lunedì 6 ottobre 2025

LO STATO CHE NON DOVREBBE ESISTERE

 

Proviamo a fare un esperimento mentale. Sul Trentino, il Piemonte, la Lombardia, piovono razzi. Dall’Austria una organizzazione estremista al potere proclama che lo stato italiano non ha diritto di esistere. “Se gli italiani proprio vogliono uno stato possono fondarlo nella foresta amazzonica” affermano i suoi leader. E alle parole fanno seguire i fatti. Bombardano città e paesi di confine, tutti i giorni, più volte al giorno. Le vittime non sono molte perché gli italiani convivono da anni con il loro turbolento vicino e sanno prendere contromisure adeguate, però la situazione è insostenibile: decine di migliaia di italiani vivono sotto la costante minaccia di esser fatti saltare in aria. Un bel giorno il governo italiano perde la pazienza e bombarda le postazioni missilistiche austriache. L’azione è dura, numerose le vittime. Ci sono morti e feriti fra la popolazione civile austriaca, anche alcuni bambini perdono la vita. L'austria è popolosa, inoltre l’organizzazione estremista piazza le proprie postazioni militari molto vicino agli insediamenti civili. Le caserme sono costruite accanto alle scuole, le rampe missilistiche sui tetti di asili e ospedali. Se gli italiani rispondono al fuoco quasi certamente vi saranno vittime fra i civili e un’abile propaganda avrà buon gioco a presentarli come criminali di fronte al mondo. Ed è proprio questo che avviene. Molti "democratici progressisti" si dicono inorriditi   dall’azione militare italiana. Si levano grida contro le atrocità italiane, coloro che non dicevano nulla quando gli austriaci indirizzavano volutamente i loro missili contro scuole e asili si indignano per le morti fra i civili causate dai "criminali italiani". E mentre nelle piazze di molti paesi grandi folle esprimono tutto il loro odio verso l’Italia, anche gli amici degli italiani rivolgono loro amichevoli rimproveri. “Così facendo fate il gioco degli estremisti” afferma il primo. E un secondo aggiunge: “la violenza genera violenza, con le vostre azioni incrementate l’odio che gli austriaci e i loro amici provano verso di voi”. Insomma, gli italiani dovrebbero accettare di essere bersagliati da missili vita natural durante. Se uno ti aggredisce non devi reagire se no quello si arrabbia ancora di più. E infine il consiglio più amichevole di tutti: “trattate con l’organizzazione estremista, dialogate con chi vi bombarda. E’ vero, si tratta di persone che non riconoscono il vostro diritto a esistere, ma…suvvia, ci vuole realismo, se non dialogate con loro quelli si incattiviscono ancora di più”.

Sembra fantascienza vero? Si, lo sembra, ma solo perché stiamo parlando dell’Italia e dell’Austria. Se invece si parla di Israele ed Hammas la fantascienza si trasforma in ordinaria realtà. Tutti sarebbero solidali con uno stato che reagisse ad attacchi missilistici contro le proprie città di confine, a condizione che lo stato in questione non fosse Israele. Tutti si indignerebbero sinceramente se qualcuno dicesse che l’Italia, o la Francia, o l’Egitto non hanno diritto di esistere in quanto stati indipendenti, ma le cose cambiano se qualcuno dice che Israele non ha diritto di esistere. Di nessuno stato si dice oggi che ha diritto di esistere. E’ ovvio, scontato che la Russia o il Cile o qualsiasi altro stato abbiano diritto di esistere, non occorre ripeterlo. Per Israele no. Nel caso di Israele il semplice affermare il suo diritto all’esistenza scatena discussioni, dubbi, polemiche. Per centinaia di milioni di esseri umani gli ebrei dovrebbero andarsene dalla Palestina o rassegnarsi a vivere da cittadini di serie C (o peggio) in una teocrazia islamica. In ogni competizione sportiva c’è qualche atleta che rifiuta di misurarsi con un atleta israeliano, le partite della nazionale israeliana di calcio diventano, ipso facto, un problema di ordine pubblico (e non per la violenza del tifo), insomma essere israeliano vuol dire far parte di uno stato maledetto, uno stato che esiste ma non dovrebbe esistere. E questo non solo per i fanatici ed i fondamentalisti. Sono molti gli occidentali che guardano con profonda antipatia a Israele, sotto sotto sono convinti, anche loro, che sarebbe molto meglio se lo stato ebraico non ci fosse.

La maledizione di Israele sta nella sua origine. La nascita di Israele è una macchia indelebile, una sorta di peccato originale. Anche chi afferma che Israele ha, ormai, diritto di esistere non può non provare uno spiacevole fremito pensando a come è nato lo stato ebraico. Altri, più radicali non si fanno troppi scrupoli: Israele è nato dalla cacciata dei palestinesi dalle loro terre, dicono, quelle terre devono essere ridate ai palestinesi, punto e basta. Come possono gli israeliani lamentarsi se Hammas li bombarda? Loro non dovrebbero essere dove sono. La terra che gli israeliani occupano la occupano illegalmente, la loro presenza in Palestina è del tutto ingiustificata, costituisce un crimine storico che rende legittima ogni aggressione nei loro confronti. Hanno un bel coraggio a lamentarsi gli israeliani! Vivono su una terra rubata ai loro legittimi proprietari! Hanno anche la pretesa di viverci in pace e sicurezza?
Chi ragiona in modo simile (e sono in tanti a farlo, anche nel democratico e laico occidente) commette, in primo luogo, un fondamentale errore di principio e, in secondo luogo, dimostra di ignorare completamente la storia. L’errore di principio è abbastanza evidente. TUTTI i popoli di TUTTI gli stati del mondo occupano oggi terre che cinquanta, o cento o mille anni fa erano di altri popoli; la nascita di TUTTI gli stati è stata caratterizzata da violenze. Nella storia di ogni stato ci sono guerre, migrazioni, scontri fra etnie, contrasti religiosi risolti con la forza. Se si dovesse contestare il diritto a esistere di tutti gli stati la cui origine è stata caratterizzata da qualche violenza nessuno stato avrebbe oggi diritto di esistere. Risalire indietro nel tempo per stabilire chi oggi abbia il diritto di occupare un certo territorio porterebbe solo a una serie senza fine di guerre.
Ma, obiettano i nemici di Israele, nel caso dei palestinesi il contenzioso è ancora in piedi. I palestinesi rivogliono la loro terra, quindi ne hanno diritto, perché erano su quella terra prima degli ebrei. Questo differenzierebbe la loro posizione da quella degli "indiani" d'America o di altri popoli sconfitti che non avanzano però diritti di rivalsa. In base a un simile "ragionamento" (si fa per dire) se un bel giorno i discendenti degli "indiani" d'America, degli aborigeni australiani o degli aztechi rivendicassero le "loro" terre dovrebbero scomparire stati come gli USA o l'Australia o il Messico. Sarà un caso ma solo per gli ebrei si tirano fuori simili farneticazioni!

Lasciamo perdere le follie farneticanti. Torniamo a Israele e ai fatti che lo riguardano. Chi parla della sua origine illegittima dimostra solo la sua totale, profondissima ignoranza. Procediamo per punti.

1) Se proprio si volesse andare indietro nel tempo per stabilire chi abbia oggi il diritto di vivere in "Palestina" si dovrebbe concludere che gli ebrei e solo loro hanno quel diritto. Un tempo infatti  gli ebrei e non i musulmani vivevano nella terra che oggi alcuni chiamano "Palestina". La conquista musulmana della Palestina iniziò nel 637 d.C. con la caduta di Gerusalemme e divenne definitiva, con l’annessione della regione nel 638 sotto il califfo Omar. A non aver diritto di vivere in Palestina dovrebbero essere, seguendo la logica malata del regresso temporale, proprio i musulmani. Inoltre è sempre esistita  una presenza ebraica in Palestina, non numerosissima ma socialmente rilevante. La frattura fra gli ebrei e la loro terra d’origine non è MAI stata definitiva.
I sostenitori del regresso temporale usano un metodo molto bizzarro: retrocedono nel tempo solo fino a un certo punto, prendono in considerazione solo il passato che sembra confermare le loro tesi. Troppo comodo!

2) Non è mai esistito uno stato palestinese. Ai tempi dei primi insediamenti ebraici quella che oggi molti chiamano Palestina era solo una parte dell’ex impero ottomano. Non esisteva neppure una nazione palestinese né un movimento nazionale palestinese. Dopo la dissoluzione dell'impero ottomano nessuno propose la nascita di uno stato palestinese, si pensava di fare della Palestina una regione della Siria. La organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) nacque nel 1964, SEDICI  anni dopo la nascita dello stato di Israele. Il suo leader Arafat è nato al Cairo.

3) I primi ebrei emigrati in Palestina si impossessarono della terra che intendevano coltivare in maniera assai poco violenta: comprandola dai palestinesi. Le organizzazioni sioniste finanziate dalle comunità ebraiche, specie dagli ebrei più facoltosi, raccolsero i fondi destinati all’acquisto di terre dai grandi proprietari arabi. La compra vendita di terra, per inciso a prezzi altissimi, proseguì per molto tempo, malgrado le pressioni di chi guardava con ostilità i nuovi venuti. Non un centimetro di terra venne rubato ai contadini palestinesi.

4) Israele è l'unico stato sorto in seguito a negoziati, trattati e delibere di organizzazioni internazionali: la società delle Nazioni prima, l’ONU dopo. In realtà la nascita di Israele è stata caratterizzata da una violenza molto minore di quella di moltissimi altri stati di cui nessuno si sogna oggi di contestare il diritto a esistere.

5) Il mandato britannico sulla Palestina comprendeva anche i territori molto vasti su cui è sorta la attuale Giordania che può, da questo punto di vista, essere considerata a tutti gli effetti uno stato palestinese.   

6) La risoluzione ONU 181 del novembre 1947 diede vita a DUE stati: Israele e uno stato arabo palestinese. Gli ebrei accettarono quella risoluzione, gli arabi no e iniziarono subito la guerra contro il neonato stato ebraico. Per decenni il conflitto non fu fra israeliani e palestinesi ma fra Israele e stati arabi. I “due popoli due stati” di cui oggi tanti parlano sarebbero realtà dal 1948 se gli arabi li avessero accettati.

7) Nel 1993 gli accordi di Oslo concedevano ai Palestinesi gran parte della Cisgiordania, nel 2005 Gaza fa concessa ai palestinesi. Invece di pensare a edificare un loro stato che convivesse pacificamente con Israele dirigenti palestinesi trasformarono i territori loro concessi, Gaza soprattutto, in basi per continui attacchi terroristici.

8) Cosa più importante di tutte: lo stato di Israele ha dato finalmente patria e protezione al popolo che più di ogni altro ha sofferto nella storia orrori e persecuzioni. Gli ebrei possono benissimo vivere in vari stati, come minoranze i cui diritti siano garantiti, affermano molti occidentali "progressisti". Si, possono farlo, fino a quando a qualche ometto coi baffetti non vengano idee strane. Cosa diremmo se qualcuno affermasse che l’Italia non ha diritto di esistere e gli italiani possono vivere come minoranze protette in Francia o Venezuela?

9) Israele è l’unica democrazia del medio oriente, uno stato laico, liberale, che riconosce a tutti i cittadini uguali diritti. In Israele vivono circa 1.500.000 arabi che godono di tutti i diritti fondamentali, compreso quello di culto. Quanti ebrei vivono in Iran? Quali diritti vengono loro riconosciuti? In Israele, paese che non raggiunge le dimensioni della Lombardia, ci sono quasi 300 moschee, quante sinagoghe ci sono in Iran? Una donna iraniana che non volesse indossare il velo preferirebbe vivere in Israele o in Iran? Un arabo sostenitore del libero pensiero o scettico in materia religiosa preferirebbe vivere in Israele o in qualsiasi repubblica islamica? Si tratta, con tutta evidenza, di domande retoriche.


Tutto regolare allora? Nessuna violenza ha accompagnato la nascita e la crescita dello stato ebraico? Gli israeliani sono privi di colpe? No, ovviamente. Israele ha avuto ed ha i suoi fondamentalisti che hanno a volte commesso, o lasciato commettere, gravi violenze. Alcuni israeliani hanno sognato per anni la “grande Israele”, obiettivo semplicemente assurdo. Però è innegabile che col tempo queste posizioni estremiste sono state storicamente sconfitte. Ne è prova tra l’altro il ritiro degli israeliani da Gaza. Quel ritiro poteva diventare la prima tappa della costruzione di una stato palestinese che convivesse accanto e non al posto di Israele. Questo però non è avvenuto per responsabilità di Hammas e della stessa autorità nazionale palestinese. I fondamentalisti di Hammas hanno interpretato il ritiro israeliano da Gaza come la prima tappa della costruzione di un califfato islamico sulle ceneri di Israele. Sottolineo: non uno stato nazionale palestinese, un califfato: Hamas NON è una organizzazione nazionalista ma fondamentalista religiosa.

In effetti il contrasto fra palestinesi e israeliani appare oggi senza sbocco perché su quel contrasto si è innestata la mala pianta del fondamentalismo terrorista. Israele non deve esistere perché per un islamico fondamentalista è inconcepibile che esista uno stato ebraico in un’area come la Palestina. Nell’ottica fondamentalista gli ebrei possono anche essere tollerati come individui, con diritti assai limitati, ovviamente, ma che esista una nazione ebraica con un suo stato, per di più confinante con stati islamici, in una terra che è stata una volta islamica, questo è inammissibile, una specie di sacrilegio. Lo dicono chiaramente i terroristi di hammas: una terra che è stata, in passato, islamica, deve tornare a esserlo, fino al giorno del giudizio. Non a caso  Hammas  bombarda Israele, ma pensa anche alla Spagna, e alla Sicilia. E’ precisamente per questo motivo che i "democratici progressisti” dell’occidente dovrebbero essere solidali con Israele (pur criticandolo quando merita di essere criticato). Ma ormai in occidente “democratico progressista” è diventato sinonimo di “politicamente corretto” è nulla è più lontano dal politicamente corretto, nulla è più scorretto politicamente che mostrare simpatia a Israele, figuriamoci poi solidarietà.  E così molti "progressisti" occidentali parteggiano oggi per chi vuole la pena di morte per apostati e bestemmiatori, la lapidazione per le adultere, l'infibulazione, il ripudio delle mogli, il velo, o il burka, e tante altre simili dolcezze.
Pazienza, se questo è il "progressismo", non ci resta che restare conservatori. Contano poco, in fondo, le parole.

sabato 27 settembre 2025

IL PARTITO DELLA GUERRA

 

Bisogna avere il coraggio di dirlo, una volta per tutte: in occidente e, forse, in Italia in maniera particolare esiste il partito della GUERRA la cui punta di diamante è attualmente la famosa “flottiglia”. Ormai è chiaro: la flottiglia vuole spingere le navi militari che la scortano a penetrare illegalmente nelle acque territoriali israeliane, addirittura a forzare il blocco navale di un paese in guerra.
Entrare illegalmente nelle acque territoriali di uno stato sovrano, forzare un blocco navale sono ATTI DI GUERRA. I caporioni della “flottiglia” mirano esplicitamente a questo: una guerra fra Israele e alcuni stati europei, meglio ancora, con l’Europa tutta. Del resto il più esagitato degli anti semiti al potere: lo spagnolo Sanchez parla addirittura dell’uso di armi atomiche contro Israele, parlamentari italiani come l’incredibile Fratojanni hanno detto esplicitamente che il “genocidio” (mai esistito) dei palestinesi va fermato con la forza militare. I soldati italiani dovrebbero combattere contro gli israeliani fianco a fianco con i terroristi criminali di Hamas. Splendida prospettiva!
Ovviamente una guerra, o più realisticamente una totale rottura fra Europa e Israele avrebbe come conseguenza una totale rottura delle relazioni fra Europa e USA. Questo farebbe gioire chi è malato di anti americanismo oltre che di antisemitismo, ma sarebbe una catastrofe di dimensioni bibliche: la fine o la crisi verticale dell’occidente.
In Italia il partito della guerra diventa il partito della guerra civile. Scontri sempre più duri con le forze dell’ordine, minacce di bloccare il paese con scioperi generali, aggressioni a cittadini ebrei, università occupate: la tutela della “flottiglia” diventa occasione per creare un clima di scontro frontale, violento al fine di far cadere il governo.
Occorre fermare questa spirale distruttiva . Io sono convinto che la gran maggioranza degli italiani sia fermamente contraria a queste follie. Il governo deve agire, ma occorre che la maggioranza silenziosa degli italiani la smetta di essere silenziosa. In maniera legale, ordinata, pacifica faccia sentire la sua voce, esprima il suo pieno, incondizionato sostegno alle forze dell’ordine. Faccia capire a tutti da che parte sta il paese reale.
Prima che sia troppo tardi.

mercoledì 24 settembre 2025

PCI e PD

 

Non ho simpatia alcuna per il vecchio PCI. E’ stato un partito biecamente stalinista, legato a doppia catena con l’URSS. Molti suoi dirigenti hanno accarezzato a lungo l’idea di un colpo di mano violento. L’allontanamento del PCI dall’URSS è stato lungo, incompleto e costellato da contraddizioni; in ogni caso non ha impedito al partito di farsi finanziare dai sovietici fino al crollo del comunismo reale (l’unico possibile).
Però una cosa va detta. Quando, per i più svariati motivi, primo fra tutti non cedere un grammo della sua egemonia a sinistra, il PCI ha rotto con gli estremismi violenti lo ha fatto SUL SERIO, senza se e senza ma, combinando parole e fatti.
Sono diversamente giovane e ricordo bene le manifestazioni sindacali di un tempo. C’era un ferreo servizio d’ordine che impediva ai violenti di far degenerare le manifestazioni. I provocatori venivano espulsi dai cortei, con le buone o con le cattive.
Quando qualche corteo di extra parlamentari degenerava in atti di violenza la condanna del PCI era netta, senza equivoci. Ancora più netta, dopo alcune iniziali sbandate, fu la condanna del fenomeno brigatista. Inizialmente “compagni che sbagliano” i brigatisti divennero NEMICI, persone con cui NON si doveva trattare, neppure per evitare l’assassinio di Aldo Moro.
Con tutte le sue contraddizioni, il suo aberrante stalinismo il PCI, una volta abbandonate le illusioni eversive, divenne un partito d’ordine, autoritario, stalinista, illiberale, nella sostanza non davvero democratico fin che si vuole ma D’ORDINE.
Non altrettanto si può dire dell’attuale PD.
Presentare i disordini di Milano come opera di “pochi infiltrati in cortei di centinaia di migliaia di pacifisti” è semplicemente idiota (perché le centinaia di migliaia di “pacifisti” non hanno bloccato i “pochi infiltrati”?)
Scrivere idiozie del tipo: “vi indignate per una vetrina rotta ma non del genocidio” lo è altrettanto (A parte il fatto che non c’è a Gaza alcun genocidio, anche se ci fosse questo mi darebbe il diritto di bastonare il primo che passa, devastargli la casa, sfasciare la sua auto?).
L’attuale PD, a differenza del vecchio PCI non può condannare i violenti non solo perché alcuni suoi dirigenti condividono con questi alcune mitologie pseudo rivoluzionarie, ma anche perché una parte della sua forza sempre più calante viene dall’area in cui i violenti prosperano.
Il vecchio PCI si riferiva a una classe operaia mitizzata e aveva dalla sua il rapporto privilegiato con la seconda potenza mondiale. I suoi leader leggevano Antonio Gramsci.
L’attuale PD, o comunque la sua parte preponderante, fa riferimento alla “flottiglia”, a Greta Thunberg e ai propal. I suoi leader leggono Roberto Saviano.
Le persone pensanti che pure ci sono a sinistra dovrebbero riflettere

lunedì 22 settembre 2025

RICONOSCIMENTI

 

In tanti si affrettano a riconoscere la “Palestina” e Hamas ringrazia, ma, DAVVERO hamas vuole che venga riconosciuto uno stato palestinese?
Vediamo un po’. Secondo la convenzione di Montevideo del 1933 uno stato, per essere tale, deve avere almeno quattro requisiti:
1) Un territorio definito da confini stabili.
2) Una popolazione stabile.
3) Un governo riconosciuto
4) La capacità autonoma di relazionarsi con altri stati.
Ora, la “Palestina” che in tanti si stanno affrettando a riconoscere manca di almeno TRE di questi requisiti.
La “Palestina” NON ha confini stabili. Chi la governa NON vuole stabilire i suoi confini perché stabilirli vorrebbe dire RICONOSCERE ISRAELE. Se hamas o la autorità palestinese (AP) riconoscessero un qualsiasi confine fra Israele e “Palestina” questo vorrebbe dire ammettere che Israele esista e abbia diritto di esistere. Hamas ovviamente NON ha una simile intenzione, la AP non parla chiaro e mette condizioni demenziali al riconoscimento di Israele.
La “Palestina” NON ha un unico governo. Le controversie fra AP e hamas vengono di solito regolate a fucilate.
Visto che non ha un governo unico la “Palestina” non può avere relazioni chiare e univoche con altri stati.
Quanto alla popolazione, l’unico modo perché la “Palestina” ne abbia una stabile consiste, secondo hamas e la stessa AP, nella cacciata di ogni ebreo dallo stato "palestinese". Ottimo esempio di razzismo che gli occidentali “buoni” fingono di non vedere.
Hamas quindi vuole il riconoscimento della “Palestina” senza che però venga specificato chi la governa, chi ha diritto di relazionarsi ad altri stati, soprattutto senza che vengano stabiliti confini stabili e riconosciuti. Vuole il riconoscimento di uno stato fantasma, una base da cui partire per nuovi attacchi a Israele e NON SOLO a Israele. La “Palestina” dovrebbe essere la prima tappa per la costruzione di un grande califfato islamico.
Ma gli occidentali “buoni” queste cose fanno finta di non capirle. Molti governi si affrettano a fare "riconoscimenti" puramente formali, privi di ogni valore giuridico
Non si lamentino quando ci sarà il prossimo attentato...

martedì 15 luglio 2025

LA BUONA FEDE A VOLTE PEGGIORA LE COSE

 

Leggo inorridito molti interventi in rete. Crescono gli antisemiti dichiarati, qualcuno si richiama a Hitler dicendo che in fondo baffetto tutti i torti non li aveva, altri accusano gli ebrei, non i sioinisti, gli EBREI, di massacrare i bambini eccetera eccetera.
La maggioranza resta però quella di coloro che si dichiarano antisionisti, non antisemiti.
Sinceramente sto cominciando a pensare che questi siano ancora peggiori di quelli, lo sono anche perché alcuni di loro sono in buona fede. Vedo di chiarire una idea apparentemente tanto bizzarra.
Gli “antisionisti non antisemiti” sostengono, telegraficamente:
1) Gli ebrei NON sono un popolo. Gli "antisionisti" si arrogano il diritto di stabilire LORO chi è un popolo e chi non lo è, indipendentemente dalle idee, dai sentimenti, dai valori che uniscono un certo insieme di esseri umani, a prescindere dal parere degli stessi. SOLO degli ebrei si dice che “non sono un popolo”.
2) Gli ebrei, anche ammettendo che siano un popolo, NON hanno diritto a un loro stato. Il semplice fatto che un loro stato esista è considerato una intollerabile ingiustizia.
3) Solo dello stato degli ebrei si va a spulciare la storia per vedere se in essa sono contenuti episodi di violenza. Solo riguardo a questo stato si collegano eventuali episodi di violenza presenti nella sua storia alla negazione del suo diritto di esistere.
4) Lo stato degli ebrei, che esiste da 78 anni, è L’UNICO al mondo che dovrebbe scomparire. La sua popolazione dovrebbe emigrare in massa, oppure trasformarsi in una enorme massa di paria, oppure ancora essere massacrata. L’ultima sarebbe con tutta evidenza la soluzione più probabile.
5) Anche chi riconosce a Israele il diritto di esistere e, bontà sua, di difendersi chiede SOLO agli ebrei israeliani di condurre una guerra senza che questa abbia il minimo impatto sulla popolazione civile del nemico. Nessuno ha mai chiesto una cosa simile a nessuno stato in nessuna guerra in tutta la storia del genere umano.
6) Solo nel caso di Israele si prendono per buone notizie relative a una guerra in corso che vengono da una delle parti in lotta, peraltro costituita da terroristi criminali.
7) Nessuno ha mai preteso che un arabo, per essere accettato e rispettato, debba preventivamente condannare Hamas. Agli ebrei non israeliani si chiede che, per essere accettati e rispettati, condannino pubblicamente la politica dello stato che ha dato agli ebrei, per la prima volta nella storia, rifugio e protezione.
😎 Israele non raggiunge le dimensioni della Lombardia, ha meno di 10 milioni di abitanti di cui circa due arabi (che godono di tutti i diritti). Sorge su un deserto privo di risorse naturali. Chiede solo di essere riconosciuto. Eppure questo minuscolo stato, colpevole solo di esistere, è accusato praticamente di tutto ciò che di negativo esiste al mondo.
Ecco, gli “antisionisti non antisemiti” sostengono cose simili. Alcuni (non tutti) sono, forse, in buona fede. Pensano davvero che sostenere cose simili non significhi essere antisemita. Il fatto che siano in buona fede peggiora, non migliora le cose. Purtroppo

sabato 17 maggio 2025

NUMERI

 

E’ uno degli argomenti “forti” dei propal: i numeri.“Sono morti meno di 2.000 israeliani e oltre 50.000 palestinesi e questo la dice lunga sulle ragioni e sui torti del conflitto”: questo più o meno il loro “argomento”.Si tratta con tutta evidenza di una siderale idiozia. Non solo prende per buone l le incontrollabili cifre fornite da Hamas ma instaura una ridicola equivalenza fra torti e ragioni di un conflitto da una parte e numero dei caduti dall’altra. Ragionando (si fa per dire) in questo modo la Germania nazista avrebbe avuto nella seconda guerra mondiale enormemente più ragioni della gran Bretagna, visto che ha avuto un numero di caduti quasi 30 volte superiore. Ma… lasciamo perdere, prendiamo per buono questo pseudo argomento, concentriamoci pure sui numeri.
Lo abbiamo visto tutti: in occasione della liberazione di alcuni ostaggi i “palestinesi” di Hamas hanno preteso la liberazione di oltre 100 terroristi palestinesi per ogni ostaggio liberato. In molti casi hanno preteso più di 100 palestinesi vivi per restituire agli israeliani il corpo senza vita di un ostaggio assassinato. Il rapporto è stato di uno a 100, forse di uno a 120 o 150.
Negli attacchi del 7 ottobre sono morti circa 1.300 israeliani, tutti civili, inermi, disarmati: giovani che ballavano, donne, bambini, vecchi.Ebbene, secondo il rapporto, stabilito da Hamas, in base al quale sono stati liberasti un certo numero di ostaggi questi 1.300 israeliani assassinati dovrebbero valere come minimo 130.000 palestinesi, probabilmente molti di più. In ogni caso, anche prendendo per buone le inattendibili cifre fornite da Hamas sui caduti palestinesi siamo ancora ben lontani da una cifra simile.
La mia è solo una provocazione ovviamente: nulla è tanto rivoltante quanto la macabra contabilità sui cadaveri che i propal fanno continuamente, ma è una provocazione che ne mette in risalto la cattiva fede, l'intollerabile disonestà intellettuale. Non fanno altro che confrontare il numero dei morti, ma diventano ciechi, sordi e muti di fronte allo spettacolo indegno di centinaia di terroristi liberati in cambio spesso di qualche corpo senza vita restituito a persone in lacrime.
Anche quelli sono numeri! O no?


Sopra ho parlato del numero dei caduti nella guerra di Gaza riferendomi al demenziale rapporto di uno a 100, addirittura uno a 150 richiesto da Hamas in occasione del rilascio di alcuni ostaggi (per inciso, prendere civili in ostaggio è ufficialmente un crimine di guerra).
Torno sull’argomento “numeri” affrontandolo da un altro punto di vista: quello del TEMPO. Il sette ottobre i tagliagole di Hamas hanno ucciso, in un SOLO giorno, circa 1300 civili israeliani. Hanno colpito questi civili deliberatamente, non si tratta delle vittime collaterali dei combattimenti, ma di persone inermi finite nel mirino dei criminali proprio perché inermi. Hamas non avverte i civili, non li invita ad abbandonare il luoghi dello scontro, val la pena di sottolinearlo.In ogni caso, in un SOLO giorno Hamas ha trucidato 1.300 israeliani, poi si è dovuta fermare, non perché sazia di sangue, semplicemente perché la IDF ha impedito ai suoi militanti di continuare la mattanza. Ora, 1.300 morti in un giorno vuol dire circa 40.000 in un mese, quasi 500.000 in un anno; certo, Hamas non ha raggiunto simili mostruose cifre, ma, val la pena di ripeterlo, non le ha raggiunte solo perché NON in grado di farlo, solo perché ha dovuto pensare a sfuggire agli attacchi delle IDF, senza potersi concentrare su vecchi, donne e bambini. Però… che succederebbe se Hamas vincesse? Se la “Palestina” fosse “libera dal fiume al mare” come strillano i propal? Cosa succederebbe se Israele cessasse di esistere e di fronte ai tagliagole di Hamas restassero solo inermi civili? Basta porsi una simile, elementare domandina per capire CHI ha davvero in mente un genocidio, chi dovrebbe essere oggi sotto accusa di fronte al mondo.
Ma tanti occidentali “buoni” sono ciechi, sordi e muti, in molti casi stupidi, quando c’è di mezzo Israele.

martedì 22 aprile 2025

FRANCESCO

 

E’ giusto, doveroso il rispetto nei confronti di chi ha attraversato la soglia che separa tutti noi dall’insondabile mistero della morte. Gli strilli, le polemiche faziose, gli insulti, sempre criticabili, diventano in simili occasioni del tutto inaccettabili. Tutto questo però non implica che il discorso sulla vita di chi ci ha lasciati debba trasformarsi in una sorta di osanna apologetico in cui ogni considerazione critica viene bandita e la discussione pacata ma rigorosa viene sostituita dalla retorica ipocrita.
Lo dico col massimo rispetto ma anche con la massima chiarezza: la mia valutazione sull’apostolato di papa Francesco è e resta del tutto negativa.
Con lui è salita sul soglio di Pietro qualcosa di simile alla teologia della liberazione: un compromesso sincretistico fra cattolicesimo e marxismo che si traduce in una sorta di populismo pauperistico in cui la povertà diventa spesso, invece che un nemico da combattere, un valore da difendere, contrapposta al “consumismo compulsivo” e al “Dio denaro”.
In effetti, se si guarda con attenzione alla predicazione di papa Francesco una cosa salta all’occhio: la profonda antipatia di questo papa nei confronti della civiltà occidentale. Dalla guerra in Ucraina a quella in medio oriente le critiche di papa Francesco sono quasi sempre state rivolte, in maniera spesso assai aspra, contro l’occidente. La crisi in medio oriente in particolare ha spinto Francesco su posizioni che hanno fatto arretrare di decenni i rapporti fra cattolicesimo ed ebraismo. Da un lato il papa ha detto più volte di considerare il fondamentalismo islamico un fenomeno praticamente privo di radici sociali e culturali, una cosa che riguarda solo pochi fanatici, dall’altro ha strizzato l’occhio a chi accusa di “genocidio” uno stato che da quasi 80 anni lotta contro nemici spietati che hanno il solo scopo di cancellarlo dalla faccia della terra.
Tutta la visione socio economica di Francesco si riduce in fondo a quella che il grande filosofo conservatore Roger Scruton ha definito “la fallacia della somma zero”: esiste la miseria perché esiste la ricchezza, nel mondo ci sono i poveri perché ci sono i ricchi che si appropriano ingiustamente di gran parte delle risorse che madre natura ha messo a nostra disposizione. Una concezione elementare dei meccanismi e dei problemi economici, che lo stesso Marx avrebbe rigettato con sdegno. Madre natura ci regala poco o nulla, per trasformare in risorse e poi in ricchezza ciò che madre natura mette a nostra disposizione occorre il lavoro, lo studio, la ricerca, l’innovazione tecnologica. Storicamente il segreto della forza dell’occidente non risiede nella sua capacità di conquista e saccheggio: in questo altre civiltà sono state altrettanto o anche più forti: risiede nella rivoluzione scientifica e industriale, nell’autonomia della società civile, nella “scoperta” dei valori della libertà individuale e poi della democrazia. Tutto questo manca nella visione sociale ed economica di papa Francesco.
E questo tocca profondamente altre parti del suo pensiero: l’atteggiamento ad esempio dei confronti della, non si sa quanto reale e grave, crisi ambientale. Su questo problema Francesco non solo ha sposato le tesi dell’ecologismo più radicale e catastrofista, non solo ha accusato di tutto, more solito, l’occidente dimenticando che non sono certo i paesi occidentali a essere all’avanguardia nell’inquinamento del pianeta, ha avallato, e questa per un credente è forse la cosa più grave, la divinizzazione della natura, una sorta di neopaganesimo oggi di moda in occidente che contrasta radicalmente con la dottrina cristiana. Il cristianesimo, piaccia o non piaccia la cosa, è antropocentrico: il cristiano rispetta e ama la natura, ma la ama e rispetta perché frutto della creazione divina che ha nell’uomo il suo culmine. Per il cristianesimo, e per una parte importante del pensiero filosofico laico, l’uomo è un ente “insulare”, parte della natura ma non SOLO natura, quanto meno,  parte della natura con caratteristiche che segnano uno iato profndo nella natura stessa. Per larga parte del radicalismo pseudo ecologico oggi di moda l’uomo è, nella migliore delle ipotesi, solo una componete di qualche ecosistema, nella peggiore un fattore di squilibrio e crisi. Su questo le posizioni di Francesco sono sempre state quanto meno assai ambigue.
E ancora, assai poco condivisibili restano le posizioni del papa ora scomparso sulle migrazioni clandestine, o sul dialogo inter religioso; attenzione, NON sulle conseguenze sociali, economiche e politiche delle religioni, su questo il dialogo è del tutto accettabile, no, dialogo fra le religioni, come se si potesse discutere sui dogmi! Francesco è giunto al punto di affermare che tutte le religioni credono nello stesso Dio, divergendo solo sulle “vie” per raggiungerlo. Una concezione rispettabile per un non credente come me, ma che, oltre a non essere, ad oggi, non vera dovrebbe essere sostenuta da un deista, non dal vescovo di Roma.
Non è il caso di prolungarsi ulteriormente, non è questa di certo la sede per un discorso approfondito sul pensiero del papa scomparso, né io ho la forza di farlo. Di certo nel suo apostolato ci sono luci e ombre e nulla è tanto ipocrita quanto il plauso apologetico di questi giorni.