lunedì 24 giugno 2013

ANCORA SULLA SENTENZA DI MILANO



La sentenza di Milano può essere commentata da diversi punti di vista.

Nel merito, si tratta di una sentenza allucinante. Tutto quello che il processo ha dimostrato è che il presidente del consiglio ha tenuto una condotta discutibile dal punto di vista etico e, probabilmente, troppo disinvolta per un uomo nella sua posizione. Sarebbe stato molto meglio se Berlusconi non avesse organizzato in casa sua cene con ragazze che, si dice, siano piuttosto allegre. Ma, nei paesi civili, si puniscono i
reati, non i peccati, ed i reati vanno provati, provati in maniera chiara, inequivocabile, qualcuno dice provati al di la di ogni ragionevole dubbio. Nei paesi in cui il diritto è una cosa seria se non c'è la prova del reato si assolve l'imputato, lo si assolve anche se sta antipatico, se lo si considera una persona eticamente discutibile, se è un proprio rivale politico. E' ridicolo sostenere che la prova dei reati sia emersa nel processo di Milano. Lo dimostra, tra le tante altre cose, l'incredibile decisione della corte di chiedere l'apertura di una inchiesta sui numerosissimi testimoni a favore dell'ex premier. Il giudice non ha interrotto la deposizione di questo o di quel teste a favore di Berlusconi, non ha fatto notare le incongruenze e le falsità della sua testimonianza. Il processo è proseguito regolarmente fino alla conclusione, l'imputato è stato condannato ed i testi a suo discarico rischiano ora una incriminazione per falsa testimonianza. La logica è questa, più o meno: Berlusconi è colpevole perché i testi a suo favore hanno mentito, i testi a favore hanno mentito perché Berlusconi è colpevole. Qualcosa di incredibile!!!
Ancora più incredibile è la dimensione della condanna. Misseri è stato condannato ad
OTTO anni per occultamento di cadavere, Berlusconi a SETTE per una telefonata in questura e un (presunto) rapporto sessuale con una diciasettenne. Siamo alla follia!

A livello più generale. E' chiaro che una magistratura organizzata come quella italiana non può dare garanzia di giudizi equi e ponderati. In Italia la magistratura si “autogoverna”, cioè è il solo controllore di se stessa, non esiste divisione delle carriere fra giudici e PM, non esiste responsabilità civile dei magistrati, le carriere dei magistrati sono di fatto automatiche. In Italia di fatto i magistrati possono fare ciò che vogliono, possono farlo perché rispondono di tutto solo di fronte a loro stessi. E' una anomalia unica in tutto l'occidente.

A livello politico, fanno ridere coloro che dicono che le sentenze non si commentano o che affermano che la sentenza di Milano non sarebbe un fatto politico. Ma, stiamo scherzando? Finora Berlusconi ha collezionato
DODICI anni di reclusione, chi si becca DODICI ANNI di carcere è un criminale, per definizione. Perciò i casi sono due, o Berlusconi è un criminale peggio di Al Capone e questo è un fatto politico, oppure non lo è, ed allora è un fatto politico la persecuzione giudiziaria di cui è oggetto.
Quanto al non commentare le sentenza, per favore, basta con le stronzate! Da sempre in una democrazia le sentenze si commentano, da sempre ci si mobilita contro sentenze che si giudicano aberranti. Sacco e Vanzetti, Dreyfus, Valpreda, Tortora, i Rosemberg... si potrebbe continuare. Magari si potrebbero aggiungere altri nomi: Radek, Zinoviev, Kamenev, Bukarin, Tomsky, tutti rivali di Stalin eliminati al termine di “regolari” processi conclusi con esemplari sentenze di condanna. La sinistra comunista a suo tempo “commentò” quelle sentenze, le commentò applaudendo i boia e i torturatori. Quindi, in un senso o nell'altro le sentenze
SI COMMENTANO, SI SONO SEMPRE COMMENTATE.
Esiste in Italia un clima forcaiolo che fa paura. Un rigetto diffuso del garantismo, un desiderio viscerale di risolvere i problemi a colpi di giustizia sommaria. Ed esiste anche un profondo disprezzo per la democrazia, la libera manifestazione della volontà degli elettori. Berlusconi è votato da dieci milioni circa di italiani? E tre giudici se ne fregano di questo particolare e lo condannano alla interdizione perpetua dai pubblici uffici al termine di un processo farsa. E non solo. In molti lo vorrebbero comunque ineleggibile in base ad una legga degli anni 50, altri ancora vorrebbero ampliare le norme sulla ineleggibilità, rendere automaticamente ineleggibile chiunque abbia subito una condanna, anche senza che il giudice abbia decretato la interdizione dai pubblici uffici, il tutto fregandosene del principio secondo cui la pena estingue il reato e, ancora una volta, della volontà degli elettori che magari possono dare la loro fiducia anche a chi ha subito una condanna e ha pagato il suo debito con la giustizia.

Stiamo attraversando momenti neri. Non so che fine faremo, ma so di certo che nessuna speranza di ripresa, a nessun livello, è possibile senza una profonda, radicale riforma della giustizia. Non è un problema che riguardi il solo Berlusconi. L'Italia rischia di diventare molto simile all'Iran e questo riguarda, tutti, indistintamente tutti.

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