venerdì 5 maggio 2017

DIFENDERSI DI NOTTE, NON DI GIORNO

La norma secondo cui io ho il diritto di difendermi se vengo aggredito di notte, ma non se subisco la stessa aggressione di giorno è talmente stupida, talmente ridicola, da far pensare che dietro ci sia solo la stupidità di chi la ha scritta. Ed una buona dose di arroganza, di disprezzo per il comune sentire della gente.
Ma non è così. Certo, dietro a quella legge ci sono stupidità ed arroganza, ma non solo. C'è anche una certa visione generale dell'uomo e dei rapporti fra gli esseri umani.
Questa visione può essere sintetizzata in questo modo: il cittadino ha diritto di difendere la sua vita, a condizione che sia chiaro, inequivocabile, che la sua vita è in pericolo, ma NON ha il diritto di difendere i suoi beni. I beni infatti sono “cose” e non è lecito per difendere delle cose arrecare danno a delle persone. Se Tizio mi punta addosso la pistola, posso, forse, difendermi; se saccheggia la mia casa no. Per difendermi dovrei arrecare danno a Tizio, e Tizio è una persona. La mia casa è invece solo una cosa.
Raramente questa concezione viene esplicitata in termini chiari ma sta dietro praticamente a tutte le teorizzazioni dei nemici della legittima difesa. E, sia chiaro, non riguarda solo i casi in cui l'aggredito spari ed uccida, ad esempio, un rapinatore. Un amico mi ha raccontato di aver subito una volta un tentativo di furto: un ladro si era introdotto nel suo box auto. Lui ha chiuso il ladro nel box ed ha avvisato i carabinieri. Ebbene, è stato accusato di “sequestro di persona”. Alla fine se la è cavata, ma ha dovuto subire quella cosa assai poco piacevole che è una procedura giudiziaria.
Qualcuno potrebbe chiedersi: “cosa c'entra la notte in tutto questo?” c'entra eccome.
Io non posso difendermi se qualcuno colpisce le mie cose, così “ragionano” (si fa per dire) i difensori della nuova legge, ma se vengo svegliato nel cuore della notte e trovo di fronte a me, in camera da letto, un giovanotto grande e  grosso, magari armato di coltello, subisco un forte stress emotivo che non mi fa valutare bene la situazione. Posso credere che è in gioco non la mia casa ma la mia vita e reagire. Quindi, dopo lunghe e laboriose indagini, e magari un bel processo, posso venire giustificato. La distinzione fra persone e cose è salva, e si da un contentino ai sostenitori della legittima difesa. Elementare Watson.

Da un lato le persone, quindi, dall'altro le cose. Ma è giusta una contrapposizione tanto netta fra persona e cosa?
In ogni momento della nostra vita noi abbiamo bisogno delle “cose”. Senza quelle cose che sono l'aria, l'acqua ed il cibo non potremmo vivere. Senza quelle cose che sono i libri non potremmo conoscere il mondo. Senza quella cosa che è la nostra abitazione non ci mancherebbe solo un rifugio, saremmo privi di quell'angolo di privatezza cui sono legati i momenti più intimi, più indubitabilmente “nostri” del vivere. Si potrebbe continuare. Le persone non sono contrapposte assolutamente alle cose perché le “cose” contribuiscono a fare della vita delle persone ciò che questa concretamente è. La “nostra” vita. La mia casa, i miei libri, il PC su cui ora sto scrivendo non sono per me solo delle cose. Li ho acquistati coi proventi del mio lavoro, ed il lavoro è una attività profondamente umana, estrinsecazione, diceva Marx, della più intima essenza dell'uomo. E, una volta acquistati, sono entrati in un particolare rapporto con me. Il PC su cui sto scrivendo non ha per me solo un valore commerciale. In questo PC ci sono mie foto, miei scritti, mia corrispondenza, il solo pensiero che qualcuno possa intrufolarsi con la violenza in tutto questo mi rende ansioso, e leggermente incazzato. Fisime da vecchietto? Forse, ma in ogni caso fisime degne di rispetto perché parte di quella persona che io sono. E si, anche le vittime di una aggressione sono persone... o no?

Lasciamo perdere le analisi “filosofiche”. Per tipetti come, che so, Speranza od Orlando sono decisamente sprecate. La contrapposizione assoluta fra “cosa” e “persona” non è solo teoricamente insostenibile, ma, se presa sul serio, porta a conseguenze assurde, o ridicole.
E' in corso una rapina, interviene la polizia. I rapinatori fuggono e un poliziotto spara. Un rapinatore viene ucciso. Il poliziotto dovrebbe essere considerato un omicida. Il rapinatore voleva impossessarsi del denaro, una cosa, uccidendolo il poliziotto ha colpito una persona.
E perché mettere in prigione ladri e scippatori, corruttori e corrotti? Tutte queste persone mirano solo ad impossessarsi di cose, ma il carcere le colpisce in quanto persone. La giustizia obbliga un uomo, una persona, a passare anni rinchiuso, colpisce un essere umano, una persona che in fondo voleva solo quella cosa spregevole che è il denaro. Che orrore, che ingiustizia!
In questi casi però i nemici della legittima difesa non protestano. Spesso si tratta anzi di super giustizialisti pronti a chiedere venti o trenta anni di galera per chi ha pagato una mazzetta al fine di ottenere in tempi decenti una piccola concessione edilizia. Come mai tanta incongruenza?
Semplice. In questi casi c'è di mezzo lo stato. E ciò che lo stato fa è per definizione buono, giusto e morale. Ciò che invece fanno i cittadini nella loro autonomia è sempre guardato con sospetto.
“Manette agli evasori!” strillano i giustizialisti. Meglio ancora, gogna per questi ribaldi, forse... chissà, la pena di morte per loro sarebbe giustificata. In questo caso scompare la distinzione fra “cose” e “persone”. Se però un vecchio difende casa sua usando la pistola contro un giovanotto grande e grosso capace di ucciderlo con un pugno allora è “eccesso” di legittima difesa. Siamo al “far West”. Il vecchio deve essere processato, magari pagare i danni al giovanotto o ai suoi genitori.
Nessuno ovviamente contesta il fatto che difendere i cittadini sia compito dello stato. Ma solo dei cretini possono credere sul serio che ovunque ci debba o ci possa essere un poliziotto pronto a difenderci. Se vedo un bruto che sta violentando una bambina non posso dire: “non è affar mio, ci deve pensare lo stato”. Ho il diritto, ed anche il dovere, di intervenire, cercare di fare qualcosa.
Sono concetti elementari. Un bambino li capisce.
Qualcun altro, che bambino non è, proprio non ci arriva.

6 commenti:

  1. Come mi diceva sempre un vecchio avvocato ,principe del foro locale, in tribunale possiamo trovarci di tutto ma non cerchiamoci la giustizia.

    La questione più assurda rimane quella della proporzionalità tra offesa e difesa. Già a posteriori è difficile capire cosa può essere proporzionato, o se un paragone del genere abbia in fin dei conti il minimo senso. figuriamoci sul posto. Sulle ore notturne, mi vien da ridere. Se gli sparo al tramonto mi dimezzano la pena ? Se c'è un eclissi di sole mi abbonano l' assalto? minkiate da psicopatici scollati dalla realtà.

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  2. "il cittadino ha diritto di difendere la sua vita, a condizione che sia chiaro, inequivocabile, che la sua vita è in pericolo, ma NON ha il diritto di difendere i suoi beni. I beni infatti sono “cose” e non è lecito per difendere delle cose arrecare danno a delle persone." Mi pare un pensiero molto in linea col comunismo. Non per niente il PD è un partito di sinistra.

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  3. I miei beni li ho pagati lavorando, quindi dando una parte (un Quarto?) della mia vita per averli. Chi cerca di portarmeli via sta rubando una parte della mia vita, quindi mi sta uccidendo un po'. A questo punto mi sembra ovvio che difendere i miei beni è come difendere la mia vita, alla faccia di qualunque comunista che li ha avuti facendo un cazzo.

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  4. La proporzionalità tra offesa e difesa nasce con Hammurabi e il suo codice. Il famoso "occhio per occhio, dente per dente"
    Nasce per porre un freno alle faide, alle vendette.
    Nasce non come incitamento alla vendetta (com'è frainteso oggi)
    // se mi togli un dente, allora io per lo meno ti tolgo un dente, ma anche di più //
    ma
    come limite al mio diritto di rivalermi
    // se mi hai tolto un dente, la mia rivalsa non potrà andare oltre il dente //

    Si tratta di un passo avanti della civiltà, ma riguarda tutt'altra cosa, non certo un'aggressione in atto.
    Qualcuno mi ha rotto un dente con un pugno; io vado in tribunale a reclamare giustizia. Il danno è conosciuto, un dente.
    Quando invece l'aggressione è in atto, o addirittura solo in prospettiva (qualcuno è entrato in casa mia, ed io pavento che possa aggredire me o la mia famiglia) come faccio a sapere quanto potrebbe essere il danno?
    Ovvero, devo farmi ammazzare perché la mia famiglia possa rivalersi della mia morte? E se non riesce ad uccidermi, 31 salva tutti? (ricordate il gioco da bambini?)

    Il punto è dunque questo:
    una minaccia che è nell'aria è qualcosa di concreto, o devo farmi massacrare prima, per non finire in galera se mi difendo?

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  5. Far West. Trovo assurdo l'uso strumentale di questa argomentazione.
    Il Far West viene visto come la più orrenda delle situazioni. Eppure dal Far West è venuta fuori l'America, una Nazione simbolo di libertà e democrazia.
    Quindi forse c'è di peggio del Far West, direi.
    E non lo demonizzerei.
    Ma esaminerei distintamente gli elementi che lo hanno caratterizzato.
    Secondo me si possono sintetizzare nel discorso di persone costrette ad armarsi e difendersi da sé a causa dell'assenza dello Stato.
    Quando lo Stato è arrivato in forza in quelle zone, il Far West ha ceduto il posto a progresso, libertà e democrazia.
    Se la mia analisi è giusta, il Far West NON è il problema, che è invece l'assenza dello Stato.
    E se le cose stanno così, non si risolve disarmando le vittime e costringendole a lasciarsi depredare o uccidere dai criminali,
    ma
    avendo uno Stato capace di imporre l'ordine.
    E non c'è bisogno che sia uno Stato dittatoriale, come è evidente dal fatto che l'America non lo è, dittatoriale.
    Vedo, magari a torto, eventualmente, più dittatura nell'attuale Stato italiano che negli Stati Uniti d'America, dove il Far West è stato eliminato.
    Certo, ci sono molti problemi, ma sono di origine molto differente, e non hanno nulla a che vedere, a mio parere, con il Far West.
    Chiedo scusa per le ripetizioni, ma ho voluto evitare possibilità di essere frainteso.

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  6. Va da sé che sarebbe bello che fosse lo Stato a difendere i cittadini, liberandoli dal pericoloso onore di doversi difendere da sé, o di rischiare la propria vita (come ho fatto io stesso) per salvare altri.
    A dir la verità, quel che può trattenere una persona dall'intervenire oggi per salvare altri non è la paura del criminale, ma la paura di trovarsi lo Stato contro, e venirne rovinato, maciullato da una giustizia, che tale è solo di nome.
    Dai nemici mi guardo io, ma dallo Stato, chi mi salva?
    Si ha una percezione sempre più forte di una legislazione favorevole alle ragioni dei criminali, e durissima nei confronti delle vittime. Percezione esasperata dalle "applicazioni" della legge da parte di giudici che lasciano sconcertati.
    E ci si domanda come mai siano risarciti i ladri mentre né io, né i miei parenti, né i miei amici siamo stati mai risarciti.
    L'unico risarcimento che riceve la vittima è da parte di un'assicurazione, nel caso l'avesse fatta, e non esca fuori nessun cavillo per invalidarla.
    Questo, nella mia personale esperienza.

    Sarebbe dunque bello, ripeto, che lo Stato sollevasse la vittima dal pericoloso onere di doversi difendere da sé, ed io personalmente rinuncerei volentieri ad una occasione di mettere in pratica i tanti anni di insegnamenti marziali, pur di essere difeso da chi ha per mestiere il compito di difendere i cittadini.
    Peccato, però, che nessuna delle volte che ce n'è stata occasione, fosse presente qualche rappresentante delle forze dell'ordine,pronto ad intervenire in tempo.
    A dir la verità, nella mia vita una volta il rappresentante c'era, in servizio d'ordine pubblico, seppure di leva, ed intervenne con successo, tanto che fu addirittura portato in trionfo dalla folla per i seggi della sede elettorale dove avvenne il fatto.
    Lo ricordo bene perché quel rappresentante ero io.
    Nessuna altra volta, però, quando per esempio sono stato rapinato da quattro tizi, due con pistole, e due con coltelli, arrivò in tempo qualcuno a salvarmi.
    Né io, né le altre persone coinvolte, siamo mai stati risarciti di qualcosa.
    Eh già, eravamo solo vittime (categoria non amata da questo Stato) e non poveri criminali da recuperare e far rientrare in Società.

    Ecco, chi ciancia di chiamare la polizia, evidentemente non ha mai subito una rapina, e non ha idea che sotto la minaccia di una pistola non è facile fare telefonate alla polizia.
    Un povero magazziniere, forse convinto di non essere visto, ne fece una per avvisare della presenza dei ladri, ma fu scoperto e finì molto male.
    Ne parlarono i giornali, tempo fa. Anche Repubblica, se ricordo bene.

    Credo dunque che purtroppo, in caso di intrusione di criminali nella propria casa, non ci sia né la possibilità, né i tempi tecnici di intervento, almeno a giudicare dal tempo che ci mise la polizia ad intervenire in un altro caso di rapina in cui mi trovai come vittima. Arrivarono molto, ma molto, ma molto tempo dopo che era tutto finito, e, saputo che non eravamo stati feriti, ci congedarono senza chiedere altro.
    E noi che pensavamo di dover civilmente dare la nostra testimonianza. Illusi.

    Un'ultima considerazione, e davvero la finisco:
    certa gente che parla di telefonate alla polizia, probabilmente ha la scorta, ma noi, vile gente comune, non ce l'abbiamo, e questo magari fa la differenza. O no?

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