martedì 28 novembre 2017

LA FINE DELLA VERITA' E LE FAKE NEWS

C'è qualcosa di paradossale nella polemica contro le fake news. Ed è che proprio negli ambienti in cui questa polemica è più forte il concetto stesso di verità è radicalmente contestato.
La religione dell'occidente politicamente corretto è il relativismo. Non il relativismo in senso debole, che sottolinea l'influenza del contesto socio culturale sul pensare e l'agire dell'uomo. Non quel positivo relativismo che è sinonimo di pluralismo. No, il relativismo in senso forte, quello che nega l'esistenza di una razionalità genericamente umana e di valori in grado, almeno potenzialmente, di interessare gli esseri umani in quanto tali.
Marx aveva a suo tempo affermato che “le idee dominanti sono le idee della classe dominante” e che è l'essere sociale degli uomini a determinarne la coscienza. Ed aveva in questo modo inferto un colpo durissimo al concetto stesso di verità. I contestatori del '68 sono andati oltre Marx. Ad essere travolto dalla “contestazione” è stato il pensiero scientifico, cui Marx cercava di restare agganciato. La fisica matematica, la medicina, l'idea stessa di un mondo reale diverso dal soggetto conoscente è stata irrisa come “pregiudizio borghese”. L'oggettività del mondo è un riflesso della alienazione borghese, si diceva negli anni 70 del secolo scorso. Lo ricordo bene...

E oggi le cose vanno anche peggio. Altro che influenza del quadro sociale sul pensiero! La differenza sessuale, le differenze fra le culture ed il diverso valore etico di certi usi e costumi rispetto ad altri, uragani, maremoti e terremoti, differenza ontologica fra uomo ed animali... tutto perde la sua oggettività, diventa “costrutto sociale”. I bambini hanno un padre ed una madre, lapidare una adultera è criminale, i disastri naturali sono sempre esistiti ed hanno prima di tutto cause naturali, la vita di un bambino vale più di quella di un toporagno o di un tonno, i vaccini salvano moltissime vite umane... affermazioni che un tempo nessuno si sognava di contestare vengono oggi presentate come segno di dipendenza  rispetto alla “cultura dominante” (quale cultura, quale dominio?).
Il mondo reale, la natura, quella autentica, non esistono più. Esistono i “costrutti”, gli “stereotipi” sessuali, culturali, sociali. Parlare di verità in un mondo simile è impossibile. Diceva Aristotele che la verità è corrispondenza fra pensiero ed essere. Dopo circa ventitre secoli il logico polacco Alfred Tarski afferma che L'enunciato “P” è vero se e solo se p. L'enunciato “la neve è bianca” (con le virgolette) è vero se e solo se la neve è bianca (senza virgolette). E' possibile parlare in questi termini di verità, e quindi di falsità,  se si accettano le teorie  sui “costrutti”? NO. Nella migliore delle ipotesi si può parlare di tante verità, tante quanti sono i “costrutti” o gli “stereotipi”.
Ognuno ha la sua verità e se la tiene ben stretta. E tutte sono vere ed, insieme, sono tutte false. Non è una idea nuova. La elaborò per primo un certo Protagora, ed il Socrate platonico la sottopose ad una critica acutissima.
Ma Protagora non si invento le “fake news” e neppure Marx se le inventò, e neppure gli scettici moderni, e neppure gli attuali post moderni più seri. Sono troppo intelligenti per non capire che se il vero non esiste non esiste neppure il falso, quindi non possono esistere notizie false. Il loro scetticismo è nichilistico, ma non fino al punto di teorizzare, insieme, la fine del reale, il superamento della verità e la lotta alle fake news.
Questo capolavoro riesce solo ai buffoni che infestano la politica italiaca, e non solo.

domenica 26 novembre 2017

EGITTO

“Il mondo islamico non può più essere percepito come fonte di ansia, pericolo, morte e distruzione per il resto dell'umanità. Le guide religiose dell'Islam devono uscire da se stesse e favorire una rivoluzione religiosa per sradicare il fanatismo e rimpiazzarlo con una versione più illuminata del mondo. (…)
I processi innescati dalla perversione islamista vanno bloccati. E' mai possibile che un miliardo e seicento milioni di persone possano mai pensare di riuscire a vivere solo se eliminano il resto dei sette miliardi di abitanti del mondo? No, è impossibile!”

Chi ha detto queste cose? Marine le Pen? Matteo Salvini? Donald Trump? No, le ha dette nel giugno del 2009, dinnanzi ai dotti della università di Azhar, Fattah al Sisi, presidente dell'Egitto.
Un abisso separa le parole di Al Sisi dai belati degli occidentali politicamente corretti. Il presidente egiziano non afferma che il terrorismo sarebbe estraneo all'Islam, come hanno fatto e fanno uno stuolo di personaggi che vanno da Barack Obama a Federica Mogherini a papa Francesco. Non tira in ballo le crociate o il colonialismo, e neppure i ghetti e l'islamofobia. Non contrappone i terroristi, piccoli gruppi di fanatici privi di seguito, alla massa dei fedeli islamici, al contrario dice chiaramente che dentro questa massa il germe del fondamentalismo fanatico ha messo solide radici. Al Sisi afferma in un'altra parte del suo discorso che l'Islam “autentico” è altra cosa dal fanatismo terrorista, ma aggiunge che per farlo emergere occorre nientemeno che una rivoluzione religiosa. In bocca ad un uomo politico europeo o americano queste parole verrebbero subito bollate come “manifestazione di islamofobia”. Così va il mondo...

L'Egitto è stato per lungo tempo la punta di diamante del fanatismo anti occidentale ed anti israeliano. Ha fatto almeno tre guerre contro Israele, la crisi di Suez, la guerra dei sei giorni e la guerra del Kippur, subendo sempre clamorose sconfitte. Alla fine Sadat, a suo tempo fedelissimo di Nasser, ha avuto il coraggio di assumere un atteggiamento realistico. Ha guardato ai veri interessi del suo popolo ed ha firmato la pace con Israele. L'Egitto ha riconosciuto diplomaticamente lo stato ebraico ed ha riavuto in cambio il Sinai, che aveva perso nella guerra dei sei giorni, un evento praticamente unico nella storia che molti occidentali dimenticano, quando parlano dei famosi “territori occupati”.
Sadat ha pagato con la vita il suo coraggio, ma da allora è stata pace fra Egitto ed Israele. E con Al Sisi l'Egitto ha iniziato una politica di collaborazione con lo stato ebraico finalizzata alla lotta al terrorismo. Per farla breve, se esiste in medio oriente uno stato con cui val la pena di dialogare e collaborare questo è proprio l'Egitto di Al Sisi.
Ma è proprio questo stato ad essere da tempo nel mirino degli occidentali “dialoganti”. L'Egitto di Al Sisi non è una vera democrazia, ripetono continuamente questi personaggi. Al Sisi ha compiuto un autentico golpe contro i fratelli musulmani che a suo tempo vinsero le elezioni, aggiungono. Certo, l'Egitto non è una "vera" democrazia, ma, Israele a parte, esistono forse “vere” democrazie in medio oriente? Quanto ai fratelli musulmani, è vero, vinsero le elezioni, ma nelle “vere” democrazie una forza che vince alle elezioni ha diritto di governare, non di eliminare le opposizioni.
Ma tutto questo conta poco per certi occidentali. Per loro si può dialogare con tutti, qualcuno fra gli incredibili “5 stelle” ha addirittura teorizzato che i terroristi dell'ISIS dovrebbero essere promossi al rango di “interlocutori”, ma non con l'Egitto di Al Sisi. Di fronte al presidente egiziano tutti si ricordano dei principi della democrazia liberale. Che bravi!
L'Italia poi! Ha assunto con l'Egitto di Al Sisi un atteggiamento durissimo, mai assunto nei confronti delle peggiori dittature teocratiche. C'era di mezzo il caso Regeni, è vero, ma il caso dei due marò, di fatto sequestrati dal governo e dalla magistratura indiane, non ha provocato conseguenze simili nei rapporti Italia India, mi pare.

L'Egitto è un po' la cartina di tornasole di tutte le ipocrisie, le paure, le viltà dell'occidente politicamente corretto. Gli occidentali “buoni” condannano senza riserve Al Sisi non per il suo autoritarismo, ma per la fermezza che dimostra nei confronti del terrorismo fondamentalista. L'Egitto piace poco ai "dialoganti" perché il dialogo con l'Egitto rende molto difficile qualsiasi apertura, compiacenza o giustificazionismo nei confronti del fondamentalismo islamico.
Per questo le parole di cordoglio dopo l'ultimo, rivoltante attentato perpetrato in quel paese suonano non sincere, ipocrite. Come i minuti di silenzio, i palloncini, i gessetti colorati, i lumini e i fiori.

martedì 21 novembre 2017

IL NATALE E I PRESUNTUOSI ARROGANTI

Mi è capitato di leggere queste parole, rivolte, sulla sua pagina, ad un mio amico di FB:

“io faccio lo scrittore e I miei libri sono venduti da Mondadori, Feltrinelli ecc...Inoltre sono autore e conduttore su Rai 1 quindi mi sa che stavolta lei abbia "sbattuto male". Di solito non rispondo a gente riottosa ed ignorante ma stavolta faccio uno sforzo e mi chiudo il naso per non sentire la puzza del dogma e dell' ignoranza.”

Uno scrittore! Mamma mia! Come si può non essere d'accordo, su qualsiasi argomento, con uno che pubblica con Mondadori e Feltrinelli?
Un paio di giorni fa ero in una libreria Feltrinelli. Faceva bella mostra di se sugli scaffali un libro intitolato: “l'arte della guerra”. Il suo autore però non era Sun Tzu, ma … Mike Tyson! Tyson è stato un grande pugile, ma sulle sue doti di scrittore mi permetto si nutrire alcuni piccoli dubbi. Chissà perché ne nutro altrettanti sulle doti di questo presuntuoso signore.
Quanto al conduttore RAI... da secoli guardo pochissimo o non guardo affatto i programmi RAI. Ho avuto una ulteriore conferma che faccio bene.

Ma su cosa dibattevano questo signore ed il mio amico? Presto detto. Il grande scrittore sosteneva che il Natale non è una festività cristiana. Un paio di millenni fa infatti in una data prossima all'attuale 25 dicembre si festeggiava la festa del “sol invictus”. E allora?
Il primo maggio è la festa del lavoro, una festa che fa parte della tradizione storica del movimento operaio. Poniamo che si scopra che 2000 anni fa si festeggiava in una data più o meno vicina all'attuale primo maggio, la festa della luna. Cosa dimostrerebbe questo? Che l'attuale primo maggio non è una festa legata alla tradizione del movimento operaio? Che la festa del lavoro è in realtà la festa della luna?
Dire che prima o poco dopo la nascita di Cristo non esistevano feste cristiane è un po' come dire che Aristotele non avrebbe mai scritto in una sua ipotetica autobiografia di essere nato il 384 AVANTI CRISTO. Bella scoperta!!!
Un tempo il Natale poteva essere una qualsiasi festa pagana. In seguito è diventato una festa cristiana e come tale OGGI lo festeggiamo NOI. E come tale fa parte della cultura di tutti noi, credenti o non credenti.
Malgrado le proteste degli scrittori e dei conducenti RAI.

venerdì 17 novembre 2017

REGALO DI NATALE

Il governo Gentiloni vuole lo Ius soli entro Natale.
La legge sulla cittadinanza NON è una legge come le altre. E' una legge fondamentale.
Assomiglia alla legge elettorale, ma è se possibile ancora più basilare di questa. La legge elettorale stabilisce quali devono essere le regole del gioco. La legge sulla cittadinanza stabilisce CHI SONO I GIOCATORI, chi ha diritto di giocare. E stabilire chi ha diritto di giocare è decisivo al fine del mantenimento di relazioni civili fra i cittadini. Se molti dei giocatori non accettano i valori fondamentali che stanno alla base di una società, questa inesorabilmente si disgrega. La dialettica politica tende a degenerare in scontro violento, privo di regole. L'anticamera della guerra civile.
Per questi motivi la legge sulla cittadinanza dovrebbe avere il consenso di una maggioranza molto ampia e trasversale. Non dovrebbe in nessun modo apparire come una imposizione e non dovrebbe contrastare con sentimenti diffusi nel paese. Ma tutti, a partire da Renzi e Gentiloni, sanno che la maggioranza degli italiani è contraria allo ius soli, o nutre su questa legge fortissime perplessità.

Il governo Gentiloni si regge su una maggioranza di transfughi, eletta grazie ad una legge dichiarata incostituzionale.
Lo Ius soli non faceva parte del programma di alcuno dei partiti che alle ultime elezioni politiche hanno chiesto la fiducia degli elettori.
Si ha intenzione di imporlo a suon di voti di fiducia.
Soprattutto, il PD vuole disperatamente questa legge per due motivi: pensa di raccattare qualche voto di “nuovi italiani” e di ricomporre il legame con le forze alla sua sinistra.
Insomma, vogliono imporre a tutti lo ius soli per cercare di costruire uno straccio di alleanza con Bersani e Speranza. Semplicemente INDECENTE!
Non dico altro.

giovedì 9 novembre 2017

TESTATE

La testata di Roberto Spada Spada al giornalista che lo stava intervistando è un atto di violenza incivile. Dal video non sembra, ma anche se il giornalista fosse stato particolarmente aggressivo la reazione di Roberto Spada sarebbe comunque ingiustificabile. Ci sono mezzi per liberarsi di un intervistatore inopportuno senza cadere in forme di violenza intollerabile.
Sferrare una testata all'improvviso, approfittando del fatto che la persona a cui è diretta ignora le tue intenzioni e non si mantiene a distanza di sicurezza è una azione tipica dei teppisti. E tanto basta, direi, per qualificare il gesto dello Spada.
Ciò detto e ribadito, non posso fare a meno di pensare a quanto spesso i media usino il metodo dei due pesi e delle due misure.
Di fronte a filmati che rappresentano scene di violenza la politica dei media è, di solito, quella della censura. Ricordo che una volta un annunciatore parlava al popolo bue della neve che cadeva copiosa in un paese del centro Italia. “Sono scesi a valle i lupi” diceva. “Ne è stato filmato uno che azzanna un cavallo. Preferiamo non mostrarvi le immagini”.
Non possiamo vedere il filmato di un lupo che azzanna un cavallo... troppo “shoccante” per noi comuni mortali! E non parliamo poi dei morti ammazzati dai vari terroristi islamici! Su loro cala una cortina di impenetrabile nebbia.
Ma per l'aggressione al giornalista le cose sono ben diverse! La violenta testata è stata mostrata innumerevoli volte, quella potevamo vederla benissimo!
Ed ancora. In Italia avvengono continuamente moltissimi atti di violenza. Treni e stazioni spesso si trasformano in terre di nessuno, dove bande di balordi attaccano la gente per bene con pugni, calci e testate, addirittura a coltellate o colpi di macete. Ma queste notiziole non conquistano le prime pagine dei giornali, o l'apertura dei vari TG. A queste non si dedicano lunghi servizi, interviste, sottili commenti sul loro senso profondo.
Come sarebbe bello se ogni tanto i media fossero equilibrati, almeno un po', nell'informare!

mercoledì 8 novembre 2017

UN PATETICO CORTEO


Russia, comunisti italiani a Mosca per i cento anni della Rivoluzione

Il centenario della rivoluzione d'ottobre è passato sotto silenzio un po' ovunque nel mondo. Proviamo a pensarci. Se qualcuno avesse chiesto a Lenin, esattamente cento anni fa: “come sarà il mondo il 7 novembre 2017?” questi avrebbe quasi certamente risposto: “sarà COMUNISTA”.
Invece cento anni dopo è la Russia a non essere più comunista. E la Cina, l'altro faro del comunismo mondiale, è una sorta di ibrido: un colosso semi liberista in economia e comunista in politica. Ultima smentita della nota teoria marxiana secondo cui la struttura economica determina la sovrastruttura politica e giuridica.
Ma quel centenario è passato quasi sotto silenzio soprattutto là dove tutto è nato: in Russia. Niente manifestazioni ufficiali. In compenso una patetica manifestazione di nostalgici venuti da mezzo mondo.
Erano presenti i seguaci del partito comunista russo, un tempo padrone assoluto del paese ed oggi minuscola accozzaglia di nostalgici dei gulag. C'erano i maoisti e i tifosi di Pol Pot. I castristi ed i trotzkisti della quarta internazionale, meglio sarebbe dire DELLE quarte internazionali, perché la creatura di Lev Davidovic Trotzky, se non ha condotto il proletariato mondiale al “vero” comunismo ha replicato se stessa innumerevoli volte.
I seguaci di leader rivoluzionari che si sono spesso e volentieri ammazzati fra loro hanno marciato tutti insieme a Mosca, uniti nel ricordo dell'Ottobre. Hanno messo nel dimenticatoio i processi farsa, le picconate nel cranio, le accuse di spionaggio, tradimento e terrorismo, le torture, le privazioni del sonno, le fucilazioni. Ed anche le guerre, le guerre fra paesi comunisti, come quella a suo tempo sfiorata fra Cina ed URSS e quelle realissime fra Cina e Vietnam, fra Vietnam e Cambogia. L'internazionalismo proletario è rinato a Mosca, nel ricordo.

Erano quasi tutti vecchiotti i manifestanti. Uomini col viso incorniciato spesso da barbe fluenti. Anziane signore dall'aria mite, con alle spalle, probabilmente, dure lotte di classe.
C'erano gli italiani ovviamente. I militanti dei minuscoli partiti comunisti del nostro paese. Tutta gente che ha vissuto un momento di gloria quando aiutò Prodi a tenere a bada il nemico del popolo per eccellenza... un tale di Arcore.
Personaggi coerenti, se non altro. Sarebbero pure simpatici questi vecchi nostalgici, se...
Se non fosse che dietro alle loro nostalgie ci sono decine di milioni di morti.
Ci sono coloro che morirono di freddo lavorando coperti di stracci nelle lande ghiacciate siberiane.
Ci sono gli ospiti dei laogai cinesi. I contadini spinti al cannibalismo in Ucraina come in Cina, come in Cambogia. Gli operai che rischiavano la fucilazione per uno sciopero. Gli intellettuali destinati ai lavori forzati per una virgola fuori posto, i dissidenti politici spediti nei manicomi criminali, i commercianti, gli artigiani, gli imprenditori, sempre e comunque  nemici del popolo. Ci sono società intere costrette a subire la più colossale operazione di chirurgia sociale di ogni tempo.

I manifestanti di Mosca non marciavano inneggiando all'idea comunista contrapposta al comunismo reale. E' insostenibile una tale contrapposizione ed i rottami del comunismo almeno questo lo sanno. In questo, solo in questo, sono meglio di tanti altri che dopo decenni di materialismo storico hanno scoperto il comunismo platonico, la bellezza dell'idea pura contrapposta al grigiore della realtà.
No, quei manifestanti esaltavano il comunismo reale. Esaltavano i vari Stalin, Mao, Pol Pot. Per questo non possono risultare simpatici, in alcun modo.
Provare simpatia per loro è come provare simpatia per chi ha nostalgia dei lager e delle camere a gas.
Assolutamente impossibile!

sabato 4 novembre 2017

IL DECALOGO DEI PICCOLI DELATORI



Nel fimato una sequenza del film "le vite degli altri", ambientato nella ex DDR, un paese in cui la delazione era prassi generalizzata. Qualcuno oggi in Italia ha nostalgia, temo, di un simile regime. Vorrebbe riproporcelo, con le dovute modifiche. E vorrebbe farlo in nome della "correttezza dell'informazione".

Il presidente della camera, signora Laura Boldrini, è molto preoccupata per gli usi “distorti” della rete. E' quindi sostenitrice di un “progetto formativo” tendente a “sensibilizzare” gli studenti delle medie superiori sul “buon uso” della rete. Soprattutto vanno combattute le notizie false e gli incitamenti all'odio. Ai giovani dovrebbe essere somministrato un decalogo di buone norme. Le espongo qui di seguito. Ad ognuna si accompagna un breve commento.

Condividi solo notizie verificate.
Cosa vuol dire, di preciso, una simile esortazione? Poniamo che un giovanotto sgozzi una pensionata sul metrò urlando “Allah akbar”. Si può dire che si tratta di terrorismo islamico od occorre aspettare che il giovanotto sia catturato, processato e condannato come terrorista al termine di un processo durato un anno? Dietro alla apparente neutralità una simile esortazione mira in realtà a bloccare ogni condivisione di notizie.


Usa internet per verificare le notizie
.
E COSA di ciò che è possibile trovare in rete deve considerarsi una verifica attendibile?

Chiedi fonti e prove.
Idem come sopra.

Chiedi aiuto agli esperti.
Quali esperti? Quelli che ci dicono che tutti i migranti sono profughi o che gli stessi ci pagano le pensioni?

Ricorda che internet e i social network sono manipolabili.
Invece i vari TG NON sono “manipolabili”. Molto spesso sono “manipolati”.

Riconosci i vari tipi e gli stili delle notizie false.
Per imparare a riconoscere le notizie false c'è un ottimo modo: ascoltare le corrispondenze estere dei vari TG, specie dagli Stati Uniti. Vogliamo fare un esempio? Quasi tutti i TG hanno dato l'annuncio dell'arresto di Paul J . Manafort in questo modo: "arrestato Paul Manafort nell'ambito dell'inchiesta sul russia gate". In realtà le imputazioni a carico di Manafort non c'entrano nulla col russia gate. Più in generale, se l'annunciatore, o l'annunciatrice definisce il PRESIDENTE Trump con l'appellativo di “TYCOON” si può essere ragionevolmente certi che il resto del suo servizio sarà pieno di notizie false o manipolate.

Hai un potere enorme, usalo bene.
Invece chi ascolta i vari TG ha un SOLO, PICCOLISSIMO, potere: cambiare canale o spegnere il televisore.

Dai il buon esempio: non lamentarti del buio ma accendi la luce.
Giustissimo. Basta stabilire cosa è buio e cosa è luce.

Impara a riconoscere gli odiatori e i provocatori seriali.
Ad esempio quelli che ti dicono razzista se esprimi qualche dubbio sulla politica delle porte aperte alla immigrazione incontrollata, o ti definiscono “islamofobo” se non credi che l'Islam non sia una religione di pace, o ti danno del “fascista” se ricordi che il comunismo è costato decine di milioni di morti al genere umano, o parlano di te come “xenofobo” se non ami troppo la UE.
Più in generale, siamo davvero certi che non si debba odiare mai nessuno? Gli ebrei condotti alle camere a gas avevano o non avevano il diritto di odiare i loro aguzzini?

Ricorda che il tuo clic ha un valore.
Verissimo, per questo occorre difenderlo dai tentativi di censura politicamente corretta.

Val la pena di ricordare che esistono, giustamente, i reati di calunnia, diffamazione, diffusione di notizia false e tendenziose. Se scrivo in rete che Tizio è un ladro posso essere deunuciato, ovviamente. Ma gli estensori del decalogo non mira
no a colpire i reati, vogliono impedire la diffusione in rete di notizie, e commenti alle stesse, non in linea col pensiero unico politicamente corretto. Ad esempio, prima stabiliscono che la diffusione di notizie sulla nazionalità di un criminale non è importante ai fini di una "corretta informazione", a meno che il criminale non sia italiano; poi bollano come "razzista" e "seminatore di odio" chunque si azzardi a ricordare che, ad esempio, un certo stupro è stato commesso da un migrante. E il malcapitato "diffusore di odio" non viene processato,  ancora non siamo a questo punto, ma semplicemente bannatto dai social, fra gli applausi dei "buoni".
L'iniziativa ha in realtà un solo scopo: censurare la rete, spingere i giovani a denunciare i loro amici e compagni che scrivono in rete cose non gradite. Non stupisce una simile iniziativa. L'informazione ufficiale è oggi profondamente inattendibile. Per tornare ad un esempio già fatto, molto spesso i vari TG tacciono sulla nazionalità di persone che hanno commesso crimini gravissimi al fine, dicono, di non alimentare il “razzismo”, in realtà il sacrosanto rifiuto di una politica che aumenta in maniera esponenziale il degrado sciale e l'insicurezza.
E' molto facile ed anche giusto, molto spesso, criticare a rete. Ma, con tutti i suoi gravissimi difetti, questa resta un ostacolo formidabile alla attuazione di un simile progetto di normalizzazione. Per questo cercano di metterla in riga, in tutti i modi, anche a costo di trasformare i giovani in delatori e di creare una società simile alla DDR descritta nel film: le vite degli altri.
Per questo val davvero la pena di opporsi ai tentativi di censura, a tutti i livelli.