lunedì 9 novembre 2015

SPORTIVI IPOCRITI



“La commissione indipendente istituita dalla Wada (l'agenzia mondiale antidoping) ha chiesto alla Iaaf (la federazione mondiale dell'atletica) che la Russia sia bandita dalle competizioni internazionali fino a quando Mosca non farà chiarezza sulle reiterate vicende doping che hanno negli ultimi tempi riguardato atleti russi.”
Questa la notizia, presa da “repubblica on line”. Che dire? C'è da gioire perché finalmente lo sport diventa “pulito”? No. A parte il fatto che, nello sport, come in ogni campo, le accuse vanno provate, c' solo da constatare la miserevole ipocrisia che pervade di se tutte le organizzazioni internazionali, comprese, e non ultime, quelle sportive.
Ai tempi della vecchia URSS il doping di stato era un autentico segreto di pulcinella. Che molti atleti, e soprattutto atlete, sovietiche fossero super dopate lo sapevano tutti. La DDR è stata per molto tempo una potenza sportiva di prim'ordine, in occasione di una olimpiade giunse addirittura a classificarsi prima nel medagliere, fra gli applausi di tutti coloro che vedevano nell'URSS e nei suoi alleati – satelliti un modello a cui ispirarsi. Lo dicevano in tanti che le atlete della DDR, e non solo, erano stracariche di ormoni maschili, ma nessuno prendeva provvedimento alcuno: lo vietava la retorica coesistenziale. Poi, col crollo del comunismo, della DDR e dell'URSS la verità è venuta a galla. Però nessuno, mi sembra, ha privato retroattivamente atleti ed atlete dopate delle loro medaglie, come invece è stato fatto in altri casi. Piccole ipocrisie dello sport.
Ed era un segreto di pulcinella, in quei tempi lontani, il famoso dilettantismo di stato. Per molto tempo le olimpiadi hanno preteso di essere riservate ai soli dilettanti. Molti atleti si sono visti privare retroattivamente di medaglie conquistate sul campo perché riconosciuti “colpevoli” di professionismo. Ai tempi del comunismo i formidabili atleti sovietici erano tutto tranne che dilettanti. Lo stato li pagava profumatamente perché si allenassero e conquistassero il maggior numero possibile di medaglie, in onore della patria, o delle patrie, del socialismo. Se qualcuno denunciava questo stato di cose era accusato di “anticomunismo viscerale”.

L'ipocrisia delle istituzioni sportive internazionali tuttavia non riguarda solo il passato. Accade spesso, oggi, che un atleta di qualche paese islamico rifiuti di gareggiare con un atleta israeliano. In questo caso l'atleta del paese islamico viene squalificato, e la cosa finisce lì. Però, lo sanno tutti che il rifiuto di gareggiare NON è una scelta del singolo, si tratta di una scelta di squadra. Le varie repubbliche islamiche non riconoscono Israele, neppure lo chiamano col suo nome, lo definiscono “entità sionista”. E' fin troppo evidente che nessun atleta, ad esempio, iraniano può gareggiare con un israeliano. Quando ci si trova di fronte a simili rifiuti andrebbe squalificata la squadra non il singolo, ma se le istituzioni sportive facessero una cosa simile subito scatterebbe l'accusa di “islamofobia”...
Né le cose si fermano qui. Le istituzioni sportive internazionali predicano ad ogni piè sospinto la parità di diritti fra i sessi, tuonano contro ogni forma di razzismo e di maschilismo. Però, fingono di non vedere che alle donne musulmane è proibita la partecipazione a moltissime gare, non si accorgono che queste donne non possono indossare vesti compatibili con la pratica sportiva, partecipano,
se partecipano, ai giochi solo se accompagnate e sorvegliate da maschi e cosette simili. Un atleta che si lasci scappare una parola interpretabile come “razzista” si becca fior di squalifiche, la segregazione delle donne musulmane invece si fa alla luce del sole, ed i santoni dello sport non hanno nulla da dire. Inezie...

E ora questi sepolcri imbiancati scoprono un presunto “doping di stato” riguardante la Russia. E strillano, e tuonano, e minacciano di squalificare lo squadrone russo, con tutte le conseguenze che una simile decisione comporterebbe, anche sul piano tecnico sportivo.
E' davvero molto, molto difficile prenderli sul serio.

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