in un certo paese, in una certa epoca storica, con certe caratteristiche, sono un essere dato
. Ed è dato il mondo che mi circonda e le leggi che lo regolano. Certo, posso cambiare alcuni aspetti dati del mondo ed anche di me stesso, ma solo partendo da altri, che devo accettare come dati. Non mi auto costruisco, non sono causa di me stesso, non posso esserlo.
L’idea di un ente che crea se stesso prima ancora di essere di impossibile applicazione empirica si rivela logicamente contraddittoria. Per poter essere causa di se stesso un ente dove già esistere, ma la sua esistenza dipende dalla capacità di autocrearsi; il concetto di esistenza rimanda a quello di causa e questo rimanda a quello: il tipico circolo vizioso. Non a caso di un solo ente si dice che è “causa sui”: Dio, ma è proprio questa caratteristica della divinità a risultare incomprensibile per l’umana ragione. Si può credere per fede, non comprendere razionalmente che Dio sia “causa sui”. In ogni caso una simile caratteristica riguarda solo Dio. L’uomo di certo non si crea da solo, è, inesorabilmente, un essere dato.
I riformatori radicali del mondo però non amano il dato, lo considerano un limite insopportabile alla libertà. Non alla libertà liberale, alla libertà assoluta, priva di condizionamenti cui gli ultra radicali aspirano.
La libertà liberale non ha nulla a che vedere con la l’idea faustiana dell’uomo che crea se stesso. Per il liberalismo la libertà è sempre libertà di uomini empirici, dati, che vivono in un mondo dato che li limita. Proprio per questo i riformatori radicali, i rivoluzionari, disprezzano la libertà liberale, sognano una trasfigurazione totale del mondo e dell’uomo, l’assolutamente nuovo che faccia piazza pulita di tutto il passato. Questa aspirazione alla palingenesi rivoluzionaria, l’evento traumatico che creerà l’uomo nuovo e la società perfetta è precisamente una rivolta contro il dato. Il dato ci ricorda che la perfezione è fuori dalla nostra portata, che il nostro potere di modificare noi stessi ed il mondo è sempre limitato, parziale, spesso molto parziale. Tanto basta ai fanatici dell’assoluto per odiarlo.

Malgrado gli strilli e le proteste dei fanatici tener conto del dato è l’unico modo concesso all’uomo per agire in maniera positiva, progredire sul serio. L’uomo non può creare la natura, meno che mai
può creare se stesso. Può modificare la natura, compresa, in piccola parte, la propria, solo obbedendo alle leggi che la regolano.
Solo per esemplificare, l’uomo per vivere deve mangiare, questo è vero oggi come tremila anni fa. La differenza fra la situazione di oggi e quella di tremila anni fa sta nella abbondanza di cibo oggi a disposizione di una parte consistente del genere umano, nella sua qualità, nel fatto che le diete di oggi sono molto più salubri, equilibrate e gustose di quelle di tre millenni fa. In questo c’è stato un grande progresso nel campo dell’alimentazione. A nessuno è però mai venuta in mente l’idea di modificare la natura umana in maniera tale che gli uomini non siano più condizionati dall’istinto della fame. Quello che accade per il cibo accade in tutti i campi dello sviluppo. Per millenni gli uomini non hanno potuto volare, oggi possono farlo non perché siano stati capaci di modificare la loro natura, “autocostruirsi” e munirsi di ali, ma perché sfruttando le leggi naturali hanno costruito macchine in grado di levarsi in volo. Considerazioni simili possono farsi per un numero elevatissimo di attività umane. Sempre, in tutti i campi quando agisce positivamente e modifica in positivo il mondo l’uomo tiene conto del dato, rispetta ed usa le leggi di natura. Quando cerca di ignorarle, o peggio di rivoltarglisi contro, provoca solo disastri.
Nulla del nostro essere dati è tanto importante quanto la nostra identità sessuale. Quando nasciamo possiamo essere o non essere sani, belli o robusti, ma di certo, a parte un numero minimo di eccezioni che restano tali, nasciamo maschi o femmine. Se non affetti da gravi patologie nasciamo col nostro sesso, l’apparato riproduttivo è parte integrante de nostro corpo, come lo sono quello respiratorio o digerente. Piaccia o non piaccia ai teorici del gender non esiste la “sessualità biologica”, esiste la sessualità e basta. E basta guardare il corpo di un uomo e quello di una donna per constatare quanto questa sia rilevante nel determinare la nostra identità.

I filosofi del gender cercano di svalorizzare quella che definiscono “sessualità biologica”, cioè la sessualità reale degli esseri umani, quella caratterizzata dalla polarità “maschio – femmina”, e cercano di contrapporre a questa la fluidità del “genere”, la sessualità percepita. Però... però anche gli omosessuali, i trans ed i cosiddetti “non binari”, coloro cioè che oscillano di continuo fra un sesso e l’altro, non escono da quello che i gender definiscono “sesso biologico”. Un omosessuale è una persona che prova attrazione per persone del suo stesso sesso, un trans o un “non binario” sono persone che, non soddisfatte del proprio sesso, vorrebbero cambiarlo; tutte restano di fatto all’interno della polarità “maschio – femmina”, semplicemente assumono nei confronti di questa polarità una posizione diversa da quella largamente maggioritaria fra gli esseri umani. Dalla sessualità non si esce, non si può uscire perché su tratta di un dato naturale originario. Non esiste il genere, il sesso come “percezione”, esiste il sesso che alcuni di noi possono percepire diversamente da altri.
I teorici del gender invece ritengono che il sesso, da loro definito “biologico” sia qualcosa di inessenziale, un mero momento del fluire del sesso percepito. Per loro una eventuale tensione fra la fisicità del sesso e il modo in cui questa viene vissuta non è
sintomo di un conflitto interno da cercare di superare, magari, al limite, con procedure di cambiamento di sesso, no, per loro questa è la sessualità “normale”, autentica, talmente normale ed autentica che si può cercare di “spiegarla”, di fatto ad imporla, anche ai bambini; c’è chi giunge addirittura a proporre che lo sviluppo sessuale di questi venga bloccato in attesa che, divenuti maggiorenni, possano scegliere il proprio sesso. Qui, con tutta evidenza, non siamo di fronte al riconoscimento di rispettabili tensioni e differenze nella sessualità, siamo di fronte a qualcosa di radicalmente diverso: al tentativo di eliminare il dato della sessualità, a fare del sesso un momento dell’autocrearsi dell’uomo. La solita, vecchia, tragica distopia faustiana.

Dal dato non si può uscire, e non solo per evidenti ragioni logiche. Non lo si può fare perché la natura, natura umana compresa, non è plastilina plasmabile all’infinito, è qualcosa di solido, retto da leggi che non è in nostro potere modificare. C’è chi ha cercato di eliminare il dato dal mondo, non c’è riuscito, ovviamente, ma non per questo la sua azione è stata priva di conseguenze, si è limitata ad un innocuo vaneggiamento utopico. I riformatori radicali del mondo non hanno costruito la società e l’uomo perfetti, l’assolutamente nuovo è rimasto fuori dalla loro portata, ma qualcosa di radicalmente nuovo la hanno costruita: le più mostruose tirannidi totalitarie della storia e montagne di cadaveri, un nuovo, terrificante “dato” nel mondo.
I filosofi del “gender” non sembrano in grado di arrivare a tanto, ma di certo la loro pretesa di eliminare dal mondo il dato della sessualita è gravid
a di conseguenze. Ben lungi dal limitarsi a chiedere tutele e rispetto nei confronti delle forme diverse di sessualità, cosa del tutto giusta, costoro pretendono, val la pena di ripeterlo, di ridefinire il sesso e di trasformare la società intera per adeguarla a questa ridefinizione. Le conseguenze di una simile pretesa toccano un po’ tutto: gli ordinamenti legislativi, la scuola, lo sport, i rapporti genitori - figli, il ruolo della scienza, la religione, il linguaggio. E sono tutte conseguenze gravemente negative. La scuola si trasforma in strumento di propaganda gender, la famiglia viene di fatto esautorata da funzioni che in ogni democrazia devono restare di sua competenza, la follia del blocco dello sviluppo sessuale dei bambini colpisce, oltre agli innocenti pargoli, i genitori in quanto questi hanno di più importante. Lo sport femminile di fatto scompare. Il linguaggio viene pervertito in maniera talmente profonda da eliminare la possibilità stessa di una letteratura. Parti fondamentali della dottrina cattolica vengono criminalizzate come “omofobe”. Viene abbandonato il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La scienza viene spinta ad impegnarsi in imprese che ricordano più le distopie di Huxley che il serio, paziente, lavoro di ricerca. In fondo l’unico modo per mondare il mondo dal dato della sessualità sarebbe quello di “costruire” integralmente, facendo leva su alcuni dati della natura, i bambini in laboratorio, magari liberi dall’infamia originaria del sesso. Chissà, forse un giorno qualcosa di simile potrebbe essere possibile, ma dovrebbe fare i conti con un altro dato, non naturale stavolta. Con quel dato della ragion pratica che Kant chiamava legge morale. Non so se questo interessi ai teorici del gender, di certo riguarda, e molto da vicino, gli esseri umani.
Al di la delle fantasie fantascientifiche, la filosofia gender
contribuisce oggi ad aggravare la crisi di identità dell’occidente, E’ un momento, e certo non di secondaria importanza, della perdita di coesione della nostra civiltà, del trasformarsi dell’occidente in civiltà gassosa, priva di un centro unificante, di valori davvero condivisi. In una parola è il sintomo del crescere del nichilismo. Per questo occorre combatterla, senza il timore di esser considerati “sessisti”. E’ sessista chi incentra sul sesso tutta la propria esistenza, esattamente come è razzista chi fa del colore della pelle la discriminante fra il bene ed il male. In questo senso nessuno è tanto sessista quanto i teorici del gender. Motivo in più per contrastarli, con serietà, senza insulti e violenze, ma con la massima determinazione.