lunedì 17 aprile 2023

UN PO' DI LOGICA: LA ANFIBOLIA DELL'ORSA

La anfibolia è un ragionamento ambiguo; può assumere la forma di un sillogismo scorretto, caratterizzato dal fatto che nelle premesse viene usato lo stesso termine con significati diversi.

Un esempio di anfibolia è il seguente:

L’uomo è l’unico animale razionale.
La donna non è uomo.
Quindi la donna non è razionale.

L’errore consiste nel fatto che il termine “uomo” è usato con significati diversi nelle due premesse.
Nella maggiore “uomo” si riferisce al genere umano che comprende sia uomini che donne.
Nella minore invece “uomo” si riferisce agli esseri umani di sesso maschile.

Nella vicenda dell’orsa moltissimi di quelli che si sono opposti, e si oppongono all’abbattimento del plantigrado sono clamorosamente incorsi in questo tipo di errore logico.
Dietro ai loro ragionamenti si cela, non si sa quanto consapevolmente, il seguente sillogismo:

Un orso non può essere considerato colpevole di nulla.
Chi non è colpevole non può venire condannato.
Quindi l’orso non deve essere abbattuto.

Qui l’errore nasce dal diverso significato che l’espressione “non colpevole” ha nella maggiore e nella minore.
Nella maggiore “non colpevole” significa, giustamente, che all’orso non possono applicarsi categorie etiche.
Nella minore “non colpevole” viene invece assunto nel suo significato etico: solo i “colpevoli” possono essere condannati.

Non occorre essere dei logici raffinati per cogliere l’errore, incredibilmente stupido, che ho cercato di evidenziare. Ed è un errore più generale in cui incorrono, a proposito del rapporto “uomo – natura”, praticamente tutti i talebani del misticismo ecologico. Prima si nega, giustamente, la applicabilità al mondo non umano di categorie morali, poi si usano queste stesse categorie per conferire dignità morale al mondo non umano. Questo, val la pena di ripeterlo, va ben oltre la vicenda dell’orsa.
Lo ammetto, questa vicenda mi ha coinvolto emotivamente. Non tanto per il suo valore in se: è stata una vicenda tragica ma nel mondo avvengono ogni giorno eventi enormemente più tragici. Mi ha coinvolto e mi coinvolge perché mi fa impressione il livello di stupidità e di fanatismo che questa ha fatto emergere.
Alcuni di coloro che si sono opposti all’abbattimento dell’orsa hanno avanzato obiezioni che, condivisibili o meno, sono ragionevoli: la necessita della tutela dell’ambiente, la preservazione del patrimonio faunistico… obbiettivi e finalità su cui ci si può tranquillamente trovare d’accordo, anche se poi ci sono divergenze sui modi specifici per perseguirle.
Si tratta però di posizioni, purtroppo, minoritarie. La gran maggioranza dei “difensori dell’orsa” ha messo in mostra una ignoranza, una incapacità di ragionare razionalmente, un fanatismo e, soprattutto, un odio nei confronti del genere umano, una mancanza di umana pietà che fanno letteralmente paura.
Prova ulteriore della crisi culturale dell’occidente.

 

venerdì 14 aprile 2023

L'ODIO DELL'UOMO PER SE STESSO

Prima era il capitalismo ad essere sotto accusa. Marx critica il capitalismo ma lo fa in una prospettiva occidentale, quanto meno nelle sue opere maggiori non mostra particolari simpatie nei confronti delle economie precapitaliste o delle civiltà extraeuropee.
Poi la critica si è estesa alla civiltà occidentale globalmente considerata. L’occidente è aggressivo, mosso da una inesauribile e nefasta “volontà di potenza”. In “dialettica dell’illuminismo” Horkheimer ed Adorno individuano in Ulisse il prototipo della aggressività occidentale. La curiosità di Ulisse è a tutti gli effetti una insana  volontà di potenza. Ulisse vuole conoscere, scoprire ma il conoscere e lo scoprire sono solo la prima tappa di un processo di asservimento della natura. Solo un passo separa il re di Itaca dalle bombe atomiche.
L’odio dell’occidente per se stesso si trasforma infine in odio dell’uomo nei confronti di se stesso. La parabola di Ulisse è a ben vedere le cose, la parabola del genere umano. L’uomo, l’uomo in quanto tale, trasforma a suoi fini la natura, la asservisce e questo è inaccettabile. La natura diventa persona e l’uomo che la usa un suo spietato persecutore. Il cerchio si chiude.

Il misticismo pseudo ecologico che ammorba in questi tempi tristi il dibattito culturale ha trasformato l’uomo nel fattore disturbante. La natura è armonioso, dolce equilibrio, insieme di ecosistemi che garantisce la vita di tutte le specie viventi. In questo dolce equilibrio si inserisce l’uomo con la sua insana volontà di potenza e distrugge tutto. Inutile ricordare a chi elabora certe ridicole teorizzazioni che la natura non è affatto armonica, che nel corso dell’evoluzione naturale moltissime specie animali si sono estinte, che nel precario, mai definitivo, equilibrio degli ecosistemi la soprarvvivenza delle specie si realizza, quando si realizza, sempre a spese dei singoli, né vale ricordare che lo stesso uomo è un “prodotto della natura”; la logica e la razionale capacità di guardare ai dati dell’esperienza non è il forte dei guru del misticismo ecologico.
L’uomo è il “cancro del pianeta”, il grande distruttore, il fattore di squilibrio inserito in un sistema armonico. Sono decenni ormai che i media e schiere di pseudo intellettuali insistono su queste cose. Il risultato è una incredibile diffusione, almeno in occidente dell’odio dell’uomo nei confronti di se stesso.

Ne abbiamo avuto una allucinante conferma in questi giorni con la vicenda dell’orsa. Un giovane amante della natura passeggia nei boschi, non nella savana africana, nei boschi del trentino, a poche centinaia di metri da casa sua. Un’orsa lo aggredisce e lo fa letteralmente a pezzi.
Moltissimi se la prendono col giovane. Ha invaso il territorio dell’orsa dicono i più estremisti, forse i più sinceri. E’ stato imprudente aggiungono altri. Mi spiace per il giovane, ribattono altri ancora, ma… povera orsa. Si, proprio così, “mi spiace” per il giovane che ha fatto una morte orribile, mostruosa, ma… povera orsa! Come se fosse possibile mettere sullo stesso piano un giovane essere umano ed un’orsa.
E non si tratta di episodi isolati. Il giusto, sacrosanto rispetto ed ammirazione per la natura si sono ormai trasformati in deificazione della stessa. Il “pianeta” è diventato una sorta di nuova divinità pagana di fronte alla quale gli esseri umani non possono far altro che inchinarsi e cospargersi il capo di cenere. Dietro a questa autentica nuova barbarie culturale si possono intravedere in luce sinistra alcune delle ideologie che sono state il retroterra culturale del nazismo. Del resto l’odio per l’uomo è tipico di tutte le ideologie totalitarie. All’uomo queste sostituiscono la razza, la nazione o la classe trasformate in misteriose, ideologoche entità metafisiche. Oggi i nuovi barbari mettono al posto dell’uomo “il pianeta”. Ed odiano gli esseri umani. Di nuovo, il cerchio si chiude.

 

lunedì 10 aprile 2023

L'ORSO

Orsi pericolosi, almeno un caso all'anno. Ecco perché ...


La tragica vicenda dell’orso che ha ucciso un giovane che correva nei boschi del trentino è stata seguita da commenti che giudico, lo dico subito, semplicemente incredibili. Tralascio ogni considerazione sulla totale mancanza di umanità, l’assenza di umana pietà nei confronti di un giovane che ha fatto una morte orribile e passo subito all’esame delle argomentazioni di coloro che, per brevità, possiamo definire gli “amici dell’orso”, amici a condizione ovviamente che si tratti dell’orso altrui, quello che NON aggredisce NOI. Parto dalle argomentazioni di tipo, diciamo così, empirico per arrivare poi al nocciolo teorico del problema. Per comodità procedo inizialmente per punti.

1) Il giovane è stato imprudente, non seguiva i percorsi indicati.
A parte il fatto che non sappiamo quali sentieri seguisse il giovane, gli orsi VERI, non i protagonisti dei cartoni animati che certi pseudo ambientalisti hanno in mente, se ne fregano dei sentieri “consigliati”. Quali sarebbero i sentieri “consigliati”? Si tratta di sentieri protetti da recinzioni anti orso? Conosco i boschi del trentino, ci ho fatto spesso bellissime passeggiate ed escursioni e non ho mai visto nulla di simile.

2)
Non esiste il rischio zero. Se ti addentri in zone selvagge sai i rischi che corri.
Il trentino NON è una zona selvaggia, al contrario. Fino a pochi anni fa era possibile passeggiare nei suoi boschi senza timore alcuno. Potevi imbatterti in un daino o in un cervo, non in orsi o lupi. Il trentino sta diventando una zona selvaggia e pericolosa in seguito alla demenziale politica di ripopolamento che ha introdotto animali molto pericolosi in zone caratterizzate da forte presenza umana e di animali da allevamento e pascolo. Se a qualche imbecille venisse in mente di “ripopolare” i giardinetti di Milano con vipere, cobra e leoni anche i giardinetti diventerebbero una zona selvaggia e pericolosa. In fondo un po’ di millenni fa anche nei territori che attualmente si chiamano Italia c’erano i leoni…
E’ vero, non esiste il rischio zero, ma questo non giustifica la follia di politiche che incrementano irresponsabilmente i rischi. Ci saranno sempre morti in incidenti stradali, questo non è un buon motivo per abolire i limiti di velocità.

3)
Il giovane non ha seguito i consigli sul come comportarsi in presenza di un orso.
A parte il fatto che non sappiamo come si sia comportato il giovane, non è molto facile in una situazione estrema seguire con freddezza quanto prescritto dal manuale per la difesa (non violenta ovviamente) dagli orsi. Se un orso ti attacca devi fare così e cosà...
L’orso è un animale molto pericoloso, qualcosa di completamente diverso dal simpatico orso Yoghi che certi cretini hanno in mente. Può essere molto aggressivo, è dotato di forza incredibile e, a dispetto dell’aspetto, è molto veloce. Difficile conservare la calma se ti imbatti in un simile, splendido predatore.

4) L’orso ha diritto di vivere nel suo ambiente che noi a suo tempo gli abbiamo ingiustamente strappato. L’uomo non deve addentrasi nella casa degli orsi.
Un tempo erano “casa” di orsi, lupi, serpenti velenosi e di ogni sorta di animale selvaggio più o meno pericoloso anche le terre su cui oggi sorgono città, pesi e villaggi. Erano “casa” di animali selvaggi le terre su cui ora si coltivano grano e riso, o alberi da frutta. In natura non esiste alcun “diritto” alla difesa del proprio habitat. Un certo animale segna i limiti del proprio territorio. Un altro entra in quel territorio e lo reclama per se. Esiste un “diritto” che regoli le relazioni fra questi due animali? NO, ovviamente. Sarà la forza a decidere quale dei due sarà dominante in quel certo territorio. Parlare degli habitat degli animali come se si trattasse del diritto di proprietà degli umani è una idiozia che non sta né in cielo né in terra. Noi umani siamo diventati la specie dominante nel pianeta ed abbiamo strappato molte terre agli animali selvaggi. Abbiamo violato qualche “diritto”? No ovviamente, come non viola alcun diritto il leone che sbrana la zebra o lo squalo che uccide un delfino o il maschio dominante (e si, in natura esistono, eccome, i maschi dominanti) in un branco di leoni marini che reclama solo per se il “diritto” di accoppiarsi. Ovviamente è bene tutelare gli animali selvaggi, conservare intatte ampie zone di natura incontaminata, ma tutto questo non ha nulla a che vedere con presunti “diritti”. Si tratta di esigenze umane, non sentite, per inciso, da alcun animale non umano. E, come tutte le esigenze umane, anche queste vanno armonizzate con altre esigenze, pure umane, ad esempio quella di chi vive in trentino, o visita questa bellissima regione, di passeggiare nei suoi splendidi boschi. O si pensa che i trentini debbano vivere rinchiusi in casa e che solo genovesi o milanesi abbiano il diritto di fare passeggiate? La convivenza fra uomo ed animali selvaggi è una gran bella cosa ma può essere solo parziale e limitata. Una cosa sono i parchi naturali, cosa ben diversa orsi e lupi nelle vicinanze di case e stalle, o cinghiali che scorrazzano in città.

Il punto 4 ci ha avvicinati al cuore del problema che consiste precisamente in questo:
la assurda pretesa, tipica dei cultori di ideologie nichiliste, di applicare categorie e valori umani al mondo non umano.
La natura è il regno dell’essere, non del dover essere. In natura non esistono il giusto e l’ingiusto, il bene ed il male, né esistono colpevoli o innocenti, buoni o cattivi. Il leone non è “cattivo” perché divora, viva, la zebra, né questa subisce “ingiustizia” alcuna quando viene divorata. D’altro canto la zebra non si comporta “ingiustamente” quando, fuggendo agli artigli del leone, obbliga questo alla fame. La natura non è “immorale”, è, molto semplicemente, amorale. Si colloca in un settore dell’essere in cui parlare di moralità è completamente privo di senso. Non ci sono diritti né doveri in natura, solo fatti, eventi, enti animati o inanimati. Parafrasando il vecchio Nietzsche la natura è fuori dal bene e dal male, è semplicemente ciò che E’.
Si può ammirare o temere in orso, lo si può detestare o si può addirittura volergli bene, ma non si può, in alcun modo, rapportarsi moralmente ad esso.
Non lo si può fare perché l’orso si adegua in maniera immediata a leggi che sono al di fuori di ogni possibilità di valutazione morale. Rapportarsi moralmente ad un orso vorrebbe dire pretendere di processarlo quando uccide una preda, cosa assolutamente, totalmente ridicola. Una volta Bolt, il mio amato cagnolino, ha ucciso una tortora che saltellava allegramente, ignara del pericolo, nel giardino di casa mia. Non ho, ovviamente, “punito” Bolt per la sua azione, semplicemente ho cercato di strappargli dalla bocca l’uccello; quando ci sono riuscito era purtroppo troppo tardi...
Piaccia o non piaccia la cosa la morale riguarda solo quella piccolissima parte della natura consistente nel mondo umano. Può essere oggetto di valutazione etica solo chi comprende i concetti d
i bene e di male, solo con lui è possibile instaurare rapporti basati sulla morale. I fanatici del radicalismo ecologico non capiscono questa semplice, elementare verità. Loro negano qualsiasi discontinuità nella natura, rifiutano la radicale cesura ontologica che separa il mondo umano da quello non umano. Siamo di fronte ad una ulteriore manifestazione di quel rifiuto delle differenze che caratterizza la fase attuale, decadente, della nostra civiltà. Per alcuni il sacrosanto riconoscimento della uguale dignità di ogni essere umano avrebbe come conseguenza la negazione di ogni differenza rilevante fra le culture, nazioni e civiltà così come non esisterebbero differenze strutturali fra i sessi. I fanatici dell’animalismo radicale ampliano questo errore: trasferiscono la negazione della differenza dai rapporti dentro il mondo umano a quelli fra mondo umano e mondo non umano. Attribuiscono pari dignità etica a uomini, orsi, dentici e lombrichi. I più radicali, ma anche i più coerenti, ampliano ancora l’area dell’etica: per loro diventano soggetti etici anche olmi e pini, fiumi e montagne. Un delirio di follia nichilista che se si trasformasse in comportamenti coerenti porterebbe alla distruzione dell’unico animale che si ponga problemi etici, anche se solo piuttosto raramente si comporta davvero in maniera moralmente accettabile. Chi ama troppo gli orsi odia gli esseri umani, e la tragica vicenda del giovane ne è una ulteriore riprova.

Un’ultima considerazione: è “giusto” abbattere l’orso che ha ucciso il giovane?
La risposta non è semplice. Se abbattendo il bestione si intende “punirlo” siamo di fronte ad una pura e semplice idiozia. Pretendere di “punire” un orso è del tutto sbagliato proprio perché un orso
NON è un soggetto morale.
Non credo però che chi intende abbattere l’orso parta da considerazioni etiche. Forse pensa che
un orso può diventare particolarmente pericoloso se uccide un uomo ed istintivamente “capisce” che questi è una preda facile. In questo caso siamo di fronte ad un problema di opportunità e tutela della sicurezza che solo persone esperte possono risolvere, senza isterismi.
In ogni caso, nessuno teorizza un mondo privo di animali pericolosi, semplicemente si pretende che questi non vivano ad un passo da casa nostra. Chi amministra il trentino ha il dovere di garantire la sicurezza dei trentini, anche riducendo il numero di orsi in libertà, abbattendone un certo numero o sterilizzandone una parte; di nuovo, in casi simili la parola spetta agli esperti.
E tanto basta. Termino stigmatizzando di nuovo la totale mancanza di umana pietà di cui in questa occasione hanno dato prova i teorici del radicalismo animalista. I presunti “buoni” si dimostrano spesso e volentieri terribilmente cattivi.