mercoledì 30 luglio 2014

ISRAELE, L'ANTISEMITISMO, L'OLOCAUSTO




Uno degli argomenti più usati da coloro che condannano la politica di Israele verso i palestinesi suona più o meno così: “Noi abbiamo tutto il diritto di criticare la politica del governo israeliano senza dovere per questo essere giudicati antisemiti. Con la scusa dell’antisemitismo Israele e i suoi sostenitori cercano di ridurre al silenzio tutti coloro che non condividono la politica dello stato ebraico”. Nelle sue linee essenziali l’argomento non può che essere condiviso. Ogni politica, di qualsiasi governo di qualsivoglia stato può essere sottoposta a critiche anche molto dure. Qualificare come antisemita chiunque critichi la politica del governo israeliano è del tutto sbagliato, ovviamente. Però… però la maggioranza di coloro che criticano Israele e la quasi totalità di coloro che scendono in piazza contro Israele, non si limitano ad avanzare critiche, discutibili ma legittime, alla politica del governo israeliano. No, il discorso è ben diverso. Non di critica al governo israeliano si tratta infatti ma della negazione del diritto all’esistenza dello stato di Israele o comunque della negazione allo stato di Israele di un diritto che si riconosce invece a tutti gli altri stati: il diritto all’autodifesa.  Bene, a mio parere questo tipo di “critica” ad Israele coincide con l’antisemitismo, anzi, è la forma specifica che l’antisemitismo assume oggi. Una forma nuova, subdola, diversa dall’antisemitismo classico ma appunto per questo particolarmente pericolosa.

Se qualcuno ha dei dubbi in proposito vada a guardarsi i filmati dei cortei dei “pacifisti” anti israeliani. Una cosa è criticare il governo israeliano, cosa del tutto diversa è bruciare la bandiera israeliana. Bruciare una bandiera significa dimostrare pubblicamente il proprio disprezzo per una nazione, un popolo, una tradizione. Chi brucia la bandiera americana non è un semplice critico della politica del governo americano: col suo gesto dimostra di detestare tutto ciò che quella bandiera rappresenta. Quindi non solo la politica di un certo governo ma, di nuovo, una tradizione, un pensiero, un modo di vivere, insomma, un popolo che in quella bandiera bene o male si riconosce. Nel caso di Israele, dare alle fiamme la sua bandiera significa, molto semplicemente, contestare ad Israele il diritto di esistere. Significa contestare i valori, le idee, i sentimenti, gli interessi che hanno portato alla fondazione dello stato ebraico.
E considerazioni ancora più dure meritano certi cartelli in cui la stella di Davide viene eguagliata alla svastica. La stella di Davide, è risaputo, era il marchio degli ebrei nel periodo della persecuzione nazista. Portare la stella di Davide al braccio significava essere inviati ai campi di sterminio. Nulla può essere più lontano, più globalmente contrapposto alla stella di Davide quanto la svastica. Eppure in questo periodo si sono visti cartelli in cui il simbolo dei massacrati viene eguagliato a quello dei loro massacratori. Se a un reduce dai campi di sterminio avessero detto che un giorno il simbolo che portava al braccio sarebbe stato eguagliato alla svastica avrebbe solo potuto sorridere incredulo. Beh, avrebbe sbagliato visto come vanno oggi le cose. Eguagliare svastica e stella di Davide significa irridere le vittime dell’olocausto, se non negare l’esistenza di questo.

Ci sono alcuni occidentali che sostengono il non diritto all’esistenza dello stato di Israele negando nel contempo risolutamente di essere antisemiti. “Noi siamo antisionisti” affermano, “non antisemiti. Noi non siamo d’accordo con chi nega la l’olocausto e meno che mai con chi lo giustifica. Semplicemente neghiamo che gli ebrei debbano avere un loro stato, possono benissimo vivere come minoranza in vari stati, come è avvenuto per secoli. Si può essere antisionisti senza essere antisemiti e senza essere negazionisti. Chi accusa di antisemitismo gli antisionisti lo fa solo per giustificare la politica genocida di Israele”. Insomma, Israele non dovrebbe esistere come stato indipendente, al suo posto dovrebbe sorgere uno stato palestinese al cui interno siano garantiti agli ebrei  tutti i fondamentali diritti civili e politici: una specie di Svizzera medio orientale. Fantastica e realistica prospettiva, non c'è che dire.

Il sionismo teorizza che gli ebrei devono avere una loro patria ed uno stato loro. Può essere considerato una particolare forma di nazionalismo e può, come tutti i nazionalismi, essere sottoposto a critiche. A livello puramente teorico è possibile essere antisionisti senza essere antisemiti, questo è vero, talmente vero che ci sono stati ebrei se non antisionisti certamente non sionisti; il movimento sionista è stato per molto tempo solo una delle componenti dell’ebraismo, e non la più forte. Tutto bene quindi? No, per niente.
Gli odierni antisionisti brillano per la totale, irritante e faziosa asimmetria con cui giudicano gli ebrei e tutti gli altri. Si può criticare il sionismo, così come si può criticare ogni forma di nazionalismo, ovviamente. Ma gli antisionisti criticano solo il nazionalismo ebraico. Per loro è del tutto naturale che i palestinesi rivendichino un loro stato, così come è naturale che italiani, francesi o cinesi abbiano un loro stato. Ad essere criticata è solo la pretesa degli ebrei ad avere un loro stato. Solo per gli ebrei vale l’invito a vivere come minoranza, tutelata naturalmente,  in vari stati. Se qualcuno oggi dicesse che italiani, francesi o tedeschi dovrebbero vivere come minoranza in altri stati sarebbe preso per matto. Chi teorizza cose simili per gli ebrei può invece pretendere di essere considerato un "pacifista" e un “democratico progressista”.
E parimenti, solo per lo stato di Israele si va alla minuziosa ricerca delle violenze che possono avere caratterizzato la sua origine e si teorizza che queste toglierebbero oggi ogni legittimità alla sua esistenza. Sulle violenze che hanno caratterizzato la nascita di tutti gli altri stati si stende invece un velo di silenzio (con la parziale eccezione degli Usa, ovviamente). Eppure basta guardare una carta storica dell’Europa (non parliamo poi degli altri continenti) per rendersi conto che gli attuali confini non sono affatto “naturali” e che dietro ad ogni modifica territoriale ci sono state spessissimo guerre, violenze, sangue. Sarà un caso ma solo agli ebrei si chiede la purezza assoluta, il privilegio di una nascita innocente. Solo le loro violenze, vere o presunte, puzzano.
   
Merita alcune considerazioni il discorso sull’olocausto. Gli antisionisti non negano l’olocausto, anzi, si indignano se qualcuno li accusa di essere negazionisti, rivendicano il loro antifascismo, addirittura affermano che Hitler sarebbe stato, per un certo tempo, “sionista”. In effetti è vero che Hitler accarezzò l’idea di spedire forzatamente gli ebrei in Palestina, ma non certo per formare uno stato ebraico sovrano, con pienezza di poteri e riconoscimento internazionale. Visto che non sapeva ancora come risolvere la “questione ebraica” e che non trovava aree in cui deportare gli ebrei Hitler pensò che li si potesse costringere ad emigrare in Palestina, in attesa di soluzioni più “appropriate”, poi abbandonò il progetto, come si sa. Dedurre da questo il “sionismo” di Hitler è talmente idiota che non merita commenti. Va solo ricordato, en passant che i principali leader arabi si schierarono con Hitler nel secondo conflitto mondiale.
A parte queste considerazioni tuttavia, il fatto davvero importante è un altro. Piaccia o non piaccia la cosa lo stato di Israele è, in qualche modo, figlio delle persecuzioni che gli ebrei hanno dovuto subire, soprattutto dell’olocausto.
Per molto tempo il sionismo fu una dottrina minoritaria nella comunità ebraica. Anche se la mala pianta dell'atisemitismo era forte in Europa, in maggioranza gli ebrei restavano integrazionisti, miravano a diventare buoni cittadini degli stati in cui vivevano e non consideravano realistica la prospettiva di un trasferimento di massa in Palestina.
Questa situazione si modificò dopo i pogrom che seguirono in Russia L'attentato allo zarAlessandro 2°, nel 1881. Gli ebrei furono considerati i colpevoli del regicidio e dovettero subire una lunga serie di violenze. Poi venne il caso Dreyfus, in Francia. Nel 1894 l'ufficiale Alfred Dreyfus, ebreo francese, venne accusato di tradimento e spionaggio. Malgrado fosse innocente fu condannato alla deportazione nell'isola del diavolo. La sinistra (erano altri tempi...) si mobilitò in sua difesa, la destra nazionalista invece guidò la canea antisemita, condita di intollerabili violenze. Il caso Dreyfus rafforzò fra gli ebrei le posizioni sioniste. Se anche in un paese democratico, evoluto come la Francia gli ebrei dovevano subire intollerabili persecuzioni, come potevano sperare in una vera, pacifica integrazione?   
Fu l’olocausto tuttavia a dare il colpo di grazia alle speranze integrazioniste. L’olocausto dimostrò anche ai più riottosi che gli ebrei non sarebbero mai stati al sicuro se non avessero avuto un loro stato. Dopo l’olocausto la prospettiva di continuare ad essere minoranze in paesi sempre esposti al pericolo di derive antiebraiche dovette apparire alla gran maggioranza degli ebrei europei qualcosa di intollerabile. Il sionismo divenne assolutamente maggioritario nella comunità ebraica internazionale. Prima del secondo conflitto mondiale anche gli amici del sionismo parlavano di un vago “focolare ebraico” in terra santa, dopo l’olocausto la tendenza a dar vita ad uno stato ebraico divenne irresistibile.   

Se si considerano queste cose non appare molto strano il fatto che il più violento rappresentante mondiale dell’antisemitismo, l'ex presidente iraniano Ahmadinejad, sia anche ferocemente negazionista. L’olocausto deve essere negato perché l’olocausto rappresenta per così dire la patente di legittimità dello stato di Israele. Si ammetta l’olocausto e si dovranno riconoscere almeno alcune buone ragioni agli ebrei sionisti, si neghi l’olocausto, meglio, lo si faccia diventare una menzogna creata ad arte dal "sionismo internazionale", e la nascita di Israele può essere fatta apparire come una pura azione di espansionismo coloniale, di odio razziale nei confronti degli arabi. Chi odia Israele ed intende cancellarlo  dalla carta geografica deve negare l’olocausto. Questo il piccolo demagogo iraniano lo aveva capito infinitamente meglio di tanti intellettuali progressisti dell’occidente.
Ed in effetti il negazionismo è oggi enormemente diffuso nel mondo. Una simile affermazione può apparire azzardata a qualche occidentale colto. “Come, diffuso il negazionismo? Ma no, oggi tutti sanno, tutti condannano, tutti sono solidali con le vittime dell’olocausto!” Siamo davvero strani noi occidentali! Non riusciamo proprio a vedere oltre un palmo dal vostro naso! Il negazionismo è oggi diffusissimo nel mondo islamico dove una propaganda martellante presenta gli ebrei come dei mostri razzisti. Per centinaia di milioni di esseri umani l’olocausto altro non è che una invenzione dei sionisti per giustificare l’aggressione razzista al mondo arabo. E i negazionisti sono abbastanza numerosi anche nel democratico e laico occidente anche se non osano quasi mai esporre le loro tesi aberranti in maniera chiara.

Tiriamo le somme del discorso. Si possono ovviamente avanzare critiche anche molto dure alla  politica del governo israeliano senza per questo dover essere definiti antisemiti e si può, altrettanto ovviamente, contestare il valore di tali critiche senza per questo dover essere definiti razzisti anti arabi. Insomma, non si può affibbiare alcun epiteto a chi critica o difende la politica di Israele. Ma una cosa è fare critiche ad una politica, altra cosa è negare ad Israele il diritto all’esistenza, o riconoscere questo diritto ma negare allo stato ebraico il diritto all’autodifesa, o ancora simpatizzare con chi esplicitamente si prefigge di cancellare lo stato di Israele dalla carta geografica. Chi oggi nega ad Israele il diritto di esistere, o chi gli nega il diritto di difendersi, o ancora chi considera hammas una “normale” forza politica è, gli piaccia o meno, un antisemita. E’ antisemita perché nega agli ebrei, e solo a loro, quanto invece riconosce a tutti gli altri: il diritto ad avere uno stato e a poterlo difendere, è antisemita perché applica solo agli ebrei il principio secondo cui sarebbe possibile negare l’esistenza di uno stato perché nella sua storia sono presenti violenze e soprusi, veri o presunti, è antisemita perché chiede solo agli ebrei di vivere da minoranze in questo e quello stato. Minoranze tutelate, ovviamente, ma.. da chi? Chi è intervenuto, ad esempio, in difesa degli ebrei tedeschi dopo la notte dei cristalli?
Se qualcuno affermasse che gli italiani non hanno diritto ad un loro stato o non hanno diritto a difenderlo tutti diremmo che si tratta di un anti italiano. Certi “critici” occidentali di Israele negano agli ebrei anche il diritto di considerare anti semilta, quindi loro nemico chi simpatizza con coloro vorrebbero distruggere lo stato ebraico o nega per gli ebrei il diritto all’autodifesa. Beh, non si offendano questi “critici” se qualcuno ha il coraggio di definirli per quello che sono: antisemiti, e non si offendano neppure se gli si ricorda che una volta imboccata la strada dell’antisemitismo si arriva sempre, necessariamente, al negazionismo.

3 commenti:

  1. La cosa interessante è che questa gente passa metà del proprio tempo a vomitare su Israele ogni sorta di veleni (ma forse sarebbe più appropriato dire liquami), e l'altra metà a frignare che Israele non si può toccare, che appena ti azzardi a dire mezza parola ecco che subito scatta l'accusa di antisemitismo ecc. ecc.

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  2. L'occodente èmalato, e l'atteggiamento verso Israele di tanti occidentali "politicamentre corretti" è il sintomo più evidente della sua malattia.

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  3. Molti non si rendono conto che quello che è accaduto agli Ebrei (che gli si neghi uno Stato, che gli si dica di andare a vivere come minoranze in altri Stati, dove non avrebbero alcuna garanzia, però) potrebbe succedere (e temo succederà) a molti altri che ora si credono intoccabili e che potrebbero accorgersi in un domani non poi tanto lontano, di non essere affatto intoccabili, e parlo, per esempio, di Italiani (i più indifendibili), Belgi, Scandinavi, Olandesi, Francesi ecc.
    Ma le mie, temo, sono parole al vento, perché di voglia di ragionare e di capire ne vedo molta poca in giro.
    Mi consola che almeno tu abbia le idee chiare, e giuste, secondo me.

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