lunedì 6 ottobre 2025

LO STATO CHE NON DOVREBBE ESISTERE

 

Proviamo a fare un esperimento mentale. Sul Trentino, il Piemonte, la Lombardia, piovono razzi. Dall’Austria una organizzazione estremista al potere proclama che lo stato italiano non ha diritto di esistere. “Se gli italiani proprio vogliono uno stato possono fondarlo nella foresta amazzonica” affermano i suoi leader. E alle parole fanno seguire i fatti. Bombardano città e paesi di confine, tutti i giorni, più volte al giorno. Le vittime non sono molte perché gli italiani convivono da anni con il loro turbolento vicino e sanno prendere contromisure adeguate, però la situazione è insostenibile: decine di migliaia di italiani vivono sotto la costante minaccia di esser fatti saltare in aria. Un bel giorno il governo italiano perde la pazienza e bombarda le postazioni missilistiche austriache. L’azione è dura, numerose le vittime. Ci sono morti e feriti fra la popolazione civile austriaca, anche alcuni bambini perdono la vita. L'austria è popolosa, inoltre l’organizzazione estremista piazza le proprie postazioni militari molto vicino agli insediamenti civili. Le caserme sono costruite accanto alle scuole, le rampe missilistiche sui tetti di asili e ospedali. Se gli italiani rispondono al fuoco quasi certamente vi saranno vittime fra i civili e un’abile propaganda avrà buon gioco a presentarli come criminali di fronte al mondo. Ed è proprio questo che avviene. Molti "democratici progressisti" si dicono inorriditi   dall’azione militare italiana. Si levano grida contro le atrocità italiane, coloro che non dicevano nulla quando gli austriaci indirizzavano volutamente i loro missili contro scuole e asili si indignano per le morti fra i civili causate dai "criminali italiani". E mentre nelle piazze di molti paesi grandi folle esprimono tutto il loro odio verso l’Italia, anche gli amici degli italiani rivolgono loro amichevoli rimproveri. “Così facendo fate il gioco degli estremisti” afferma il primo. E un secondo aggiunge: “la violenza genera violenza, con le vostre azioni incrementate l’odio che gli austriaci e i loro amici provano verso di voi”. Insomma, gli italiani dovrebbero accettare di essere bersagliati da missili vita natural durante. Se uno ti aggredisce non devi reagire se no quello si arrabbia ancora di più. E infine il consiglio più amichevole di tutti: “trattate con l’organizzazione estremista, dialogate con chi vi bombarda. E’ vero, si tratta di persone che non riconoscono il vostro diritto a esistere, ma…suvvia, ci vuole realismo, se non dialogate con loro quelli si incattiviscono ancora di più”.

Sembra fantascienza vero? Si, lo sembra, ma solo perché stiamo parlando dell’Italia e dell’Austria. Se invece si parla di Israele ed Hammas la fantascienza si trasforma in ordinaria realtà. Tutti sarebbero solidali con uno stato che reagisse ad attacchi missilistici contro le proprie città di confine, a condizione che lo stato in questione non fosse Israele. Tutti si indignerebbero sinceramente se qualcuno dicesse che l’Italia, o la Francia, o l’Egitto non hanno diritto di esistere in quanto stati indipendenti, ma le cose cambiano se qualcuno dice che Israele non ha diritto di esistere. Di nessuno stato si dice oggi che ha diritto di esistere. E’ ovvio, scontato che la Russia o il Cile o qualsiasi altro stato abbiano diritto di esistere, non occorre ripeterlo. Per Israele no. Nel caso di Israele il semplice affermare il suo diritto all’esistenza scatena discussioni, dubbi, polemiche. Per centinaia di milioni di esseri umani gli ebrei dovrebbero andarsene dalla Palestina o rassegnarsi a vivere da cittadini di serie C (o peggio) in una teocrazia islamica. In ogni competizione sportiva c’è qualche atleta che rifiuta di misurarsi con un atleta israeliano, le partite della nazionale israeliana di calcio diventano, ipso facto, un problema di ordine pubblico (e non per la violenza del tifo), insomma essere israeliano vuol dire far parte di uno stato maledetto, uno stato che esiste ma non dovrebbe esistere. E questo non solo per i fanatici ed i fondamentalisti. Sono molti gli occidentali che guardano con profonda antipatia a Israele, sotto sotto sono convinti, anche loro, che sarebbe molto meglio se lo stato ebraico non ci fosse.

La maledizione di Israele sta nella sua origine. La nascita di Israele è una macchia indelebile, una sorta di peccato originale. Anche chi afferma che Israele ha, ormai, diritto di esistere non può non provare uno spiacevole fremito pensando a come è nato lo stato ebraico. Altri, più radicali non si fanno troppi scrupoli: Israele è nato dalla cacciata dei palestinesi dalle loro terre, dicono, quelle terre devono essere ridate ai palestinesi, punto e basta. Come possono gli israeliani lamentarsi se Hammas li bombarda? Loro non dovrebbero essere dove sono. La terra che gli israeliani occupano la occupano illegalmente, la loro presenza in Palestina è del tutto ingiustificata, costituisce un crimine storico che rende legittima ogni aggressione nei loro confronti. Hanno un bel coraggio a lamentarsi gli israeliani! Vivono su una terra rubata ai loro legittimi proprietari! Hanno anche la pretesa di viverci in pace e sicurezza?
Chi ragiona in modo simile (e sono in tanti a farlo, anche nel democratico e laico occidente) commette, in primo luogo, un fondamentale errore di principio e, in secondo luogo, dimostra di ignorare completamente la storia. L’errore di principio è abbastanza evidente. TUTTI i popoli di TUTTI gli stati del mondo occupano oggi terre che cinquanta, o cento o mille anni fa erano di altri popoli; la nascita di TUTTI gli stati è stata caratterizzata da violenze. Nella storia di ogni stato ci sono guerre, migrazioni, scontri fra etnie, contrasti religiosi risolti con la forza. Se si dovesse contestare il diritto a esistere di tutti gli stati la cui origine è stata caratterizzata da qualche violenza nessuno stato avrebbe oggi diritto di esistere. Risalire indietro nel tempo per stabilire chi oggi abbia il diritto di occupare un certo territorio porterebbe solo a una serie senza fine di guerre.
Ma, obiettano i nemici di Israele, nel caso dei palestinesi il contenzioso è ancora in piedi. I palestinesi rivogliono la loro terra, quindi ne hanno diritto, perché erano su quella terra prima degli ebrei. Questo differenzierebbe la loro posizione da quella degli "indiani" d'America o di altri popoli sconfitti che non avanzano però diritti di rivalsa. In base a un simile "ragionamento" (si fa per dire) se un bel giorno i discendenti degli "indiani" d'America, degli aborigeni australiani o degli aztechi rivendicassero le "loro" terre dovrebbero scomparire stati come gli USA o l'Australia o il Messico. Sarà un caso ma solo per gli ebrei si tirano fuori simili farneticazioni!

Lasciamo perdere le follie farneticanti. Torniamo a Israele e ai fatti che lo riguardano. Chi parla della sua origine illegittima dimostra solo la sua totale, profondissima ignoranza. Procediamo per punti.

1) Se proprio si volesse andare indietro nel tempo per stabilire chi abbia oggi il diritto di vivere in "Palestina" si dovrebbe concludere che gli ebrei e solo loro hanno quel diritto. Un tempo infatti  gli ebrei e non i musulmani vivevano nella terra che oggi alcuni chiamano "Palestina". La conquista musulmana della Palestina iniziò nel 637 d.C. con la caduta di Gerusalemme e divenne definitiva, con l’annessione della regione nel 638 sotto il califfo Omar. A non aver diritto di vivere in Palestina dovrebbero essere, seguendo la logica malata del regresso temporale, proprio i musulmani. Inoltre è sempre esistita  una presenza ebraica in Palestina, non numerosissima ma socialmente rilevante. La frattura fra gli ebrei e la loro terra d’origine non è MAI stata definitiva.
I sostenitori del regresso temporale usano un metodo molto bizzarro: retrocedono nel tempo solo fino a un certo punto, prendono in considerazione solo il passato che sembra confermare le loro tesi. Troppo comodo!

2) Non è mai esistito uno stato palestinese. Ai tempi dei primi insediamenti ebraici quella che oggi molti chiamano Palestina era solo una parte dell’ex impero ottomano. Non esisteva neppure una nazione palestinese né un movimento nazionale palestinese. Dopo la dissoluzione dell'impero ottomano nessuno propose la nascita di uno stato palestinese, si pensava di fare della Palestina una regione della Siria. La organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) nacque nel 1964, SEDICI  anni dopo la nascita dello stato di Israele. Il suo leader Arafat è nato al Cairo.

3) I primi ebrei emigrati in Palestina si impossessarono della terra che intendevano coltivare in maniera assai poco violenta: comprandola dai palestinesi. Le organizzazioni sioniste finanziate dalle comunità ebraiche, specie dagli ebrei più facoltosi, raccolsero i fondi destinati all’acquisto di terre dai grandi proprietari arabi. La compra vendita di terra, per inciso a prezzi altissimi, proseguì per molto tempo, malgrado le pressioni di chi guardava con ostilità i nuovi venuti. Non un centimetro di terra venne rubato ai contadini palestinesi.

4) Israele è l'unico stato sorto in seguito a negoziati, trattati e delibere di organizzazioni internazionali: la società delle Nazioni prima, l’ONU dopo. In realtà la nascita di Israele è stata caratterizzata da una violenza molto minore di quella di moltissimi altri stati di cui nessuno si sogna oggi di contestare il diritto a esistere.

5) Il mandato britannico sulla Palestina comprendeva anche i territori molto vasti su cui è sorta la attuale Giordania che può, da questo punto di vista, essere considerata a tutti gli effetti uno stato palestinese.   

6) La risoluzione ONU 181 del novembre 1947 diede vita a DUE stati: Israele e uno stato arabo palestinese. Gli ebrei accettarono quella risoluzione, gli arabi no e iniziarono subito la guerra contro il neonato stato ebraico. Per decenni il conflitto non fu fra israeliani e palestinesi ma fra Israele e stati arabi. I “due popoli due stati” di cui oggi tanti parlano sarebbero realtà dal 1948 se gli arabi li avessero accettati.

7) Nel 1993 gli accordi di Oslo concedevano ai Palestinesi gran parte della Cisgiordania, nel 2005 Gaza fa concessa ai palestinesi. Invece di pensare a edificare un loro stato che convivesse pacificamente con Israele dirigenti palestinesi trasformarono i territori loro concessi, Gaza soprattutto, in basi per continui attacchi terroristici.

8) Cosa più importante di tutte: lo stato di Israele ha dato finalmente patria e protezione al popolo che più di ogni altro ha sofferto nella storia orrori e persecuzioni. Gli ebrei possono benissimo vivere in vari stati, come minoranze i cui diritti siano garantiti, affermano molti occidentali "progressisti". Si, possono farlo, fino a quando a qualche ometto coi baffetti non vengano idee strane. Cosa diremmo se qualcuno affermasse che l’Italia non ha diritto di esistere e gli italiani possono vivere come minoranze protette in Francia o Venezuela?

9) Israele è l’unica democrazia del medio oriente, uno stato laico, liberale, che riconosce a tutti i cittadini uguali diritti. In Israele vivono circa 1.500.000 arabi che godono di tutti i diritti fondamentali, compreso quello di culto. Quanti ebrei vivono in Iran? Quali diritti vengono loro riconosciuti? In Israele, paese che non raggiunge le dimensioni della Lombardia, ci sono quasi 300 moschee, quante sinagoghe ci sono in Iran? Una donna iraniana che non volesse indossare il velo preferirebbe vivere in Israele o in Iran? Un arabo sostenitore del libero pensiero o scettico in materia religiosa preferirebbe vivere in Israele o in qualsiasi repubblica islamica? Si tratta, con tutta evidenza, di domande retoriche.


Tutto regolare allora? Nessuna violenza ha accompagnato la nascita e la crescita dello stato ebraico? Gli israeliani sono privi di colpe? No, ovviamente. Israele ha avuto ed ha i suoi fondamentalisti che hanno a volte commesso, o lasciato commettere, gravi violenze. Alcuni israeliani hanno sognato per anni la “grande Israele”, obiettivo semplicemente assurdo. Però è innegabile che col tempo queste posizioni estremiste sono state storicamente sconfitte. Ne è prova tra l’altro il ritiro degli israeliani da Gaza. Quel ritiro poteva diventare la prima tappa della costruzione di una stato palestinese che convivesse accanto e non al posto di Israele. Questo però non è avvenuto per responsabilità di Hammas e della stessa autorità nazionale palestinese. I fondamentalisti di Hammas hanno interpretato il ritiro israeliano da Gaza come la prima tappa della costruzione di un califfato islamico sulle ceneri di Israele. Sottolineo: non uno stato nazionale palestinese, un califfato: Hamas NON è una organizzazione nazionalista ma fondamentalista religiosa.

In effetti il contrasto fra palestinesi e israeliani appare oggi senza sbocco perché su quel contrasto si è innestata la mala pianta del fondamentalismo terrorista. Israele non deve esistere perché per un islamico fondamentalista è inconcepibile che esista uno stato ebraico in un’area come la Palestina. Nell’ottica fondamentalista gli ebrei possono anche essere tollerati come individui, con diritti assai limitati, ovviamente, ma che esista una nazione ebraica con un suo stato, per di più confinante con stati islamici, in una terra che è stata una volta islamica, questo è inammissibile, una specie di sacrilegio. Lo dicono chiaramente i terroristi di hammas: una terra che è stata, in passato, islamica, deve tornare a esserlo, fino al giorno del giudizio. Non a caso  Hammas  bombarda Israele, ma pensa anche alla Spagna, e alla Sicilia. E’ precisamente per questo motivo che i "democratici progressisti” dell’occidente dovrebbero essere solidali con Israele (pur criticandolo quando merita di essere criticato). Ma ormai in occidente “democratico progressista” è diventato sinonimo di “politicamente corretto” è nulla è più lontano dal politicamente corretto, nulla è più scorretto politicamente che mostrare simpatia a Israele, figuriamoci poi solidarietà.  E così molti "progressisti" occidentali parteggiano oggi per chi vuole la pena di morte per apostati e bestemmiatori, la lapidazione per le adultere, l'infibulazione, il ripudio delle mogli, il velo, o il burka, e tante altre simili dolcezze.
Pazienza, se questo è il "progressismo", non ci resta che restare conservatori. Contano poco, in fondo, le parole.

sabato 27 settembre 2025

IL PARTITO DELLA GUERRA

 

Bisogna avere il coraggio di dirlo, una volta per tutte: in occidente e, forse, in Italia in maniera particolare esiste il partito della GUERRA la cui punta di diamante è attualmente la famosa “flottiglia”. Ormai è chiaro: la flottiglia vuole spingere le navi militari che la scortano a penetrare illegalmente nelle acque territoriali israeliane, addirittura a forzare il blocco navale di un paese in guerra.
Entrare illegalmente nelle acque territoriali di uno stato sovrano, forzare un blocco navale sono ATTI DI GUERRA. I caporioni della “flottiglia” mirano esplicitamente a questo: una guerra fra Israele e alcuni stati europei, meglio ancora, con l’Europa tutta. Del resto il più esagitato degli anti semiti al potere: lo spagnolo Sanchez parla addirittura dell’uso di armi atomiche contro Israele, parlamentari italiani come l’incredibile Fratojanni hanno detto esplicitamente che il “genocidio” (mai esistito) dei palestinesi va fermato con la forza militare. I soldati italiani dovrebbero combattere contro gli israeliani fianco a fianco con i terroristi criminali di Hamas. Splendida prospettiva!
Ovviamente una guerra, o più realisticamente una totale rottura fra Europa e Israele avrebbe come conseguenza una totale rottura delle relazioni fra Europa e USA. Questo farebbe gioire chi è malato di anti americanismo oltre che di antisemitismo, ma sarebbe una catastrofe di dimensioni bibliche: la fine o la crisi verticale dell’occidente.
In Italia il partito della guerra diventa il partito della guerra civile. Scontri sempre più duri con le forze dell’ordine, minacce di bloccare il paese con scioperi generali, aggressioni a cittadini ebrei, università occupate: la tutela della “flottiglia” diventa occasione per creare un clima di scontro frontale, violento al fine di far cadere il governo.
Occorre fermare questa spirale distruttiva . Io sono convinto che la gran maggioranza degli italiani sia fermamente contraria a queste follie. Il governo deve agire, ma occorre che la maggioranza silenziosa degli italiani la smetta di essere silenziosa. In maniera legale, ordinata, pacifica faccia sentire la sua voce, esprima il suo pieno, incondizionato sostegno alle forze dell’ordine. Faccia capire a tutti da che parte sta il paese reale.
Prima che sia troppo tardi.

mercoledì 24 settembre 2025

PCI e PD

 

Non ho simpatia alcuna per il vecchio PCI. E’ stato un partito biecamente stalinista, legato a doppia catena con l’URSS. Molti suoi dirigenti hanno accarezzato a lungo l’idea di un colpo di mano violento. L’allontanamento del PCI dall’URSS è stato lungo, incompleto e costellato da contraddizioni; in ogni caso non ha impedito al partito di farsi finanziare dai sovietici fino al crollo del comunismo reale (l’unico possibile).
Però una cosa va detta. Quando, per i più svariati motivi, primo fra tutti non cedere un grammo della sua egemonia a sinistra, il PCI ha rotto con gli estremismi violenti lo ha fatto SUL SERIO, senza se e senza ma, combinando parole e fatti.
Sono diversamente giovane e ricordo bene le manifestazioni sindacali di un tempo. C’era un ferreo servizio d’ordine che impediva ai violenti di far degenerare le manifestazioni. I provocatori venivano espulsi dai cortei, con le buone o con le cattive.
Quando qualche corteo di extra parlamentari degenerava in atti di violenza la condanna del PCI era netta, senza equivoci. Ancora più netta, dopo alcune iniziali sbandate, fu la condanna del fenomeno brigatista. Inizialmente “compagni che sbagliano” i brigatisti divennero NEMICI, persone con cui NON si doveva trattare, neppure per evitare l’assassinio di Aldo Moro.
Con tutte le sue contraddizioni, il suo aberrante stalinismo il PCI, una volta abbandonate le illusioni eversive, divenne un partito d’ordine, autoritario, stalinista, illiberale, nella sostanza non davvero democratico fin che si vuole ma D’ORDINE.
Non altrettanto si può dire dell’attuale PD.
Presentare i disordini di Milano come opera di “pochi infiltrati in cortei di centinaia di migliaia di pacifisti” è semplicemente idiota (perché le centinaia di migliaia di “pacifisti” non hanno bloccato i “pochi infiltrati”?)
Scrivere idiozie del tipo: “vi indignate per una vetrina rotta ma non del genocidio” lo è altrettanto (A parte il fatto che non c’è a Gaza alcun genocidio, anche se ci fosse questo mi darebbe il diritto di bastonare il primo che passa, devastargli la casa, sfasciare la sua auto?).
L’attuale PD, a differenza del vecchio PCI non può condannare i violenti non solo perché alcuni suoi dirigenti condividono con questi alcune mitologie pseudo rivoluzionarie, ma anche perché una parte della sua forza sempre più calante viene dall’area in cui i violenti prosperano.
Il vecchio PCI si riferiva a una classe operaia mitizzata e aveva dalla sua il rapporto privilegiato con la seconda potenza mondiale. I suoi leader leggevano Antonio Gramsci.
L’attuale PD, o comunque la sua parte preponderante, fa riferimento alla “flottiglia”, a Greta Thunberg e ai propal. I suoi leader leggono Roberto Saviano.
Le persone pensanti che pure ci sono a sinistra dovrebbero riflettere

lunedì 22 settembre 2025

RICONOSCIMENTI

 

In tanti si affrettano a riconoscere la “Palestina” e Hamas ringrazia, ma, DAVVERO hamas vuole che venga riconosciuto uno stato palestinese?
Vediamo un po’. Secondo la convenzione di Montevideo del 1933 uno stato, per essere tale, deve avere almeno quattro requisiti:
1) Un territorio definito da confini stabili.
2) Una popolazione stabile.
3) Un governo riconosciuto
4) La capacità autonoma di relazionarsi con altri stati.
Ora, la “Palestina” che in tanti si stanno affrettando a riconoscere manca di almeno TRE di questi requisiti.
La “Palestina” NON ha confini stabili. Chi la governa NON vuole stabilire i suoi confini perché stabilirli vorrebbe dire RICONOSCERE ISRAELE. Se hamas o la autorità palestinese (AP) riconoscessero un qualsiasi confine fra Israele e “Palestina” questo vorrebbe dire ammettere che Israele esista e abbia diritto di esistere. Hamas ovviamente NON ha una simile intenzione, la AP non parla chiaro e mette condizioni demenziali al riconoscimento di Israele.
La “Palestina” NON ha un unico governo. Le controversie fra AP e hamas vengono di solito regolate a fucilate.
Visto che non ha un governo unico la “Palestina” non può avere relazioni chiare e univoche con altri stati.
Quanto alla popolazione, l’unico modo perché la “Palestina” ne abbia una stabile consiste, secondo hamas e la stessa AP, nella cacciata di ogni ebreo dallo stato "palestinese". Ottimo esempio di razzismo che gli occidentali “buoni” fingono di non vedere.
Hamas quindi vuole il riconoscimento della “Palestina” senza che però venga specificato chi la governa, chi ha diritto di relazionarsi ad altri stati, soprattutto senza che vengano stabiliti confini stabili e riconosciuti. Vuole il riconoscimento di uno stato fantasma, una base da cui partire per nuovi attacchi a Israele e NON SOLO a Israele. La “Palestina” dovrebbe essere la prima tappa per la costruzione di un grande califfato islamico.
Ma gli occidentali “buoni” queste cose fanno finta di non capirle. Molti governi si affrettano a fare "riconoscimenti" puramente formali, privi di ogni valore giuridico
Non si lamentino quando ci sarà il prossimo attentato...

martedì 15 luglio 2025

LA BUONA FEDE A VOLTE PEGGIORA LE COSE

 

Leggo inorridito molti interventi in rete. Crescono gli antisemiti dichiarati, qualcuno si richiama a Hitler dicendo che in fondo baffetto tutti i torti non li aveva, altri accusano gli ebrei, non i sioinisti, gli EBREI, di massacrare i bambini eccetera eccetera.
La maggioranza resta però quella di coloro che si dichiarano antisionisti, non antisemiti.
Sinceramente sto cominciando a pensare che questi siano ancora peggiori di quelli, lo sono anche perché alcuni di loro sono in buona fede. Vedo di chiarire una idea apparentemente tanto bizzarra.
Gli “antisionisti non antisemiti” sostengono, telegraficamente:
1) Gli ebrei NON sono un popolo. Gli "antisionisti" si arrogano il diritto di stabilire LORO chi è un popolo e chi non lo è, indipendentemente dalle idee, dai sentimenti, dai valori che uniscono un certo insieme di esseri umani, a prescindere dal parere degli stessi. SOLO degli ebrei si dice che “non sono un popolo”.
2) Gli ebrei, anche ammettendo che siano un popolo, NON hanno diritto a un loro stato. Il semplice fatto che un loro stato esista è considerato una intollerabile ingiustizia.
3) Solo dello stato degli ebrei si va a spulciare la storia per vedere se in essa sono contenuti episodi di violenza. Solo riguardo a questo stato si collegano eventuali episodi di violenza presenti nella sua storia alla negazione del suo diritto di esistere.
4) Lo stato degli ebrei, che esiste da 78 anni, è L’UNICO al mondo che dovrebbe scomparire. La sua popolazione dovrebbe emigrare in massa, oppure trasformarsi in una enorme massa di paria, oppure ancora essere massacrata. L’ultima sarebbe con tutta evidenza la soluzione più probabile.
5) Anche chi riconosce a Israele il diritto di esistere e, bontà sua, di difendersi chiede SOLO agli ebrei israeliani di condurre una guerra senza che questa abbia il minimo impatto sulla popolazione civile del nemico. Nessuno ha mai chiesto una cosa simile a nessuno stato in nessuna guerra in tutta la storia del genere umano.
6) Solo nel caso di Israele si prendono per buone notizie relative a una guerra in corso che vengono da una delle parti in lotta, peraltro costituita da terroristi criminali.
7) Nessuno ha mai preteso che un arabo, per essere accettato e rispettato, debba preventivamente condannare Hamas. Agli ebrei non israeliani si chiede che, per essere accettati e rispettati, condannino pubblicamente la politica dello stato che ha dato agli ebrei, per la prima volta nella storia, rifugio e protezione.
😎 Israele non raggiunge le dimensioni della Lombardia, ha meno di 10 milioni di abitanti di cui circa due arabi (che godono di tutti i diritti). Sorge su un deserto privo di risorse naturali. Chiede solo di essere riconosciuto. Eppure questo minuscolo stato, colpevole solo di esistere, è accusato praticamente di tutto ciò che di negativo esiste al mondo.
Ecco, gli “antisionisti non antisemiti” sostengono cose simili. Alcuni (non tutti) sono, forse, in buona fede. Pensano davvero che sostenere cose simili non significhi essere antisemita. Il fatto che siano in buona fede peggiora, non migliora le cose. Purtroppo

sabato 17 maggio 2025

NUMERI

 

E’ uno degli argomenti “forti” dei propal: i numeri.“Sono morti meno di 2.000 israeliani e oltre 50.000 palestinesi e questo la dice lunga sulle ragioni e sui torti del conflitto”: questo più o meno il loro “argomento”.Si tratta con tutta evidenza di una siderale idiozia. Non solo prende per buone l le incontrollabili cifre fornite da Hamas ma instaura una ridicola equivalenza fra torti e ragioni di un conflitto da una parte e numero dei caduti dall’altra. Ragionando (si fa per dire) in questo modo la Germania nazista avrebbe avuto nella seconda guerra mondiale enormemente più ragioni della gran Bretagna, visto che ha avuto un numero di caduti quasi 30 volte superiore. Ma… lasciamo perdere, prendiamo per buono questo pseudo argomento, concentriamoci pure sui numeri.
Lo abbiamo visto tutti: in occasione della liberazione di alcuni ostaggi i “palestinesi” di Hamas hanno preteso la liberazione di oltre 100 terroristi palestinesi per ogni ostaggio liberato. In molti casi hanno preteso più di 100 palestinesi vivi per restituire agli israeliani il corpo senza vita di un ostaggio assassinato. Il rapporto è stato di uno a 100, forse di uno a 120 o 150.
Negli attacchi del 7 ottobre sono morti circa 1.300 israeliani, tutti civili, inermi, disarmati: giovani che ballavano, donne, bambini, vecchi.Ebbene, secondo il rapporto, stabilito da Hamas, in base al quale sono stati liberasti un certo numero di ostaggi questi 1.300 israeliani assassinati dovrebbero valere come minimo 130.000 palestinesi, probabilmente molti di più. In ogni caso, anche prendendo per buone le inattendibili cifre fornite da Hamas sui caduti palestinesi siamo ancora ben lontani da una cifra simile.
La mia è solo una provocazione ovviamente: nulla è tanto rivoltante quanto la macabra contabilità sui cadaveri che i propal fanno continuamente, ma è una provocazione che ne mette in risalto la cattiva fede, l'intollerabile disonestà intellettuale. Non fanno altro che confrontare il numero dei morti, ma diventano ciechi, sordi e muti di fronte allo spettacolo indegno di centinaia di terroristi liberati in cambio spesso di qualche corpo senza vita restituito a persone in lacrime.
Anche quelli sono numeri! O no?


Sopra ho parlato del numero dei caduti nella guerra di Gaza riferendomi al demenziale rapporto di uno a 100, addirittura uno a 150 richiesto da Hamas in occasione del rilascio di alcuni ostaggi (per inciso, prendere civili in ostaggio è ufficialmente un crimine di guerra).
Torno sull’argomento “numeri” affrontandolo da un altro punto di vista: quello del TEMPO. Il sette ottobre i tagliagole di Hamas hanno ucciso, in un SOLO giorno, circa 1300 civili israeliani. Hanno colpito questi civili deliberatamente, non si tratta delle vittime collaterali dei combattimenti, ma di persone inermi finite nel mirino dei criminali proprio perché inermi. Hamas non avverte i civili, non li invita ad abbandonare il luoghi dello scontro, val la pena di sottolinearlo.In ogni caso, in un SOLO giorno Hamas ha trucidato 1.300 israeliani, poi si è dovuta fermare, non perché sazia di sangue, semplicemente perché la IDF ha impedito ai suoi militanti di continuare la mattanza. Ora, 1.300 morti in un giorno vuol dire circa 40.000 in un mese, quasi 500.000 in un anno; certo, Hamas non ha raggiunto simili mostruose cifre, ma, val la pena di ripeterlo, non le ha raggiunte solo perché NON in grado di farlo, solo perché ha dovuto pensare a sfuggire agli attacchi delle IDF, senza potersi concentrare su vecchi, donne e bambini. Però… che succederebbe se Hamas vincesse? Se la “Palestina” fosse “libera dal fiume al mare” come strillano i propal? Cosa succederebbe se Israele cessasse di esistere e di fronte ai tagliagole di Hamas restassero solo inermi civili? Basta porsi una simile, elementare domandina per capire CHI ha davvero in mente un genocidio, chi dovrebbe essere oggi sotto accusa di fronte al mondo.
Ma tanti occidentali “buoni” sono ciechi, sordi e muti, in molti casi stupidi, quando c’è di mezzo Israele.

martedì 22 aprile 2025

FRANCESCO

 

E’ giusto, doveroso il rispetto nei confronti di chi ha attraversato la soglia che separa tutti noi dall’insondabile mistero della morte. Gli strilli, le polemiche faziose, gli insulti, sempre criticabili, diventano in simili occasioni del tutto inaccettabili. Tutto questo però non implica che il discorso sulla vita di chi ci ha lasciati debba trasformarsi in una sorta di osanna apologetico in cui ogni considerazione critica viene bandita e la discussione pacata ma rigorosa viene sostituita dalla retorica ipocrita.
Lo dico col massimo rispetto ma anche con la massima chiarezza: la mia valutazione sull’apostolato di papa Francesco è e resta del tutto negativa.
Con lui è salita sul soglio di Pietro qualcosa di simile alla teologia della liberazione: un compromesso sincretistico fra cattolicesimo e marxismo che si traduce in una sorta di populismo pauperistico in cui la povertà diventa spesso, invece che un nemico da combattere, un valore da difendere, contrapposta al “consumismo compulsivo” e al “Dio denaro”.
In effetti, se si guarda con attenzione alla predicazione di papa Francesco una cosa salta all’occhio: la profonda antipatia di questo papa nei confronti della civiltà occidentale. Dalla guerra in Ucraina a quella in medio oriente le critiche di papa Francesco sono quasi sempre state rivolte, in maniera spesso assai aspra, contro l’occidente. La crisi in medio oriente in particolare ha spinto Francesco su posizioni che hanno fatto arretrare di decenni i rapporti fra cattolicesimo ed ebraismo. Da un lato il papa ha detto più volte di considerare il fondamentalismo islamico un fenomeno praticamente privo di radici sociali e culturali, una cosa che riguarda solo pochi fanatici, dall’altro ha strizzato l’occhio a chi accusa di “genocidio” uno stato che da quasi 80 anni lotta contro nemici spietati che hanno il solo scopo di cancellarlo dalla faccia della terra.
Tutta la visione socio economica di Francesco si riduce in fondo a quella che il grande filosofo conservatore Roger Scruton ha definito “la fallacia della somma zero”: esiste la miseria perché esiste la ricchezza, nel mondo ci sono i poveri perché ci sono i ricchi che si appropriano ingiustamente di gran parte delle risorse che madre natura ha messo a nostra disposizione. Una concezione elementare dei meccanismi e dei problemi economici, che lo stesso Marx avrebbe rigettato con sdegno. Madre natura ci regala poco o nulla, per trasformare in risorse e poi in ricchezza ciò che madre natura mette a nostra disposizione occorre il lavoro, lo studio, la ricerca, l’innovazione tecnologica. Storicamente il segreto della forza dell’occidente non risiede nella sua capacità di conquista e saccheggio: in questo altre civiltà sono state altrettanto o anche più forti: risiede nella rivoluzione scientifica e industriale, nell’autonomia della società civile, nella “scoperta” dei valori della libertà individuale e poi della democrazia. Tutto questo manca nella visione sociale ed economica di papa Francesco.
E questo tocca profondamente altre parti del suo pensiero: l’atteggiamento ad esempio dei confronti della, non si sa quanto reale e grave, crisi ambientale. Su questo problema Francesco non solo ha sposato le tesi dell’ecologismo più radicale e catastrofista, non solo ha accusato di tutto, more solito, l’occidente dimenticando che non sono certo i paesi occidentali a essere all’avanguardia nell’inquinamento del pianeta, ha avallato, e questa per un credente è forse la cosa più grave, la divinizzazione della natura, una sorta di neopaganesimo oggi di moda in occidente che contrasta radicalmente con la dottrina cristiana. Il cristianesimo, piaccia o non piaccia la cosa, è antropocentrico: il cristiano rispetta e ama la natura, ma la ama e rispetta perché frutto della creazione divina che ha nell’uomo il suo culmine. Per il cristianesimo, e per una parte importante del pensiero filosofico laico, l’uomo è un ente “insulare”, parte della natura ma non SOLO natura, quanto meno,  parte della natura con caratteristiche che segnano uno iato profndo nella natura stessa. Per larga parte del radicalismo pseudo ecologico oggi di moda l’uomo è, nella migliore delle ipotesi, solo una componete di qualche ecosistema, nella peggiore un fattore di squilibrio e crisi. Su questo le posizioni di Francesco sono sempre state quanto meno assai ambigue.
E ancora, assai poco condivisibili restano le posizioni del papa ora scomparso sulle migrazioni clandestine, o sul dialogo inter religioso; attenzione, NON sulle conseguenze sociali, economiche e politiche delle religioni, su questo il dialogo è del tutto accettabile, no, dialogo fra le religioni, come se si potesse discutere sui dogmi! Francesco è giunto al punto di affermare che tutte le religioni credono nello stesso Dio, divergendo solo sulle “vie” per raggiungerlo. Una concezione rispettabile per un non credente come me, ma che, oltre a non essere, ad oggi, non vera dovrebbe essere sostenuta da un deista, non dal vescovo di Roma.
Non è il caso di prolungarsi ulteriormente, non è questa di certo la sede per un discorso approfondito sul pensiero del papa scomparso, né io ho la forza di farlo. Di certo nel suo apostolato ci sono luci e ombre e nulla è tanto ipocrita quanto il plauso apologetico di questi giorni.

mercoledì 16 aprile 2025

REALISMO

 

Oggi Giorgia Meloni incontra Donald Trump. Fare previsioni sull’esito dell’incontro è assolutamente impossibile, quindi non le tento neppure, mi limito a fare alcune considerazioni non sulla Meloni e Trump, ma su tutti quelli che diventano verdi solo a sentir nominare il presidente USA.
Per comodità di ragionamento do ragione a quanti Trump proprio lo detestano: “avete ragione”, dico loro, “Trump è brutto, sporco è cattivo, è il peggio del peggio, l’incarnazione del male… e allora?”
Trump può essere il diavolo in persona, ma chi lo detesta dovrebbe quanto meno tenere bene a mente alcune cosette che elenco brevemente.
1) Trump è il presidente della nazione militarmente ed economicamente più forte del mondo.
2) Oggi Trump è molto più forte di quanto non fosse nel corso del suo primo mandato. Allora aveva contro praticamente tutto l’establishment USA, era osteggiato addirittura da una parte consistente del suo stesso partito, oggi le cose sono completamente diverse.
3)) Chi spera che Trump venga fatto fuori per via giudiziaria, grazie a qualche impeachment è del tutto fuori strada; a meno di colpi di scena assolutamente imprevedibili (malattia o attentato) Trump governerà gli USA fino al gennaio del 2029. Fatevene una ragione.
4) Anche se Trump dovesse morire stanotte il vice che prenderebbe il suo posto è molto simile a lui, addirittura peggiore, per qualcuno. Non solo: fare previsioni è impossibile, ma ci sono quanto meno notevoli probabilità che a fine mandato sia sostituito da un altro della sua stessa pasta.
Da qualsiasi punto di vista ci si collochi una cosa è certa: il “trumpismo” non è un fenomeno passeggero, piaccia o non piaccia la cosa ci troviamo di fronte a un movimento che ha radici profonde nella società americana e non solo. E allora chiedo a quanti Trump lo detestano: come volete reagire a un fenomeno simile? Pensate davvero che ripetere fino alla noia che Trump è tanto brutto cambi di un millimetro le cose? Credete che i vostri strilli un po’ isterici modificheranno la situazione? Credete davvero che Italia ed Europa possano dichiarar guerra, anche solo commerciale, agli USA? Siete davvero convinti che la Cina di Xi Jinpoing sia un partner più affidabile dell’America di Trump? Infine, la domanda da un miliardo di dollari: davvero pensate che contrapporre agli USA di Trump una Europa “woke” sia una mossa giusta? Possibile che non capiate che Trump si è affermato in condizioni quasi proibitive per lui NON perché milioni di persone per bene siano diventate “fasciste” dall’oggi al domani ma perché nauseate dalle follie nichiliste del “woke”? In una certa misura Trump è figlio del “woke”, esprime il rifiuto sempre più diffuso del nichilismo politicamente corretto. Chi non capisce una cosa tabnto semplice è davvero MOLTO “diversamente intelligente”.
Un po' di sano realismo non guasterebbe, ma chiederlo a certi personaggi è davvero... irrealistico.
E tanto basta.

mercoledì 9 aprile 2025

DAZI

 

Qualche modestissima considerazione a ruota libera, senza nessuna pretesa "scientifica", sui dazi.
1) Fa davvero ridere vedere come persone fino a un minuto fa nemiche giurate della globalizzazione, del liberismo, super critiche del mercato siano diventate dall’oggi al domani paladine del libero scambio.
Allo stesso modo è divertente osservare in che modo persone che fino a un minuto fa tuonavano contro il “nazionalismo”, detestavano il concetto stesso di patria, non volevano neppur sentir parlare di identità siano diventate in un attimo strenue paladine dell’economia nazionale, del “patriottismo” italiano e (udite udite) europeo.
2) I dazi non li ha inventati Trump, sono sempre esistiti. Protezionismo e libero scambio sono due poli della politica economica che i vari stati da sempre adottano variandoli al variare delle situazioni. Praticamente tutte le economie del continente europeo sono cresciute potendo contare su preziosi dazi protettivi. Il libero scambio puro non è mai esistito, si tratta di una astrazione economica, utile nel campo analitico ma mai empiricamente adottata. Un paese che ha una bilancia commerciale in disavanzo cronico è tentato di ricorrere a dazi, specie se i concorrenti hanno economie che puntano tantissimo sull’export a danno del mercato interno.
3) La UE e l’Italia in particolare hanno speso e spendono una valanga di soldi per aver spalancato le porte alla immigrazione clandestina di massa. Buttano miliardi e miliardi in politiche pseudo ecologiche. L’imposizione dell’auto elettrica sta letteralmente distruggendo l’industria automobilistica europea, la scelta delle energie “pulite e rinnovabili” (che tali NON sono) costringe le imprese europee e italiane in particolare a pagare molto più cara una energia di cattiva qualità. L’Italia in particolare è soffocata da un sistema fiscale demenziale e da demenziali regole burocratiche. Tutte queste follie deprimono l’economia ben più dei dazi di Trump. Eppure chi strilla contro questi è strenuo sostenitore di quelle...
4) A parte tutto quanto già scritto, cosa voglio di preciso quelli che accusano di “inerzia” il governo Meloni e strillano come se i dazi li avesse messi lei? Cosa propongono di preciso?
Vogliono che la Meloni organizzi una manifestazione contro i dazi, con striscioni e palloncini colorati? Sarebbe una ottima iniziativa perbacco!
Voglio che la UE, Italia in testa, dichiari guerra agli USA? Non credo visto che sono anche contro il riarmo, e poi, ce li vedete i lagunari che sbarcano a New York?
Vogliono una guerra commerciale USA - UE? Non li sfiora il dubbio che ne usciremmo, NOI ben più degli USA, con le ossa rotte?
Vogliono che ci cerchiamo nuovi partner commerciali? La Cina ad esempio? Davvero pensano che con il buon Xi jnping le cose andrebbero meglio?
In realtà non vogliono nulla di preciso, solo fare della propaganda da quattro soldi. L’unica politica sensata in questo momento è proprio quella che faticosamente la Meloni cerca di portare avanti: tentare di ricucire la frattura fra le due sponde dell’oceano. Strada difficile ma non impossibile, comunque l’unica percorribile.
Il resto sono solo chiacchiere.

giovedì 20 marzo 2025

VENTOTENE

 

Francamente non mi sembra che, coi problemi che abbiamo, sia troppo serio accendere polemiche sul manifesto di Ventotene, vale anche la pena di ricordare che a riesumare questo vecchio documento non è stata Giorgia Meloni ma gli organizzatori della manifestazione “per l’Europa”. Per quanto ovvio vale anche la pena di aggiungere che persone come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, confinati, appunto, a Ventotene durante il fascismo sono degne del massimo rispetto, questo però, è altrettanto ovvio, non significa condividere quanto da loro scritto.
Quindi, cosa mai è scritto in questo famoso “manifesto “ da alcuni promosso a carta fondatrice dell’Europa, fondamento della democrazia, una sorta di emendamento alla costituzione repubblicana? Personalmente mi limito ad esaminare alcuni brani contenuti nel capito lo terzo: “i compiti del dopo guerra la riforma della società”. Diamo quindi la parola al “manifesto”.

“La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista” afferma il manifesto, “cioè dovrà proporsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita”.
Quindi rivoluzione socialista europea. Siamo però ancora nel generico, visto che ormai il termine “socialista” può significare un sacco di cose diversissime fra loro. Quali dovrebbero essere le caratteristiche del socialismo di Spinelli e Rossi? La risposta degli autori del manifesto è abbastanza chiara: il loro socialismo europeo dovrebbe essere radicalmente diverso dal comunismo sovietico staliniano.
“La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione, non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materialidi produzione deve essere in linea di principio abolita, e tollerata solo in linea provvisoria” una simile impostazione porta infatti, prosegue il manifesto, “alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell'economia, come è avvenuto in Russia”. Niente collettivismo di stampo staliniano quindi. Viene da dire: meno male!
La genericità però sembra ancora non superata, vediamo di approfondire il discorso.
Il manifesto parte da una considerazione generale, possiama definirla filosofica, da cui discende, in maniera più o meno coerente, tutto il resto:
“l principio veramente fondamentale del socialismo (…) è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma - come avviene per forze naturali - essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime”.
Si comincia a far chiarezza: nell’economia di mercato astratte leggi economiche dominano gli esseri umani, occorre invece sottomettere quelle a questi. Sembra di leggere le ben più profonde pagine di Marx dedicate al “feticismo della merce”: da un lato astratte forze impersonali dall’altro la volontà e la ragione degli esseri umani. Che le astratte leggi del mercato siano il risultato dell’interagire di esseri umani liberi, dei loro interessi, esigenze, valori è allegramente dimenticato. La società aperta in cui è fondamentale la libertà dei singoli è rappresentata come il regno della alienazione che occorre sottoporre ad un controllo “razionale”. Grazie a questo controllo, proseguono gli estensori del manifesto “possono trovare la loro liberazione tanto i lavoratori dei paesi capitalistici oppressi dal dominio dei ceti padronali, quanto i lavoratori dei paesi comunisti oppressi dalla tirannide burocratica”.
 

L’anarchia della società borghese in cui dominano impersonali leggi economiche va sostituita da un controllo razionale esercitato in forme democratiche dal basso. Come una società in cui convivono interessi, idee, valori profondamente diversi possa controllare unitariamente “dal basso” l’economia nel suo complesso resta un mistero. Gli estensori del manifesto neppure si chiedono come mai tutti i tentativi di direzione centralizzata dell’economia si siano risolti nella instaurazione di forme mostruose di totalitarismo burocratico. Se vista in quest’ottica è molto indicativa l’equiparazione che Spinelli e Rossi fanno fra le condizioni dei lavoratori dei paesi occidentali e quella dei lavoratori sovietici. Il manifesto è stato scritto nel 1941. A quel tempo milioni di esseri umani languivano nei gulag staliniani; ridotti al rango di schiavi lavoravano in condizioni mostruose e morivano a centinaia di migliaia. In Ucraina la folle politica agraria di Stalin aveva provocato la morte per fame di come minimo 5, alcuni dicono 10, MILIONI di esseri umani. I lavoratori nord americani godevano invece di un reddito fra i più elevati del mondo. Eppure per Spinelli e Rossi si trattava di liberare “ENTRAMBI”, senza distinzione alcuna, dall’oppressione. Molto, molto indicativo.

Ma c’è un punto che mette bene in chiaro tutta la debolezza teorica e le contraddizioni di questo manifeto considerato da alcuni la “summa” del pensiero democratico e libertario, riguarda il diritto di proprietà, vediamolo:
“La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio.”
In tutte le democrazie occidentali quello alla proprietà è uno dei diritti fondamentali. Certo, si tratta di un diritto che, come tutti, va esercitato nell’ambito delle leggi che lo regolano, ma sempre di diritto fondamentale si tratta. Gli ordinamenti giuridici delle democrazie occidentali prima fissano un diritto, lo definiscono, poi chiariscono come lo si debba esercitare e, se necessario, elencano con la massima precisione i casi in cui tale diritto può venire temporaneamente limitato. La legge ad esempio, prima stabilisce il diritto alla inviolabilità del domicilio (un caso particolare, a veder bene le cose, del diritto di proprietà) poi enumera i casi in cui questo diritto può essere temporaneamente limitato: ad esempio, se nella indagine relativa ad un crimine emergono gravi indizi a carico del proprietario di un immobile, questo può venir perquisito, dietro autorizzazione, ovviamente, della autorità giudiziaria. Niente di tutto questo nel famoso manifesto di Ventotene. In questo la proprietà privata può essere oggi abolita, domani estesa, dopo domani limitata drasticamente, così, a seconda dei casi o magari al variare delle maggioranze parlamentari. Qualcuno potrebbe seriamente cercare di acquisire delle proprietà in una simile situazione? Chi comprerebbe una casa sapendo che fra un paio d’anni questa potrebbe essergli espropriata se “la situazione” cambia?
Ma a cosa va a parare , in concreto, questo guazzabuglio? Gli autori su questo sono decisamente chiari:
“non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un'attivitànecessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (ad esempio le industrie elettriche); le imprese che si vogliono mantenere in vita per ragioni di interesse collettivo, ma che per reggersi hanno bisogno di dazi protettivi, sussidi, ordinazioni di favore, (...) e le imprese che per la grandezza dei capitali investiti e il numero degli operai occupati, o per l'importanza del settore che dominano, possono ricattare gli organi dello stato imponendo la politica per loro più vantaggiosa (es. industrie minerarie, grandi istituti bancari,industrie degli armamenti). E' questo il campo in cui si dovrà procedere senz'altro a nazionalizzazioni su scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti”
Dietro le roboanti dichiarazioni contro i monopoli o i “ricatti ai governi”, come se questi non potessero reagire agli stessi, Spinelli e Rossi propongono nientemeno che la nazionalizzazione, senza indennizzo, par di capire, di tutte le aziende di grandi dimensioni. Una situazione caratterizzata da un centralismo ancora più estremo di quello instaurato in Unione sovietica al tempo della NEP e per certi aspetti simile a quello della Germania nazista. Di nuovo, molto interessante.

Il manifesto di Ventotene è vecchio di oltre 80 anni, teoricamente non vale nulla e non ha oggi alcun valore pratico. Perché allora polemizzare sullo stesso? Semplice, perché l’italica sinistra ha alcune reliquie sacre e, incapace di dire cose convincenti sui problemi veri del paese, ogni tanto le tira fuori dal sacrario e le presenta a tanti militanti pieni di dubbi, un po' come l’ampolla del sangue di San Gennaro. Non sappiamo che dire o diciamo autentiche oscenità sui flussi migratori incontrollati, il riarmo, la pressione fiscale e allora… oplà, ecco a voi il manifesto di Ventotene!
Giochetti da fiera paesana, che servono solo a far calare ulteriormente il livello del dibattito politico nel paese, già decisamente basso.







sabato 15 marzo 2025

ARMI

 


Sinceramente trovo insopportabile un certo pacifismo ideologico che sta riemergendo trasversalmente. Slogans come “burro non cannoni, pace non guerra, scuole e ospedali, non bombe” ricordano la peggior demagogia pseudo pacifista che ha accompagnato autentiche catastrofi. Nessuna persona normale auspica la guerra, ovviamente, visto però che c’è chi pensa di risolvere i problemi facendo a botte, meglio esser preparati. E’ la deterrenza che garantisce la pace, gli slogan di chi vuol mettere fiori nei cannoni incoraggiano i prepotenti, e tanto basta.
L’Europa e l’Italia in particolare spendono poco per la difesa, occorre che le spese militari aumentino, punto. Che poi gli armamenti servano per costruire un esercito europeo, per rafforzare gli eserciti nazionali o per contribuire maggiormente alle spese NATO è un altro discorso. Di certo l’Italia è l’Europa devono smetterla di pensare che la potenza bellica statunitense possa coprirle all’infinito, anche perché, piaccia o non piaccia la cosa, la nuova amministrazione americana non ha intenzione di continuare con il vecchio andazzo.
Parlare, come fa la Schlein, di “difesa europea” e opporsi a nuove spese in armamenti è una assurdità, un po’ come dire: circolo quadrato.
Teorizzare una Europa divisa o addirittura contrapposta agli USA, una sorta di terza potenza fra USA e Cina, magari più vicina alla Cina che agli USA, è una idiozia siderale. Trump può non piacere, ma pensare che il rapporto con la potenza guida dell’occidente possa cambiare ogni volta che sale alla casa bianca un presidente che qualcuno trova antipatico è una scemenza di dimensioni cosmiche. Tra l’altro l’Europa NON ha né avrà per tutto il futuro prevedibile la forza per giocare un ruolo simile. Solo personaggi come Macron e, assai più in piccolo, Calenda possono non capire che la presunta “terzietà” dell’Europa la porterebbe a essere il tipico vaso di coccio fra vasi di ferro. Il rapporto fra USA ed Europa va ricucito ad ogni costo, è una strada obbligata. Bene fa la Meloni a operare in tal senso.
E tanto basta, in questo sabato piovoso.

venerdì 7 marzo 2025

OTTO MARZO

 

Otto marzo, festa della donna, prepariamoci alla vuota esibizione di oceani di vana retorica.
Si parlerà tanto, giustamente, di diritti delle donne e questa NON sarà vana retorica, ma, possiamo scommetterlo, ci saranno tante dimenticanze oggi, otto marzo.
Non si parlerà oggi di Nasrin Sotoudeh, avvocatessa iraniana condannata a 33 anni di carcere e 148 frustate per aver difeso i diritti umani e in primo luogo i diritti delle donne iraniane, non se ne parlerà oggi come ieri non si è parlato di Asia Bibni, donna pakistana condannata all’impiccagione perché “bestemmiatrice”, in realtà perché cristiana. Non si parlerà delle ragazze iraniane stuprate e uccise dalla polizia morale perché “ree” di non indossare correttamente il velo islamico, non si parlerà delle donne israeliane violentate, sgozzate, sventrate dai tagliagole di Hamas il 7 ottobre, non si parlerà delle donne costrette a vivere in quei sacchi che sono i burka, di quelle che non possono viaggiare da sole, o che devono recarsi al mare vestite di tutto punto per non”provocare” i loro uomini. Di queste donne, di queste centinaia di milioni di donne non si parlerà oggi, possiamo esserne certi.
In compenso si spenderanno fiumi di retorica per condannare un “patriarcato” che in occidente per fortuna o non esiste o è in assoluto declino.
Detto questo, e valeva la pena di dirlo, BUON OTTO MARZO a tutte le amiche.

domenica 2 marzo 2025

L'UCRAINA E L'ITALIA

 

Il modo in cui la politica italiana reagisce alla crisi ucraina è deprimente.
Nella maggioranza la lega si riscopre filo russa e rilancia, ormai priva di remore, il discorso sulla “pace”. Pace, parola ormai abusata che per molti è l’equivalente di “resa”. In fondo ci vuole poco, anzi, pochissimo per ottenere la “pace”: basta permettere agli aggressori di fare ciò che vogliono. Se nel settembre del 1939 Francia e Gran Bretagna non avessero dichiarato guerra alla Germania dopo che questa aveva invaso la Polonia ci sarebbe stata la “pace”…
Facile no?
Se la maggioranza piange l’opposizione non ride, al contrario.
Tutti nell’opposizione strillano contro Trump, però 5 Stelle e Verdi - sinistra continuano a proporre ciò che da sempre hanno proposto: la fine degli aiuti militari all’Ucraina , anche loro vogliono la “pace”. Dicono che Trump e sporco, brutto e cattivo ma vogliono si faccia esattamente la stessa cosa che Trump minaccia di fare: stop alle armi all’Ucraina. Se avessero un minimo di onestà intellettuale e di capacità di pensiero logico Conte, Fratojanni e Bonelli dovrebbero dichiararsi d’accordo con Trump. Però pretendere pensiero logico e onestà intellettuale da tipi simili è come chiedere la verginità a dive e divi del porno...
E il PD? Il PD è contro Trump, con l’Europa e sostiene l’Ucraina, però… però è fieramente avverso ad una Europa "guerriera"! Come sostenere l’Ucraina? Elementare, si fa una bella manifestazione di piazza con tanti palloncini colorati, si firmano tante belle mozioni e si chiede che la Meloni riferisca in parlamento! La Meloni deve riferire in parlamento in Italia su ciò che fa Trump negli USA. Tutto da ridere.
L’unica posizione seria in questo manicomio e proprio quella della Meloni. La Meloni è l’unica a non usare la crisi ucraina per bassi scopi di politica interna, si rende benissimo conto che un occidente diviso fra Europa e America è votato alla sconfitta e cerca di mediare. Mira probabilmente a portare tutti a un negoziato che non si identifichi con una resa. Operazione difficile, destinata forse al fallimento ma che appare in questo bruttissimo momento come l’unica che dei politici degni di questo nome possano, anzi, debbano tentare.
Il resto è tutta propaganda da quattro soldi.

giovedì 27 febbraio 2025

MAGISTRATURA E POLITICA

 

La magistratura è uno dei tre poteri dello stato, affermano orgogliosamente i magistrati. Veramente la costituzione parla di “ordine” riferendosi alla magistratura, ma questi in fondo sono solo dettagli. La magistratura gestisce il potere giudiziario, giustamente autonomo dagli altri, peccato però che ieri i rappresentanti di questo potere abbiano scioperato come fossero dei lavoratori qualsiasi. Qualcuno riesce a immaginare uno sciopero dei ministri o del presidente della repubblica? O un sindacato dei parlamentari?
Lasciamo perdere. I magistrati affermano che la riforma in discussione in parlamento vorrebbe sottoporre i PM al controllo del potere politico. Che dire di questa affermazione?
In primo luogo che NON è vera, la riforma non prevede nulla di simile e tanto basterebbe a troncare ogni discussione.
In secondo luogo, chi lo ha detto che chiunque abbia compiti di indagine non deve esser sottoposto ad alcun controllo d parte dell’esecutivo? La autonomia della magistratura riguarda la funzione giudiziaria, interessa chi giudica ed emette sentenze, non chi indaga. La polizia dipende dal ministero dell’interno, i carabinieri da quello della difesa, questo sarebbe “incostituzionale”?
Ma anche questi sono dettagli, in fondo. Quello che i magistrati scioperanti fingono di dimenticare è questo: in costituzione la autonomia della magistratura estesa ai PM aveva un importante, fondamentale correttivo: la immunità parlamentare. E’ cosa brutta subordinare i magistrati al potere politico, ma è altrettanto brutto vedere dei magistrati che usano il loro enorme potere per attaccare il potere politici. La magistratura NON deve essere politicizzata, e questo vale in due sensi: non deve essere controllata dall’esecutivo ma non deve nemmeno cercare di sostituirsi all’esecutivo, o, peggio, al legislativo. A questo serviva l’immunità parlamentare: impedire l’uso politico della giustizia. Per inciso la immunità parlamentare è prevista, in forme diverse, in TUTTI i paesi civili dell’occidente, vale anche per i parlamentari europei.
Sappiamo tutti come sono andate le cose: l’immunità parlamentare è stata abolita al tempo di tangentopoli, in seguito ad una devastante ondata di giustizialismo forcaiolo, questo ha consentito alla magistratura di intervenire in maniera pesantissima nelle vicende politiche del paese, qualcosa senza riscontro in occidente.
Spero che il governo non ceda e che la riforma della magistratura vada in porto. Ne abbiamo bisogno tutti, a partire dai numerosissimi magistrati degni di questo nome.

sabato 22 febbraio 2025

DIFFERENZE

 

Fosse ardeatine: basta pronunciare queste due parole per sentirsi pervasi da sentimenti di orrore e sacrosanta indignazione morale. Però la strage delle fosse ardeatine almeno una vaga spiegazione, NON giustificazione, la ha avuta: si è trattato di una rappresaglia, della reazione brutale, barbara, ad una azione di guerra partigiana. I massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre non hanno neppure questa parvenza di misera spiegazione. I massacri del 7 ottobre non sono stati una rappresaglia, la risposta barbara a qualche azione militare israeliana, si è trattato di una mattanza completamente gratuita.
Se un paragone si può fare è solo quello con le stragi di di ebrei condotti alle camere a gas, massacrati NON per qualche esigenza bellica ma solo, unicamente perché ebrei.
A dire il vero esiste una differenza fra i massacri di ebrei perpetrati dai nazisti e quelli messi in atto da Hamas: i nazisti cercavano di nascondere i loro crimini. I nazisti non nascondevano il loro ributtante antisemitismo, non nascondevano le violenze, le discriminazioni, le persecuzioni contro gli ebrei ma cercarono di nascondere l’immenso crimine della Shoah. Nei primi tempi i massacri indiscriminati di ebrei ebbero alcune conseguenze negative sul morale dei soldati tedeschi che li perpetravano: fu necessaria una azione di forte propaganda per convincerli ad abbandonare ogni remora morale per trasformarsi in criminali privi di ogni sentimento umano. Con Hamas anche questo scompare. I tagliagole di Hamas non nascondono i loro crimini, li esaltano, mettono in atto macabre cerimonie in cui li mostrano trionfanti al mondo, circondati da folle plaudenti.
Certo, fra le stragi del 7 ottobre e la Shoah esiste una enorme differenza quantitativa. I nazisti massacravano gli ebrei a centinaia di migliaia, milioni, I tagliagole di Hamas devono accontentarsi delle centinaia, al massimo delle mihgliaia, ma questo è dovuto al fatto che oggi gli ebrei NON si fanno massacrare, rispondono colpo su colpo, sono in grado di prendere a sonori calci nel deretano chi cerca di sterminarli. Proviamo a pensare a cosa succederebbe se per sciagura hamas vincesse... Per fortuna questo non è possibile, non lo è perché oggi esiste lo stato di Israele, ed esiste la IDF perfettamente in grado di difenderlo.
Per fortuna, degli israeliani e NOSTRA.

BAMBINI

 

“Sono morti moltissimi bambini palestinesi” ho letto in rete, e di solito frasi di questo tipo sono accompagnate da cifre assolutamente inattendibili. Lasciamo perdere le cifre, un solo bambino morto è uno di troppo, e concentriamoci sulle cose importanti. Non ho difficoltà a credere che nel corso dei combattimenti a Gaza siano morti fra i civili palestinesi anche molti bambini. Questo forse mette sullo stesso piano i soldati della IDF e i tagliagole di Hamas? Assolutamente NO!!!
Dal punto di vista etico i civili, bambini compresi, morti nel corso della battaglia di Berlino, nell’aprile - maggio del 1945 sono sullo stesso piano degli assassinati nei campi di sterminio nazisti?
Basta fare la domanda per avere la risposta e la risposta e NO!!!
Se in una città molto popolosa infuria una battaglia, se chi difende la città non si cura di tutelare i civili, ma piazza postazioni di artiglieria accanto a scuole, asili e ospedali, se invece di far evacuare i bambini li manda addirittura a combattere, se tutto questo avviene è chiaro che le perdite civili, bambini compresi, sono molto alte. Ma una cosa sono le morti innocenti risultato dell’infuriare di una battaglia, cosa completamente diversa l’omicidio deliberato, programmato, estraneo a ogni logica militare, di civili e soprattutto di bambini. I morti nei campi di sterminio nazisiti non sono stati la conseguenza tragica di qualche battaglia ma il risultato di una politica criminale di sterminio programmato. Gli israeliani caduti il 7 ottobre non sono le vittime collaterali di qualche combattimento ma di una deliberata volontà omicida. I due bambini i cui poveri corpi sono stati restituiti in questi giorni non sono povere vittime di guerra: sono stati volutamente strangolati dopo essere stati rapiti. Chi non vede la differenza fra le due cose è solo un imbecille o un malato di ideologia anti semita in perfetta malafede.
Non val la pena di aggiungere altro. Per chi sa pensare le mie considerazioni sono superflue, per gli altri inutili.

venerdì 21 febbraio 2025

FACILE E IPOCRITA

 

Pare che dagli esami del DNA risulti che uno dei cadaveri restituiti ieri dai tagliagole da Hamas agli israeliani non sia della madre dei bambini, pure trucidati. La povera donna deve essere stata ammazzata in precedenza, se ne è perso il corpo, così i tagliagole hanno restituito il povero corpo di un’altra persona.
Cosa dire di cose simili? Semplicemente una cosa: i tagliagole devono essere ELIMINATI, totalmente, a qualsiasi costo. Chiedo a tutti quelli che ripetono sino alla noia “due popoli due stati”: accetteremmo che, ad esempio, fra Piemonte e Lombardia esistesse un piccolissimo stato da cui partissero quotidianamente missili contro città e paesi di Piemonte e Lombardia? Un piccolissimo stato trasformato in base per continue azioni terroristiche? Un piccolissimi stato covo di stupratori assassini che prendono in ostaggio donne, vecchi e bambini? Un piccolissimo stato i cui abitanti applaudono freneticamente ogni volta che un lombardo o un piemontese vengono sgozzati?
Una cosa è Hamas altra cosa i palestinesi potrebbe dire qualcuno, ma, a parte il fatto che una guerra NON è una operazione di polizia, in una guerra si deve sconfiggere il nemico, non assicurare alla giustizia dei malviventi, in guerra NON è assolutamente possibile colpire solo i “cattivi” della parte avversa, a parte tutto questo, siamo poi tanto sicuri che esista una differenza assoluta, radicale, fra hamas e i palestinesi di Gaza, e non solo? Pensiamo davvero che Hamas sia una sorta di fungo velenoso nato sul nulla? Le cose non stanno così purtroppo. Hamas gode di un fortissimo sostegno popolare, lo dimostrano anche i macabri spettacoli messi in scena in questi giorni. Le strade di Gaza si sono riempite di una folla festante la sera dell’undici settembre 2001 come in quella del 7 ottobre 2023. Certo, non tutti i palestinesi amano Hamas, ma di certo la ama la loro stragrande maggioranza. Certo, in guerra occorre fare di tutto per minimizzare le morti dei civili, ma questo non può, non deve diventare un ostacolo che impedisca a chi la guerra la combatte di raggiungere i propri obiettivi sacrosanti.
Facile, troppo facile a chi vive nella pace raccomandare “moderazione” a chi da 78 anni vive in guerra, circondato da nemici implacabili che gli negano il più elementare dei diritti: quello di ESISTERE.
Facile, troppo facile e terribilmente ipocrita.

martedì 18 febbraio 2025

BARBARIE LINGUISTICA

 

Ormai il giochetto è chiaro: per i talebani del politicamente corretto ogni parola, ogni discorso, ogni enunciato deve tener conto di tutti e deve farlo in maniera chiara, esplicita. L’inno di Mameli sarebbe “sessista” perché parla di “fratelli” e non di “sorelle”, come è sessista la dichiarazione dei diritto dell’uomo perché si riferirebbe, appunto, agli uomini e non alle donne. Poco importa per questi personaggi che nell’inno di Mameli e nella dichiarazione coi termini “fratelli” e “uomo” ci si riferisca alla totalità degli italiani e del genere umano, donne comprese. Perché usare il maschile quale termine generalizzante? Domandano a muso duro i talebani del politicamente corretto. Semplice, perché così si è evoluto il linguaggio. Un linguaggio non è una invenzione di alcuni burocrati, non scaturisce da qualche riunione di “esperti” politicamente corretti: è il risultato di un lungo processo molecolare, di molteplici adattamenti del parlare che solo a posteriori viene ripulito e sistematizzato in norme dai linguisti. Elementare direi…
Non per i nuovi guru però. Per loro occorre specificare, includere tutto, sempre e se il linguaggio che le persone normali parlano non si presta a una simile operazione… al diavolo le persone normali e… al diavolo il linguaggio.
Peccato però che in questo modo la comunicazione linguistica diventi impossibile.
Facciamo un esempio. L’introduzione di un comizio politico di sinistra.
Siamo a Genova, nella centralissima Piazza De Ferraris. L’oratore sale sul palco ed esordisce così: “cittadini genovesi, amici e compagni…”
Alt! Fermi tutti! Siamo di fronte a una valanga di discriminazioni, al tradimento della inclusività.
Perché “cittadini e non cittadine, compagni e non compagne, amici e non amiche?
Cambiamo l’introduzione:
“Cittadini e cittadine genovesi, amici e amiche, compagni e compagne...”
Alt! Fermi Tutti (tutte) ci sono altre odiose discriminazioni, altra mancanza di inclusività.
Perché mai fermarsi ai cittadini e alle cittadine, ai compagni e alle compagne? Non ci sono omosessuali, lesbiche, trans, non binari fra i compagne e le compagne?
Cambiamo di nuovo l’introduzione:
“Cittadini, cittadine, gay, lesbiche, trans, non binari genovesi, amici, amiche gay, lesbiche, trans, non binari, compagni e compagne gay, lesbiche, trans, non binari...”
Così va bene? Neppure per sogno! In piazza non ci sono mica solo i genovesi, ci sono anche i napoletani, i milanesi, i migranti eccetera. L’introduzione dovrà essere cambiata per tener conto anche di loro se no si discrimina perbacco!
L’esausto oratore dovrà quindi dire:
“Cittadini, cittadine, gay, lesbiche, trans, non binari genovesi, amici, amiche, gay, lesbiche, trans, non binari, compagni, compagne, gay, lesbiche, trans, non binari, migranti, milanesi, napoletani, sardi, siciliani, filippini, sud africani eccetera…”
E così via, praticamente all’infinito. Cosa bisogna fare per essere “inclusivi” e non “discriminare”!
Sarcasmo a parte, il politicamente corretto è una autentica aggressione al linguaggio, rende impossibile il linguaggio sensato, comprensibile. E col linguaggio rende impossibile il pensiero.
Nelle intenzioni dei talebani del politicamente corretto il linguaggio cessa di essere strumento di espressione e comunicazione di pensieri, sensazioni, sentimenti per trasformarsi in una meccanica ripetizione di slogan idioti: la negazione, appunto del pensiero.
Vanno combattuti, a tutti i livelli, senza se e senza ma.