domenica 26 maggio 2019

QUESTE ELEZIONI



Le hanno tentate tutte.
Il tentativo di trasformare la difesa dei confini nazionali in “sequestro di persona”, le inchieste giudiziarie ad orologeria, la demonizzazione, la mobilitazione dei teppisti dei centri sociali, l'evocazione di un “pericolo fascista” per fortuna inesistente. E' scesa in campo anche la Chiesa cattolica, ai massimi livelli. Per vedere una così massiccia presenza della Chiesa in una competizione politica bisogna risalire alle elezioni del 18 aprile 1948. Con una differenza non da poco. Allora la Chiesa condannava forze politiche schierate con un paese, l'URSS di Stalin, in cui i cristiani dovevano subire pesantissime persecuzioni. Oggi una parte consistente del clero cattolico, a cominciare dal suo massimo esponente, condanna chi le nuove persecuzioni dei cristiani le denuncia senza se e senza ma.
I loro sforzi si sono rivelati vani. La lega incassa una vittoria straordinaria. Supera il 34% dei voti e diventa il primo partito d'Italia. Va bene anche Fratelli d'Italia, altra forza presentata come di “estrema destra” da una stampa ed una informazione faziose.
I 5 stelle subiscono una batosta memorabile. Nel corso di tutta la campagna elettorale hanno concentrato le polemiche sugli alleati di governo, hanno fatto appello ai peggiori umori giustizialisti della loro base. Dimezzano i voti.
Il PD recupera qualcosa rispetto alle politiche solo perché rosicchia una manciata di voti ai già deboli partitini collocati alla sua sinistra. L'estrema sinistra, chiassosa sui social, praticamente scompare. Il PD supera i 5S solo perché questi ultimi subiscono un crollo enorme. Se sono attendibili gli exit pool, il PD e la sinistra perdono il Piemonte, ultima regione del nord che amministravano. Ci vuole il faccione di Zingaretti per parlare di “successo”.
Mi fa personalmente molto piacere la sconfitta nettissima del partitino di Emma Bonino, il più eurofanatico di tutti.

E ci vuole una gran faccia di bronzo per parlare di “sconfitta del sovranismo” a livello europeo. Il partito popolare europeo resta forte ma perde molti seggi; inoltre dentro quel partito c'è un po' di tutto. Se ben ricordo fa parte dei popolari anche Orban che in tema di migrazioni è un po' distante non solo da Zingaretti, ma anche dalla sigora Merkel, mi pare...
In ogni caso, in Francia vince il partito di Marine le Pen, in Ungheria stravince Orban, in Polonia vincono i conservatori contrari alla immigrazione senza regole, in Gran Bretagna stravince il brexit party, con buona pace di coloro che cianciavano di secondo referendum e di una possibile rimessa in discussione dell'uscita della Gran Bretagna dalla UE. Nella stessa Germania, unico paese a trarre vantaggi dall'euro, il partito della Merkel subisce un ridimensionamento nettissimo.
Sempre a livello europeo fa impressione la sconfitta, in certi casi la quasi scomparsa, dei partiti socialisti e social democratici, sostituiti quà e là dai verdi nello schieramento politico di sinistra. Non mi fa piacere un fatto simile. Fra gli eredi di Brandt e Giuseppe Saragat e i seguaci della piccola Greta avrei preferito i primi, se non si fossero convertiti, anche loro, al “gretismo”.

Insomma, queste elezioni europee stravolgono il quadro politico in Italia e, come minimo, lo modificano radicalmente in Europa. Da oggi le prediche faziose di un Saviano o di una Laura Boldrini avranno ancora meno ascolto; la prepotenza delle ONG troverà più ostacoli, come, su un altro piano, il teppismo dei centri sociali.
C'è da essere soddisfatti, molto soddisfatti.