lunedì 19 agosto 2019

LA LETTERA E LO SPIRITO DELLA COSTITUZIONE

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Così recita l'articolo uno della costituzione.
Lasciamo perdere il “fondata sul lavoro” ed esaminiamo il resto dell'articolo.
“ La sovranità appartiene al popolo” viene stabilito in forma solenne. Poi si aggiunge:
“che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Che la sovranità del popolo venga esercitata nelle forme e nei limiti della costituzione è talmente ovvio da fare apparire ridondante questa specificazione. Qualsiasi diritto viene esercitato nelle forme e nei limiti previsti dalla costituzione o comunque non in contrasto con questa.
E' però altrettanto ovvio che queste forme e questi limiti non possono mettere in discussione la sovranità del popolo solennemente enunciata nell'articolo uno. Dire che “la sovranità appartiene al popolo “ e poi porre a tale sovranità forme e limiti che di fatto la vanificano renderebbe la costituzione auto contraddittoria. Si può forse dire che “la sovranità appartiene al popolo” e poi stabilire che le elezioni politiche si tengono una volta ogni 20 anni? O che il capo dello stato può, a suo piacere, render nulla qualsiasi legge votata dal parlamento? Basta farsi la domanda per avere la risposta. Le “forme ed i limiti” stabiliscono come si esercita la sovranità popolare, ma non possono contraddire la stessa.

Sappiamo tutti come si formano nel nostro paese le maggioranze parlamentari che sostengono i governi. Ci sono le elezioni. I vari partiti presentano al corpo elettorale i loro programmi e dicono chiaramente con chi intendo allearsi per metterli in atto.
Dopo le elezioni il capo dello stato inizia le consultazioni. Le varie forze politiche gli espongono le loro posizioni. Il capo dello stato affida l'incarico di formare il nuovo governo ad una persona che sembra abbia la capacità di rappresentare la maggioranza uscita dalle urne. Se questa riesce nel suo intento si forma il nuovo governo.
Tutto il sistema si regge sul tacito presupposto che i partiti diranno al capo dello stato più o meno le stesse cose, o cose non troppo dissimili, o comunque non contraddittorie, con quelle che hanno proposto al corpo elettorale.
Le forze politiche discuteranno col capo dello stato i nomi dei vari ministri, questo o quell'aspetto del loro programma, ma non proporranno cose che fanno a pugni con le posizioni che queste avevano prima della consultazione elettorale. Il partito A si presenta alle elezioni alleato con B per attuare il programma P, contro il partito C. Non è che poi dalle consultazioni col capo dello stato esce una alleanza fra A e C per attuare il programma Q, opposto di P. Una simile ipotesi è formalmente possibile, la costituzione NON la esclude. Non è quindi illegale, non tradisce la forma della costituzione. Ne tradisce però, clamorosamente, lo spirito.
Per quanto complesso, macchinoso e criticabile sia il processo che porta alla formazione di un governo, questo ha per fine la formazione di governi sostenuti da maggioranze non in contrasto con quanto voluto dal corpo elettorale. Se così non fosse l'accenno alla sovranità del popolo contenuto nell'articolo uno della costituzione sarebbe del tutto privo di senso. Al limite si potrebbe abolire il rito delle libere elezioni. Il popolo vota, da la maggioranza a certi partiti, poi un gruppo di parlamentari cambia casacca e si forma un governo sostenuto da una maggioranza opposta da quella votata dagli elettori, che attua un programma opposto a quello che il corpo elettorale aveva scelto. Se questo fosse lo spirito della costituzione si dovrebbe da subito pensare a riscriverla, dal primo all'ultimo articolo.

"Non si deve mica votare ogni volta che c'è una crisi di governo", si sente spesso dire in questi giorni. E' vero, non è obbligatorio votare ogni volta che un governo cade, se così fosse in Italia si voterebbe almeno una volta all'anno, magari ogni sei mesi. In passato ci sono state moltissime crisi di governo che non si sono risolte col voto, ma, cosa avveniva in quei casi? Si formava un nuovo governo in un quadro che restava però di sostanziale continuità politica col precedente. Cambiava spesso il presidente del consiglio, cambiavano alcuni ministri, il programma subiva alcune modifiche, ma non c'era alcun ribaltamento del quadro politico, NON si formavano governi contrapposti alla volontà del corpo elettorale così come questa si era manifestata nelle elezioni. Per quanto trasformista fosse la vecchia DC, non è MAI successo che si presentasse al corpo elettorale come la diga contro il comunismo per allearsi, subito dopo col PCI.
Quello che sta avvenendo in questi giorni è qualcosa di radicalmente opposto. Le elezioni del 2018 non avevano dato vita ad una maggioranza omogenea. Le due forze politiche uscite maggiormanete rafforzate dal voto erano riuscite a trovare un accordo sulla base di un programma di compromesso che non tradiva le promesse da entrambe fatte al corpo elettorale. Buono o cattivo che fosse, quell'accordo era al momento l'unico possibile, unica alternativa un ritorno immediato al voto che non avrebbe, con tutta probabilità, cambiato la situazione.
Dopo un anno di continui ed esasperanti tira e molla quell'accordo è saltato e cosa succede? Si prospetta una alleanza fra due forze politiche, PD e 5S che, entrambe, hanno sempre sostenuto di essere del tutto incompatibili, che si sono reciprocamente accusate delle peggiori nefandezze e che fino ad oggi hanno sostenuto programmi del tutto opposti. Qui non c'è alcuna continuità politica, alcun compromesso programmatico. O una delle due forze politiche impone all'altra il suo programma o entrambe si accordano sul nulla, pur di conservare le poltrone ed impedire la vittoria del “mostro”. La cosa è ancora più grave se si pensa che in tutte le consultazioni elettorali succedutesi dal marzo 2018 ad oggi sia il PD che i 5S hanno subito nettissime sconfitte, i 5S addirittura dei tracolli. Il loro sarebbe il governo degli sconfitti, una scatola vuota priva di qualsiasi sostegno popolare, qualsiasi legittimazione elettorale. Il loro programma è intuibile: porte spalancate alla immigrazione clandestina, strapotere della UE, crescita della pressione fiscale, probabilmente una patrimoniale sugli immobili. Quanto di più lontano e contrapposto si possa pensare dalle esigenze e dagli auspici delle persone normali.
Un governo PD - 5S sarebbe, per farla breve, una sfida al popolo italiano. Farlo equivarrebbe a dire agli elettori: “voi votate pure come vi pare, noi facciamo e continueremo a fare il cavolo che ci pare”.
E' impensabile che una tale follia non provochi nel paese risposte molto dure, con ripercussioni molto pesanti sull'economia. Potrebbe anche favorire una vera svolta a destra del paese, l'affermarsi di posizioni davvero razziste e fascisteggianti, tante volte scioccamente evocate a torto dai faziosi.
Spero che una simile follia non si realizzi e, se per sciagura, dovesse realizzarsi, duri il meno a lungo possibile.
E che la parola torni al tanto disprezzato e bistrattato popolo.
Allora per i Renzi ed i Di Maio, i Prodi ed i Grillo sarà la fine.

1 commento:

  1. I 5s sono dei pirla. Se fossero furbi chiederebbero le dimissioni personali di Salvini e andrebbero avanti col governo...

    RispondiElimina