mercoledì 13 gennaio 2021

DELIRIO DI ONNIPOTENZA

 

Uno degli argomenti di chi difende l'ignobile politica censoria dei grandi social è il seguente: i social sono aziende private e, in quanto tali, possono vendere a chi vogliono i loro prodotti. Nessuno pensa che una casa editrice debba essere obbligata a pubblicare le opere di Tizio. Allo stesso modo FB o Twitter sono liberi di non render note le aberranti idee di Trump.
Evitiamo ogni considerazione sullo strano amore per la proprietà privata che caratterizza oggi gli stessi che da sempre tuonano contro la stessa. Ed evitiamo anche ogni commento sul fatto che considerano indegne di esser diffuse le idee di una persona che per 4 anni ha guidato lo stato più potente del mondo, senza togliere un grammo di libertà a nessuno. Veniamo al sodo ed esaminiamo il loro “ragionamento”.

I social sono case editrici?

Piantiamola con questo equivoco: i social NON sono case editrici. Innanzitutto per un motivo giuridico: le case editrici sono responsabili per ciò che pubblicano, i social NO. Se la casa editrice Pinco Pallo pubblica un libro in cui si danno istruzioni su come organizzare attentati, ad essere penalmente responsabile non è solo l'autore del libro, ma anche la casa editrice. La stessa cosa NON vale per i social. Se su FB compaiono siti in cui si esalta il terrorismo islamico (ce ne sono molti, e non vengono oscurati...) i padroni di FB non rischiano la galera. Ad essere penalmente responsabili sono solo gli autori dei post filo terroristici.
Ma c'è un altro motivo, ancora più sostanziale che impedisce ogni accostamento fra social e case editrici. Le case editrici vendono libri, giornali, riviste, insomma, gli scritti di qualcuno. Obbligare una casa editrice a pubblicare un libro di Tizio sarebbe un po' come obbligare un ristoratore a inserire nel suo menù un certo piatto. Una cosa aberrante che obbligherebbe tra le molte altre cose il ristoratore a sostenere un costo per cui egli non prevede un ricavo adeguato.
Una casa editrice è quindi libera di pubblicare ciò che vuole, ma una volta che ha deciso di pubblicare qualcosa è
obbligata a venderla a tutti. Se la Mondadori pubblica una nuova edizione dei “Promessi sposi” non può pretendere di vendere questo libro a Tizio che vota X e non a Caio che invece vota Y, né può venderlo a chi ha la pelle di un certo colore, o crede in un certo Dio e non a chi ha la pelle di colore diverso o crede in un altro Dio. La libertà su cosa pubblicare non implica la libertà di decidere a chi vendere.
A differenza delle case editrici i social
NON vendono scritti, vendono spazi di comunicazione. FB non vende i miei post, vende a me e ad altri la possibilità di pubblicare dei post. Per farla breve, i social sono qualcosa di molto simile alle imprese telefoniche: non vendono ciò che si dice al telefono ma la possibilità di telefonare. Per questo, tra l'altro non sono responsabili di quanto in essi viene postato, ma, proprio per questo, non possono, non devono avere il potere di censurare nessuno.
Dare ai padroni dei social il potere di censurarmi è come dare ai gestori di linee telefoniche il potere di non vendermi i loro prodotti perché io ho idee diverse dalle loro, o conferir loro il potere di interrompere una mia chiamata se in questa faccio affermazioni che a loro non piacciono. Proviamo ad immaginarlo: sto parlando a telefono, affermo: “Conte è brutto”; una vocina mi interrompe: “quanto lei dice è contrario ai nostri standar” gracchia, e il mio telefono viene silenziato. E' ammissibile una cosa simile? Basta porsi la domanda per avere una risposta.

Quali conseguenze?

Le conseguenze di questo presunto diritto di proprietà sarebbero disastrose. Un edicolante potrebbe avere la “libertà” di non vendere certi giornali. Per evitare obiezioni: un edicolante non è in nulla simile ad un editore, è un tramite per la diffusione della stampa. I giornali che non vende vengono ritirati e per quelli non subisce perdita alcuna. Ed ancora, un panettiere potrebbe vendere il pane solo a chi condivide la sua fede religiosa, in un supermercato potrebbero entrare solo determinate categorie di persone, gli albergatori potrebbero impedire l'ingresso negli alberghi a chi non ha la pelle di un certo colore... si potrebbe continuare molto, molto a luno. L'universalità del mercato verrebbe sostituita dalla peggior frammentazione razziale, o politica, o religiosa. Chi avesse la sventura di vivere in un paese in cui quasi tutti la pensano diversamente da lui si vedrebbe privato di tutto ciò che è necessario alla vita. Intorno a lui si farebbe terra bruciata.
E cosa succederebbe su un simile potere lo avessero le grandi compagnie che gestiscono le carte di credito e di debito? Vado in un centro commerciale, compro un abito, alla cassa pago col Bancomat; la cassiera mi guarda perplessa e dice: “Il suo bancomat è bloccato”. Telefono in banca, chiedo spiegazioni. “Il mio conto non è in rosso”, affermo. “Certo, il suo conto non è in rosso” mi risponde la direttrice, "ma il suo bancomat è stato bloccato perché la casa che gestisce le carte ha appurato che lei  alle elezioni ha votato Caio invece che Tizio”. E' anche solo lontanamente ammissibile una situazione di questo genere? A mio modesto avviso NO, non è assolutamente ammissibile, neppure in parte, neppure in minima parte.

Per concludere

I padroni dei social mirano ad un potere immenso, spropositato. Un tempo erano i presidenti a censurare i media. E nascevano le tirannidi. Ora sono i media a censurare i presidenti, e nascono le tirannidi mediatiche.
Inutile negarlo: la comunicazione politica passa oggi in grande misure per i social. Proprio per questo i padroni degli stessi
NON possono avere la possibilità di tappare la bocca a nessuno. Possono oscurare solo chi è ragionevolmente sospettato di compiere reati, salvo togliere l'oscuramento, chieder scusa e se necessario risarcire i censurati se chi di dovere, polizia o magistratura, appura che non esiste reato alcuno. I padroni dei social invece, presi da delirio di onnipotenza, pensano di poter fare ciò che vogliono, Ritengono sia loro diritto stabilire chi ha e chi non ha diritto di parola, se ne fregano di leggi e costituzioni, impediscono che vengano diffuse notizie che gli stessi giornali stampati diffondono, senza incorrere in denuncia alcuna. In una parola: si sentono i padroni del mondo. Talmente padron da decidere chi deve essere il presidente degli Stati Uniti d'America.
Vanno combattuti, senza se e senza ma. Possono essere combattuti e possono essere sconfitti. Si, possono, perché la loro forza è in parte più apparente che reale. Il loro progetto mondialista si scontra con interessi, idee, speranze, aspirazioni, sentimenti di una massa enorme di esseri umani. E suscita resistenze sempre più dure. Per far fuori Trump non sono bastate le palle e le censure, sono stati necessari i brogli. E nello stesso mercato che i social vogliono dominare monopolisticamente sono presenti forze alternative. Per ogni social che viene oscurato altri ne nascono. E' difficilissimp, quasi impossibile controllare interamente società complesse e variegate come quelle occidentali. Per farlo non basta la censura, ci vorrebbe il carcere, magari le fucilazioni. Ma per arrivare a questo servirebbe una guerra civile. Dovrebbero ricordarsene i vari Zuckerberg ed i loro sgherri.

martedì 12 gennaio 2021

DANZANDO SULL'ORLO DEL BARATRO...

 


L'Italia è sull'orlo dell'abisso. L'epidemia non si ferma, malgrado i DPCM che il governo emette a raffica, l'economia è dentro una crisi senza precedenti, appena attenuata dalla tattica del rinvio messa in atto da Conte e dai suoi cialtroni. Intere categorie sociali rischiano, letteralmente, di sparire in quanto categorie; una sorta di nuova “eliminazione del kulak in quanto classe” di staliniana memoria che ha oggi per oggetto le partite IVA, da sempre del resto nel mirino di certa sinistra. I cui esponenti però non si rendono conto, da perfetti imbecilli quali sono, che la fine di intere categorie sociali avrebbe ripercussioni tragiche su tutte le altre.
E mentre oscilliamo sull'orlo del baratro di cosa discutono i nostri grandi, amati leader? Di un possibile Conte ter, dell'alternativa fra crisi e rimpasto, della possibilità o meno che Renzi e Zingaretti entrino in un nuovo governo. Insomma dell'unica cosa che a loro importi davvero. LE POLTRONE.
Siamo alla follia, meglio, alla imbecillità al potere, perché a volte la follia ha qualcosa di grande, mentre nulla di grande c'è nello spettacolo squallido cui stiamo assistendo.
Eppure per qualcuno, i padroni dei social per essere chiari, le alternative di cui discutono Renzi e Conte sono le uniche su cui è possibile esprimersi liberamente, senza rischi di censure. Meglio un rimpasto o il “Conte ter”? Renzi e Zingaretti devono entrare in un eventuale nuovo governo? Di simili idiozie si può parlare liberamente, Di altro, delle cose serie, importanti, NO!
Esistono i sessi, le nazioni, le culture? Siamo moralmente obbligati ad accogliere milioni di clandestini? Le elezioni USA sono state regolari o truccate? La UE è davvero l'incarnazione del bene? Su queste cose NON si possono esprimere pareri diversi da ciò che i padroni del Webb hanno stabilito. Se esprimi opinioni che a loro non piacciono sei “razzista, sessista, sovranista, omofobo”, in una parola...”fascista”. E ti tappano la bocca.
La distanza fra virtuale e reale, paese legale e paese reale si fa ogni giorno più ampia, rischia di diventare frattura insanabile. E se diventa tale le conseguenze saranno tragiche. E non basteranno a fermarle tutte le palle dei TG di regime, tutti i blocchi e gli oscuramenti dei padroni della rete.

lunedì 11 gennaio 2021

USA ADDIO?

 


Quello che è in corso in questi giorni ed in queste ore negli USA è un autentico colpo di stato, la distruzione sistematica delle regole base della democrazia.
Non paghi di aver chiuso le pagine del presidente Trump i padroni del Webb hanno preso d'assalto Parler, un social in cui sono confluiti molti seguaci del presidente. Da oggi non è possibile collegarsi a Parler tramite Google. Non solo, Amazon si rifiuta di vendere i suoi prodotti a Parler.
Si tratta di fatti di una gravità inaudita. Un po' come se un edicolante si rifiutasse di vendere i giornali che non gli piacciono o un panettiere non vendesse il pane a Tizio perché questi ha idee che lui non condivide. Una mostruosità, una aberrazione intollerabile. Qualcuno riesce ad immaginare cosa sarebbe successo se Berlusconi, quando era ancora il “nemico del popolo”, avesse detto: sulle MIE TV parla solo chi voglio io? Ecco, proviamo a pensarci.
Il discorso sulla “privatezza” dei social sorvola tra l'altro su un particolare di fondamentale importanza: i social NON sono considerati case editrici, quindi NON sono responsabili per ciò in essi viene pubblicato. I social sono considerati aziende telefoniche che, ovviamente, non possono essere considerate responsabili delle conversazioni fra gli utenti. Ma, proprio per questo, i social non dovrebbero avere il potere di censurare nessuno. Una casa editrice non è obbligata a pubblicare le opere di Tizio o Caio, una società telefonica non può impedirmi di dire ciò che voglio quando uso il telefono.
I social invece godono della irresponsabilità che spetta alle compagnie telefoniche ed insieme si arrogano il diritto di tappare la bocca a chi vogliono. NON, attenzione, se sospettano che qualcuno prepari azioni criminali, in questo caso la sospensione dovrebbe essere accompagnata da una denuncia alla polizia postale, semplicemente se esprime idee e pareri che ai padroni del Webb non piacciono.
Ci troviamo di fronte alla situazione folle che consente a dei privati stabilire chi può parlare e chi no, fissare i paletti che separano chi è dentro da chi è fuori dalla normale dialettica democratica. Questi paletti li possono fissare solo le COSTITUZIONI, non le regole dei social, non gli Zuckergerg di mezzo mondo.
Oramai non si tratta più di essere favorevoli a Trump o a Biden. Il vero problema non è la presidenza, che pure Trump si è visto RUBARE. Si tratta della sopravvivenza della democrazia. Quello che sta avvenendo egli USA è un attacco alla democrazia, un atto di guerra civile, per ora solo virtuale. Ma a volte il virtuale diventa reale. Con esiti tragici, che ogni persona di buon senso dovrebbe cercare di evitare.
Se la deriva autoritaria in corso non sarà bloccata al più presto potremo dire, con grande rimpianto, che gli USA NON SONO PIU' la grande democrazia liberale che in tanti abbiamo amato.

domenica 10 gennaio 2021

 STUPIDI E PIENI DI ODIO

Negli USA i dem non demordono. Guidati dall'intrepida Nancy Pelosi sembrano fermamente intenzionati a chiedere l'impeachment per Trump. Siamo al terzo tentativo. Il primo, per il ridicolo russiagate si arenò prima ancora di giungere in parlamento, il secondo fu bocciato dal senato, il terzo arriva a NOVE GIORNI dalla scadenza del mandato di Trump.
Ogni persona normale non può non chiedersi: “che senso ha un impeachment a nove giorni dalla scadenza del mandato”? La risposta è semplice. Se l'impeachemen passasse Trump non potrebbe in futuro ricandidarsi e sarebbe escluso da ogni incarico pubblico. Trump deve essere cancellato per sempre dalla vita pubblica americana. E' già sottoposto ad una censura indecente, ma non basta. L'orco ha il pessimo vizio di parlare, anzi, di urlare e trova comunque canali di comunicazione. Allora bisogna impedirgli una eventuale ricandidatura, proibirgli ogni carica pubblica, cancellarlo dalla vita politica. Se potessero lo eliminerebbero fisicamente, chissà che a qualcuno non venga in mente di mettere in atto quello che molto probabilmente è il desiderio segreto di tanti estremisti liberal.
Perché tanta furia? Semplice. Perché sanno che Trump non è affatto un orco isolato e folle. Sanno di NON averlo sconfitto democraticamente col voto, sano che rappresenta una parte importante, di enormi dimensioni della società americana, per questo lo temono.
Ma come tutti coloro che vivono solo di odio sono stupidi, oltre che politicamente inqualificabili.

Perché possono anche impedire a Trump una eventuale ricandidatura, ma di certo non possono cancellare le esigenze di quanti lo hanno votato. Qualche estremista liberal vorrebbe probabilmente rinchiuderli i 75 in una sorta di nuova riserva indiana, ma la cosa appare difficile anche per loro. E se l'impeachment passasse avrebbe come unico risultato quello di trasformare Trump in un eroe.
Il problema è che gli estremisti dem sono DAVVERO stupidi. E le loro azioni stupide esconsiderate porteranno solo ad una ulteriore radicalizzazione dello scontro politico negli USA.

sabato 9 gennaio 2021

LEGALITA', LEGGE E GIUSTIZIA

 John Locke - Wikipedia

Non tutti gli argomenti di coloro che addebitano quasi esclusivamente la Trump la situazione drammatica che gli USA stanno attraversando sono da giudicare faziosi o ipocriti. Certo, c'è moltissima ipocrisia e faziosità negli strilli di chi, dopo aver applaudito alle violenze inaudite dei BLM, si dice indignato per l'assalto al parlamento messo in atto da un branco di imbecilli facinorosi, fra cui molto probabilmente si nascondevano fior di provocatori. Alcune argomentazioni dei critici di Trump vanno però prese sul serio ed esaminate in maniera pacata e razionale.
Una soprattutto mi sembra degna di esser considerata con attenzione.
Esistono le leggi, dicono alcune persone di provata buona fede, ed alle leggi bisogna obbedire, anche quando non ci piacciono. Se si ritiene di esser stati vittime di ingiustizie o brogli ci sono i canali legali cui ricorrere per far valere le proprie buone ragioni. Se i ricorsi che si sono presentati vengono respinti non si può, e non si deve, far altro che accettare il loro verdetto. Se non lo si fa si entra in un circuito pericolosissimo che può sfociare in una guerra civile. E le persone ragionevoli dovrebbero, devono, fare di tutto per evitare una simile deriva. Trump non lo ha fatto, quindi, quale che sia il giudizio, magari anche in parte positivo, sulla sua presidenza, va condannato. Il presidente si è comportato in maniera irresponsabile, e non può essere concesso al presidente degli USA di comportarsi da irresponsabile.
Espresso in questi termini generali l'argomento mi sembra condivisibile, però... però le argomentazioni troppo generali non sono mai interamente soddisfacenti, non rispondono a molte legittime obiezioni. Vediamo un po'.

Locke e Kant

Come si sa il grande filosofo liberale John Locke teorizzò il diritto alla resistenza. Quando i poteri dello stato, governo o corpo legislativo, prendono misure che attentano alla vita, alla libertà ed agli averi dei cittadini questi hanno diritto di resistere; non sempre si è tenuti a rispettare le leggi. Se una legge o, a maggior ragione, una misura amministrativa ledono i diritti fondamentali degli esseri umani questi hanno diritto di opporsi, anche con la forza, a simili misure.
Kant era in disaccordo con il filosofo inglese. Per il prussiano il diritto alla resistenza è una autentica contraddizione in termini. Come può una legge concedere ai cittadini il diritto di non obbedire a se stessa? Siamo di fronte ad un evidente paradosso. Il diritto alla resistenza inoltre, se messo in atto, porterebbe ad una situazione di caos permanente. E' pensabile che ogni cittadino si riservi il diritto di obbedire o meno ad una legge? Basta porsi la domanda per avere la risposta.
Il contrasto fra Locke e Kant però è, forse, più apparente che reale. Quando parla di “diritto di resistenza” Locke non si riferisce al diritto
legale, non ha in mente una legge che comandi la disobbedienza alla legge. Il diritto di resistenza è un diritto etico, morale. E' giusto opporsi alla legge quando questa viola qualcosa che è più basilare della legge stessa e a cui ogni legge deve attenersi se vuole davvero esser tale: il diritto naturale. Ogni essere umano ha, in quanto tale, alcuni diritti fondamentali che le leggi devono rispettare e garantire. Quando questo non avviene si può resistere alle leggi, non perché queste consentano la resistenza, ma perché è giusto farlo. Se posta in questi termini la questione il contrasto fra Locke e Kant diventa subito assai meno radicale di quanto possa apparire a prima vista. Anche Kant infatti mette qualcosa sopra la legge: l'imperativo categorico a cui tutti gli esseri morali hanno il dovere incondizionato di obbedire.

Legge e giustizia

Non è il caso di approfondire qui il discorso sul giusnaturalismo di Locke e l'imperativo kantiano; su questo argomento sono scorsi i classici fiumi di inchiostro, affrontarlo con la dovuta profondità esula dagli scopi di questo modestissimo lavoro e travalica le forze di chi scrive.
Locke non era un pericoloso eversivo. Era una persona moderata, osservante delle leggi e non aveva la minima intenzione di incitare qualcuno alla rivolta. Il suo diritto alla resistenza pone però un problema enorme ed attuale: quello del
rapporto fra legge e giustizia.
Si deve obbedire alle leggi, in linea di massima questo è vero, ma... che fare quando le leggi a cui si deve obbedire sono palesemente ingiuste?
Anche le peggiori tirannidi totalitarie hanno un simulacro di leggi. E' vero che i tiranni sono i primi a violare le loro stesse leggi, ma queste comunque esistono perché conferiscono un minimo di legalità al potere arbitrario e, soprattutto, assicurano un certo ardine alle organizzazioni totalitarie.
Ci sono leggi, o loro simulacri, più o meno ovunque, ma sono, in quanto leggi, sempre e comunque
giuste? Difficile sostenerlo. In fondo anche le leggi di Norimberga erano leggi. Ed era legge il codice penale staliniano che Solgenicyn sottopone a minuziosa analisi in “arcipelago Gulag”. Quel codice fu la base su cui si edificarono crimini mostruosi.
E non solo legge e giustizia non coincidono, esiste anche il caso di leggi giuste, la cui applicazione, perfettamente regolare, ha portato a clamorose ingiustizie.
Socrate considerava giuste le leggi della cui violazione era accusato ed il processo a Socrate fu condotto in maniera del formalmente regolare. Ma la condanna di Socrate è una delle grandi ingiustizie della storia. Considerazioni analoghe possono farsi per Sacco e Vanzetti o per caso Dreyfus. Il militare francese non sognava neppure di negare il carattere criminale del tradimento ed il suo processo fu formalmente, solo formalmente, regolare, ma la sua condanna clamorosamente ingiusta. Venendo a tempi più recenti e a casi meno drammatici le inchieste a raffica che Silvio Berlusconi ha dovuto subire per oltre venti anni non erano illegali. Formalmente i PM che hanno letteralmente braccato il cavaliere non hanno commesso alcun reato. La loro azione tuttavia, formalmente legale, comunque mai sottoposta neppure ad indagine, è stata quanto di più ingiusto sia avvenuto nella storia italiana recente. Si potrebbe continuare molto, molto a lungo.
Legge e giustizia non coincidono, come non coincidono giustizia ed applicazione della legge, giustizia e sentenze, giustizia e regolarità formale di processi, inchieste, indagini.

Guerra civile?

A volte si deve resistere alle leggi, protestare contro sentenze, inchieste, indagini in cui, al di la della regolarità formale, si palesa una faziosità di fondo. Ma... cosa innesca una simile situazione? Inutile nascondersi dietro ad un dito. L'obbedienza alla legge è condizione primaria della coesione sociale. Se disobbedire alla legge diventa pratica di massa la coesione sociale si spezza ed un paese rischia di precipitare nella guerra civile.
Si, le cose stanno così. A volte disobbedire alle leggi è necessario, ma bisogna esser ben consapevoli di cosa si rischia in casi simili. Le guerre civili sono qualcosa di tragico ma a volte nella storia sono diventate tragicamente necessarie.
“l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire”.
Così recita la
dichiarazione e di indipendenza degli Stati Uniti d'America. I padri fondatori non cercarono qualche cavillo che potesse conferir loro la autorità legale di staccarsi dalla madre patria. Contrapposero il diritto naturale alla legalità, ed agirono di conseguenza.
In effetti gli Stati Uniti sono nati da una ribellione quanto meno simile ad una guerra civile ed hanno subito una guerra civile autentica, terribile, sanguinosissima. Era possibile evitarla? Forse, di certo è parte integrante della loro storia.

Possono esserci guerre civili nella storia di grandi paesi. Le responsabilità in questi casi sono in primo luogo di chi fa leggi ingiuste o si comporta ingiustamente. Il discorso sulle responsabilità però può avere una importanza secondaria, tutto sommato. Il vero punto importante è un altro. Le guerre civili sono una tragedia, quindi occorre porsi la domanda: è possibile evitarle anche quando si è costretti a resistere a leggi ingiuste, protestare contro indagini e sentenze inique, denunciare brogli elettorali clamorosi? La mia risposta è
SI. E' possibile evitarle e comunque occorre operare in questo senso.
Non è vero che di fronte ad una legge ingiusta, o a processi ed indagini farsa, o a brogli l'unica via percorribile sia quella della disobbedienza alla legge. Il lockiano diritto alla resistenza non porta necessariamente allo scontro frontale col potere. Fino a che in un paese sono garantite le fondamentali libertà democratiche e i basilari diritti umani su può lottare pacificamente, restando nella legalità contro leggi ingiuste. Questa è la fondamentale differenza fra l'occidente di oggi e paesi come l'URSS di Stalin o la Germania nazista.
Viene proposta una legge ingiusta? Si cerca di bloccarla in parlamento, la si denuncia alla pubblica opinione. Se passa si organizza un referendum abrogativo, si fa ricorso alla corte costituzionale, si scende pacificamente in piazza per protestare (scendere in piazza è
perfettamente legale). I mezzi ci sono, basta avere la volontà di cercarli ed usarli. Prima di alzare le braccia e porre tutti di fronte alla alternativa disastrosa: o accettare enormi, clamorose ingiustizie o iniziare a sparare, si ha il dovere morale, oltre e prima che politico, di lottare pacificamente restando nella legalità, Si può far ricorso a soluzioni diverse solo se ci si è letteralmente trascinati per i capelli da un potere tanto arrogante quanto stupido e sconsiderato. In questo caso sue e solo sue saranno le responsabilità del dramma.

Veniamo all'oggi

Non nascondiamoci dietro ad un dito. Tutti i discorsi fatti sinora rimandano alla drammatica situazione che gli USA stanno vivendo in questo periodo.
Trump si è messo fuori dalla legalità affermano in molti. Non ha accettato il risultato elettorale ed ha contestato i verdetti delle corti. Ha denunciato brogli che non esistevano ed eccitato gli animi. Lui è il responsabile di tutto.
La cosa che stupisce in molti discorsi è questa: si afferma che Trump ha perso le elezioni perché questo hanno detto le autorità dei vari stati. In realtà non tutte e autorità si sono dette d'accordo sulla sconfitta di Trump: i parlamenti dei sei stati contestati sono entrati in rotta di collisione coi rispettivi governatori e ben 20 stati hanno fatto ricorso alla corte suprema sulla questione della Pensilvanya. Questi però in fondo sono dettagli. Ad essere inaccettabile è la logica del ragionamento: Trump ha perso perché così hanno stabilito le autorità. Un po' come dire: “c'è rigore quando l'arbitro lo fischia”, oppure, per passare a cose meno frivole: il capitano Dreyfus era colpevole perché il tribunale militare lo ha ritenuto tale. La giustizia coincide a priori con la legge e la legge coi verdetti. Verità legale e verità di fatto vengono ad identificarsi.
Considerazioni simili possono farsi per i verdetti delle corti: i brogli non esistevano perché le corti si sono rifiutate di prendere in esame le prove che i legali di Trump avevano presentato. Lo stesso caso di prima: Dreyfus, e Socrate, e Sacco e Vanzetti e tantissimi altri erano colpevoli perché i tribunali li hanno ritenuti tali. Anzi, il caso di di Trump è ancora più clamoroso. Perché, ad esempio nel caso Dreyfus un tribunale ha almeno ascoltato dei testi, esaminato delle prove. Nel caso dei ricorsi di Trump
NO: sono stati in larga misura respinti per motivi procedurali. I giudici potevano respingerli, ovviamente, ma potevano anche non farlo ed esaminare lo sterminato materiale probatorio in mano ai legali di Trump. Hanno scelto di non farlo, di tirarsi indietro e lavarsene le mani, ma la loro scelta può essere criticata di fronte alla pubblica opinione.

Trump ha presentato ricorsi su ricorsi, tutti respinti. I parlamenti di vari stati hanno ascoltato dei testi ed esaminato alcune prove e, caso strano, questi parlamenti hanno contestato la scelta dei governatori, favorevole a Biden. Visto che la situazione non si sboccava Trump ha fatto appello alla pubblica opinione: ha denunciato quella che gli sembrava una ingiustizia enorme di cui erano vittima, prima di lui, i 75 milioni di americani che lo avevano votato. Infine è sceso in piazza. E' “sovversivo” tutto questo? Se lo fosse sarebbe stato sovversivo il “j'accuse” di Zola , sarebbero state sovversive la manifestazioni di piazza a favore di sacco e Vanzetti, sarebbero state sovversive le innumerevoli denunce di Berlusconi contro la magistratura politicizzata.
In realtà Trump non ha fatto altre che ricorrere a tutti i mezzi
pacifici e legali che in una democrazia un cittadino ha a disposizione per far fronte a quella che ritiene, ed i effetti E', una enorme ingiustizia. Ha cercato di sanare quella contraddizione fra legge e giustizia cui hanno dedicato grande attenzione fior di pensatori e che è presente nella stessa dichiarazione di indipendenza degli Stati uniti d'America.

Ora è in corso un tentativo chiaro, smaccato di
cancellare Trump, cancellare non (per ora) nel senso di incarcerarlo o eliminarlo fisicamente. Nel senso di ridurlo al totale silenzio, precludergli il diritto alla parola, imporgli, per farla breve, la morte civile. Stessa sorte deve toccare alla presidenza Trump. I quattro anni durante i quali Trump è stato presidente vanno cancellati dalla storia, Si è trattato di una infernale parentesi che va dimenticata, rimossa. La presidenza Trump non è, orwellianamente, mai esistita. E stessa sorte deve toccare infine a quella parte enorme della popolazione americana che in Trump ha creduto e crede, in misura più o meno ampia. Si tratta di una massa di zoticoni ignoranti. Sessisti, razzisti, fascisti da ridurre al silenzio e sacrificare alle esigenze della mondializzazione. Se ci stanno con le buone bene, altrimenti li si ridurrà alla ragione con altri mezzi. Non ci vuole molto per capire che un simile atteggiamento porta, questo si, alla guerra civile. Perché si potranno giudicare come si vuole Trump ed il trumpismo ma una cosa è certa: questo è molto diffuso nella società americana e non solo, comprende strati sociali vasti ed importanti, esprime interessi, idee, valori, aspirazioni di moltissima gente. Pensare che questi possano essere calpestati senza che vi sia una reazione molto forte è pura follia. E porta a situazioni tragiche.
Chi oggi è sostanzialmente fuori dalla legalità sono le Nancy Pelosi e gli Zuckerberg. Quando la speaker della camera dei rappresentanti chiede l'impeachement per Trump ad 11 giorni dalla scadenza del mandato perché, afferma, in questi 11 giorni Trump potrebbe scatenare una guerra nucleare si è del tutto fuori da ogni normalità istituzionale. L'odio politicamente corretto diventa pura follia.
La situazione è grave e potrebbe degenerare. Spero che questo non succeda e che vengano ripristinate al più presto le condizioni di una lotta politica civile. Negli stati Uniti ma non solo. Se no gli esiti della crisi in cui l'occidente versa potrebbero davvero essere disastrosi.

mercoledì 6 gennaio 2021

IL SESSO, ED IL PARTICOLARE, NEGATI

 

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Continua l'attacco politicamente corretto al linguaggio, alla storia ed al buonsenso. Omero va ad aggiungersi ai tanti uomini illustri da cancellare dalla storia in quanto “razzisti”. La parola “Amen” sarebbe “maschilista” e va sostituita, o affiancata, dalla “inclusiva” Awomen. Non è improbabile che la preghiera “padre nostro” sia bollata di sessismo e sostituita da “madre nostra”. Intanto al congresso americano i dem, non paghi dei furti elettorali in cui pare stiano diventando maestri, discutono di nomi e pronomi. “Lui” e “lei” non sarebbero sufficientemente “inclusivi” e vanno sostituiti da “loro”. Il termine “madre” è pericolosamente sessista e non va usato. Meglio genitore uno (o due).
Dietro a questa follia ci sono molti fattori: la pretesa di “riformare” il linguaggio a suon di decreti, il vezzo di giudicare opere letterarie e personaggi vissuti secoli o millenni fa in maniera del tutto avulsa dal loro contesto storico, l'odio dell'occidente nei confronti di se stesso. Fattori che si collegano tutti, in maniera più o meno mediata, a quella che possiamo chiamare ideologia della non differenza. Sessi, razze, nazioni, culture, civiltà non esistono. Si tratta di stereotipi, costrutti sociali, armi ideologiche al servizio del “potere”. Essere, ad esempio, maschio o femmina non contribuisce più a definire l'identità degli esseri umani, decade a loro caratteristica secondaria se non a scelta inessenziale. Essere maschi o femmine è un po' come essere biondi o bruni, o comprare mele o pere al supermercato. Qualcosa di secondario, accidentale, addirittura frivolo.
Esiste però una contraddizione macroscopica in queste teorizzazioni deliranti. Gli stessi che negano l'esistenza, ad esempio, dei sessi pretendono “quote rosa” un po' ovunque. In parlamento, nei consigli di amministrazione di grandi aziende, nei posti di primario di grandi ospedali ci devono essere un certo numero di donne. La cosa appare alquanto strana: se i sessi non esistono perché mai chiedere la presenza di donne in vari prestigiosi posti di lavoro? Se essere maschi o femmine è qualcosa di inessenziale perché mai protestare se, ad esempio, in parlamento ci sono troppo poche femmine? E' abbastanza contraddittorio chiedere una maggior rappresentanza per le esponenti di qualcosa che non esiste o che ha comunque una importanza del tutto secondaria.
Una simile contraddizione merita di essere approfondita.

Il liberalismo non nega l'importanza delle particolarità che caratterizzano ognuno di noi, non riduce gli esseri umani a pure astrazioni, esangui fantasmi privi di sesso, cultura, storia, in una parola, identità. La libertà liberale riguarda gli esseri umani concreti, non le loro astrazioni. Quando si dice che tutti gli esseri umani hanno la stessa dignità ci si riferisce, appunto, a persone portatrici ognuna delle sue caratteristiche naturali, sociali e culturali.
Pur non negandone l'importanza il liberalismo però non vede, non vuole vedere, in certi casi le particolarità. Si tratta di tutti quei casi in cui ad essere decisive non sono le particolarità ma la natura genericamente umana di ogni persona.
Se si tratta di stabilire chi rappresenta il popolo in parlamento ad essere importanti non sono il sesso o la razza dei candidati, ma i voti delle elettrici e degli elettori. Se si deve scegliere chi deve guidare un aereo, effettuare un intervento chirurgico a cuore aperto o progettare un ponte, ad essere decisive sono le competenze professionali, non la nazionalità, il sesso o la razza. Più in generale il rispetto cui ognuno di noi ha diritto non è collegato ad alcuna delle nostre particolarità. Io ho diritto al rispetto, ed ho il dovere di rispettare i miei simili, in quanto essere umano, non in quanto italiano, bianco od occidentale.
Nel liberalismo quindi convivono, ognuno nel suo ambito, il rispetto del particolare e l'importanza dell'universale. L'ideologia della non differenza opera invece un completo ribaltamento di questi termini. Distrugge il particolare in nome di un universalismo fasullo e distrugge l'universalismo vero sostituendolo col particolarismo separatista. Vediamo di approfondire il discorso.

Fermiamoci solo al caso dei sessi. Lo si è già detto: se l'ideologia della non differenza fosse corretta nessuno dovrebbe protestare per la scarsa presenza di donne nelle istituzioni. Se il sesso non ha importanza non ha senso alcuno lamentarsi perché un sesso è poco presente in questa o quella istituzione. La situazione attuale dovrebbe andar benissimo a tutti (e a tutte).
I teorici della non differenza però non sono contenti della situazione attuale, ed in questo nelle loro teorizzazioni c'è un grumo di verità, quello stesso presente in tutte le menzogne. La situazione attuale è infatti lontana dal realizzare in concreto quella eguaglianza di diritti e doveri fra i sessi che viene giustamente richiesta dai sostenitori dei valori democratici e liberali.
Sono noti i rimedi che i sostenitori di tali valori propongono per migliorare la situazione: lotta senza quartiere alle discriminazioni, misure economiche e normative per permettere il pieno inserimento, a tutti i livelli, delle donne nel mercato del lavoro: permessi per maternità, allattamento, asili nido, piena parità economica.
Ma ai teorici della non differenza tutto questo non basta. Non solo non è sufficiente, ma appare addirittura negativo. Chiedere ad esempio permessi per allattamento e maternità significa eternizzare il ruolo femminile, considerare la donna principalmente come madre, e nulla è tanto lontano dalla non differenza quanto la banale constatazione che le donne sono tali proprio perché occupano una certa posizione nel processo di riproduzione della specie. Il democratico liberale riconosce l'importanza del ruolo di madre e vuole renderlo pienamente compatibile con l'inserimento a tutti i livelli della donna nel mercato del lavoro, la femminista radicale ed il teorico della non differenza negano questo ruolo. Non esistono padri e madri, solo genitori uno e due!
Così, per rendere “effettiva” la scomparsa dei sessi i teorici della non differenza non fanno altro che richiedere ovunque quote paritarie fra i sessi. I sessi non esistono, “quindi” (QUINDI!!!) maschi e femmine devono essere paritariamente presenti in tutto (tranne che nelle carceri). Una miscela perfettamente equilibrata di maschi e femmine diventa l'ideale di chi nega rilevanza alcuna all'essere maschio o femmina. Si tratta con tutta evidenza di un non senso logico, ma la logica, lo sanno tutti, è “maschile”...
Le conseguenze di questa follia sono sotto gli occhi di tutti. L'universalismo fasullo di chi nega le particolarità diventa separatismo, questo si sessista! La particolarità femminile viene negata laddove ha un valore essenziale: nel processo di riproduzione della specie umana, e viene affermata a scapito del vero universalismo, laddove essa non ha, non deve avere, valore alcuno. Nello stabilire che siede in parlamento o effettua un intervento chirurgico contano, val la pena di ripeterlo, non il sesso ma le doti professionali di donne e uomini, o i voti delle elettrici e degli elettori.

La follia di simili posizioni risulta ancora più chiara se pensiamo ad una immaginaria competizione sportiva.
Nello sport le particolarità sessuali contano, infatti quasi tutte le competizioni sono divise in maschili e femminili.
Poniamo che un coerente teorico della non differenza contesti tale divisione. Il sesso non conta, afferma con lucida, e folle, coerenza, quindi maschi e femmine devono gareggiare fra loro, poniamo, nella gara dei cento metri piani.
Se una simile proposta fosse accolta i vincitori però sarebbero quasi sempre di sesso maschile. Non lo dico io, lo dicono i tempi fatti riscontrare su questa distanza da atleti maschi e femmine.
Per il politicamente corretto tutto questo però sarebbe  altamente “discriminatorio”. Così, per sanare questa “discriminazione”, cosa fa? Propone che la vittoria venga assegnata, a turno, ad un atleta maschio e ad una atleta femmina. La particolarità viene negata laddove questa è della massima importanza, all'inizio della gara, facendo gareggiare fra loro maschi e femmine, e viene affermata laddove essa non può avere importanza alcuna: nella assegnazione della vittoria.
Nello sport tutto questo non accade, per ora, ma sta iniziando ad accadere in altri campi, nei concorsi letterari o cinematografici ad esempio, se non nei concorsi tout court. E ciò che si è detto del sesso può essere esteso ad altre particolarità negate dai fanatici del politicamente corretto: razziali, etniche, culturali. Ovunque la stessa schizofrenia: si nega la particolarità laddove essa è importante e la si afferma laddove non ha né deve avere importanza alcuna. L'universalismo fasullo si sposa col separatismo tribale, la negazione del sesso diventa ossessione sessuale. Tutto viene sessualizzato, comprese le preghiere e le benedizioni.
L'ultima follia di una civiltà sempre più in crisi.