sabato 21 febbraio 2015

DUREZZA

Storia degli ebrei

Gli Israeliani sono duri, si dice spesso, e c'è del vero in questa affermazione.
Sto finendo di leggere “Storia degli ebrei” (TEA 2006) del saggista britannico Paul Johnson, un libro che mi permetto di consigliare ad amiche ed amici.
Una storia niente affatto apologetica, approfondita, critica. Una storia degli ebrei che è anche una rapida ma profonda occhiata su alcuni momenti chiave della storia della cultura occidentale, di cui gli ebrei sono tanta parte; una disamina delle varie componenti dell'ebraismo che è tutto tranne che un sistema monolitico, privo di differenziazioni e di contrasti.
Ma, soprattutto, una terribile storia di persecuzioni, emarginazioni, ghetti, pogrom, migrazioni forzate, fino alla immane tragedia dell'olocausto.
In un mondo lacerato da guerre religiose, contrasti etnici, odi razziali e nazionali gli ebrei, dalla diaspora in poi, sono sempre stati minoranza appena tollerata in paesi le cui popolazioni avevano nei loro confronti, nel migliore dei casi, sentimenti di malcelata ostilità.
Hanno dovuto far fronte alle politiche predatorie dei potenti e all'ira del popolino invidioso. Sono stati accusati di essere una sorta di nazione a parte, estranea alla vita dei paesi che li ospitavano e, nel contempo, di essere degli apolidi sradicati. L'ebreo è stato identificato con l'usuraio e l'avido capitalista e, nel contempo, col bolscevico eversore. Se non riuscivano ad emergere gli ebrei erano dei pezzenti buoni a nulla, quando riuscivano (e ci sono riusciti spessissimo) a salire nella scala sociale, degli arrivisti senza scrupoli. Se si convertivano erano dei “marrani” ingannatori, se non lo facevano dei fanatici attaccati ad una fede insensata. Sono stati perseguitati dai musulmani come dai cristiani, dai cattolici come dai protestanti, dai nazifascisti come dai comunisti. E da quando esiste lo stato di Israele tutte le vecchie accuse anti ebraiche si sono trasferite su questo stato, che, quali che possano essere le sue colpe, vere o presunte, ha dato loro, per la prima volta nella storia, rifugio.
E' vero, gli Israeliani sono duri, a volte. Lo sono perché sanno cosa vuol dire essere perseguitati, è qualcosa che ormai fa parte del loro DNA. E lo sono perché sanno, con assoluta certezza, che non possono perdere. Israele ricorda una squadra di calcio obbligata a vincere, sempre. Perché se perdesse, o anche solo pareggiasse, una partita sarebbe fuori, senza possibilità di recupero. Cosa succederebbe ai cinque milioni circa di ebrei israeliani se Hammas sconfiggesse militarmente Israele? Qualche persona sana di mente può davvero pensare che Hammas vittorioso fonderebbe uno stato palestinese rispettoso dei diritti di tutti, laico aperto, tollerante? Uno stato in cui ognuno potrebbe senza timore praticare la propria fede? Non scherziamo. Una sconfitta militare significherebbe per Israele, né più ne meno, che la distruzione, e la distruzione di Israele segnerebbe la fine dei suoi abitanti ebrei.
Sono esagerazioni? no, la storia ci dice che non lo sono. Se qualcuno nel 1933, forse anche nel 1939,  avesse parlato dell'olocausto lo avrebbero accusato di essere un visionario. E ce lo dice anche la cronaca, ce lo dicono le politiche di massacro indiscriminato che l'Isis sta portando avanti, nella semi indifferenza del mondo.
Gli Israeliani non devono esagerare con la durezza, devono difendersi, ma devono cercare comunque di rispettare, difendendosi, quei valori che stanno alla base della stessa formazione del loro stato. Ma chi li accusa di essere “duri” standosene tranquillamente seduto in poltrona mentre sotto casa sua infuria la barbarie, chi fa questo è solo un ipocrita, per non dire di peggio.

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