mercoledì 19 novembre 2014

ANCORA SU ISRAELE.





Le reazioni alla mattanza


Lo dico senza giri di parole. Molte dichiarazioni riguardo alla strage alla sinagoga di Gerusalemme grondano ipocrisia. La signora Mogherini, ad esempio, ha fatto seguire alla formale condanna per la mattanza la constatazione secondo cui simili episodi sono destinati a moltiplicarsi se non va avanti il “processo di pace”. Altri hanno parlato di “spirale dell'odio” o di “rabbia che cresce in Israele". E chi è responsabile se il “processo di pace” è bloccato? Chi della “rabbia” e della “spirale di odio”? Ma, è evidente: Israele! Insomma, gli israeliani se la sono cercata. Certo, fanno male i palestinesi a cedere alla “rabbia”, ma, bisogna capirli, poverini! Sarebbero pronti alla pace ed i malvagi israeliani gliela negano, volete che a qualcuno di loro non saltino i nervi?
Non mi interessa qui ripetere per l'ennesima volta che in realtà il vero responsabile del blocco del processo di pace è Hammas. E' Hammas che NON vuole riconoscere il diritto di Israele ad esistere e che parla di riconquista di tutte le terre che sono state islamiche. Se chi giustifica Hammas si prendesse la briga di leggere il suo programma avrebbe di che meditare. Ma, tralasciamo. Ammettiamo, per pura comodità di ragionamento, che gli Israeliani siano dei malvagi oppressori, questo spiega (non dico giustifica, spiega) atti come la mattanza alla sinagoga?
Gli ebrei hanno dovuto subire nel corso di due millenni innumerevoli persecuzioni, culminate in quella immensa tragedia che è stata l'olocausto. Si sono visti forse, dopo il 1945, ebrei farsi esplodere a Berlino? O ammazzare a casaccio, a colpi di mannaia, innocenti civili tedeschi?
Gli Istriani hanno dovuto subire il dramma delle Foibe, qualcuno di loro ha mai sparato alla cieca contro dei civili iugoslavi?
Il comunismo ha causato, ovunque nel mondo, milioni di vittime. Qualche sopravvissuto ai gulag è mai entrato nella sede di qualche partito comunista uccidendo chiunque incontrasse?
Sarà un caso ma solo il fondamentalismo islamico ha adottato ed applicato su larghissima scala la tecnica del massacro indiscriminato, dell'uccidere a casaccio il primo che passa. Ed è una tecnica che i nostri fratelli mettono in atto
non solo in Israele ma in tutto il mondo. Altro che “spirale dell'odio”, e “rabbia” causate dagli israeliani! La rabbia e l'odio sono il pane ed il companatico del fondamentalismo islamista, la base della sua cultura, i valori, no, i disvalori, che guidano le azioni dei suoi militanti. In Israele, ma anche in Europa, ed in America, ed in medio ed estremo oriente, ovunque. 

Un grosso equivoco

Molti occidentali che pure non amano il fondamentalismo islamico provano una certa simpatia per i palestinesi ed una simmetrica antipatia per gli israeliani. Una cosa sono l'Isis ed Al Qaeda, altra Hammas, sostengono. Per queste persone (mi riferisco a quelle in buona fede e pensanti, non agli imbecilli ed ai faziosi), per queste persone, ripeto, lo scontro fra israeliani e palestinesi sarebbe un normale conflitto nazionalistico. I palestinesi sarebbero stati privati dagli israeliani della loro patria, da qui il lunghissimo conflitto che oppone gli uni agli altri.
Non è il caso di ricordare ancora una volta i numerosi fatti storici che smentiscono l'affermazione secondo cui i palestinesi sarebbero stati privati dagli israeliani della loro “patria”: non è mai esistito uno stato palestinese,  gli insediamenti ebraici sono avvenuti nella forma di acquisto e non di rapina di terre, la risoluzione dell'ONU che sanciva la nascita di Israele sanciva anche la nascita di uno stato palestinese e così via. Mi permetto invece di proporre un piccolo esperimento mentale a chi, in buona fede, considera quello fra israeliani e palestinesi un normale conflitto nazionalistico.
Poniamo che Israele non sia mai nato, che non ci sia stata l'immigrazione ebraica in “Palestina”. Immaginiamo che le terre su cui attualmente sorge lo stato di Israele facciano parte della Siria o della Giordania. Non si tratta di una ipotesi campata in aria. Molti a suo tempo sostennero che quella che oggi molti chiamano “Palestina” dovesse diventare una regione della Siria. Ebbene, gli amici dei palestinesi pensano che in questo caso esisterebbe comunque un movimento palestinese di indipendenza nazionale? Che ci sarebbero richieste di separazione della Palestina dalla Siria o dalla Giordania? Mi permetto di dubitarne.
Si potrebbe obiettare che la mia è una ipotesi controfattuale, impossibile da dimostrarsi. Mi permetto allora di fare una piccola domanda: le terre su cui oggi sorge lo stato di Israele sono state per moltissimo tempo parte dell'impero ottomano. E' mai sorto un movimento nazionale palestinese che reclamasse la indipendenza della “Palestina” dall'impero ottomano? La risposta, stavolta niente affatto ipotetica, è
NO. Non solo, un movimento nazionale palestinese non è sorto neppure dopo la formazione dello stato di Israele. Lo stato di Israele nasce nel 1948, l'organizzazione per la liberazione della Palestina nel 1964, sedici anni dopo. Per moltissimo tempo lo scontro è stato non fra israeliani e palestinesi, ma fra Israele e stati arabi, cosa assai diversa.
Con questo non voglio dire che, se
oggi i palestinesi si sentono una nazione, non abbiano diritto ad un loro stato, ma deve essere uno stato che viva pacificamente al fianco e non al posto di Israele. Ma, proprio qui sta la difficoltà, praticamente insolubile. Da dove sorge questa difficoltà?  

Nazionalismo o fondamentalismo?

Non raccontiamoci palle. Israele è uno stato che ha le dimensioni più o meno della Lombardia, con circa sei milioni di abitanti. Sorge su un pezzo di terra desertica, priva di petrolio e ricchezze naturali. E' circondato da stati enormi e popolosi. Pensare che l'esistenza di un simile stato costituisca in quanto tale un problema che in 66 (
sessantasei) anni non è stato possibile risolvere è del tutto fuorviante. Se una cosa non manca in medio oriente questa è la terra; se davvero il conflitto che oppone israeliani e palestinesi fosse un normale conflitto nazionalistico lo si potrebbe risolvere, con un minimo di ragionevolezza e buona volontà. Lo spazio per dare una patria ai palestinesi lo si potrebbe trovare, se davvero questo fosse il problema. Ma non è questo il problema, quanto meno non è questo il problema fondamentale.
In realtà lo scontro fra israeliani e palestinesi è oggi soprattutto, se non esclusivamente, scontro fra occidente e fondamentalismo islamico. E' uno scontro religioso e, prima ancora, culturale. Per questo, non per il mancato riconoscimento del presunto stato palestinese, appare ad oggi insolubile. Hammas non vuole una patria per i palestinesi, meno ancora vuole uno stato palestinese che conviva con Israele, meno che mai vuole uno stato palestinese democratico, tollerante, che garantisca a tutte le fedi pari riconoscimento e pari libertà di culto. Hammas mira a sostituire Israele con un califfato islamico, uno stato in cui i non mussulmani sarebbero, nella migliore delle ipotesi, cittadini di serie B, o C. Se non si capisce questo non si capisce nulla, ma proprio nulla della crisi in medio oriente.  

La testardaggine degli israeliani.

Molti occidentali lo pensano, probabilmente, ma non lo dicono. Perché continuano a resistere questi israeliani? In fondo che vita è la loro? Sempre con l'incubo di razzi ed attentati. Accettino la vittoria dei loro nemici, sarà sempre meglio che questa guerra infinita.
Chi pensa queste cose dovrebbe immaginarsi cittadino di uno stato in cui le adultere vengono lapidate, le donne infibulate, apostati e bestemmiatori condannati a morte e tante altre belle cose. Ma, anche prescindendo da questi “dettagli” chi in occidente teorizza, senza parlarne troppo, la resa di Israele al fondamentalismo dimentica un paio di cosette, essenziali.
In primo luogo, gli israeliani hanno offeso, per il solo fatto di esistere, l'orgoglio dei fondamentalisti islamici. Israele è uno stato ebraico che sorge in una terra che i mussulmani avevano conquistato all'Islam, e questa è già per loro una provocazione enorme. Inoltre Israele ha sconfitto ripetutamente chi voleva cancellarlo dalla faccia della terra e questo è assolutamente intollerabile per i fondamentalisti di tutte le salse. Se Israele dovesse essere sconfitto l'odio dei suoi nemici diventerebbe, con tutta probabilità, irrefrenabile. Gli ingenui, in buona o cattiva fede, possono pensare che una volta riconosciuto lo stato palestinese ebrei e mussulmani potrebbero convivere pacificamente, volendosi tanti bene, anche se con gli ebrei ridotti a cittadini di serie B. Questa è solo una delle tante illusioni dei finti “buoni”. La sconfitta di Israele non creerebbe alcun tipo di “civile convivenza fra diversi”, come cianciano i “politicamente corretti”, ma darebbe il via ad un massacro, questo si, genocida. Gli israeliani queste cose le sanno benissimo, per questo combattono con una tenacia che a noi appare incredibile. A molti occidentali sembrano davvero esagerati, questi israeliani, ma loro hanno il pessimo difetto di preferire le condanne ipocrite dei finti pacifisti alle loro ipocrite condoglianze. E fanno bene.
Inoltre, chi pensa ad una resa di Israele non capisce che una simile resa avrebbe conseguenze mortali per l'occidente tutto. Se uno stato piccolo, ma forte e determinato come Israele fosse sconfitto vorrebbe dire che qualsiasi altro stato può essere sconfitto. Con le armi, o con la pressione demografica, o con l'immigrazione priva di limiti e controlli, o col ricatto di un terrorismo che renda impossibile a tutti qualsiasi forma di quieto vivere.
Resistendo al fondamentalismo Israele difende anche noi, che forse non ce lo meritiamo troppo, di essere difesi.


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