lunedì 10 maggio 2010

La crisi greca

E così la crisi riparte, dalla Grecia ora, non più dalla lontana e liberista America, ma dal cuore stesso dell’Europa. La Grecia è sull’orlo del fallimento, e non è la sola a trovarsi in una situazione tanto drammatica: la Spagna, la esaltatissima Spagna di Zapatero, additata per anni come modello positivo, naviga in acque non molto migliori. Mentre l’Italia riesce a cavarsela, malgrado un quadro istituzionale antiquato, la guerra che parti consistenti della magistratura hanno dichiarato al governo ed al suo leader, l’azione spesso irresponsabile di una opposizione capace solo di strillare, le stesse divisioni interne alla maggioranza, mentre l’Italia, dicevo, resta a galla sono proprio i paesi europei più amati dalla italica sinistra a trovarsi sull’orlo dell’abisso.. forse non è un caso.

Molti hanno parlato e parlano, a proposito della crisi Greca, del ruolo della speculazione. Ora, la speculazione esiste ed è certamente un fattore molto negativo in crisi come questa. Ma, fare della speculazione la causa scatenante della crisi è del tutto fuori luogo, serve solo ad occultare i problemi.

Si può speculare al ribasso ma si può speculare anche al rialzo, molti oggi tendono a dimenticarlo, questo elementare fatterello. Gli speculatori possono scommettere sull’indebolimento di una certa economia, ma possono scommettere anche sul suo rafforzamento. Il problema è proprio questo: perché la speculazione scommette oggi sulla crisi, forse addirittura sul tracollo della Grecia? Perché lo stesso euro appare oggi nell’occhio del ciclone? La risposta è molto semplice. Si scommette sull’indebolimento dell’economia greca, e forse europea, perché questa economia da ampi, addirittura drammatici, segnali di debolezza. La Grecia è, letteralmente, senza soldi, quindi rischia l’insolvenza: l’origine della crisi è tutta qui. I nodi vengono al pettine: non si possono spendere soldi che non si hanno, non si può vivere in eterno al di sopra delle proprie possibilità. Se qualcuno, privato cittadino o popolo che sia, lo fa, beh.. prima o poi deve pagare il conto, e la cura allora è molto, molto dolorosa. E’ comprensibile il malessere di quei greci che si vedranno tagliati salari e pensioni, meno comprensibile è l’atteggiamento del sindacato che dimostra di non avere alcun senso di responsabilità.

Di fronte ad una crisi tanto drammatica e che rischia di contagiare tutto il vecchio continente, viene anche da chiedersi: perché la si è voluta allargare tanto, questa vecchia Europa?

L’Europa oggi non ha un’anima, e sono i vari leader europei i primi a non volere che l’Europa abbia un’anima. L’Europa non deve riconoscersi in una storia, in una tradizione, in alcuni valori comuni ed unificanti, non a caso dalla costituzione europea è stato escluso ogni riferimento alle radici cristiano giudaiche del vecchio continente. Per molti parlare di identità culturale europea significa cadere nel nazionalismo, nello sciovinismo, nella xenofobia. Nuda, priva di storia, radici, valori, identità l’Europa deve solo “aprirsi”! Aprirsi ad una immigrazione priva di limiti e controlli, aprirsi alle altre culture, aprirsi al… “dialogo”, dialogo con chi? E per che cosa? E come si fa a dialogare se si è privi di identità? Se non si è altro che un insieme di istituzioni burocratiche?

Finora l’Europa è stata unita solo a livello bancario: un mostro privo di anima ma assai attento al portafoglio. La crisi attuale però fa crollare anche questo fragile fattore unificante fra gli stati europei. Di nuovo, i nodi vengono al pettine. Smaniosa di allargarsi, allargarsi a tutti senza essere nessuno, l’Europa ha aperto la porta a paesi che erano finanziariamente ben lontani dal possedere i requisiti richiesti… le conseguenze rischiamo di pagarle tutti, e a prezzo carissimo, le stiamo già pagando, in verità. Una sola, provocatoria domanda: a parte ogni considerazione sulla cultura, le tradizioni, i valori, i livelli di democrazia di un paese come la Turchia, siamo certi che, anche a livello puramente finanziario, questo paese abbia davvero le carte in regola? O non bisogna porsele, queste domande, per paura di dire cose “politicamente scorrette”?

Certo, oggi bisogna intervenire per bloccare le conseguenze potenzialmente catastrofiche della crisi finanziaria. Però prima o poi, meglio prima, bisognerà pur iniziare a parlare di Europa al di fuori della retorica e delle banalità di maniera!

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