Se ne incontrano tanti.
Sono quelli che non giudicano in base a vaghe impressioni, che non si
lasciano ingannare dalle apparenze. Loro si rapportano
“scientificamente” al reale, sulla base di inoppugnabili dati
statistici.
Ho avuto una discussione con uno di questi signori.
Val la pena di parlare degli “argomenti” che ha tirato fuori dal
cilindro; non perché abbiano una qualche dignità intellettuale,
semplicemente perché sono un campione abbastanza rappresentativo dei
sofismi da quattro soldi che in tanti usano per cercare di convincere
la gente normale che non esiste alcuna relazione fra incremento della
criminalità ed immigrazione fuori controllo.
Numeri
torturati.
Il signore in oggetto ha iniziato presentando un
grafico che relaziona il numero degli omicidi volontari con quello dei migranti. I migranti crescono e gli omicidi
decrescono. L'immigrazione irregolare non c'entra nulla con la
criminalità è stata la conclusione di questo sapientone.
Non
approfondisco le ricerche sul grafico, non mi chiedo in base a quali
criteri gli omicidi vengano o meno definiti “volontari". Non serve
perché in realtà il grafico non dimostra assolutamente NULLA.
Prendiamo due serie di fenomeni, la serie X e quella Y. X
aumenta ed Y diminuisce. La domanda da farsi è: Y
diminuisce GRAZIE o MALGRADO l'aumento di X? Il
numero degli omicidi volontari è diminuito grazie o malgrado
l'aumento della immigrazione clandestina? In Italia le persone nate
all'estero sono circa l'8% della popolazione globale, ma
costituiscono quasi un terzo della popolazione carceraria. Si noti che
nell'otto per cento di cui stiamo parlando sono compresi anche gli
stranieri regolari. Se si restringesse il campo ai soli irregolari la
sproporzione fra il loro numero e quello della popolazione carceraria
sarebbe ancora più clamorosa. In particolare nel 2016 c'erano in
Italia 2028 stranieri e 6781 italiani in carcere per omicidio
volontario (quello del grafico) Insomma, l'8% circa della
popolazione commette quasi un terzo degli omicidi! Con tutta evidenza la diminuzione nel numero degli omicidi è avvenuta malgrado, non grazie all'incremento della immigrazione irregolare. Se questa dovesse diminuire avremmo un calo più che proporzionale degli omicidi. Considerazioni simili, basate su cifre simili, possono farsi per i furti, le rapine, gli scippi e gli stupri.
Non contento di questo exploit il signore in
oggetto ha tirato fuori un altro numero. Il tasso di criminalità
per 100.000 stranieri è inferiore a quello per 100.000 italiani. Su
ogni centomila italiani ci sono più delitti che su ogni centomila
stranieri. Un dato davvero impressionante!
Che però non vale
nulla. In questo caso bisogna infatti porsi due domande:
Prima domanda. Da
quale campione sono estratti i famosi centomila? Se volessimo
analizzare quanti delitti si commettono in Italia ogni centomila
abitanti ed escludessimo dal campione gli abitanti delle regioni col
più alto tasso di criminalità avremmo un risultato significativo?
Se i centomila su cui conteggiare i delitti abitassero tutti nel
centro di Milano il dato avrebbe un minimo di credibilità? NO,
ovviamente. Parlare di “stranieri” è fuorviante perché esclude
dal calcolo i clandestini che, appunto perché tali, sono
difficilmente censibili, o non lo sono affatto. Se si paragonano con
gli italiani gli stranieri regolari non stupisce che non ci siano
variazioni importanti nei tassi di criminalità. Infatti il problema sono i clandestini. Elementare Watson!
Seconda domanda. A quali
delitti si riferisce la cifra? Questo è il punto fondamentale. E' infatti fin troppo evidente che ci sono
crimini che la maggioranza degli stranieri e la totalità degli
irregolari non possono commettere. Penso ai reati finanziari, alla
corruzione, alla concussione o a tutta quella vastissima area di reati che presuppongono la buona conoscenza della lingua italiana (i vari tipi di truffa) o un buon inserimento in certi tessuti sociali (i reati di mafia). Confrontare i delitti per
centomila stranieri con quelli per centomila italiani ha poco senso
se non si depura il numero dei delitti da quelli che sono preclusi o
quasi a molti stranieri ed alla totalità degli irregolari.
Sempre
per puntellare le sue tesi questo signore ha poi sottolineato che le
denunce nei confronti di crimini commessi da stranieri sono diminuite
(ci credo, per quello che servono) o che gli stranieri irregolari
ricorrono meno alle misure alternative al carcere, dimenticando che
queste misure, a mio avviso molto criticabili, riguardano
persone considerate “recuperabili”. Evidentemente molti
irregolari non sono giudicati tali. Infine ha esposto un "argomento" davvero persuasivo: per i reati che prevedono pene più brevi
gli stranieri detenuti sono in numero maggiore degli Italiani. La percentuale di stranieri detenuti cala invece
per i reati che prevedono pene più lunghe. Questo dimostrerebbe che il peso degli stranieri sul tasso di criminalità è scarsamente rilevante.
Dunque, per i reati che prevedono pene fino a 5 anni gli stranieri incarcerati sono in numero maggiore rispetto agli italiani, per gli altri sono ivece in testa gli italiani. Ad esempio per i reati punibili da 10 a 20
anni di reclusione il 10,3% dei detenuti sono stranieri mentre il
17,2% sono italiani. Dati molto interessanti che vanno letti però partendo dalla premessa che la popolazione straniera è pari all'otto per cento della popolazione globale! Gli stranieri che scontano pene dai 10 ai 20 anni sono oltre la metà degli italiani pur essendo l'otto per cento della popolazione globale e questo avallerebbe la tesi che non esiste rapporto fra immigrazione e criminalità! E' proprio vero che se torturi i numeri questi ti dicono quello che vuoi!
Ma
quello che vorrei sottolineare è un altro aspetto della questione. Per i
reati puniti con lunghe pene detentive la percentuale della popolazione
carceraria italiana rispetto a quella straniera è gonfiata dal fatto
che ad oggi sono in carcere italiani che hanno iniziato a scontare la
loro pena dieci, venti o più anni fa, quando ancora non c'era il boom
della immigrazione clandestina. Oggi gli stranieri sono l'otto per cento
della popolazione totale; dieci, venti o trenta anni fa erano molto
meno, quindi non potevano andare ad ingrossare di molto le fila dei
condannati a 20, 30 anni o all'ergastolo. La cosa davvero clamorosa è
che, malgrado questo evidente fattore attenuante, il peso degli
stranieri in carcere sia pari a circa un terzo del totale dei carcerati
Percezioni
e sensazioni.
Non è il caso di continuare. Ho dedicato spazio
agli argomenti di questa persona solo perché, lo ripeto, sono un
campione dell'armamentario propagandistico con cui i media ci
martellano tutti i giorni.
Parlando di cose serie, è vero o non è
vero che non bisogna affidarsi alle sensazioni? Che le impressioni
sbagliano? Che la statistica deve sostituire l'esperienza?
Che
impressioni e sensazioni possano sbagliare, che occorra un approccio
più attento al reale è di certo vero. Ma è menzognero affermare
che le impressioni siano sempre o quasi ingannevoli! La scienza
spiega il reale a livelli profondi, ma non elimina la realtà. La
teoria della gravitazione spiega perché la mela cade, non arriva
alla conclusione che la mela è irreale! La
fisica dei quanti cerca di scoprire cosa c'è sotto e dietro al mondo
macroscopico, ma non dice che il mondo in cui esistono i tavoli ed i
gatti sia un teatro di menzogne.
Soprattutto,
nel campo del sociale, questa contrapposizione fra approccio
“scientifico” e impressioni empiriche è completamente errata. Se
esiste ed è estremamente diffusa la percezione empirica di un certo
fenomeno questo fenomeno esiste. Le statistiche potranno
quantificarlo, aiutarci a meglio comprenderlo, ma, se oneste, non
potranno eliminarlo. Oggi esiste la diffusissima percezione di un
incremento della insicurezza. Su cosa si basa questa percezione?
Forse sulla propaganda dei “seminatori di odio”? Non diciamo
idiozie! La propaganda va oggi, tutta, in direzione opposta. Dal papa
al capo dello stato, dal presidente della repubblica ai presidenti di
camera e senato, passando per il presidente dell'INPS, dai TG alla quasi totalità della carta stampata è tutto un
coro di rassicurazioni. Non esiste alcun rapporto fra immigrazione
irregolare, terrorismo e criminalità; i migranti sono preziose
risorse che ci pagano le pensioni eccetera.
Però la gente non ci
crede. Chi deve attraversare certe zone delle periferie, o viaggiare
in treno o in metro non è tranquillo, e di certo non perché plagiato da Salvini.
La percezione che le
cose non vanno si basa non sulla propaganda, ma sulla esperienza
diretta di milioni di esseri umani. Persone normali che spesso
neppure guardano in TV le trasmissioni politiche, ma che hanno paura
e notano il fatto “strano” che da un po' di tempo a questa parte
le chiese sono presidiate e le piazze circondate da barriere di
cemento.
Una cosa che gli pseudo intellettuali amanti delle statistiche non vedono è che è proprio questa percezione veritiera del reale ad influenzare le statistiche e a spiegare certi dati apparentemente rassicuranti.
La gente vede che la situazione peggiora e si comporta di conseguenza. Esce meno di casa, munisce gli appartamenti di nuove serrature, porte blindate o allarmi elettronici. Le ragazze non girano da sole dopo una certa ora, si prende meno il treno o il metrò, i bambini escono solo accompagnati e tutto questo provoca una moderata contrazione dei reati. Succede per la criminalità qualcosa di simile a quello che succede per il terrosismo. Si ha la percezione del pericolo terrorista, si prendono contromisure e questo attenua la portata del fenomeno. Per il proggressista con le statistiche alla mano tutto questo però dimostrerebbe che "la percezione è sbagliata". Patetico.
Le persone normali non sbagliano quando percepiscono il deteriorarsi della sicurezza. Per convincersi delle loro ragioni non
occorrono statistiche, basta vivere. VIVERE la vita reale, qualcosa
che i pseudo intellettuali “progressisti” disprezzano
profondamente.
Preferiscono i numeri (torturati) e le statistiche
(taroccate).