lunedì 6 ottobre 2025

LO STATO CHE NON DOVREBBE ESISTERE

 

Proviamo a fare un esperimento mentale. Sul Trentino, il Piemonte, la Lombardia, piovono razzi. Dall’Austria una organizzazione estremista al potere proclama che lo stato italiano non ha diritto di esistere. “Se gli italiani proprio vogliono uno stato possono fondarlo nella foresta amazzonica” affermano i suoi leader. E alle parole fanno seguire i fatti. Bombardano città e paesi di confine, tutti i giorni, più volte al giorno. Le vittime non sono molte perché gli italiani convivono da anni con il loro turbolento vicino e sanno prendere contromisure adeguate, però la situazione è insostenibile: decine di migliaia di italiani vivono sotto la costante minaccia di esser fatti saltare in aria. Un bel giorno il governo italiano perde la pazienza e bombarda le postazioni missilistiche austriache. L’azione è dura, numerose le vittime. Ci sono morti e feriti fra la popolazione civile austriaca, anche alcuni bambini perdono la vita. L'austria è popolosa, inoltre l’organizzazione estremista piazza le proprie postazioni militari molto vicino agli insediamenti civili. Le caserme sono costruite accanto alle scuole, le rampe missilistiche sui tetti di asili e ospedali. Se gli italiani rispondono al fuoco quasi certamente vi saranno vittime fra i civili e un’abile propaganda avrà buon gioco a presentarli come criminali di fronte al mondo. Ed è proprio questo che avviene. Molti "democratici progressisti" si dicono inorriditi   dall’azione militare italiana. Si levano grida contro le atrocità italiane, coloro che non dicevano nulla quando gli austriaci indirizzavano volutamente i loro missili contro scuole e asili si indignano per le morti fra i civili causate dai "criminali italiani". E mentre nelle piazze di molti paesi grandi folle esprimono tutto il loro odio verso l’Italia, anche gli amici degli italiani rivolgono loro amichevoli rimproveri. “Così facendo fate il gioco degli estremisti” afferma il primo. E un secondo aggiunge: “la violenza genera violenza, con le vostre azioni incrementate l’odio che gli austriaci e i loro amici provano verso di voi”. Insomma, gli italiani dovrebbero accettare di essere bersagliati da missili vita natural durante. Se uno ti aggredisce non devi reagire se no quello si arrabbia ancora di più. E infine il consiglio più amichevole di tutti: “trattate con l’organizzazione estremista, dialogate con chi vi bombarda. E’ vero, si tratta di persone che non riconoscono il vostro diritto a esistere, ma…suvvia, ci vuole realismo, se non dialogate con loro quelli si incattiviscono ancora di più”.

Sembra fantascienza vero? Si, lo sembra, ma solo perché stiamo parlando dell’Italia e dell’Austria. Se invece si parla di Israele ed Hammas la fantascienza si trasforma in ordinaria realtà. Tutti sarebbero solidali con uno stato che reagisse ad attacchi missilistici contro le proprie città di confine, a condizione che lo stato in questione non fosse Israele. Tutti si indignerebbero sinceramente se qualcuno dicesse che l’Italia, o la Francia, o l’Egitto non hanno diritto di esistere in quanto stati indipendenti, ma le cose cambiano se qualcuno dice che Israele non ha diritto di esistere. Di nessuno stato si dice oggi che ha diritto di esistere. E’ ovvio, scontato che la Russia o il Cile o qualsiasi altro stato abbiano diritto di esistere, non occorre ripeterlo. Per Israele no. Nel caso di Israele il semplice affermare il suo diritto all’esistenza scatena discussioni, dubbi, polemiche. Per centinaia di milioni di esseri umani gli ebrei dovrebbero andarsene dalla Palestina o rassegnarsi a vivere da cittadini di serie C (o peggio) in una teocrazia islamica. In ogni competizione sportiva c’è qualche atleta che rifiuta di misurarsi con un atleta israeliano, le partite della nazionale israeliana di calcio diventano, ipso facto, un problema di ordine pubblico (e non per la violenza del tifo), insomma essere israeliano vuol dire far parte di uno stato maledetto, uno stato che esiste ma non dovrebbe esistere. E questo non solo per i fanatici ed i fondamentalisti. Sono molti gli occidentali che guardano con profonda antipatia a Israele, sotto sotto sono convinti, anche loro, che sarebbe molto meglio se lo stato ebraico non ci fosse.

La maledizione di Israele sta nella sua origine. La nascita di Israele è una macchia indelebile, una sorta di peccato originale. Anche chi afferma che Israele ha, ormai, diritto di esistere non può non provare uno spiacevole fremito pensando a come è nato lo stato ebraico. Altri, più radicali non si fanno troppi scrupoli: Israele è nato dalla cacciata dei palestinesi dalle loro terre, dicono, quelle terre devono essere ridate ai palestinesi, punto e basta. Come possono gli israeliani lamentarsi se Hammas li bombarda? Loro non dovrebbero essere dove sono. La terra che gli israeliani occupano la occupano illegalmente, la loro presenza in Palestina è del tutto ingiustificata, costituisce un crimine storico che rende legittima ogni aggressione nei loro confronti. Hanno un bel coraggio a lamentarsi gli israeliani! Vivono su una terra rubata ai loro legittimi proprietari! Hanno anche la pretesa di viverci in pace e sicurezza?
Chi ragiona in modo simile (e sono in tanti a farlo, anche nel democratico e laico occidente) commette, in primo luogo, un fondamentale errore di principio e, in secondo luogo, dimostra di ignorare completamente la storia. L’errore di principio è abbastanza evidente. TUTTI i popoli di TUTTI gli stati del mondo occupano oggi terre che cinquanta, o cento o mille anni fa erano di altri popoli; la nascita di TUTTI gli stati è stata caratterizzata da violenze. Nella storia di ogni stato ci sono guerre, migrazioni, scontri fra etnie, contrasti religiosi risolti con la forza. Se si dovesse contestare il diritto a esistere di tutti gli stati la cui origine è stata caratterizzata da qualche violenza nessuno stato avrebbe oggi diritto di esistere. Risalire indietro nel tempo per stabilire chi oggi abbia il diritto di occupare un certo territorio porterebbe solo a una serie senza fine di guerre.
Ma, obiettano i nemici di Israele, nel caso dei palestinesi il contenzioso è ancora in piedi. I palestinesi rivogliono la loro terra, quindi ne hanno diritto, perché erano su quella terra prima degli ebrei. Questo differenzierebbe la loro posizione da quella degli "indiani" d'America o di altri popoli sconfitti che non avanzano però diritti di rivalsa. In base a un simile "ragionamento" (si fa per dire) se un bel giorno i discendenti degli "indiani" d'America, degli aborigeni australiani o degli aztechi rivendicassero le "loro" terre dovrebbero scomparire stati come gli USA o l'Australia o il Messico. Sarà un caso ma solo per gli ebrei si tirano fuori simili farneticazioni!

Lasciamo perdere le follie farneticanti. Torniamo a Israele e ai fatti che lo riguardano. Chi parla della sua origine illegittima dimostra solo la sua totale, profondissima ignoranza. Procediamo per punti.

1) Se proprio si volesse andare indietro nel tempo per stabilire chi abbia oggi il diritto di vivere in "Palestina" si dovrebbe concludere che gli ebrei e solo loro hanno quel diritto. Un tempo infatti  gli ebrei e non i musulmani vivevano nella terra che oggi alcuni chiamano "Palestina". La conquista musulmana della Palestina iniziò nel 637 d.C. con la caduta di Gerusalemme e divenne definitiva, con l’annessione della regione nel 638 sotto il califfo Omar. A non aver diritto di vivere in Palestina dovrebbero essere, seguendo la logica malata del regresso temporale, proprio i musulmani. Inoltre è sempre esistita  una presenza ebraica in Palestina, non numerosissima ma socialmente rilevante. La frattura fra gli ebrei e la loro terra d’origine non è MAI stata definitiva.
I sostenitori del regresso temporale usano un metodo molto bizzarro: retrocedono nel tempo solo fino a un certo punto, prendono in considerazione solo il passato che sembra confermare le loro tesi. Troppo comodo!

2) Non è mai esistito uno stato palestinese. Ai tempi dei primi insediamenti ebraici quella che oggi molti chiamano Palestina era solo una parte dell’ex impero ottomano. Non esisteva neppure una nazione palestinese né un movimento nazionale palestinese. Dopo la dissoluzione dell'impero ottomano nessuno propose la nascita di uno stato palestinese, si pensava di fare della Palestina una regione della Siria. La organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) nacque nel 1964, SEDICI  anni dopo la nascita dello stato di Israele. Il suo leader Arafat è nato al Cairo.

3) I primi ebrei emigrati in Palestina si impossessarono della terra che intendevano coltivare in maniera assai poco violenta: comprandola dai palestinesi. Le organizzazioni sioniste finanziate dalle comunità ebraiche, specie dagli ebrei più facoltosi, raccolsero i fondi destinati all’acquisto di terre dai grandi proprietari arabi. La compra vendita di terra, per inciso a prezzi altissimi, proseguì per molto tempo, malgrado le pressioni di chi guardava con ostilità i nuovi venuti. Non un centimetro di terra venne rubato ai contadini palestinesi.

4) Israele è l'unico stato sorto in seguito a negoziati, trattati e delibere di organizzazioni internazionali: la società delle Nazioni prima, l’ONU dopo. In realtà la nascita di Israele è stata caratterizzata da una violenza molto minore di quella di moltissimi altri stati di cui nessuno si sogna oggi di contestare il diritto a esistere.

5) Il mandato britannico sulla Palestina comprendeva anche i territori molto vasti su cui è sorta la attuale Giordania che può, da questo punto di vista, essere considerata a tutti gli effetti uno stato palestinese.   

6) La risoluzione ONU 181 del novembre 1947 diede vita a DUE stati: Israele e uno stato arabo palestinese. Gli ebrei accettarono quella risoluzione, gli arabi no e iniziarono subito la guerra contro il neonato stato ebraico. Per decenni il conflitto non fu fra israeliani e palestinesi ma fra Israele e stati arabi. I “due popoli due stati” di cui oggi tanti parlano sarebbero realtà dal 1948 se gli arabi li avessero accettati.

7) Nel 1993 gli accordi di Oslo concedevano ai Palestinesi gran parte della Cisgiordania, nel 2005 Gaza fa concessa ai palestinesi. Invece di pensare a edificare un loro stato che convivesse pacificamente con Israele dirigenti palestinesi trasformarono i territori loro concessi, Gaza soprattutto, in basi per continui attacchi terroristici.

8) Cosa più importante di tutte: lo stato di Israele ha dato finalmente patria e protezione al popolo che più di ogni altro ha sofferto nella storia orrori e persecuzioni. Gli ebrei possono benissimo vivere in vari stati, come minoranze i cui diritti siano garantiti, affermano molti occidentali "progressisti". Si, possono farlo, fino a quando a qualche ometto coi baffetti non vengano idee strane. Cosa diremmo se qualcuno affermasse che l’Italia non ha diritto di esistere e gli italiani possono vivere come minoranze protette in Francia o Venezuela?

9) Israele è l’unica democrazia del medio oriente, uno stato laico, liberale, che riconosce a tutti i cittadini uguali diritti. In Israele vivono circa 1.500.000 arabi che godono di tutti i diritti fondamentali, compreso quello di culto. Quanti ebrei vivono in Iran? Quali diritti vengono loro riconosciuti? In Israele, paese che non raggiunge le dimensioni della Lombardia, ci sono quasi 300 moschee, quante sinagoghe ci sono in Iran? Una donna iraniana che non volesse indossare il velo preferirebbe vivere in Israele o in Iran? Un arabo sostenitore del libero pensiero o scettico in materia religiosa preferirebbe vivere in Israele o in qualsiasi repubblica islamica? Si tratta, con tutta evidenza, di domande retoriche.


Tutto regolare allora? Nessuna violenza ha accompagnato la nascita e la crescita dello stato ebraico? Gli israeliani sono privi di colpe? No, ovviamente. Israele ha avuto ed ha i suoi fondamentalisti che hanno a volte commesso, o lasciato commettere, gravi violenze. Alcuni israeliani hanno sognato per anni la “grande Israele”, obiettivo semplicemente assurdo. Però è innegabile che col tempo queste posizioni estremiste sono state storicamente sconfitte. Ne è prova tra l’altro il ritiro degli israeliani da Gaza. Quel ritiro poteva diventare la prima tappa della costruzione di una stato palestinese che convivesse accanto e non al posto di Israele. Questo però non è avvenuto per responsabilità di Hammas e della stessa autorità nazionale palestinese. I fondamentalisti di Hammas hanno interpretato il ritiro israeliano da Gaza come la prima tappa della costruzione di un califfato islamico sulle ceneri di Israele. Sottolineo: non uno stato nazionale palestinese, un califfato: Hamas NON è una organizzazione nazionalista ma fondamentalista religiosa.

In effetti il contrasto fra palestinesi e israeliani appare oggi senza sbocco perché su quel contrasto si è innestata la mala pianta del fondamentalismo terrorista. Israele non deve esistere perché per un islamico fondamentalista è inconcepibile che esista uno stato ebraico in un’area come la Palestina. Nell’ottica fondamentalista gli ebrei possono anche essere tollerati come individui, con diritti assai limitati, ovviamente, ma che esista una nazione ebraica con un suo stato, per di più confinante con stati islamici, in una terra che è stata una volta islamica, questo è inammissibile, una specie di sacrilegio. Lo dicono chiaramente i terroristi di hammas: una terra che è stata, in passato, islamica, deve tornare a esserlo, fino al giorno del giudizio. Non a caso  Hammas  bombarda Israele, ma pensa anche alla Spagna, e alla Sicilia. E’ precisamente per questo motivo che i "democratici progressisti” dell’occidente dovrebbero essere solidali con Israele (pur criticandolo quando merita di essere criticato). Ma ormai in occidente “democratico progressista” è diventato sinonimo di “politicamente corretto” è nulla è più lontano dal politicamente corretto, nulla è più scorretto politicamente che mostrare simpatia a Israele, figuriamoci poi solidarietà.  E così molti "progressisti" occidentali parteggiano oggi per chi vuole la pena di morte per apostati e bestemmiatori, la lapidazione per le adultere, l'infibulazione, il ripudio delle mogli, il velo, o il burka, e tante altre simili dolcezze.
Pazienza, se questo è il "progressismo", non ci resta che restare conservatori. Contano poco, in fondo, le parole.

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