domenica 31 gennaio 2010

Fenomenologia di una passione




Esiste in Italia un sentimento assai diffuso: l’odio nei confronti del presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Non si tratta di un sentimento che coinvolge la maggioranza degli italiani, per fortuna, né, sempre per fortuna, riguarda tutti coloro che criticano la politica del leader del Pdl. Ma coinvolge un gran numero di nostri connazionali, non lo si può negare. Si tratta di una passione più che di un sentimento, una passione profonda, tenace, pervasiva. L’odio per Berlusconi non è una passione fra le tante che possono riguardare un essere umano: chi odia Berlusconi fa di questo odio la sua passione dominante. L’odio per Berlusconi è qualcosa di assoluto, non riguarda questo o quell’aspetto della politica o della personalità o del pensiero o delle azioni dell’uomo di Arcore. Tutto ciò che Berlusconi fa o dice o pensa è odioso. Nel presidente del consiglio non esiste nulla non diciamo di positivo, ma in qualche modo di accettabile, in lui tutto, ma proprio tutto, è detestabile. Il suo aspetto fisico, il suo sorriso sempre stampato sul volto, i suoi capelli di plastica, il suo tono di voce, la sua bassa statura sono qualcosa di insopportabile. Adepti del politicamente corretto pronti ad indignarsi se qualcuno chiama “cieco” un “non vedente” non si vergognano di definire “nano” un uomo che non supera il metro e settanta di altezza e danno al termine “nano” una valenza talmente negativa, razzista che lascia sbalorditi. Perché lo fanno? Sono diventati d’improvviso razzisti? No, lo fanno perché l’oggetto della loro ira è Silvio Berlusconi. Se l’uomo di Arcore fosse nero coloro che lo odiano molto probabilmente si iscriverebbero al Ku Klus Klan.
E questo odio naturalmente si estende a tutti coloro che in qualche modo simpatizzano con il premier, addirittura arriva a sfiorare, a volte più che sfiorare, coloro che si limitano a combatterlo politicamente. Chi non odia Berlusconi è un suo complice, così la pensano coloro che invece l’uomo di Arcore lo odiano davvero. L’odio per Berlusconi è un valore assoluto, una essenza metafisica. Novello gnostico chi è divorato da questo odio divide il mondo in due grandi campi contrapposti: il campo della luce e del bene che comprende i nemici del cavaliere ed il campo del male e delle tenebre in cui invece sguazzano i suoi seguaci ed anche i suoi oppositori troppo tiepidi. Il nemico del cavaliere non fa sconti: i seguaci del “nano malefico” sono coinvolti nella sua nauseante malvagità. Si tratta di persone egoiste come lui, come lui disoneste e corrotte; nella migliore delle ipotesi si tratta di poveri imbecilli decerebrati, rincoglioniti dai programmi televisivi. Passioni siffatte, simili modi di ragionare sono tipici, dovrebbe essere chiaro, dei periodi di guerra civile. Ed infatti, non a caso, l’odio per Berlusconi divide persone che fino a ieri erano amiche, rende difficili rapporti umani consolidati. Non a caso dicevo. Si, perché chi odia Berlusconi non può sopportare che una persona simpatica e intelligente, un suo amico addirittura, sia seguace del nano di Arcore. Il massimo che il nemico di Berlusconi può fare in presenza di un suo seguace è tacere, mettere da parte per qualche ora la sua passione profonda, parlare d’altro. Ma un simile sforzo è faticoso, psicologicamente stressante, rende difficili ed insinceri i rapporti fra le persone, alla fine li guasta, inevitabilmente.
Tizio, che odia il Berlusca, è (era?) amico di Caio, che invece alle ultime elezioni ha votato Pdl. Entrambi si trovano ad una cena con un gruppo di vecchi amici. Si mangia, si beve, si ride e si scherza. Ad un tratto Sempronio dice a Caio: “ei, hai i capelli come quelli di Berlusconi! Dimmi, sono di plastica?” Risate generali, Tizio però non ride, cambia espressione del volto, sibila qualcosa con malcelata rabbia. Le risate si smorzano, l’atmosfera allegra sembra congelarsi, qualcuno si guarda intorno imbarazzato, Sempronio si morde la lingua, non avrebbe voluto dire una simile battuta. Qualcuno trova sbagliata, eccessiva questa descrizione? Francamente non mi pare lo sia, riflette invece una realtà abbastanza diffusa. Chi odia Berlusconi non può non reagire se qualcuno fa anche solo un accenno “en passant” al suo nemico. Facendo grandi sforzi può evitare di parlarne ma non gli è assolutamente possibile far finta di niente se qualcuno inavvertitamente pronuncia il nome del demonio.

L’odio per Berlusconi ha assai poco di razionale, come si può ben vedere. Soprattutto è un odio autosufficiente. Chi odia Berlusconi non lo odia per ciò che Berlusconi dice o fa o ha fatto, lo odia per ciò che egli è o ritiene che sia, per ciò che egli rappresenta, o ritiene rappresenti. In questo i nemici del cavaliere sono simili ai fondamentalisti islamici: questi odiano l’occidente non per le politiche che gli stati occidentali mettono in atto ma per ciò che l’occidente è, è nella loro mente malata di fanatismo: una nuova Sodoma.
Non si odia Berlusconi perché è un corruttore o un mafioso o un ladro, è vero il contrario: si ritiene senza ombra di dubbio che Berlusconi sia un ladro, un mafioso o un corruttore perché lo si odia. Ed ancora, non si odia Berlusconi perché racconta un sacco di palle, si ritiene che racconti un sacco di palle perché lo si odia, e neppure si odia Berlusconi perché fa una politica “ferocemente antipopolare” o “razzista”, al contrario, si giudicano ferocemente antipopolari e razziste certe politiche per il solo fatto che è Berlusconi a farle. Il premier spagnolo Zapatero ha messo in atto contro l’immigrazione clandestina provvedimenti assai più drastici di quelli approvati dal governo Berlusconi, eppure nessuno ha accusato Zapatero di essere un razzista ed uno sciovinista, i suoi provvedimenti possono aver suscitato critiche e proteste, non alimentato un odio diffuso. Per Berlusconi le cose vanno ben diversamente. L’odio nei suoi confronti non ha bisogno di essere alimentato da eventi politici e giudiziari, e, allo stesso modo, non mira alla realizzazione di una qualche finalità politica. Molti hanno messo in rilievo che eccessive manifestazioni di odio finiscono per favorire il cavaliere. Si tratta di una considerazione abbastanza vera ma che lascia il tempo che trova. Così come non è causato da eventi determinati l’odio per Berlusconi non mira a fini specifici. Certo, la caduta del governo Berlusconi farebbe un gran piacere ai nemici del cavaliere, ma il raggiungimento di questo obiettivo non può in alcun modo essere subordinato ad una attenuazione del loro odio. Questo basta a sé stesso, è autosufficiente, totale, assoluto.

Per il suo nemico Berlusconi rappresenta quanto di immorale e rivoltante esiste nel capitalismo. Il cavaliere è colui che ha introdotto in Italia la TV commerciale, una TV che non mira ad “educare” il popolo ma si limita a dare al popolo ciò che questo chiede. La maggioranza degli esseri umani vuole vedere film d’azione? Le TV del cavaliere gli danno film d’azione e non solo quelli, gli danno telefilm provenienti dagli Stati Uniti d’America e poi ancora talk show, varietà e, col varietà, una bella spennellata di sesso. Hanno dato e danno, le odiate TV commerciali, anche qualcos’altro: qualche programma di una certa dignità culturale ad esempio, in fondo anche le persone colte fanno parte del mercato, comprano e vendono come le altre, ma questo il nemico del cavaliere lo ignora, lui bada solo all’essenziale. Con la TV commerciale sono entrate nelle case degli italiani tante belle ragazze che offrono generosamente alla vista dell’uomo italico fantastiche gambe, tette meravigliose e culi da favola. E, per non fare discriminazioni, queste TV accontentano anche le donne del bel paese, le tante casalinghe un po’ sovrappeso, magari trascurate dai mariti che passano parecchio di tempo davanti al teleschermo. Per la loro gioia le TV del cavaliere fanno entrare nelle case di tutti sensuali giovanotti col ventre piatto, le spalle larghe ed i bicipiti turgidi; la parità fra uomo e donna è così garantita. Può un nobile idealista, un comunista o un post comunista, non sentirsi rivoltare lo stomaco di fronte ad una così sfacciata mercificazione del sesso, a questo nuovo tipo di parità fra uomini e donne che le TV del cavaliere hanno “imposto” agli italiani?
Berlusconi non si vergogna di essere stato quello che è stato: un imprenditore di successo, uno che ha fatto un sacco di soldi vendendo agli esseri umani svago ed evasione e questo non può che renderlo odioso a tutti coloro che da sempre guardano con grande sospetto al mercato in generale, non parliamo poi del mercato dello svago e del’evasione! Come può non odiare Berlusconi l’intellettuale impegnato che detesta il concetto stesso di evasione e di svago? Come può non detestare Berlusconi una donna come Rosy Bindi che ha scelto la verginità per potersi dedicare anima e corpo alla missione della politica? Può non odiare Berlusconi chi considera sterco del demonio il denaro? Chi vede nel commercio, nel credito e nella finanza qualcosa di ripugnante, qualcosa che magari può anche essere accettato, perché la carne è debole, ma che è intrinsecamente corruttore?
Odiano Berlusconi, ovviamente, gli intellettuali socialmente impegnati, gli entusiasti della magistratura, coloro che pensano che giudici e pubblici ministeri rappresentino quanto di puro ed incontaminato è restato in un paese dilaniato dalla corruzione e dal malaffare. E lo odiano molti delusi dalla vita, molti di coloro che non sono riusciti a realizzare i loro fini e non sopportano la costante esibizione che il cavaliere fa dei suoi successi. Stanchi, delusi, spesso frustrati costoro non riescono a tollerare l’ottimismo di cui sempre Berlusconi fa bella mostra, il suo continuo ripetere che le cose vanno bene, e che se anche vanno un po’ male.. “occorre lavorare, rimboccarsi le maniche e domani andranno bene!”. Costoro però sono i nemici del cavaliere che più facilmente degli altri possono saltare il fosso, magari trasformare in amore il loro odio. Basta che abbiano la sensazione che esiste una nuova possibilità, che qualche promessa è stata mantenuta, che forse la loro vita può ancora cambiare in meglio ed è fatta! Il vecchio nemico si trasforma in amico, il detrattore di ieri diventa, può diventare, l’entusiasta sostenitore di oggi. Sono incostanti gli esseri umani.

L’odio per Berlusconi è un gran guazzabuglio, un misto di risentimento sociale e spocchia intellettuale; in esso convergono l’antipatia per il mercato e l’ammirazione per gli imprenditori che fanno concorrenza al cavaliere, il rimpianto romantico per i bei tempi andati e l’esaltazione acritica di internet, l’amore per la “povera gente” ed il disprezzo profondo per l’uomo comune, una certa ripugnanza bacchettona verso il sesso e l’esaltazione della più sfrenata libertà sessuale.
Soprattutto per molti che lo odiano il cavaliere rappresenta il prototipo dell’uomo comune, volgare, limitato, ignorante, pieno zeppo di pregiudizi meschini. Berlusconi piace a moltissime persone normali. Piace a chi ritiene che se si lavora sodo la crisi può essere superata, a chi pensa che il criminale vada punito e non solo “rieducato”, che la scuola debba essere basata sulla meritocrazia, che l’immigrazione senza limiti e controlli severi porti ad esiti nefasti, che l’abilità imprenditoriale e con essa la professionalità vadano premiate, che la sicurezza sia un valore importante. Per questo Berlusconi rappresenta, agli occhi dei suoi nemici, l’aurea mediocrità umana e sempre per questo i suoi nemici più implacabili sono gli “intellettuali impegnati”. Abituati da tempo immemorabile ad essere circondati da servile e quasi superstiziosa ammirazione, ad essere additati al popolo come esempi da seguire, maestri di vita e di pensiero, soprattutto ad essere sottratti, grazie a generosi finanziamenti pubblici, alla fastidiosa preoccupazione di fare i conti col mercato, questi giganti del pensiero proprio non possono mandar giù il fatto di essere governati da un parvenù, uno che non riconosce la loro superiorità, che dà più importanza alle esigenze dell’uomo comune che ai parti del loro genio.
Ed è proprio l’odio che gli riservano questi intellettuali che attira sul cavaliere tanto altro odio, l’odio di tutte le persone che si sentono attratte dal luccichio intellettuale che circonda i vari Bocca e Benigni, Battiato ed Eco, Vattimo e Celentano. Ma bastano questi  nomi per capire che i famosi "intellettuali" che odiano il cavaliere sono tutto meno che intellettuali autentici ed ancor meno grandi intellettuali. Si, perché in maggioranza gli intellettuali autentici non disprezzano gli esseri umani comuni, e se lo fanno estendono il loro disprezzo ai finti intellettuali, agli intellettuali “un tanto al chilo”. Il grande intellettuale raramente disprezza l'uomo medio perché sa di condividere molti dei suoi problemi, di avere molte delle sue debolezze, dei suoi difetti grandi e piccoli. E, anche se non disprezzano il popolo, i veri intellettuali stanno quasi sempre in disparte, sono troppo impegnanti a pensare e a creare per occuparsi delle masse. Gli intellettuali nemici del cavaliere invece assumono una spocchiosa aria di superiorità nei confronti del popolo bue, ma lo cercano di continuo, questo popolo bue. Sono onnipresenti in tutte le TV, a partire da quelle del Berlusca, partecipano a dibattiti, talk show, programmi di varietà, scrivono su giornali e riviste ad amplissima tiratura. Nessuno se ne sta da solo nel suo studio a meditare su grandi problemi scientifici o filosofici o a scrivere grandi opere letterarie. Quando scrivono questi “intellettuali” sono più veloci della luce: riescono quasi a pubblicare un libro al mese, e se non li vendono i loro libri sono pronti a chiedere strillando aiuti governativi. E pensare che Kant ci mise anni per scrivere la “critica della ragion pura”! E non pretese soldi da nessuno!

Oggi in Italia una parte considerevole del popolo della sinistra si sente orfana. Orfana di cosa? Orfana dell’assoluto. Fino al 1989 l’assoluto era il comunismo cioè la società perfetta, l’uomo rigenerato, esente dai vizi e dalla corruzione che rovinano gli esseri umani nella decadente società borghese. Quel sogno è ormai crollato, peggio, si è rivelato per ciò che è sempre stato e non poteva non essere: un incubo angoscioso; solo pochi inguaribili e fanatici sognatori continuano a cercare di realizzarlo, senza troppo successo, per fortuna. Ma se un assoluto è crollato non è crollata la sete di assoluto, l’aspirazione verso il “totalmente altro”. Chi anela all’assoluto non si rassegna alle mezze misure, non può accontentarsi di una società decente, di un’economia che consente a tutti o quasi un livello di vita decoroso, di una democrazia che, pur tra mille difetti, garantisce diritti importanti agli esseri umani. Ed ancora, il nostalgico dell’assoluto non può accettare che il male che lo circonda sia un male in parte curabile, un male non assolutamente radicale, qualcosa con cui in una certa misura è anche possibile convivere. Né può, chi aspira al totalmente altro, collocare la totale alterità nel regno della trascendenza. L’alterità radicale va realizzata qui ed ora nel mondo, in questo mondo. Il fanatico dell’assoluto è un religioso mondano, uno spiritualista laico o, se si preferisce, un materialista permeato di spiritualità. E così questo nostalgico della totale alterità, stanco e deluso dal crollo del suo sogno vaga alla ricerca di nuovi assoluti, positivi e negativi. E ne trova qualcuno. Trova l’ecologismo radicale teso a salvare il mondo dalla rovina totale cui lo stanno trascinando i vizi e la cupidigia degli uomini; trova il miraggio di una società assolutamente onesta in cui nessuno si macchierà mai più del minimo reato e tutti saremo sorvegliati, per il nostro bene ovviamente, dai nuovi angeli della virtù. E trova anche, ovviamente, degli assoluti negativi, visto che il bene assoluto ha sempre bisogno di un assoluto male per affermarsi. E quanti ne trova di assoluti negativi! I corruttori, gli inquinatori, i pescecani della finanza! Tutti personaggi reali, sia ben chiaro, personaggi che esistono e fanno di certo tante brutte cose ma che nella visione allucinata del fanatico dell’assoluto assurgono al ruolo di divinità negative, responsabili di tutti i mali del mondo.

Chi aspira all’assoluto però molto spesso non si limita ad individuare il bene ed il male assoluti, li personalizza. Tutti o quasi gli idealisti senza dubbi né macchie hanno idolatrato dei leader ed hanno visceralmente odiato dei nemici. Stalin era il padre dei popoli, Trotskj il bieco traditore al servizio di Hitler; chi adora un Cristo mondano deve avere un anticristo da detestare, il bene ed il male acquistano valore e potenza se si incarnano in un essere umano, un uomo in carne ed ossa da osannare o da riempire di insulti (o peggio, appena diventa possibile). E così i nostalgici dell’assoluto italiani, se non sono riusciti a trovare una personificazione del bene (avevano poca scelta in fondo, chi si prestava a tanto: Di Pietro? Rosy Bindi?) ne hanno trovata una, ottima, del male: Silvio Berlusconi.
Orfani di un Dio mondano da adorare, divisi su quale nuova ideologia assoluta abbracciare (l’ecologismo radicale? Il giustizialismo? Il terzomondismo? Un po’ di tutto questo, un minestrone di assoluti?) i nostalgici del totalmente altro hanno oggi almeno un idolo negativo contro cui indirizzare i loro strali, sfogare un po’ della loro ira repressa. E come si presta bene il cavaliere ad un simile ruolo! Capitalista venditore di illusioni, teorico del liberismo (anche se in pratica si dimostra spesso e volentieri abbastanza statalista), filo americano, anticomunista (anche chi non è più comunista e condanna i crimini di Stalin e Mao considera insultante il termine “anticomunista”), amante delle belle donne, semisepolto da accuse di ogni genere, considerato dai capitalisti suoi concorrenti un parvenù volgare ed intrigante, chi più del cavaliere può incarnare lo spirito del male? Grazie al cavaliere la schiera in rotta dei vecchi reduci del sessantotto, dei rifondatori vecchi e nuovi del comunismo, dei giovani protagonisti delle tante onde, dei tanti girotondi, dei tanti movimenti dal basso che sorgono ad intervalli più o meno regolari nel nostro paese, grazie al cavaliere dicevo questa armata Brancaleone di contestatori radicali e profeti del nulla può infine unificarsi su qualcosa, avere un obiettivo, un fine in comune. E conta poco che nessuno riesca ad avanzare un programma, un progetto, una proposta positiva. La distruzione a volte può essere un ottimo obiettivo politico anche se non è distruzione di un sistema, forse neppure di un partito, si limita ad essere distruzione (solo politica, per ora..) di un uomo; l’odio può essere più mobilitante dell’amore, si possono fare grandi lotte in nome del nulla.

Ma i fanatici della assoluta virtù, i riformatori radicali del mondo e dell’uomo hanno un motivo in più per odiare Berlusconi e si tratta di un motivo di enorme importanza.
Anche il più fanatico fautore del politicamente corretto mormora tra se “che gran pezzo di gnocca!” se vede una velina sculettare poco vestita sul teleschermo. Anche una donna come Rosy Bindi si sente probabilmente attraversare da un brivido se osserva un uomo dal fisico statuario che fa bella mostra dei suoi addominali scolpiti, bicipiti e quadricipiti. Anche che detesta il denaro qualche volta sogna di avere sul conto in banca una cifra dai molti zeri, anche chi odia il carrierismo fantastica a volte e si vede nei panni del capo del personale di una grande azienda, magari quella in cui lui stesso lavora, o nel consiglio di amministrazione di qualche banca. L’uomo normale non si stupisce di cose simili, meno che mai ne è sconvolto. E neppure cose simili stupiscono o sconvolgono l’intellettuale autentico. Proprio perché è capace di pensare costui sa che certi impulsi e certi desideri fanno parte della nostra natura, che occorre magari tenerli a bada ma che non ha senso alcuno cercare di estirparli da noi, meno che mai vergognarsene.
Per il nobile idealista che vuole rivoltare il mondo come un calzino le cose stanno però ben diversamente! Per lui certi desideri, certe pulsioni costituiscono la degenerazione, il degrado dell’uomo. Rendendosi conto di condividere con tutti gli esseri umani certi desideri e certe pulsioni il riformatore radicale del mondo si scopre anch’egli degradato, sporco, immorale. Scopre che ciò che Berlusconi rappresenta riguarda anche lui. Anche in lui c’è un po’ di Berlusconi, il demonio non si limita a corrompere gli altri, i mediocri, coloro che votano Pdl, o guardano “il grande fratello” o vanno allo stadio tutte le domeniche! No! Il demone di Arcore corrompe anche lui, il degrado che emana da questo mostro in qualche modo coinvolge anche il suo virtuoso nemico. E questo rende ancora più acuto il suo odio, ovviamente. L’odio diventa una sorta di disinfettante spirituale, un vaccino contro la degenerazione morale, l’antidoto contro la corruzione. Il credente fanatico umilia la carne, si tormenta col cilicio, si colpisce la schiena con frustate. Odia il suo corpo che lo spinge a peccare, lo odia e lo punisce. E’ fanatico ma almeno è coerente: accusa il suo corpo di indurlo in tentazione, rivolge contro sé stesso il suo odio. Il nemico di Berlusconi invece riesce ad indirizzare fuori da sé lo sgomento e la rabbia che lo prendono quando si accorge di essere anche lui, almeno un po’, un essere corrotto. Indirizza fuori di sé la sua rabbia perché la sua corruzione altro non è che la presenza in lui di ciò che il suo nemico mortale rappresenta ed incarna. Lottando contro Berlusconi il fanatico lotta contro tutto ciò che di sé stesso egli non accetta. Il nobile idealista che odia Silvio Berlusconi altro non è in realtà che un penitente schizofrenico.

Chi odia Berlusconi non può fare a meno del suo odio e non può fare a meno dell’oggetto del suo odio. Il mistico fanatico ha bisogno in egual misura di un Dio da adorare e di un demonio da odiare. Chi odia davvero, chi odia con tutte le sue forze fa del suo odio una ragione di vita, nulla sarebbe per lui tanto distruttivo quanto la scomparsa di chi odia. Esattamente come l’amore l’odio può conferire senso ad un’esistenza, può addirittura diventare la sua unica fonte di senso. In questi casi il venir meno dell’oggetto dell’odio inaridisce una vita, la rende grigia, triste, priva di significato.
Si può odiare una persona perché ci impedisce di conseguire i nostri fini o ci fa o ci ha fatto del male. Posso odiare chi ha ucciso mio figlio e posso raggiungere una certa serenità quando finalmente lo vedo in prigione. In questi casi però l’odio non è fine a sé stesso, non è assoluto. Il raggiungimento dell’obbiettivo a cui miro spegne o attenua l’odio e permette ad altri sentimenti di prendere il sopravvento. Ma quando l’odio è totale, assoluto, autosufficiente deve continuare ad esistere, sempre, deve autoalimentarsi, sempre. In questo l’odio è specularmente simile all’amore. A volte la passione amorosa è tanto forte da spingere chi ama ad uccidere l’oggetto del suo amore, specularmente se spinto al parossismo l’odio spinge chi odia a preservare l’oggetto del suo odio.
Da tutto ciò che si è scritto dovrebbe emergere che è di questo tipo l’odio per Berlusconi: un odio autosufficiente, assoluto, scisso da eventi e finalità specifiche, un odio che ha in sé stesso la sua giustificazione e che si alimenta da sé stesso. E così chi odia il cavaliere ne ha bisogno, esattamente come il drogato ha bisogno della droga che lo distrugge. E come il drogato odia la droga ma passa la vita a cercarla così chi odia Berlusconi non pensa che a lui, non parla che di lui, non ha in mente altro che non sia il faccione sorridente del nano malefico.
Qualcuno dubita di quanto si è appena detto? Beh, faccia un piccolo esperimento mentale. Cosa farebbe Marco Travaglio domani se stanotte Silvio Berlusconi morisse? E cosa farebbe Di Pietro? Quanti voti prenderebbe l’Italia dei valori se il mostro contro cui questo partito indirizza i suoi strali scomparisse? Vista l’età del premier e visto che neppure uno come lui sembra sia immortale (ma non si sa mai, chi è in buoni rapporti con Satana può riservare mille sorprese) molti dei suoi nemici dovrebbero iniziare a preoccuparsi.

Facezie a parte, l’odio verso Silvio Berlusconi non solo è un fenomeno negativo, ogni odio di questo tipo lo è, non solo è qualcosa di distruttivo ed autodistruttivo, è un problema per il paese. Inibisce ogni politica seria e razionale, rende difficile l’instaurarsi di un clima disteso e costruttivo di cui c’è invece estremo bisogno. L’odio verso Silvio Berlusconi è una forma specifica di schizofrenia, una forma tutta italiana del male oscuro che mina l’occidente. Un uomo politico, un ex imprenditore di successo si è trasformato nell’immaginario collettivo di una parte del paese nella personificazione del male, nella causa prima di ogni degrado, ogni corruzione, ogni problema irrisolto che tormenta l’Italia. I suoi seguaci hanno cessato di essere individui e forze sociali portatori di interessi, idee, valori discutibili ma compatibili con la civile convivenza e sono diventati un’orda di corrotti o di imbecilli. Ed il potere di questo campione della malvagità è qualcosa di sbalorditivo: non c’è nequizia di cui egli non sia responsabile, non c’è azione malvagia che egli non sia in grado di fare. Ex teorici del materialismo storico, pedanti professorini che fino a ieri spiegavano tutto con dotte disquisizioni sulla struttura socio economica vedono ora nel satanico potere di un singolo individuo la causa di tutti i mali del mondo. L’Italia va male perché il nuovo satana tutto finalizza al soddisfacimento dei suoi perversi desideri, l’Italia diventerebbe una sorta di nuovo eden se qualcuno riuscisse a schiacciare la testa del mostro (e qualcuno ci ha tentato in effetti si schiacciarla, quella testa odiosa). L’odio per Berlusconi è un esempio da manuale di allucinazione collettiva, è una malattia simile a quelle che hanno portato a suo tempo tante persone per bene ad adorare un Hitler o uno Stalin, o un Mao, è un fenomeno psichiatrico prima che politico. Tutte le persone di buon senso dovrebbero combatterlo, senza se e senza ma.

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