mercoledì 22 agosto 2018

PAROLE

Le parole sono importanti. Usare una certa parola o una certa espressione invece che un'altra provoca in chi ascolta reazioni psicologiche del tutto diverse. Ecco perché i campioni della propaganda stanno bene attenti alle parole che pronunciano. Usano parole ed espressioni in linea coi loro fini propagandistici, anche se sono del tutto fuori luogo e danno un quadro degli eventi lontano anni luce dal vero.

Mi limito a tre soli esempi, molto significativi.

Crollo del muro di Berlino. Fine della guerra fredda.

Nel 1989 è crollato il comunismo, è finita una esperienza storica durata oltre 70 anni che aveva incantato milioni di esseri umani e moltissimi intellettuali.
Dire che è crollato il muro di Berlino e che la guerra fredda è finita suscita invece l'idea che nel 1989 sia finita la contrapposizione fra i blocchi, la reciproca incomprensione fra comunismo e democrazie occidentali. Prima si guardavano in cagnesco poi il muro è crollato e le incomprensioni sono state superate. Tutti possiamo volerci bene. E i milioni di morti, le economie distrutte, le società disgregate, il comunismo che ancora esiste in Corea del nord o a Cuba?
Dettagli.

Strage di Lampedusa.

Nessuno parla di “strage del Titanic” o dell'Andrea Doria. Si parla dei naufragi di queste grandi navi. Si parla invece di strage di Marzabotto, o di Katyn, o di San Valentino. La parola “strage”, come il quasi sinonimo "massacro", richiama irresistibilmente l'immagine di esseri umani che uccidono dei loro simili. Usarla riferendosi ad un naufragio fa nascere l'idea che di quel naufragio siamo sotto sotto responsabili NOI. E' stata una strage perché ci sono dei colpevoli e quelli siamo noi, con il nostro egoismo. Tipico esempio di uso propagandistico delle parole.

Naufraghi. Salvare da un naufragio (espressioni riferite ai migranti soccorsi in mare).

Una nave compie un viaggio, per un qualsiasi motivo affonda, chiede soccorso e la nave più vicina accorre per portare il suo aiuto. Questo è un naufragio, questo vuol dire soccorrere dei naufraghi.
Il caso dei migranti soccorsi in mare è completamente diverso. Nel migliore dei casi si tratta di navi che pattugliano il mare alla ricerca di naufraghi senza che vi sia stata alcuna richiesta di aiuto. Quando queste navi incontrano un barcone provvedono al trasbordo dei passeggeri anche se il barcone stesso non è in difficoltà.
Nel peggiore dei casi le navi di soccorso arrivano fino a pochi chilometri dal luogo di partenza dei migranti, li imbarcano e provvedono a trasportarli in Italia. Si comportano insomma come dei normali traghetti. Val la pena di aggiungere che, almeno nel caso delle ONG, la gran maggioranza dei soccorsi è di questo secondo tipo.

Solo tre esempi. Possono bastare, direi.

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