Proviamo a fare un esperimento mentale. Sul Trentino, il Piemonte, la
Lombardia, piovono razzi. Dall’Austria una organizzazione
estremista al potere proclama che lo stato italiano non ha diritto di
esistere. “Se gli italiani proprio vogliono uno stato possono
fondarlo nella foresta amazzonica” affermano i suoi leader. E alle
parole fanno seguire i fatti. Bombardano città e paesi di confine,
tutti i giorni, più volte al giorno. Le vittime non sono molte
perché gli italiani convivono da anni con il loro turbolento vicino
e sanno prendere contromisure adeguate, però la situazione è
insostenibile: decine di migliaia di italiani vivono sotto la
costante minaccia di esser fatti saltare in aria. Un bel giorno il
governo italiano perde la pazienza e bombarda le postazioni
missilistiche austriache. L’azione è dura, numerose le vittime. Ci
sono morti e feriti fra la popolazione civile austriaca, anche alcuni
bambini perdono la vita. L'austria è popolosa, inoltre
l’organizzazione estremista piazza le proprie postazioni militari
molto vicino agli insediamenti civili. Le caserme sono costruite
accanto alle scuole, le rampe missilistiche sui tetti di asili e
ospedali. Se gli italiani rispondono al fuoco quasi certamente vi
saranno vittime fra i civili e un’abile propaganda avrà buon gioco
a presentarli come criminali di fronte al mondo. Ed è proprio questo
che avviene. Molti "democratici progressisti" si dicono
inorriditi dall’azione militare italiana. Si levano
grida contro le atrocità italiane, coloro che non dicevano nulla
quando gli austriaci indirizzavano volutamente i loro missili
contro scuole e asili si indignano per le morti fra i civili causate
dai "criminali italiani". E mentre nelle piazze di molti
paesi grandi folle esprimono tutto il loro odio verso l’Italia,
anche gli amici degli italiani rivolgono loro amichevoli rimproveri.
“Così facendo fate il gioco degli estremisti” afferma il primo.
E un secondo aggiunge: “la violenza genera violenza, con le vostre
azioni incrementate l’odio che gli austriaci e i loro amici provano
verso di voi”. Insomma, gli italiani dovrebbero accettare di essere
bersagliati da missili vita natural durante. Se uno ti aggredisce non
devi reagire se no quello si arrabbia ancora di più. E infine il
consiglio più amichevole di tutti: “trattate con l’organizzazione
estremista, dialogate con chi vi bombarda. E’ vero, si tratta di
persone che non riconoscono il vostro diritto a esistere, ma…suvvia,
ci vuole realismo, se non dialogate con loro quelli si incattiviscono
ancora di più”.
Sembra fantascienza vero? Si, lo
sembra, ma solo perché stiamo parlando dell’Italia e dell’Austria.
Se invece si parla di Israele ed Hammas la fantascienza si trasforma
in ordinaria realtà. Tutti sarebbero solidali con uno stato che
reagisse ad attacchi missilistici contro le proprie città di
confine, a condizione che lo stato in questione non fosse Israele.
Tutti si indignerebbero sinceramente se qualcuno dicesse che
l’Italia, o la Francia, o l’Egitto non hanno diritto di esistere
in quanto stati indipendenti, ma le cose cambiano se qualcuno dice
che Israele non ha diritto di esistere. Di nessuno stato si dice
oggi che ha diritto di esistere. E’ ovvio, scontato che la
Russia o il Cile o qualsiasi altro stato abbiano diritto di
esistere, non occorre ripeterlo. Per Israele no. Nel caso di Israele
il semplice affermare il suo diritto all’esistenza scatena
discussioni, dubbi, polemiche. Per centinaia di milioni di esseri
umani gli ebrei dovrebbero andarsene dalla Palestina o rassegnarsi a
vivere da cittadini di serie C (o peggio) in una teocrazia islamica.
In ogni competizione sportiva c’è qualche atleta che rifiuta di
misurarsi con un atleta israeliano, le partite della nazionale
israeliana di calcio diventano, ipso facto, un problema di ordine
pubblico (e non per la violenza del tifo), insomma essere israeliano
vuol dire far parte di uno stato maledetto, uno stato che esiste
ma non dovrebbe esistere. E questo non solo per i fanatici ed i
fondamentalisti. Sono molti gli occidentali che guardano con profonda
antipatia a Israele, sotto sotto sono convinti, anche loro, che
sarebbe molto meglio se lo stato ebraico non ci fosse.
La
maledizione di Israele sta nella sua origine. La nascita di Israele è
una macchia indelebile, una sorta di peccato originale. Anche chi
afferma che Israele ha, ormai, diritto di esistere non può non
provare uno spiacevole fremito pensando a come è nato lo stato
ebraico. Altri, più radicali non si fanno troppi scrupoli: Israele è
nato dalla cacciata dei palestinesi dalle loro terre, dicono, quelle
terre devono essere ridate ai palestinesi, punto e basta. Come
possono gli israeliani lamentarsi se Hammas li bombarda? Loro non
dovrebbero essere dove sono. La terra che gli israeliani occupano la
occupano illegalmente, la loro presenza in Palestina è del tutto
ingiustificata, costituisce un crimine storico che rende legittima
ogni aggressione nei loro confronti. Hanno un bel coraggio a
lamentarsi gli israeliani! Vivono su una terra rubata ai loro
legittimi proprietari! Hanno anche la pretesa di viverci in pace e
sicurezza?
Chi ragiona in modo simile (e sono in tanti a farlo,
anche nel democratico e laico occidente) commette, in primo luogo, un
fondamentale errore di principio e, in secondo luogo, dimostra di
ignorare completamente la storia. L’errore di principio è
abbastanza evidente. TUTTI i popoli di TUTTI gli stati del mondo
occupano oggi terre che cinquanta, o cento o mille anni fa erano di
altri popoli; la nascita di TUTTI gli stati è stata
caratterizzata da violenze. Nella storia di ogni stato ci sono
guerre, migrazioni, scontri fra etnie, contrasti religiosi risolti
con la forza. Se si dovesse contestare il diritto a esistere di
tutti gli stati la cui origine è stata caratterizzata da qualche
violenza nessuno stato avrebbe oggi diritto di esistere. Risalire
indietro nel tempo per stabilire chi oggi abbia il diritto di
occupare un certo territorio porterebbe solo a una serie senza fine
di guerre.
Ma, obiettano i nemici di Israele, nel caso dei
palestinesi il contenzioso è ancora in piedi. I palestinesi
rivogliono la loro terra, quindi ne hanno diritto, perché
erano su quella terra prima degli ebrei. Questo differenzierebbe la
loro posizione da quella degli "indiani" d'America o di
altri popoli sconfitti che non avanzano però diritti di rivalsa. In
base a un simile "ragionamento" (si fa per dire) se un bel
giorno i discendenti degli "indiani" d'America, degli
aborigeni australiani o degli aztechi rivendicassero le "loro"
terre dovrebbero scomparire stati come gli USA o l'Australia o il
Messico. Sarà un caso ma solo per gli ebrei si tirano fuori simili
farneticazioni!
Lasciamo perdere le follie farneticanti.
Torniamo a Israele e ai fatti che lo riguardano. Chi parla
della sua origine illegittima dimostra solo la sua totale,
profondissima ignoranza. Procediamo per punti.
1) Se
proprio si volesse andare indietro nel tempo per stabilire chi abbia
oggi il diritto di vivere in "Palestina" si dovrebbe
concludere che gli ebrei e solo loro hanno quel diritto. Un
tempo infatti gli ebrei e non i musulmani vivevano nella terra
che oggi alcuni chiamano "Palestina". La conquista
musulmana della Palestina iniziò nel 637 d.C. con la caduta di
Gerusalemme e divenne definitiva, con l’annessione della regione
nel 638 sotto il califfo Omar. A non aver diritto di vivere in
Palestina dovrebbero essere, seguendo la logica malata del regresso
temporale, proprio i musulmani. Inoltre è sempre esistita
una presenza ebraica in Palestina, non numerosissima ma socialmente
rilevante. La frattura fra gli ebrei e la loro terra d’origine non
è MAI stata definitiva.
I sostenitori del regresso temporale
usano un metodo molto bizzarro: retrocedono nel tempo solo fino a
un certo punto, prendono in considerazione solo il passato che
sembra confermare le loro tesi. Troppo comodo!
2) Non
è mai esistito uno stato palestinese. Ai tempi dei primi
insediamenti ebraici quella che oggi molti chiamano Palestina era
solo una parte dell’ex impero ottomano. Non esisteva neppure una
nazione palestinese né un movimento nazionale palestinese. Dopo la
dissoluzione dell'impero ottomano nessuno propose la nascita
di uno stato palestinese, si pensava di fare della Palestina una
regione della Siria. La organizzazione per la liberazione della
Palestina (OLP) nacque nel 1964, SEDICI anni dopo la
nascita dello stato di Israele. Il suo leader Arafat è nato al
Cairo.
3) I primi ebrei emigrati in Palestina si
impossessarono della terra che intendevano coltivare in maniera
assai poco violenta: comprandola dai palestinesi. Le
organizzazioni sioniste finanziate dalle comunità ebraiche, specie
dagli ebrei più facoltosi, raccolsero i fondi destinati all’acquisto
di terre dai grandi proprietari arabi. La compra vendita di terra,
per inciso a prezzi altissimi, proseguì per molto tempo, malgrado le
pressioni di chi guardava con ostilità i nuovi venuti. Non un
centimetro di terra venne rubato ai contadini palestinesi.
4)
Israele è l'unico stato sorto in seguito a negoziati, trattati e
delibere di organizzazioni internazionali: la società delle Nazioni
prima, l’ONU dopo. In realtà la nascita di Israele è stata
caratterizzata da una violenza molto minore di quella di moltissimi
altri stati di cui nessuno si sogna oggi di contestare il diritto a
esistere.
5) Il mandato britannico sulla Palestina
comprendeva anche i territori molto vasti su cui è sorta la attuale
Giordania che può, da questo punto di vista, essere considerata a
tutti gli effetti uno stato palestinese.
6)
La risoluzione ONU 181 del novembre 1947 diede vita a DUE
stati: Israele e uno stato arabo palestinese. Gli ebrei accettarono
quella risoluzione, gli arabi no e iniziarono subito la guerra contro
il neonato stato ebraico. Per decenni il conflitto non fu fra
israeliani e palestinesi ma fra Israele e stati arabi. I “due
popoli due stati” di cui oggi tanti parlano sarebbero realtà dal
1948 se gli arabi li avessero accettati.
7) Nel 1993 gli
accordi di Oslo concedevano ai Palestinesi gran parte della
Cisgiordania, nel 2005 Gaza fa concessa ai palestinesi. Invece di
pensare a edificare un loro stato che convivesse pacificamente con
Israele dirigenti palestinesi trasformarono i territori loro
concessi, Gaza soprattutto, in basi per continui attacchi
terroristici.
8) Cosa più importante di tutte: lo stato
di Israele ha dato finalmente patria e protezione al popolo che più
di ogni altro ha sofferto nella storia orrori e persecuzioni. Gli
ebrei possono benissimo vivere in vari stati, come minoranze i cui
diritti siano garantiti, affermano molti occidentali "progressisti".
Si, possono farlo, fino a quando a qualche ometto coi baffetti non
vengano idee strane. Cosa diremmo se qualcuno affermasse che l’Italia
non ha diritto di esistere e gli italiani possono vivere come
minoranze protette in Francia o Venezuela?
9) Israele è
l’unica democrazia del medio oriente, uno stato laico, liberale,
che riconosce a tutti i cittadini uguali diritti. In Israele vivono
circa 1.500.000 arabi che godono di tutti i diritti fondamentali,
compreso quello di culto. Quanti ebrei vivono in Iran? Quali diritti
vengono loro riconosciuti? In Israele, paese che non raggiunge le
dimensioni della Lombardia, ci sono quasi 300 moschee, quante
sinagoghe ci sono in Iran? Una donna iraniana che non volesse
indossare il velo preferirebbe vivere in Israele o in Iran? Un arabo
sostenitore del libero pensiero o scettico in materia religiosa
preferirebbe vivere in Israele o in qualsiasi repubblica islamica? Si
tratta, con tutta evidenza, di domande retoriche.
Tutto
regolare allora? Nessuna violenza ha accompagnato la nascita e la
crescita dello stato ebraico? Gli israeliani sono privi di colpe? No,
ovviamente. Israele ha avuto ed ha i suoi fondamentalisti che hanno
a volte commesso, o lasciato commettere, gravi violenze. Alcuni
israeliani hanno sognato per anni la “grande Israele”, obiettivo
semplicemente assurdo. Però è innegabile che col tempo queste
posizioni estremiste sono state storicamente sconfitte. Ne è prova
tra l’altro il ritiro degli israeliani da Gaza. Quel ritiro poteva
diventare la prima tappa della costruzione di una stato palestinese
che convivesse accanto e non al posto di
Israele. Questo però non è avvenuto per responsabilità di
Hammas e della stessa autorità nazionale palestinese. I
fondamentalisti di Hammas hanno interpretato il ritiro israeliano da
Gaza come la prima tappa della costruzione di un califfato islamico
sulle ceneri di Israele. Sottolineo: non uno stato nazionale
palestinese, un califfato: Hamas NON è una organizzazione
nazionalista ma fondamentalista religiosa.
In effetti il
contrasto fra palestinesi e israeliani appare oggi senza sbocco
perché su quel contrasto si è innestata la mala pianta del
fondamentalismo terrorista. Israele non deve esistere perché per un
islamico fondamentalista è inconcepibile che esista uno stato
ebraico in un’area come la Palestina. Nell’ottica fondamentalista
gli ebrei possono anche essere tollerati come individui, con diritti
assai limitati, ovviamente, ma che esista una nazione ebraica con un
suo stato, per di più confinante con stati islamici, in una terra
che è stata una volta islamica, questo è inammissibile, una specie
di sacrilegio. Lo dicono chiaramente i terroristi di hammas: una
terra che è stata, in passato, islamica, deve tornare a esserlo,
fino al giorno del giudizio. Non a caso Hammas
bombarda Israele, ma pensa anche alla Spagna, e alla Sicilia. E’
precisamente per questo motivo che i "democratici progressisti”
dell’occidente dovrebbero essere solidali con Israele (pur
criticandolo quando merita di essere criticato). Ma ormai in
occidente “democratico progressista” è diventato sinonimo di
“politicamente corretto” è nulla è più lontano dal
politicamente corretto, nulla è più scorretto politicamente
che mostrare simpatia a Israele, figuriamoci poi solidarietà.
E così molti "progressisti" occidentali parteggiano oggi
per chi vuole la pena di morte per apostati e bestemmiatori, la
lapidazione per le adultere, l'infibulazione, il ripudio delle mogli,
il velo, o il burka, e tante altre simili dolcezze.
Pazienza,
se questo è il "progressismo", non ci resta che restare
conservatori. Contano poco, in fondo, le parole.
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