domenica 30 novembre 2014

COMUNISMO ERMENEUTICO



Ero in una libreria ieri pomeriggio, sul tardi.
Guardo i libri esposti in scaffale e ad un tratto l'occhio mi cade su un titolo: “Comunismo ermeneutico”. Gli autori? Un tal Santiago Zabala (mai sentito nominare) e Gianni Vattimo (lo conosco di fama, un gigante della filosofia).
Per un attimo sono combattuto fra una sorta di nausea intellettuale e la curiosità. Poi la curiosità ha la meglio. Prendo il libro, lo sfoglio, leggo la presentazione sul retro della copertina. Il comunismo ermeneutico “rielabora” Marx alla luce del pensiero di Heidegger, ed ha un suo preciso modello politico: il Venezuela di Hugo Chavez e la Bolivia di Evo Morales. Da Marx a Chavez passando per Heidegger! Fantastico itinerario! Il nemico, ovviamente, è il “pensiero unico neoliberista”, origine di tutti i mali del mondo. Come tutti sanno è stato infatti il “neoliberismo” a lasciare in eredità al genere umano svariate decine di milioni di cadaveri. I paesi “neoliberisti” sono afflitti, è notorio, da degradante miseria, ed i loro cittadini sono oppressi da sanguinarie dittature. Chi bestemmia è crocifisso o decapitato, e le donne adultere vengono lapidate nei paesi “neoliberisti”, ed ovunque, in qui paesi, esistono campi di lavoro forzato. O forse no, forse sto facendo un po' di confusione, invecchio...

Ma “Comunismo ermeneutico” non è solo un libro di politica, è un libro di FILOSOFIA poffarbacco! E se in politica il nemico è il “neoliberismo” in filosofia lo è il realismo. Il realismo ci vuole tutti schiavi, asserviti ai fatti. Chi è rivoluzionario non può che avversare il realismo, opporsi al concetto stesso di realtà. La realtà ci schiaccia con la sua presunta oggettività, dobbiamo ribellarci alla sua “dittatura”. Dobbiamo sostituire i fatti con le interpretazioni. Lo diceva anche il vecchio Nietzsche del resto che non esistono fatti, ma solo interpretazioni...
E si. A distruggere la nostra libertà non sono i tipini come Mao Tze Tung che a suo tempo stabilì che centinaia di milioni di cinesi potevano leggere solo i suoi scritti, solo quelli, in tutti i campi dello scibile umano. E la libertà non è distrutta da chi condanna a morte gli apostati o impicca gli omosessuali, o da chi, come ha fatto Hugo Chavez, chiude i giornali che osano criticarlo. No, la libertà è distrutta dal mondo che esiste, ed ha la pessima abitudine di non essere come noi vorremmo che fosse. Niente fatti, solo interpretazioni! I fatti dicono che i fondamentalisti islamici hanno fatto crollare le torri gemelle, causando quasi tremila morti? E noi ci ribelliamo alla loro dittatura e diciamo che i responsabili di quei morti sono la CIA ed il Mossad. I fatti ci dicono che gli angioletti di Hammas bombardano ogni giorni Israele coi loro razzi? E noi diciamo che i razzi di Hammas sono armi giocattolo. I fatti ci dicono che il comunismo, ermeneutico o meno che sia, è crollato? E noi diciamo che a crollare è stato un “falso” comunismo, o che a farlo crollare sono state le oscure manovre della finanza internazionale, probabilmente “sionista”. Il mondo smentisce i parti delle nostre menti? E noi lo “reinterpretiamo”, il mondo. Le vie dell'ermeneutica sono infinite.
Però, un dubbio mi coglie. Le interpretazioni, le semplici opinioni addirittura, non sono, a loro volta, dei fatti? E' o non è un fatto che il professor Gianni Vattimo abbia affermato che quelle di Hammas sono “armi giocattolo”? L'interpretazione che Lenin dà del pensiero di Marx è assai diversa da quella che ne danno Kautsky o Turati, questo è o non è un fatto? E se io nego che i fatti esistano la mia negazione non è, essa stessa, un fatto? Chi sostiene la non esistenza dei fatti si trova nella stessa scomoda situazione logica di chi nega l'esistenza della verità, e pretende che questa sua negazione sia vera. Si eliminino i fatti e lo stesso termine “interpretazione” perde ogni senso.

Ho commesso un peccato mortale, me ne rendo conto. Ho parlato di logica. Ma, lo sanno tutti, la logica nega, coarta, sopprime la nostra libertà, esattamente come la realtà, e come i fatti. I veri rivoluzionari della logica se ne fregano. Identità, non contraddizione, terzo escluso... ceppi, catene che impediscono al nostro spirito di librarsi alto, etereo nell'aria pura del comunismo ermeneutico.
La non contraddizione è il principio della vuota, immobile identità. Il principio della vita e del movimento è la contraddizione. Viva la contraddizione quindi, e, al diavolo la vecchia logica fondata sul principio di non contraddizione!
In effetti i grandi rivoluzionari non temono le contraddizioni. Parlano di dispotismo della libertà e di dittatura democratica, proibiscono lo sciopero in nome del potere dei lavoratori, invocano la pace nel momento stesso in cui, armati sino ai denti, invadono stati sovrani. Il professor Vattimo non è da meno. Difende i diritti delle donne e degli omosessuali e, nel contempo, chi le donne le frusta e le lapida, e gli omosessuali li impicca. Vuole la laicità ma ama chi teorizza il califfato. Ammira Karl Marx e Martin Heidegger che non pare fossero molto credenti, ma difende chi condanna a morte apostati e bestemmiatori.
Nella “Metafisica” Aristotele afferma che “se è corretto affermare che l’uomo è non uomo sarà corretto affermare che egli è trireme e che non è trireme”. Se “uomo” e “non uomo” sono lo stesso allora l'uomo è una trireme, visto che di certo “trireme” non è “uomo” e, nel contempo, egli non è una trireme, visto che, sempre di certo, “uomo” non è “trireme”. Si elimini il principio di non contraddizione e non sarà più possibile attribuire un significato determinato alle parole. Dire “uomo” equivarrà a dire “trireme” o “fiume”, o, perché no, “comunismo ermeneutico”. Per questo lo stagirita afferma che il principio di non contraddizione è il presupposto di ogni dimostrazione, di ogni affermazione e di ogni negazione, insomma, di ogni discorso sensato. Però, mi rendo conto di continuare a sbagliare, e a peccare. Si, perché, cosa può contare un Aristotele, figura secondaria nella storia della filosofia, di fronte ad un gigante del pensiero universale come il professor Gianni Vattimo? Probabilmente anche il signor Santiago Zabala, che, per mia gravissima colpa, fino a ieri non conoscevo neppure di nome, ha una profondità di pensiero enormemente superiore a quella del filosofo di Stagira.

Pensavo rapidamente a queste cose ieri, mentre in una grande ed abbastanza affollata libreria, sfogliavo con sommo rispetto il libro “Comunismo ermeneutico”, e ne leggevo rapidamente alcuni brani. Lo confesso. Per un attimo sono stato come travolto da un insano istinto masochista. Ho pensato di comprarlo, quel capolavoro, in maniera da poterlo leggere tutto, e con la dovuta attenzione. Stavo per avviarmi alla cassa per pagarlo quando è tornato, prepotente, quel senso di nausea intellettuale cui ho già accennato, quasi una leggera voglia di, mi si scusi il termine, vomitare. Ho anche pensato: “se lo compro, questo libro, una parte di ciò che pago finisce nelle tasche del professor Vattimo”. Il solo pensiero di contribuire a migliorare le finanze di un simile personaggio ha avuto l'effetto di uno schiaffone in pieno volto, e ha sconfitto il mio insano masochismo. Ho represso la voglia di stracciare il capolavoro che tenevo in mano, lo ho rispettosamente riposto nello scaffale e mi sono allontanato.
Di certo mi sono perso la lettura di un testo che diverrà un classico. Pazienza!

3 commenti:

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  2. Credo che Lei si sbagli. L'affermazione "Non esistono fatti" non comporta l'esistenza dei fatti. Se le cose stessero come Lei dice, <<"Non esistono fatti" è un fatto>> dovrebbe essere una tautologia. Invece è un giudizio come un altro: può essere vero o falso. Perché sia vero, occorre far collassare l'universo dei giudizi sull'universo dei fatti, sostenendo che le espressioni linguistiche in cui grazie al linguaggio una espressione si coordina con un fatto del mondo sono a loro volta fatti, rendendo triviale il ruolo epistemologico del linguaggio. A mio parere non solo non si tratta di un passaggio forzato, ma si può non concordare su questo punto senza necessariamente rinunciare al realismo.

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