giovedì 29 novembre 2018

FEMMINISMO ISTERICO


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La signora Michela Murgia ha stabilito che chi nasce maschio è in qualche modo colpevole dei soprusi e delle ingiustizie che subiscono le donne, indipendentemente dal fatto che lui personalmente abbia mai fatto qualcosa di negativo nei confronti delle donne.
“Nascere maschi in un sistema patriarcale e maschilista è un po' come essere figli maschi di un boss mafioso. Non sai nemmeno cosa sia la mafia, ma da quel momento tutto quello che mangerai, berrai, vestirai verrà dall'attività mafiosa” afferma la scrittrice sulla sua pagina facebook. E' vero, non hai mai ucciso nessuno, non hai commesso alcun crimine “Però”, prosegue ”vivi lì e se hai occhi e orecchie da un certo punto in poi non potrai più dire: non sapevo con chi stavo vivendo. Hai indossato gli abiti che nessuno dei tuoi amici poteva permettersi, hai studiato in scuole esclusive, quando sei stato male ti ha accolto la sanità che nessun sistema statale può offrire, non hai mai preso un pugno da un compagno né una nota sul registro quando il pugno lo hai dato tu e la gente per strada ti saluta con un rispetto che nessuna delle tue azioni giustificherebbe”.
Anche se individualmente innocente un uomo, qualsiasi uomo, sarebbe “colpevole” dei vantaggi che essere maschio comporta in una società maschilista. E qui già emerge la disonestà intellettuale di Michela Murgia. Perché una cosa è il figlio di un boss che non può fingere di ignorare i vantaggi di esser tale, altra cosa un essere umano di sesso maschile che nei suoi rapporti con gli altri, maschi o femmina che siano, vantaggi simili neppure se li sogna. Ha più vantaggi sociali un lavoratore precario che deve tirare avanti con 1.000 euro al mese o la signora Asia Argento? Di quali particolari vantaggi gode il signor Tizio, sigle, bruttino, che conduce una vita normalissima e leggermente squallida? Le donne cadono ai suoi piedi come “oggetti”? Lui forse lo vorrebbe, ma non è riuscito neppure a trovare una che accettasse di sposarlo. Possiamo davvero considerarlo socialmente avvantaggiato rispetto a donne come Illary Clinton?
Forse la signora Murgia non lo sa, ma esistono anche le
figlie dei boss mafiosi, anche loro indossano abiti milionari, frequentano scuole esclusive e sono circondate da universale rispetto, godono insomma dei privilegi che da l'avere un padre boss mafioso. Oggi esistono anche dei boss mafiosi di sesso femminile. Per Michela Murgia queste signore sono socialmente svantaggiate rispetto a moltissimi esseri umani maschi che conducono una vita ben diversa? Quando si fanno gli esempi andrebbero fatti sino in fondo...

Dietro alle scemenze che abbiamo esaminato sta però una concezione ben precisa della società che val la pena di cercare di esplicitare.
Che da sempre, in
tutte le culture e società, le donne in quanto tali abbiano subito forme gravissime di emarginazione e di oppressione, che siano state relegate in una situazione di marginalità sociale è vero. Tutto sta ad intendersi sulla forma di questa marginalizzazione ed oppressione.
La signora Michela Murgia ha, mi pare, una sua interpretazione di questo fatto. Tutte le società hanno emarginato ed oppresso le donne nello stesso modo: le hanno trasformate in paria, escluse da tutti i benefici e soggette a tutti i costi, dello sviluppo culturale e socio economico. Un po' come gli schiavi: puro fattore negativo, massa umana posta sull'ultimo gradino sociale o addirittura
fuori dalla società, nei cui confronti ognuno può essere considerato privilegiato.
E' possibile dire che questa è stata storicamente, o addirittura
è oggi, la posizione della donna in tutte le culture ed in tutte le civiltà? La risposta, piaccia o non piaccia agli estremisti di ambo i sessi, è NO.
Pur in condizioni di marginalità e spesso di dura, quasi bestiale, oppressione la donna è stata in molte culture
interna allo sviluppo sociale. La donna è moglie, madre e figlia e questo solo fatto basta a farci comprendere quanto sciocche siano posizioni come quella di Michela Murgia che sembra trasformare tutte indistintamente le donne nel puro fattore negativo della storia, le fa socialmente soggette a tutti indistintamente gli uomini. Per il solo fatto di generare il futuro re, o, in certi paesi, la futura regina, la moglie del re non può essere collocata all'ultimo gradino della scala sociale.
Lo sviluppo sociale e culturale è abbastanza diverso da come lo immaginano le femministe radicali. L'oppressione della donna è certamente trasversale, passa dentro le culture, le nazioni, le classi sociali. Ma è vero anche il contrario. Le divisioni nazionali, culturali e socio economiche sono trasversali ai sessi. Un re poteva rendere la vita infelice ad una regina, ma questa godeva di un vantaggio sociale enorme nei confronti di un servo della gleba (maschio). Una ragazza “ariana” era, nella Germania nazista, enormemente privilegiata nei confronti di un maschio ebreo. Una militate del partito comunista dell'Unione Sovietica aveva una vita enormemente migliore rispetto a quella di un ospite maschio dei gulag siberiani. Il mondo è leggermente più complicato di come lo vedono tutti gli estremiste, e le estremiste.

E qui si pone il problema: è possibile giudicare allo stesso modo
tutte le culture e civiltà perché tutte sono state caratterizzate, ed in parte ancora sono, da forme di oppressione o di emarginazione delle donne? E di nuovo la risposta è NO. Piaccia o non piaccia alle persone un po' isteriche non tutte le culture e le civiltà sono sullo stesso piano, anche riguardo alla condizione femminile.
Già l'universalismo umanitario cristiano ha introdotto nella civiltà occidentale elementi che hanno in parte reso meno pesante la condizione della donna. L'affermarsi di idee liberali e democratiche ha enormemente accelerato questo processo. Per l'universalismo democratico, come prima per lo stesso cristianesimo, la donna è innanzitutto una persona, essere umano diverso ma complementare rispetto all'uomo, dotata in quanto persona di dignità e diritti inviolabili. Non posso certo dilungarmi su un simile processo. E' stato lento, faticoso e contraddittorio. Con passi avanti cui sono spesso seguito dolorosi passi indietro, ma ha creato una situazione in cui per lo meno gli aspetti peggiori, e spesso non solo quelli, della oppressione femminile sono stati trasformati in un brutto ricordo. Presentare l'occidente odierno come una sorta di enorme cupola mafiosa finalizzata alla oppressione delle donne è quindi semplicemente una scemenza. Non tutte le civiltà purtroppo hanno compiuto un analogo percorso. L'Islam ad esempio ha conservato quasi intatte abitudini, usi e costumi vecchi di secoli e da secoli orribilmente oppressivi nei confronti delle donne. Se c'è una civiltà che si avvicina pericolosamente alla situazione in cui ogni donna è socialmente svantaggiata nei confronti di ogni uomo, come nelle società schiaviste ogni schiavo era socialmente inferiore ad ogni libero, anche del più modesto, ebbene, questa società è l'Islam, compresa una parte non marginale dell'Islam di oggi. Ma le femministe radicali come signora Murgia o la signora Laura Boldrini non sono d'accordo su questo. Per loro, e non solo per loro, non valgono distinzioni fra civiltà è culture. La legge, abolita da tempo, che riconosceva delle attenuanti al marito che uccideva la moglie “per onore” è per alcuni sullo stesso piano della lapidazione delle adultere. In molti paesi islamici le donne sono costrette a viver in sacchi neri chiamati burka. In occidente possono passeggiare in minigonna: fra le due situazioni non c'è differenza. La donna che passeggia in mini è considerato un “oggetto” da alcuni uomini; questo ipotetico pensiero equipara l'obbligo del burka con la libertà di indossare la mini. Di notte tutte le vacche sono nere. E una volta fatte nere tutte le vacche persone come Michela Murgia e Laura Boldrini possono sostenere
insieme un femminismo ideologico che sfiora l'isteria e una immigrazione fuori controllo che riempie l'occidente di uomini che considerano la donna più o meno una schiava domestica, se non peggio. Tutto è uguagliato, omologato. Così quando un migrante stupra una ragazzina perché convinto di avere il diritto di farlo non si manifesta in difesa delle vittima ma si strilla “razzista” a chiunque sottolinei il legame del carnefice con una determinata cultura. Gli uomini sono tutti uguali nel male, come più o meno tutti uguali nel male sono i mafiosi. Burka e infibulazioni, lapidazioni e fustigazioni delle adultere cosa volete che contino?

E non a caso, una volta abolite tutte le differenze, le femministe radicali non tengono nel minimo conto un fatto che invece ha enorme importanza nei rapporti fra i sessi. Quel fatterello che è dentro l'esperienza, dentro alla vita di centinaia di milioni di esseri umani, uomini e donne e che si chiama
amore fra persone di sesso diverso. E che si chiama anche attrazione sessuale fra le stesse, amicizia, simpatia, reciproca integrazione delle proprie vite, maternità, paternità, famiglia. Il fatto che siano esistite ed in parte ancora esistano la subordinazione sociale ed anche l'oppressione delle donne non cancella l'amore fra donna ed uomo, non fa dei rapporti fra i sessi una sorta di guerra crudele e permanente, non li equipara agli scontri fra gang mafiose. Una volta abolite le differenze però tutto questo scompare. E vengono assimilati a rapporti di oppressione anche quei normalissimi rapporti fra uomo e donna che riguardano solo la loro vita privata. Una donna decide di abbandonare il lavoro per curarsi dei figli? Subisce una spaventosa forma di oppressione! Afferma che si tratta di una sua scelta, che nessuno le ha imposto. Aggiunge che le piace la vita che ha scelto? Ha interiorizzato la “cultura del pene” replicano strillando le femministe radicali. Crede di essere felice mentre in realtà subisce la più feroce coartazione della libertà che sia possibile immaginare. O gli esseri umani di sesso femminile si comportano secondo i canoni del radicalismo femminista politicamente corretto o sono dei poveri fantasmi, dei robot che non sanno quello che vogliono perché non sanno quello che sono. Solo gli, meglio, LE intellettuali radicali sanno tutto, compreso ciò che ci rende felici anche se a noi sembra che la felicità che loro ci propongono sia solo uno spaventoso vuoto interiore.
Se la vita felice deve essere quella che ci propongono persone come la signora Michela Murgia: un lungo, squallido, permanente odio fra i sessi, preferisco la mia piatta infelicità di maschio un po' all'antica, marito, padre e nonno. Molto meglio.

sabato 17 novembre 2018

I FALSI SILLOGISMI POLITICAMENTE CORRETTI

Si chiama “anfibolia”. Si tratta di un ragionamento ambiguo, può assumere la forma di un sillogismo scorretto, spesso caratterizzato dal fatto che nelle premesse viene usato lo stesso termine con significati diversi.
Ad esempio, il sillogismo

I diamanti sono cristalli
I cristalli sono comuni
Quindi i diamanti sono comuni

è caratterizzato da una ambiguità ed è scorretto. La ambiguità e la relativa scorrettezza derivano dal fatto che si attribuiscono a
tutti i componenti dell'insieme “cristalli” le caratteristiche che spettano invece solo all'insieme globalmente inteso. I cristalli sono comuni, ma ciò non significa che sia comune ogni tipo di cristallo. Sarebbe come dire che se una macchina è pesante sono pesanti tutti i suoi singoli componenti.

Moltissimi dei “ragionamenti” dei politicamente corretti di vario tipo sono, si basano o partono da, volgarissime anfibolie.
Esaminiamo ad esempio questa evidente anfibolia:

L'uomo è l'unico essere vivente dotato di ragione
Le donne non sono uomini
Quindi le donne non sono dotate di ragione.

La ambiguità deriva qui dal fatto che il termine “uomo” è usato nella maggiore e nella minore con significati del tutto diversi. Nella maggiore “uomo” indica
appartenente al genere umano e si riferisce a tutti gli esseri umani, quale che sia il loro sesso. Nella minore “uomo” indica l'appartenente al genere umano di sesso maschile. E' evidentissimo che la ambiguità con cui viene usato questo termine rende scorretto il sillogismo.
Eppure proprio su simili ambiguità si basa il chiasso che tante femministe fanno a proposito del linguaggio. Termini come sindaco o ministro ad esempio si riferiscono a certe
cariche istituzionali, quale che sia il sesso di chi le ricopre. Per certe femministe invece questi termini vanno riferiti alle persone che ricoprono certe cariche e declinati di conseguenza. Dire “Tizio è sindaco” sarebbe come dire “Tizio è bello. Se al posto di Tizio mettiamo Tizia si dirà Tizia è bella,”quindi”, passando a Tizia, si dovrà dire: “Tizia è sindaca”. Tutto si basa sulla ambiguità con cui viene usato il termine “sindaco”. Dire che Tizio è sindaco vuol dire: “Tizio ricopre la carica di sindaco” ed un simile enunciato non cambia di una virgola se al posto di Tizio si mette Tizia.

Qualcuno potrebbe chiedere: “perché per indicare una carica viene usato un termine che intuitivamente appare maschile?”
Ad una simile domanda si può rispondere solo: “perché così si è evoluto il linguaggio”. I linguaggi si modificano nel tempo, cambiano certi termini e si modificano certi significati, ma nella evoluzione si mantiene il legame fra vecchio e nuovo e proprio questo garantisce la continuità dello sviluppo culturale, ci permette di leggere e gustare oggi Omero e Dante anche se siamo molto lontani da loro quando valutiamo, ad esempio, il ruolo della donna nella società. Pretendere di cambiare i linguaggi dall'alto proibendo certe parole ed imponendone altre spezza invece la continuità della evoluzione culturale del genere umano, impoverisce il pensiero e mette in atto un orrendo dirigismo totalitario.
Fra un po' qualche femminista proporrà che vengano aboliti termini come “umanità” o “antropologia”. La scrittrice (si fa per dire) Michela Murgia ha già proposto di abolire il termine “patria” e di sostituirlo con “matria”. Anche lei basa tutto sulla anfibolia di cui abbiamo parlato. E fa venire in mente la orribile distopia della neolingua orwelliana.

Anche molte idiozie del mondialismo si basano su anfibolie.
Esaminiamo il seguente sillogismo:

Tutti gli esseri umani che abitano il mondo hanno pari diritti.
Chi ha pari diritti è cittadino.
Quindi siamo tutti cittadini del mondo.

Nella maggiore il termine “diritti” è usato nel senso di
diritti naturali, nella minore nel senso di diritti positivi, stabiliti dagli ordinamenti giuridici dei vari stati.
Nella dichiarazione di indipendenza americana si legge: “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi
inalienabili diritti...”.
Il termine “diritti” qui significa diritti umani, qualcosa che spetta agli esserti umani per il solo fatto di essere umani, senza alcun riferimento a questo o quel diritto positivo di questo o quello stato. I vari governi non devono violare nelle loro legislazioni positive questi diritti fondamentali. Così prosegue infatti la dichiarazione: “ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”. Da un lato dunque i
diritti naturali di tutti gli esseri umani, dall'altro le legislazioni positive dei vari stati che non devono coartare tali diritti. Va da se che sono le legislazioni positive, diverse da stato a stato, quelle che danno vita al diritto di cittadinanza. Nulla quindi nel concetto di diritti naturali può far concludere che siamo tutti cittadini del mondo. Non a caso la dichiarazione di indipendenza americana è, appunto, una dichiarazione di indipendenza, l'atto di nascita di un nuovo stato. Il richiamo ai diritti inalienabili dell'uomo non rimanda ad una pretesa cittadinanza mondiale ma legittima l'esistenza di uno stato nuovo che nasce, non dimentichiamolo, da una scissione, dalla rottura della originaria unità fra il regno unito e le sue colonie.

I cretinetti che sfilano nelle varie città d'Italia impiccando pupazzi di Salvini ed inneggiando al meticciato universale ragionano (si fa per dire) invece proprio in questo modo: siamo tutti esseri umani, abbiamo tutti la nostra dignità “quindi” siamo tutti cittadini del mondo! Un po' come dire che poiché io e Tizio abbiamo pari dignità e siamo entrambi liberi la mia famiglia è anche quella di Tizio e viceversa, io sono anche marito di sua moglie ed i suoi figli sono anche i miei. In realtà sia io che Tizio, proprio in quanto esseri liberi e dotati di dignità, abbiamo entrambi il diritto di formarci una
nostra famiglia; e la pace che è bene regni fra le nostre famiglie non ne cancella le differenze e le reciproche autonomie.

Si potrebbe continuare ma il senso del discorso è abbastanza chiaro, mi sembra. Moltissime idiozie della ideologia politicamente corretta si basano su volgarissime anfibolie. Si passa dalla uguaglianze di diritti alla uguaglianza di caratteristiche fisiche, e si nega la rilevanza della differenza sessuale. Si parte dall'affetto che ci può legare ad un cane o ad un gatto o, perché no, ad un certo luogo e si arriva a cancellare la differenza etica ed ontologica fra uomo, animali e più in generale natura non umana. Si riconosce a tutti gli esseri umani pari dignità e si salta da questa ad una pretesa pari rilevanza di tutte le realizzazioni di tutti gli esseri umani. La libertà, i diritti, il riconoscimento della dignità, la giusta attenzione all'ambiente sono tutti fattori di civiltà. Nelle mani dei nuovi barbari politicamente corretti diventano strumenti di imbarbarimento. E di crisi della nostra millenaria civiltà.