sabato 13 febbraio 2021

FINE DI UNA PERICOLOSA BUFFONATA



La buffonata è finita, il senato USA ha “assolto” Trump nel secondo processo per impeachment intentatogli dai dem.
Un processo incredibile, di cui i più noti costituzionalisti americani avevano da tempo sottolineato la incostituzionalità. Non a caso il presidente della Corte Suprema si era rifiutato di presiederlo, come sarebbe stata normale prassi.
L’impeachment è una procedura  finalizzata a destituire un presidente in carica, è del tutto privo di senso usarlo per “destituire” un presidente non più in carica, un po' come se oggi qualcuno proponesse un impeachment nei confronti di Obama o Clinton. Oggi Trump è un privato cittadino, se dovessero emergere indizi di un qualche reato a suo carico dovrebbe essere la giustizia ordinaria ad perseguirlo, senza impeachment di sorta. Non pare però che qualcosa di simile sia all’orizzonte.

Ma, a parte le disquisizioni costituzionali a far paura sono  il tipo di accuse mosse al presidente e le modalità con cui questo processo incredibile è stato organizzato.
Una procedura di impeachment è preceduta da lunghe indagini, esami di prove, audizione di testimoni, cose che durano mesi. Stavolta invece gli accusatori di Trump si sono mossi alla velocità della luce. In poche ore la camera ha messo in stato d’accusa il presidente e pochi giorni dopo i senatori sono stati chiamati a condannarlo. Roba da fare invidia ai più faziosi fra i giudici politici.
Le cose sono ancora più inquietanti se si esaminano le accuse mosse al presidente. Trump sarebbe colpevole di avere organizzato il famoso assalto al congresso, ma, a parte il fatto che stanno emergendo particolari sul famoso assalto che fanno pensare ad un astuto trappolone organizzato dai nemici di Trump, a parte questi “dettagli”, Trump non ha mai detto una parola che potesse essere interpretata come incitamento alla violenza. Ha invitato i manifestanti a dimostrare pacificamente il proprio dissenso, lo provano le registrazioni del suo famoso discorso.
La tesi dei dem. in realtà è più sottile ed enormemente più pericolosa. Anche se Trump non ha incitato alla violenza le sue denunce sulla irregolarità delle elezioni la avrebbero “oggettivamente” provocata. Trump avrebbe “acceso gli animi” ed è quindi “responsabile” di ciò che è successo. Insomma, io affermo in un comizio che Tizio fa una pessima politica, un tale che mi ascolta si incazza con Tizio e gli spara. E io sono accusato di omicidio. Se critichi il potere, se ne denunci la corruzione sei responsabile di quanto può fare il primo esaltato e, attenzione, non politicamente responsabile, no, responsabile giuridicamente. Era a suo tempo una delle tecniche di Giuseppe Stalin: chiunque non fosse d’accordo anche su qualche dettaglio della politica staliniana era “oggettivamente” un traditore, una spia dell’imperialismo, un sabotatore. Andava fucilato, o spedito a divertirsi ai lavori forzati in Siberia.
Ma c’è di peggio. Dietro alla aggressione a Trump c’è una mentalità che si sta facendo sempre più strada in occidente. Mi riferisco alla pretesa di criminalizzare i sentimenti. Indipendentemente dagli incitamenti alla rivolta, indipendentemente dalle responsabilità “oggettive” Trump sarebbe colpevole perché la sua politica provocherebbe “odio”. Non si puniscono più gli atti e neppure le parole, si puniscono i sentimenti. Se provi odio per X sei colpevole, quindi vai processato, se possibile sbattuto in galera. Domani all’odio potrebbe affiancarsi la antipatia, dopodomani l’indifferenza. Siamo obbligati ad amarci e se qualcuno non ama è un criminale: lo si metta in catene.
La cosa è tanto più rivoltante se si pensa che chi avanza certe accuse è , lui si, letteralmente divorato dall’odio. Chi per 4 anni ha accusato Trump di provocare odio lo avrebbe con tutta probabilità fatto fuori se solo avesse potuto; quanto alla violenza, fa davvero ridere vedere i dem. ergersi a fieri oppositori della stessa dopo che hanno esaltato, comunque difeso o giustificato, le azioni dei BLM e degli “antifa” che per mesi hanno trasformato importanti città americane in campi di battaglia con  circa 140 morti e miliardi di dollari di danni. Ma, si sa, odio e violenza sono brutti solo se a provengono da una certa parte.

Per fortuna ora questa buffonata è finita. C’è da chiedersi: perché i dem. hanno tentato una carta tanto disperata? Non bastava loro aver messo le mani sulla presidenza? Probabilmente no. I dem. sanno benissimo che le elezioni tutto sono state meno che regolari, sanno che la popolarità di Trump è ancora altissima, sanno che sono ancora aperte quasi una ventina di cause collegate ai presunti brogli elettorali ed hanno paura. Paura di ritrovarsi fra i piedi il mostro, paura che la verità venga a galla, almeno in parte. Ed hanno tentato il colpaccio: far fuori il loro nemico mortale. Non bastava che i social di regime gli avessero tappato la bocca, occorreva metterlo nella impossibilità di continuare a far politica perché in un paese ancora, in parte, democratico come gli USA un personaggio del calibro di Trump trova il modo di farsi sentire. E questo i talebani del politicamente corretto lo temono.
Lo dico sinceramente: mi spiace, mi spiace davvero, vedere un partito che ha dato agli USA alcuni grandi presidenti, campioni della lotta ad ogni tipo di totalitarismo, ridotto come sono oggi ridotti i democratici americani. Impegnati a proibire il pronome lui nei dibattiti in parlamento, o a sostituire “Amen” con “Awomen”. Al traino di estremisti che non trovano niente di meglio da fare che distruggere le statue di Lincon o di Churchill, persone e forze politiche violente che nulla hanno a che vedere con i valori e la storia degli Stati Uniti d’America.
Sarebbe bello se, chiusa questa assurda parentesi dell’impeachment, la politica americana tornasse in un quadro di normalità istituzionale. Ma non credo che avverrà. La normalità istituzionale sta cominciando a diventare un miraggio. Non solo negli USA ma in tutto l’occidente, Italia compresa.

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