domenica 6 ottobre 2013

LA VERGOGNA, I COLPEVOLI E GLI INNOCENTI




La vergogna è un sentimento morale, quindi squisitamente umano. Gli animali provano paura, non vergogna. Può vergognarsi di qualcosa chi ha il senso del bene e del male, chi ha principi e sentimenti morali. Ci si vergogna di qualcosa perché si sa che quel qualcosa è mal fatto. Se dico a Tizio: “devi vergognarti”, faccio appello al suo senso morale, alla sua coscienza intima: “hai commesso quella tal cosa e sai, nel tuo intimo, che è qualcosa di profondamente cattivo, sbagliato, vergognati!”. Non prova vergogna l'uomo che è privo di principi e sentimenti morali, il delinquente abituale, né provano vergogna i fanatici, coloro che sono convinti di poter fare tutto pur di attuare il loro sublime ideale. I nazisti non si vergognavano di massacrare gli ebrei, al contrario, ritenevano il loro atto altamente meritorio. E non si vergognavano dei loro crimini i comunisti: per loro non era un male massacrare i contadini ucraini o inscenare processi farsa contro i “nemici del popolo”, al contrario. E non si vergognano gli integralisti islamici quando massacrano innocenti in nome di Dio: è Dio che vuole certi massacri: ci si può vergognare per aver attuato la sua volontà?

La vergogna non è solo un sentimento morale, è anche un sentimento strettamente individuale, connesso alla
responsabilità personale di ognuno. Io posso provare vergogna per qualcosa che io ho fatto di cui io, io personalmente, sono responsabile. Se guarda con onestà dentro a se stesso ognuno di noi trova qualcosa di cui vergognarsi. Una risposta arrogante, un gesto di prepotenza contro chi è più debole, un aiuto, un aiuto individuale, a quella persona lì, che si poteva dare e non si è dato, un atto vile... la vergogna è sempre legata alla privata biografia degli esseri umani, al rapporto di ognuno con la propria coscienza, le proprie azioni, lo scorrere della propria vita.
Non ha invece senso alcuno gridare “vergogna” riferendosi ai mali generali del mondo. Io non posso vergognarmi del fatto che nel mondo ci sono fame e sofferenze, miserie e morte, e lacrime e sangue. Non posso “vergognarmi” di queste cose perché sono, tutte, al di fuori della mia personale responsabilità. Intendiamoci, posso provare umana pietà per chi subisce gli orrori del mondo, ma non mi vergogno del fatto che gli orrori ci siano. E se sono riuscito, faticosamente e senza prevaricare nessuno, ad essermi costruito una vita decente non mi vergogno del fatto che tanti nel mondo, per i più svariati motivi di cui non mi interessa ora discutere, non ci siano riusciti. Posso aderire a movimenti politici che cercano in qualche modo di risolvere i grandi problemi che ci stanno intorno ma non vergognarmi che questi problemi esistano. Un americano che nel 1943 viveva decentemente, lontano dalla guerra, poteva augurarsi che questa finisse con la sconfitta del nazismo, ma non vergognarsi della sua relativa tranquillità mentre in Europa nazismo e guerra mietevano vittime a milioni.

Gli esponenti dei movimenti politici radicali hanno invece, sempre, sostenuto una tesi diversa. Non esistono innocenti, tutti dovremmo vergognarci di tutto il male del mondo. Hai un reddito decente? Vivi discretamente lontano da guerre sofferenze e fame? Sei
colpevole di fame, sofferenze e guerre, devi vergognarti della tua vita, se non lo fai sei complice degli sfruttatori e meriti di essere trattato come tale. C'è una tragica consequenzialità in questo modo di ragionare. Le sofferenze degli esseri umani sono sempre la risultante dell'altrui “sfruttamento”, quindi chi vive in maniera decente partecipa al saccheggio, è pure lui, indirettamente, colpevole, quindi deve vergognarsi, quindi, se non lo fa merita la più severa delle punizioni. Qualcuno potrebbe obiettare: e, le malattie, i terremoti, le catastrofi naturali, pure questo è responsabilità di qualcuno? E la miseria di coloro che vivono in paesi che non interessano a nessuno e in cui nessuno investe un centesimo, anche quella è legata allo “sfruttamento”? E, noi stessi, non eravamo anche noi molto poveri, fino a ieri, e rischiamo di tornare ad esserlo assai presto? Eravamo allora anche noi “sfruttati”? Ma, è stata la “lotta allo sfruttamento” a liberarci dalla miseria o non sono stati il lavoro, gli investimenti, la ricerca a sollevarci? Ed infine, la domanda più importante di tutte: la morte, la morte che aspetta ognuno di noi e con la morte il dolore di chi ci ha voluto bene, anche di quella ci sono “responsabili? Anche di quella qualcuno deve “vergognarsi”?
Il fanatico non risponde a queste domande, non riesce neppure a concepirle. Lui vuole che in terra si attui il bene assoluto, quindi non può ammettere che la dimensione del male e del dolore siano parte del mondo, qualcosa di ineluttabilmente legato alla nostra natura di uomini. Il male per lui è qualcosa di accidentale, il risultato dell'aziona malvagia di uomini malvagi. Qualcosa di cui qualcuno è colpevole, e di cui qualcuno deve sempre provar vergogna.

“Non esistono innocenti”. In nome di questo slogan fanatico sono stati commessi i crimini più abominevoli. Non esistevano ebrei innocenti per i nazisti, essere ebreo equivaleva ad essere colpevole. I comunisti irridevano il concetto stesso di innocenza. Lo irridevano perché non accettavano, e non accettano, il concetto di responsabilità personale. “Quando arrestate qualcuno” esortava Derzinskij, il primo capo della ceka, “non dovete chiedergli cosa ha fatto, dovete solo chiedergli a quale classe sociale appartiene”. I fondamentalisti islamici non sono minimamente turbati dal pensiero di uccidere degli innocenti: gli infedeli non sono innocenti, e se fra le vittime degli attentati ci sono dei fedeli, poco male: se sono veri fedeli li aspetta il paradiso.
Se rifiutiamo l'idea fanatica secondo cui “non esistono innocenti” dobbiamo rifiutare anche l'idea secondo cui tutti dovremmo “vergognarci”, di tutto.
NO, io non mi vergogno di tutto, non mi vergogno perché molti sciagurati sono morti in mare, vittime dei trafficanti di esseri umani (loro si, devono vergognarsi se hanno una coscienza), non mi vergogno perché ci sono guerre e morti, perché esiste il male, né mi vergogno del fatto che il male non mi colpisce, per ora, o non mi colpisce con la stessa virulenza con cui colpisce altri esseri umani. E questo non vergognarmi non mi impedisce di provare umana pietà e simpatia, di sentirmi vicino a chi soffre e di sperare che si possano risolvere almeno alcuni dei gravi problemi che ci affliggono.
Ecco perché
NON mi è piaciuto quel grido “VERGOGNA” che il papa ha lanciato in occasione della morte in mare degli emigranti.
Quella parola “
vergogna” è troppo spesso usata dai fanatici ed anche dagli stupidi di ogni tipo; usata in tutte le occasioni, condita in tutte le salse. Naufragi di emigranti o incidenti sul lavoro, casi di corruzione o calci di rigore negati, sperimentazione su animali o aumento dei prezzi, c'è sempre qualcuno che grida: “vergogna”!
Sarebbe il caso di cominciare ad usarla, la parola “vergogna” con molta, molta parsimonia.

2 commenti:

  1. Una vera e propria lezione, Giovanni. Sono fiero di esserti amico.

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    1. Sei troppo gentile con me Lorenzo. La stima è comunque reciproca. :-)

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