martedì 26 novembre 2013

LEGALITA'




Legalità
non significa altro che conformità alle leggi. Agisce legalmente chi ubbidisce alle leggi vigenti. Si tratta di un valore importante: nessuna società potrebbe vivere se chiunque si ritenesse in diritto di violare la legge. Il termine legalità però ha subito e subisce notevoli torsioni di significato, tali da renderlo praticamente incomprensibile. In Italia, fra coloro che più spesso strillano “legalità” ci sono moltissimi comunisti o post comunisti. Ora, tutti sanno che per il marxismo la legge altro non è che “uno strumento al servizio delle classi dominanti”. Come è possibile che fra i paladini più accesi della “legalità” ci sia chi sostiene che la legge altro non è che uno strumento padronale? Val la pena di approfondire la cosa.
Il termine legalità è distorto nel suo significato sia da chi assolutizza il valore della legalità, che da chi si erge a suo paladino in maniera del tutto impropria ed ipocrita.

Assolutizzazione.
La legalità è un valore importante, ma non è l'unico valore, né un valore assoluto. Il fatto che la legge preveda X non implica necessariamente che X sia buono e giusto. Certo, si deve rispettare anche una legge che si ritiene ingiusta, ma una cosa è il rispetto per la legge, cosa ben diversa spacciare per giusta e conforme alla morale ogni legge a cui si è tenuti ad ubbidire.
A volte ci si può trovare di fronte a leggi che si ha il dovere etico di non rispettare. Anche le leggi di Norimberga erano leggi, e lo erano le ignobili leggi razziali del 1938, non rispettarle era un dovere morale.
Molti cercano di celare il fatto inquietante che a volte la legge può non solo essere una cattiva legge, ma addirittura una legge immorale, teorizzando che sono "vere" leggi solo quelle che rispettano certi principi: equità, difesa dei più deboli, uguaglianza eccetera (stranamente è assai raro trovale la libertà fra questi principi...). Si tratta però solo di un escamotage da quattro soldi. Visto che a volte legge ed etica possono divergere si dichiara che è “vera legge” solo quella che rispetta certi principi etici. Ragionando in questo modo si potrebbe dire che è “vera etica” solo quella che è conforme a certe leggi. Coloro che pretendono di considerare “vere leggi” solo quelle che rispettano certi principi non fanno altro che contrapporre alla legislazione positiva delle norme etiche. Il possibile contrasto fra le leggi e i principi etici non viene superato dalla teorizzazione della “vera legge” da contrapporre alla legislazione vigente. Con i giri di parole non si risolve nulla.

Ipocrisia e strumentalizzazione
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Chi teorizza la “vera legge” da contrapporre, nel caso, alla legislazione positiva non risolve alcun problema teorico, ma si dota a volte di una formidabile arma di
polemica politica. Visto che è “vera legge” solo quella conforme a certi principi, il teorico della “vera legge” può difendere tutte le illegalità che vuole. Gli basta stabilire i principi cui la legislazione positiva “deve” adeguarsi e poi, in nome di questi, può difendere ogni illegalità strillando nel contempo”legalità, legalità”.
Essere nella legalità vuol dire, ad esempio, accogliere i “migranti”. Così è possibile violare la legge sulla immigrazione clandestina sventolando striscioni che inneggiano alla legalità. Essere per la “legge” vuol dire opporsi alla TAV, così si può impedire con la violenza la costruzione di una ferrovia ed essere nel contempo i paladini di una rigorosissima legalità. Si potrebbe continuare. I paladini ipocriti della “legalità” non cercano in realtà di conciliare legge ed etica, molto semplicemente considerano le loro proposte politiche quanto di più assolutamente etico si possa immaginare e pretendono poi di considerare “legale” solo ciò che si accorda con queste proposte. Si eguaglia la morale ad una certa politica, quasi sempre di estrema sinistra, e si pretende che sia autentica legge solo quella in sintonia con tale politica. Da "principio supremo" del vivere civile la legalità degrada a strumento di lotta politica. Questo svela il mistero di comunisti e post comunisti paladini della “legalità”.

L'Italia pullula di paladini della legalità. Però, viene fatto un
funerale di stato per dei clandestini che hanno trovato tragica fine mentre stavano commettendo una palese illegalità. Giusto piangerli, ma onorarli con esequie di stato vuol dire fare un monumento alla illegalità.
Da anni gruppi di violenti si oppongono alla costruzione di una linea ferroviaria, commettendo ogni forma di illegalità. Nessuno li persegue.
Ogni manifestazione di
NO GLOBAL finisce a botte. Auto bruciate, vetrine fracassate, assalti ai bancomat. Non uno dei violenti è mai stato condannato, che io sappia, a pagare anche solo una multa.
Carlo Giuliani ha trovato la morte mentre con tanti altri aggrediva, armato di estintore, un blindato della polizia. E' diventato un eroe. L'agente che per difendersi lo ha ucciso ha dovuto subire una infinità di processi, non è andato in galera ma la sua vita è stata rovinata.
Mi trovavo a Milano, giorni fa. Entro in una stazione della metropolitana e cerco di fare il biglietto ad una macchina automatica. Non posso. Tutto lo spazio davanti alle macchine è occupato da “migranti” che vendono le loro cose. Nessuno di loro ha uno straccio di licenza, nessuno osserva alcuna delle infinite leggi e leggine, norme e contronorme che opprimono tutti gli altri commercianti. Operano alla luce del sole, in assoluta illegalità, nessuno dice loro assolutamente
NULLA. Mi rassegno a comprare il biglietto ad una edicola. Mi metto in coda, un sacco di gente ha dovuto fare come me.

Più di altri l'Italia è il paese della illegalità diffusa, praticata, teorizzata, universalmente accettata. Ed è il paese in cui, più di altri, si strilla, di continuo “legalità”. E' il paese delle giornate della legalità, delle “navi della legalità”, dei cortei per la legalità”. E chi strilla “legalità” sono gli stessi che difendono mille violazioni della legge. Stiamo annegando in un mare di ipocrisia.

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