lunedì 28 marzo 2022

ANCORA SULL'ARTICOLO 11

Quelli che invocano di continuo l’articolo 11 della Costituzione ed il ripudio della guerra ne hanno inventata un’altra. Oltre all’articolo 11 c’è anche l’articolo 52 della costituzione che dice: “La difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino” e questo pone qualche problema a chi sostiene che il famoso articolo 11 vieta in maniera assoluta, sempre e comunque qualsiasi ricorso alle armi. Perché, è ovvio, se la difesa della patria è sacro dovere del cittadino qualche volta qualche arma la si potrà pure impugnare, se costretti, no?
Ma gli ermeneuti del “ripudio della guerra” non si danno per vinti. Ci pensano su ed arrivano alla seguente, fantastica conclusione: L’Italia può ricorrere alle armi solo e soltanto per difendere la SUA indipendenza, non quella di altri paesi. Fantastico! Altro che “sacro egoismo”! Qui siamo all’apogeo, alla assolutizzazione dell’egoismo! Se un certo paese è invaso da un altro, molto più forte e ci chiede aiuto noi non dobbiamo dargli neppure una fionda per difendersi. Noi “ripudiamo” la guerra perbacco, ci interessano solo i nostri confini. E se il paese invasore mette in atto un massacro generalizzato nei confronti della popolazione del paese invaso? In questo caso innalzeremo al cielo soavi conti, urleremo “pace”, sventoleremo bandiere arcobaleno. Molto, molto commovente.
Molti teorici di questo nuovo “sacro egoismo” sono gli stessi che predicano il dovere della assoluta accoglienza, i teorici della “inclusività” assolutizzata. Sono quelli che strillano “solidarietà” tutti i giorni, 24 ore al giorno.
L’Italia accoglie chi fugge dalle guerre, ed anche chi dalle guerre non fugge, ma se degli uomini coraggiosi ci dicono: noi non vogliamo fuggire, vogliamo difendere la nostra terra, la nostra patria, aiutateci, anche indirettamente, noi gli rispondiamo: affaracci vostri, a noi interessano solo i nostri confini. Più “buoni” di così si muore...
Ma, a parte il lieve senso di nausea che provocano simili affermazioni, sono giuridicamente fondate? Ritengo di NO. Vediamo.
L’articolo 11 della Costituzione recita:
“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Sul ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli non si può che concordare. Personalmente mi sembra che il ripudio della guerra come strumento di offesa della altrui libertà implica la condanna delle offese alla libertà di qualsiasi paese e che quindi la carta costituzionale non ci impone di rimanere inerti quando un paese ne aggredisce un altro, ma… tralasciamo.
L’articolo 11 afferma che l’Italia ripudia la guerra anche come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questo, secondo gli amanti del pacifismo un tanto al chilo, ci impedirebbe qualsiasi azione militare, forniture di armamenti comprese, riguardanti altri paesi.
A questi sottilissimi ermeneuti vorrei porre due domande.
1) Fermo restando che se esiste una controversia si deve seguire la via del negoziato, se la parte avversa fa saltare il tavolo, la smette di negoziare, o pone condizioni palesemente inaccettabili e passa alle vie di fatto è consentito rispondere armi alla mano alla sua aggressione? Qualsiasi persona dotata di normali capacità di ragionamento non può rispondere che SI.
2) L’Italia, membro tra l’altro della UE e della Nato, può partecipare solo a negoziati che riguardano se stessa? Può discutere solo, per dire una sciocchezza, su eventuali pretese francesi sulla Valle D’Aosta o può partecipare anche a trattative che riguardino, ad esempio, la Polonia, Ucraina o l’Egitto? Di nuovo, basta fare la domanda per avere la risposta.
L’Italia può partecipare a trattative che non la riguardano direttamente, non mettono in discussione i suoi confini e se quelle trattative falliscono per colpa della parte avversa può partecipare agli sforzi militari conseguenti al fallimento. E’ pura logica questa. E se dalla logica si passa all’empiria, l’Italia è stata militarmente presente in Afghanistan ed in Iraq che non avevano affatto invaso il nostro paese. Che poi le nostre forze non fossero direttamente combattenti non cambia la sostanza delle cose. Si può partecipare ad una azione militare anche indirettamente, mandando sul campo soldati con funzioni limitate, oppure limitandosi ad inviare aiuti militari.
Non mi interessa approfondire il giudizio sulle spedizioni militari italiane, sulla loro efficacia, sulla sottile ipocrisia sottesa al cercare di mascherarle come “azioni di pace”. Quello che mi interessa ribadire è che l’interpretazione che i pacifisti un tanto al chilo danno dell’articolo 11 trasformandolo in una sorta di porta aperta al “sacro egoismo” non sta in piedi.
E tanto basta.

mercoledì 23 marzo 2022

MEMORIA STORICA


La guerra in Ucraina sta diventando qualcosa che molti occidentali proprio non riescono a capire: una guerra di popolo. Una resistenza dura, tenace che unisce la stragrande maggioranza della popolazione e rende agli invasori russi estremamente costosa la sottomissione della nazione ucraina.
Se così non fosse Kiev sarebbe già stata conquistata e Zelen’skyj penderebbe probabilmente da una forca, fra i malcelati gridolini di soddisfazione di qualche occidentale amante della “pace” (preferibilmente quella dei cimiteri).
Gli ucraini NON si vogliono arrendere, questo è il punto. Tanti occidentali amanti della “complessità” forse non lo sanno (e si che sono profondissimi “studiosi”) ma l’Ucraina ha subito un genocidio di dimensioni simili alla Shoah. Si tratta dell’holodomor, il massacro per fame dei contadini ucraini cui il partito comunista sovietico, cioè, in concreto, russo, strappò sino all’ultimo chicco di grano, l’ultima patata, l’ultimo tozzo di pane. Morirono dai 4 ai 7 MILIONI di persone (per inciso, in tempo di PACE), ricomparve il cannibalismo, il granaio d’Europa fu ridotto ad un cumulo di macerie. La criminale politica di Stalin colpì anche i contadini russi, anche se in misura quantitativamente minore e un po’ meno brutale, ma in Ucraina il massacro dei contadini fu accompagnato ed intrecciato con una brutale politica di denazionalizzazione. Fu proibita la pubblicazione delle opere di scrittori e poeti ucraini, cancellati i corsi universitari di lingua e letteratura ucraine, imposta la lingua russa nei libri di testo. Furono chiusi prestigiosi istituti di ricerca, imprigionati ed accusati di “nazionalismo piccolo borghese” migliaia insegnanti, professori, intellettuali. Molti di loro morirono nei gulag. Lo stesso partito comunista ucraino fu sottoposto a purghe spietate perché sospettato di non eseguire con la dovuta fermezza gli ordini staliniani relativi al massacro dei contadini e di essere pervaso da deleteria ideologia nazionalista. Molti suoi leader morirono fucilati, alcuni suicidi.
E non è che dopo le cose cambiarono molto. L’holodomor fu negato sino al crollo del comunismo ed anche dopo. Come le fosse di Katyn divenne qualcosa di cui fino a tempi assai recenti è stato impossibile parlare, qualcosa da rimuovere, dimenticare.
NON dagli ucraini però. Certe cose entrano a far parte della memoria collettiva di un popolo e restano, piaccia o non piaccia la cosa agli angioletti dell’occidente privo di valori forti.
Anche per questo quando ci fu il referendum per l’indipendenza dell’Ucraina questa venne approvata con oltre il 90% dei SI. Venne approvata in TUTTE le regioni del paese, Crimea e Donbas comprese.
Non deve stupire la volontà degli ucraini di RESISTERE. E’ un DATO DI FATTO. I “realisti” invitano sempre tutti a “tener conto” dei dati di fatto. Ebbene, è un dato di fatto che la stragrande maggioranza degli ucraini NON vogliono vivere in uno stato asservito alla Russia di Putin. La cosa può addolorare i “pacifisti”. Non possiamo far altro che dolerci del loro dolore.
Malgrado tutta la retorica della “complessità” le cose sono oggi molto semplici. Possiamo fregarcene della volontà di resistenza degli ucraini, voltarci dall’altra parte e lasciare che gli questi vengano massacrati.
Oppure possiamo aiutarli, con intelligenza, combinando aiuti militari, sanzioni economiche, iniziativa diplomatica, condanna morale, soccorsi umanitari.
A noi la scelta. Ma smettiamola per favore con la vomitevole retorica finto pacifista di cui alcuni sono campioni. Non è vero che non dare armi all’Ucraina fa diminuire i morti, fa solo aumentare i morti ucraini. Se un missile russo sta per colpire un ospedale ucraino i casi sono due: o una batteria antimissile ucraina abbatte il missile russo o questo colpisce l’ospedale.
Questa la realtà vera. Il resto sono chiacchiere.

 

martedì 22 marzo 2022

GUERRA E COSTITUZIONE


“L'Italia ripudia la guerra”.
Così recita l’articolo 11 della costituzione che molti ritengono impedisca al nostro paese di inviare aiuti militari all’Ucraina.
Si tratta però di una interpretazione fatta in chiara malafede. Se avesse un minimo di fondamento se ne dovrebbe concludere che l’Italia non avrebbe potuto a suo tempo aderire alla Nato né, avere un esercito. Se il “ripudio della guerra” diventa proibizione sempre e comunque di partecipare ad operazioni militari perché mai dovremmo avere un esercito?
Basta leggere tutto l’articolo 11 per rendersi conto di quanto siano in cattiva fede (o molto diversamente intelligenti) coloro che oggi lo usano “pro domo propria”.
L’articolo nella sua interezza recita:
“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.
L’Italia quindi ripudia la guerra come strumento di offesa alla altrui libertà. Un governante italiano che si comportasse come Putin si porrebbe in automatico fuori dalla costituzione, ma da ciò non segue che l’Italia debba rinunciare alla difesa militare propria o ad aiutare quella altrui.
L’Italia inoltre ripudia la guerra come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” il che vuol dire, con tutta evidenza, che se c’è una controversia l’Italia cerca di risolverla con il metodo della trattativa. Da questo però non segue che se l’altra parte fa saltare il tavolo e ti manda in casa i carri armati tu sia obbligato a pigolare “pace”. Inoltre l’ultima parte del famoso articolo 11 consente all’Italia di aderire ad “ordinamenti” che assicurino la pace e la giustizia. Quale ordinamento può assicurare a livello internazionale la pace e la giustizia? La risposta è di una evidenza palmare: una alleanza militare.
Del resto, per chi avesse ancora dei dubbi, val la pena di ricordare che non esiste solo l’articolo 11 della costituzione. Esiste anche l’articolo 52 che recita:
“La difesa della Patria e' sacro dovere del cittadino. Il servizio militare e' obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”.
La difesa della patria, è SACRO dovere del cittadino, e la patria non si difende con i palloncini colorati ed i gessetti, si difende, quando purtroppo diventa necessario farlo, anche con le ARMI. Infatti lo stesso articolo 52 stabilisce la obbligatorietà del servizio militare ponendo in questo modo un chiaro collegamento fra uso della forza militare e difesa della patria. Capito signori costituzionalisti da strapazzo?
A suo tempo furono i comunisti ad usare l’articolo 11 come argomento contro l’ingresso dell’Italia nella NATO. Mentre in tutti i paesi dell’est l’armata rossa imponeva ad interi popoli regimi monopartitici, dittature prive di qualsiasi legittimazione elettorale, in Italia gli amici di Stalin volevano un paese praticamente disarmato e non inserito in alcun sistema di alleanze.
Sono molto simili a loro gli attuali amici, di Putin. Mentre un paese ne massacra un altro cinguettano: pace! Ed aggiungono: né con Putin né con la NATO. Il che equivale a nei fatti ad essere CON PUTIN, favorirne la totale vittoria.
Così i fieri sostenitori della costituzione interpretata a loro uso e consumo potranno godersi la LORO pace. Fino alla prossima aggressione.

 

sabato 19 marzo 2022

IL NUOVO RASPUTIN

 


Il tour italiano del sovranista russo Dugin organizzato da gruppi  neofascisti con la presenza di vertici Rai. Che però smentiscono - La Stampa


“Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale. È un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto nel globalismo – unipolarismo, atlantismo, da un lato, e liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia, Grande Reset in una parola, dall’altro. È chiaro che tutti i leader europei fanno parte dell’élite liberale atlantista”.


Chi scrive queste parole? Le scrive in un articolo rinvenibile nella sua pagina facebook, Alexandr Dugin, il filosofo ufficiale della Russia di Putin. E dalle sua parole si evince immediatamente cosa sia in gioco nel periodo tragico che stiamo attraversando. Il problema non è, cosa evidente sin dal primo momento, il Donbas, o l’ingresso nella Nato dell’Ucraina, o l’Ucraina stessa. Il problema è l’occidente, soprattutto il problema è il liberalismo dell’occidente che questo novello Rasputin identifica con l’anti tradizione, la tecnocrazia, il grande reset eccetera eccetera.
“L’Occidente moderno”, prosegue il filosofo “è la cosa più disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né il Medioevo cristiano, e nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. È un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è anti-civilizzazione”.
L’occidente è la non civiltà dei Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg, notare le origini ebraiche. L’occidente si identifica con gli Zuckerberg e questi con il marciume, la degenerazione, la non civiltà. A parte le scarse simpatie che ognuno di noi, compreso chi scrive, può avere per Zuckerberg e Soros, è semplicemente incredibile che siano queste persone ad essere indicate quale simbolo di ciò che di peggio esiste nella storia dell’occidente. Mentre identifica con l’anti civilizzazione il globalismo degli Zuckerberg, Dugin guarda con malcelata simpatia al ventesimo secolo, “violento e contraddittorio”. Dimentica che le figure centrali di questo secolo sono Adolf Hitler e Giuseppe Stalin, due simpaticoni che hanno sulla coscienza alcune decine di milioni di morti. E nel momento stesso in cui condanna il globalismo mercatista ed il libero scambio Dugin non ha nulla da dire sulle società chiuse e su ciò che le caratterizza: la soppressione delle libertà personali, il declino economico, l’eliminazione del dissenso politico, le persecuzioni di artisti, filosofi ed intellettuali. Inorridisce di fronte a McDonald’s ma non dice una parola sui lager e sui gulag. E dimentica quel fenomeno secondario del nostro tempo che si chiama fondamentalismo islamico. Le adultere lapidate e gli omosessuali impiccati sono poca cosa se paragonati ad Amazon e Facebook. Dulcis in fundo, la fiera condanna del mercato globalista non lo spinge a pronunciare alcuna parola non dico di condanna, ma di critica nei confronti di quella strana mistura di capitalismo e gangsterismo che prospera nella santa Russia. Il denaro è sterco del demonio solo se appartiene a qualche cattivone ebreo…

Dugin contrappone a quella non civiltà che sarebbe l’occidente, l’occidente vero, l’occidente cristiano, greco-romano, mediterraneo, europeo. La Russia si collega a questo occidente, un occidente premoderno, spirituale, nemico del materialismo e della tecnologia. Nemico, soprattutto, del liberalismo. Perché è lì l’origine di ogni male: il liberalismo, con la sua esaltazione dell’individuo e dei suoi diritti, dello scambio, del mercato. Per fortuna, sospira Dugin, la Russia non è contaminata da questo mostro: “il liberalismo in Russia sta perdendo il terreno sotto i piedi” afferma, e prosegue: “La Russia è sorta per difendere i valori della Tradizione contro il mondo moderno. È proprio quella rivolta contro il mondo moderno”.
Dunque il “vero occidente” non ha nulla a che fare con tradizione liberale, molto interessante. Peccato che sia una tradizione che va da Kant a Ralws, da Locke ad Hayek, da Spinoza a Mill, da Adam Smith ad ad Isaiah Berlin, da Hume a Popper. Tutta robaccia, anti cultura.
Ne prendiamo atto. Però… però alcuni aspetti centrali del pensiero liberale, alcuni valori di quella anti cultura che sarebbe il liberalismo, sono presenti in un po’ tutta la storia del pensiero, attraversano come un fiume carsico la storia della filosofia anche in periodi ben antecedenti al sorgere del liberalismo vero e proprio.
Il dialogo socratico, la ricerca razionale della verità che avanza nel libero confronto delle idee, cosa è se non un’anticipazione della moderna libertà di pensiero e ricerca? L’evangelico “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” anticipa l’imperativo categorico kantiano, così come il “date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” è in fondo una prima teorizzazione della divisione dei poteri fra autorità politiche e religiose.
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità” . Questo recita la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, un paese che Dugin detesta. Ma questa dichiarazione è stata in qualche modo anticipata da un’altra, secondo cui tutti gli esserti umani sono figli di Dio e, proprio per questo, dotati di pari dignità (anche se non, allora, di pari diritti e doveri fondamentali).
Tutto l’appello di Dugin alla tradizione è in realtà un appello monco, si rifà ad un occidente privo delle sue migliori caratteristiche, un occidente caratterizzato da uno spiritualismo nemico dell’autonomia della ragione. Nella migliore delle ipotesi l’occidente dei tribunali della Santa Inquisizione, nella peggiore l’occidente della deriva irrazionalista da cui sono nati i grandi totalitarismi dello scorso secolo.
In realtà il cupo misticismo di Dugin contrasta anche con quanto di meglio la grande cultura russa ha saputo creare.
Dostoevskij è un critico radicale dell’occidente, ma la sua parabola del grande inquisitore in quel capolavoro assoluto che è “i fratelli Karamazov” è una splendida esaltazione della libertà. Ed un grandissimo russo come Solzenicyn, anch’egli critico di molto aspetti della civiltà occidentale, nel primo libro di “Arcipelago Gulag” (a proposito, lo si trova nelle librerie russe?) sottopone a critica spietata il codice penale staliniano, e lo fa riferendosi alle tanto disprezzate libertà formali del decadente occidente.
Si potrebbe continuare ma non ne vale troppo la pena. I richiami di Dugin al “miglior occidente” altro non sono che riproposizione degli aspetti meno condivisibili, comunque più discutibili, della cultura occidentale. E si basano tutti su un volgare equivoco. Dugin altro non fa che sostituire all’occidente la sua attuale degenerazione politicamente corretta. Confonde la malattia col corpo che la malattia sta infettando. Poi contrappone a questo occidente, identificato col male che lo corrode, una civiltà alternativa che altro non è che una forma di neotribalismo negatore dei diritti personali e della democrazia, della libera ricerca come dello sviluppo economico e tecnologico.
Dugin mette tutto nello stesso sacco: il globalismo che nega la rilevanza delle differenze e l’universalismo democratico e liberale, La pari dignità fra le persone indipendentemente dal sesso e dalle preferenze sessuali e l’utero in affitto, l’economia di mercato e gli eccessi di una finanza priva di limiti. In questo modo si trova paradossalmente ad essere assai vicino ai peggiori sostenitori del politicamente corretto. L’occidente è nemico della natura, la sua storia è riconducibile a razzismo e prevaricazione, la sua politica è biecamente imperialista. Forse non c’è troppa differenza fra Dugin ed i fanatici del BLM.

Sono però le conseguenze politiche dei suoi filosofemi ad apparire particolarmente gravi.
Riferendosi alla guerra in Ucraina Dugin afferma:
“...tutti capiranno il significato della moderna guerra in Ucraina.
Molte persone in Ucraina lo capivano. Ma la terribile propaganda rabbiosa liberal-nazista non ha lasciato nulla di intentato nella mente degli ucraini. Torneranno in sé e combatteranno insieme a noi per il regno della luce, per la tradizione e una vera identità cristiana europea. Gli ucraini sono nostri fratelli. Lo erano, lo sono e lo saranno”.

Gli ucraini erano vicino alla luce, ma la propaganda liberal nazista (si, proprio così, il liberalismo è equiparato al nazismo) li ha spinti verso il buio. Per fortuna arrivano i loro fratelli russi che, aiutandosi con missili, bombe e carri armati, li riportano verso la luce. E la guerra in Ucraina non è qualcosa di isolato, un mero accidente passeggero, no. A fronte della aggressività del liberal nazismo afferma Dugin, “La Russia sta creando un campo di resistenza globale. La sua vittoria sarebbe una vittoria per tutte le forze alternative, sia di destra che di sinistra, e per tutti i popoli. Stiamo, come sempre, iniziando i processi più difficili e pericolosi”. Insomma, la guerra in Ucraina è la prima tappa di uno scontro di civiltà. Luce contro tenebre, spirito contro materia, angeli contro demoni. Da tempo non si vedeva nella cultura europea un tale revival di gnosticismo manicheo.
Dugin piace a molti occidentali non troppo forti di mente. La sua critica all’occidente trova adepti fra quanti non ne possono più del gender e del misticismo ecologico, dell’immigrazionismo senza limiti e della negazione delle differenze. Proprio per questo va contrastato in maniera netta, radicale, senza concessione alcuna.
Dugin non è il rimedio, è il male. Il suo volto ascetico, la barba che ricorda quella si Solzenicyn possono far presa ma espressione ascetica e barba fluente non sono in quanto tali segno di saggezza. In “Reparto C” proprio Solgenicyn scrive che una fluente capigliatura bianca può cingere la testa dei geni come quella degli imbecilli. Dugion non è di certo un imbecille, probabilmente conosce la filosofia, di certo non è un esempio da seguire. Le sue farneticazioni non ricordano i grandi della cultura russa. Piuttosto un monaco malefico: Grigorij Rasputin.

 

DENAZIFICARE




Nello stadio che ieri ha ospitato l’adunata oceanica di Putin campeggiava una scritta: Liberare il mondo dal nazismo.
Così è il mondo, non solo l’Ucraina a dover essere “denazificato”, buono a sapersi. Se consideriamo che Putin ha in comune coi suoi illustri antenati comunisti il vezzo di definire “nazista” chiunque la pensi in maniera diversa da loro il quadro è completo.
Pochi giorni fa Zelen’skyj aveva affermato che l’Ucraina può rinunciare ad entrare nella Nato. “Tanto ci voleva!” hanno esclamato gli ipocriti pseudo pacifisti italici. Se il comico avesse accettato subito si sarebbero risparmiati tanti lutti…
Ieri è arrivata la risposta di Putin. Nessun accenno alla Nato ed alla “neutralità” ucraina, ma un discorso dai toni semi biblici, la affermazione perentoria: “raggiungeremo tutti i nostri obiettivi” e l’accusa agli ucraini di perpetrare un “genocidio nel Donbass.
Per la cronaca Putin usa, mutatis mutandi, gli stessi argomenti usati da Hitler durante la crisi dei Sudeti. Come gli ucraini nel Donbas i cecoslovacchi stavano “massacrando” i tedeschi nella regione dei Sudeti. I tedeschi del Reich dovevano aiutare i loro fratelli nei Sudeti esattamente come oggi i russi sono chiamati a difendere i loro fratelli nel Donbas. La Cecoslovacchia era uno stato artificiale, creato dalle demoplutocrazie esattamente come l’Ucraina sarebbe oggi una non- nazione usata cinicamente dall’imperialismo americano.
Il quadro è molto chiaro, direi. Putin non vuole negoziare, non vuole una Ucraina neutrale ma davvero indipendente, vuole nel migliore dei casi uno stato fantoccio, nel peggiore la pura e semplice annessione dell’Ucraina. Non vuole solo vincere, vuole stravincere.
Ed è chiaro che l’unica scelta a disposizione di chi non ci sta a subire un simile ricatto è quella di aiutare gli ucraini a resistere, perché solo in questo modo si può imporre a Putin una trattativa vera, un accordo di pace che, senza essere, purtroppo, una vittoria degli ucraini, sia qualcosa di diverso da una pura e semplice resa senza condizioni.
C’è in Italia chi si augura una simile resa. Oltre agli amici dichiarati di Putin, su cui non val la pena di spendere parole, se la augurano i cosiddetti “realisti”. La resa, anche incondizionata, porta alla pace, e la pace è il bene più grande. Questa la loro tesi. Quindi, chi se ne frega se gli ucraini devono subire una ingiustizia enorme? Chi se ne frega se saranno massacrati, visto che si ostinano a resistere? Anche il rifiuto di arrendersi degli ucraini è un dato di fatto di cui ogni vero realista dovrebbe tener conto, ma di questo dato di fatto i “realisti” un tanto al chilo che impazzano in rete se ne fregano. Per loro l’unico dato di fatto che conta è il delirio di onnipotenza di Putin. Se gli ucraini resistono e sono massacrati… beh… se la sono cercata. Noi siamo per la “pace” perbacco!
Ma, davvero la resa incondizionata porta alla pace? Ormai dovrebbe essere chiarissimo: NO. La resa dell’Ucraina avvicinerebbe crisi e guerre più grandi. Putin ha mire sulla Moldavia, sulla Finlandia, sulla stessa Polonia. Lo ha detto più volte e sarebbe ora che gli occidentali democratici prendessero sul serio le parole dei dittatori. A suo tempo Hitler scrisse chiaramente, nel “Mein Kampf” quali erano i suoi obiettivi. I “saggi” governanti dell’occidente considerarono pura propaganda le sue parole. Sappiamo come sono andate a finire le cose.
La pace può essere conservata solo se il neo imperialismo di Putin viene contenuto, se l’occidente ritrova la sua compattezza, abbandona le follie nichiliste del politicamente corretto e ritrova unità intorno ai suoi valori fondanti.
E’ una strada difficile ma è al momento l’unica percorribile.

 

venerdì 18 marzo 2022

NEUTRALITA'


Si parla di una soluzione della guerra in Ucraina. La parola chiave è “neutralità”. L’Ucraina dovrebbe diventare una sorta di Svizzera est europea, un paese fuori dai conflitti, neutrale e con un esercito di dimensioni ridotte. Sembra molto ragionevole come soluzione del conflitto. Se Zelen’skyj lo avesse accettato subito quanti lutti sarebbero stati risparmiati! In ogni caso, è inutile piangere sul latte versato. La neutralità va accettata, ora, subito. Mi sembra di udire gli strilli dei pacifinti: se Zele’skyj non accetta dimostra di essere un folle, no, un nazista, meglio ancora: un nazista folle.
Lasciamo perdere le polemiche sul “latte versato”. Qualsiasi persona intellettualmente onesta capisce benissimo che se una trattativa vera ci sarà sarà stata la resistenza degli ucraini a renderla possibile. Se Zelen’skyj avesse accettato i consigli dei vari Capuozzo o Liguori l’Ucraina semplicemente non esisterebbe più come entità autonoma. Punto.
Vale invece la pena di spendere qualche parola sulla famosa “neutralità”.
In effetti non ci sarebbe nulla di terribile per gli ucraini se accettassero che il loro paese diventasse una sorta di Svizzera, però… però la Svizzera non è stata obbligata da nessuno, armi alla mano, ad essere neutrale. La Svizzera non ha dovuto subire due invasioni in otto anni, nessun paese straniero la ha amputata del suo territorio per imporle la neutralità. Soprattutto, la Svizzera non confina con un paese molto più forte militarmente di lei il cui capo potrebbe, da un momento all’altro decidere che la sua neutralità non è abbastanza “neutrale”, quindi invaderla per la terza volta.
Putin ha letteralmente trasformato in carta igienica tutti i trattati riguardanti l’ucraina. Non ha tenuto in alcun conto il referendum del 1991 sull’indipendenza di quel paese, ha strappato il memorandum di Budapest del 1994, con cui l’Ucraina restituiva alla Russia 1900 testate nucleari in cambio del riconoscimento della sua indipendenza e della sua integrità territoriale (Crimea e Donbas compresi), infine invadendo l’Ucraina ha clamorosamente violato gli accordi di Minsk del 2014. Mi sembra che se gli ucraini manifestano perplessità sulla “neutralità” hanno ottime ragioni per farlo. Chi garantirà la sicurezza di una Ucraina neutrale? Questo è il punto. Perché senza solide, solidissime garanzie di sicurezza l’Ucraina NON sarebbe neutrale, sarebbe solo asservita in tutto e per tutto a Mosca, soggetta a tutti i suoi ricatti, uno stato fantoccio.
Ovviamente spetta agli ucraini, e solo a loro decidere se e quanto cedere della loro autonomia per evitare guai maggiori. Ma, per favore, i sostenitori della resa (che loro chiamano pace) ci risparmino i gridolini di stupore e di indignazione se la scelta di un popolo martoriato non fosse conforme ai loro desideri.

 

mercoledì 16 marzo 2022

ARMATA BRANCALEONE

 


Zelen’skyj afferma che l’Ucraina non può entrare nella Nato e subito si alzano gli strilli degli amici di Putin.
“Tanto ci voleva?” esclamano. “Se il comico avesse fatto subito questo gesto si sarebbero risparmiati tanti lutti”. Insomma, la colpa del tutto è sua, Putin invece è tanto bravo.
Però… però ogni paese ha diritto di aderire al sistema di alleanze che vuole. L’unica richiesta russa ragionevole sarebbe stata che l’Ucraina non installasse sul suo territorio missili offensivi. Nessuno ha mai cercato di installare tali missili, il che rende ridicoli i paragoni fra la crisi attuale e quella di Cuba nel ‘62. Tutto il resto è pirateria internazionale, compresa la richiesta di non adesione alla Nato. Il fatto che Zelen’skyj ceda su questo punto non elimina il carattere piratesco della richiesta russa. A volte si è costretti a cedere ai pirati, purtroppo.
Ma questi sono in fondo semplici dettagli, chiacchiere, cose di poco conto. Si, chiacchiere e dettagli, perché Putuin ha già risposto picche alla apertura di Zelen’skyj, dimostrando in questo modo che il vero problema NON è, NON è MAI stato quello della adesione dell’Ucraina alla Nato, né, meno che mai, quello del Donbass.
L’obiettivo di Putin è di ridisegnare i confini fra Russia ed occidente, ricostituire il vecchio impero sovietico. L’esistenza di una Ucraina indipendente, anche se mutilata di alcuni territori, non quadra con questo obiettivo, per questo Putin mira a ridurre l’Ucraina al ruolo di stato fantoccio. E dopo l’Ucraina toccherà a qualcun altro.
Trovo francamente incredibile, e tristissimo, che tante persone vicine al centro destra non capiscano una cosa tanto semplice e lascino al PD il privilegio di difendere il principio democratico e liberale dell’autodeterminazione dei popoli.
Ed ora si trovano, queste persone, in una armata Brancaleone che va da Noam Chomsky a Massimo Fini, da Diego Fusaro a Marco Rizzo, da Massimo D’Alema a Vittorio Feltri.
Una armata Brancaleone dietro a cui si nascondono le armate vere, quelle di Putin.
Tanti auguri cari ex amici! Io in quella armata NON ci voglio entrare.
Punto e basta.




martedì 15 marzo 2022

E' REALISTICA LA RESA SENZA CONDIZIONI?

 

Ho sentito dire molto spesso, in questi giorni, la seguente frase: “dobbiamo tener conto dei dati di fatto, essere realisti.”.
Certo, dobbiamo tener conto dei dati di fatto, e l’invasione della Ucraina è un dato di fatto, non ci piove. E allora, accettiamolo questo dato di fatto! Gli ucraini si arrendano e noi avremo riconquistato ciò a cui teniamo più di ogni altra cosa: la “normalità”. Gli Ucraini perdono la libertà e noi possiamo tornare a discutere di green pass ed elezioni amministrative. La cosa sarà moralmente ripugnante, ma occorre essere realisti perbacco!
Ma, valutazioni morali a parte, è davvero “realista” un simile modo di affrontare il problema? Vediamo.

In primo luogo c’è un altro dato di fatto, oltre a quello della invasione: la volontà degli ucraini di RESISTERE. Possiamo strillare, dare “saggi” consigli, saltellare, ma quelli sono davvero testardi e di perdere la loro libertà non hanno nessuna voglia, neppure per garantire la nostra “normalità”. Quindi resistono e a noi resta la scelta imbarazzante: li aiutiamo, ovviamente in maniera non avventurista? O non li aiutiamo? E va da se che non aiutarli vuol dire aiutare i loro boia.
Ma, per la seconda volta tralasciamo la morale, tratteniamo i conati di vomito e facciamo la scelta di NON aiutarli. Questo sacrificio restituirà al mondo una pace sicura? Ci darà davvero la tanto sospirata “normalità”? Basta fare la domanda per avere la risposta. E la risposta è NO.
Per almeno due motivi.

Il primo è che non sta scritto da nessuna parte che il caro Putin si accontenterà dell’Ucraina. Già ora parla della Moldavia, degli Stati baltici, addirittura della Polonia. Se vince a mani basse in Ucraina allargherà sicuramente le sue pretese. Il suo fine chiarissimo è la ricostituzione del vecchio impero sovietico, e prima zarista. E se ottiene ciò che vuole in Ucraina sarà spinto a chiedere ancora di più. Valuterà che un occidente debole e diviso non è in grado di opporsi efficacemente alle sue pretese. E alzerà la posta.
E, oltre a Putin, e molto più pericoloso di lui, c’è il gigante asiatico che da lungo tempo non nasconde le sue mire egemoniche sull’intera area orientale e le sue pretese su Taiwan.

Il secondo motivo è che, con tutta probabilità, la vittoria di Putin NON porterà la pace in Ucraina. Piaccia o non piaccia ai “saggi” pacifisti, gli ucraini continueranno a combattere. Anche QUESTO è o potrà essere un dato di fatto. Gli occidentali “realisti” pensano che se i russi fanno fuori un bel po’ di ucraini e magari impiccano l’odioso comico loro capo le cose si aggiustano e noi torniamo a goderci la "normalità". Ma le cose possono assumere una piega ben diversa. I russi vincitori non potranno controllare un paese vasto e popoloso come l’Ucraina e saranno infognati in un Afghanistan europeo. Una situazione lontana anni luce dalla stabilità.
Quindi, cari “saggi”, cari “realisti”, non fatevi illusioni. La sconfitta dell’Ucraina NON porterà nessuna “normalità”. La possibile impiccagione di Zelen’skyj potrà dare brividi di soddisfazione a qualche occidentale “saggio” ma farà del comico un eroe del suo popolo. E tutti noi dovremo goderci le delizie di una guerra di guerriglia ai confini dell’Europa e della NATO.

Conosco l’obiezione: che fare allora? Andare verso la guerra atomica?
Ovviamente si tratta di una opzione folle, da rifiutare, ma francamente non credo che sia minimamente realistica. Putin non è affatto un folle, non persegue la strategia del "muoia Sansone con tutti i filistei", mira piuttosto a far vincere Sansone e a sterminare i "filistei". Ha da tempo elaborato i suoi piani e ora li persegue basandosi sulla convinzione, non campata in aria, che l'occidente debole e diviso non sia in grado di contrastarli efficacemente. I richiami alle armi atomiche sono con tutta probabilità un bluff. che l'autocrate del Cremlino usa in maniera criminale per terrorizzare le pubbliche opinioni dell'occidente e costringere i governi occidentali a cedere.
E se non  fossero un bluff? Se davvero non lo fossero ci sarebbero mille ragioni di più per bloccarlo subito,l'autocrate, bloccarlo ora, quando l’area di crisi è ancora ridotta, prima che diventi troppo forte ed incontrollabile.
E’ realistico oggi aiutare l’Ucraina, NON con avventuristici interventi militari, ma fornendo a chi combatte per la sua terra il supporto necessario ed intensificando al massimo sanzioni, attività diplomatica e mobilitazione popolare. Per isolare la Russia. Non è vero che l'Ucraina sia già sconfitta. Se debitamente aiutati gli ucraini possono realisticamente conquistare il tavolo per una trattativa VERA che assicuri loro NON la vittoria ma una sopravvivenza decente.
E’ difficile una cosa simile? Si, ma non è impossibile; ed è realistica. Chi la persegue è molto più realista di chi pensa che resa senza condizioni di un popolo possa assicurare pace e stabilità al mondo.

lunedì 14 marzo 2022

TRE TIPI DI GLOBALIS


Ci sono sostenitori di Putin intellettualmente più seri di coloro che invitano, rabbiosamente o con parole suadenti, gli ucraini alla resa senza condizioni. Sono tutti coloro che vedono in Putin il campione dell’anti globalismo, l’uomo che oppone alla innegabile decadenza culturale dell’occidente i valori della tradizione e della spiritualità.
Tralascio, per non allargare a dismisura il discorso ogni richiamo alla decadenza culturale dell’occidente ed alla spiritualità contrapposta al materialismo. Ci sarà tempo per tornare su questi importanti argomenti. Mi limito ora a fare alcune considerazioni sul presunto anti globalismo putiniano.
Semplificando telegraficamente il discorso, si possono individuare tre tipi di globalismo.
Il globalismo democratico e liberale, che è meglio chiamare col suo vero nome: universalismo.
Tutti gli esseri umani, per il solo fatto di esser tali, hanno pari dignità e devono godere degli stessi diritti fondamentali. Questi diritti non si limitano ai soggetti individuali ma si estendono a quelli sovra individuali, riguardano i popoli e le nazioni.
Ogni nazione ha diritto all’autodecisione. Le relazioni fra stati e nazioni non devono basarsi sulla violenza. I vari stati intrattengono relazioni di ogni tipo fra loro: commerciali, politiche, culturali, turistiche. Esistono, regolati dalla legge, normali processi di immigrazione ed emigrazione. Ogni popolo è sovrano in casa propria, ma nessuno è una monade senza finestre sul mondo; tutti dialogano con tutti a partire dalla affermazione della propria identità.
L’universalismo democratico e liberale è in fondo una idea regolativa. Non esiste né è mai esistito in forma compiuta ed è probabilmente irraggiungibile nella sua forma pura. Ma è possibile avvicinarsi ad esso.
Il globalismo mondialista.
Popoli, stati e nazioni sono anticaglie del passato. Le differenza fra culture e civiltà, quando esistono, non sono essenziali. Gli esseri umani o interi popoli possono tranquillamente spostarsi dove credono perché il mondo è un’unica area unificata in cui confini e frontiere possono al massimo avere una funzione di controllo amministrativo degli spostamenti. Governi e parlamenti dei vari stati devono cedere quote sempre maggiori di sovranità ad organismi internazionali non eletti da nessuno.
Il fine ultimo del globalismo mondialista dovrebbe essere un governo unificato del pianeta. Anche questa è, a ben vedere le cose, una idea regolativa, ben lontana dall’essere realizzata. Molti occidentali però cercano da tempo di metterla in atto. Quanto al suo realismo… basta guardare cosa sta succedendo in Ucraina per poterlo adeguatamente valutare.
Il globalismo nazional imperialista.
Questo tipo di globalismo riconosce l’esistenza di stati e nazioni, ma pretende che un certo stato eserciti una preminenza egemonica, o addirittura un assoluto dominio, su molti altri, in prospettiva sull’intero pianeta.
Si tratta ancora una volta di una idea regolativa che però molti hanno cercato di realizzare. Provocando tragedie di immani dimensioni.
Hitler era a modo suo un globalista, anzi, un mondialista. Riconosceva, l’esistenza, ad esempio, degli slavi, ma solo per teorizzarne la naturale sottomissione ai tedeschi “ariani”; il fatto che gli ebrei esistessero era la sua autentica ossessione paranoica, per questo voleva cancellarli dalla faccia della terra.
Anche Stalin era, sempre a modo suo, un globalista – mondialista. Certo, non parlava di dominio dei “russi” ma di unificazione del proletariato mondiale, ma sarebbe stato il suo paese ad unificarlo, e nel suo paese erano i russi l’avanguardia del bolscevismo comunismo. Superato l’internazionalismo dottrinario di Lenin e Trotzkij Stalin opera una fusione perfetta di comunismo ed sciovinismo grande russo. Le nazionalità oppresse dell’ex impero zarista ed i popoli dell’est Europa dovranno così subire un doppio tipo di oppressione: quella socio politica del comunismo e quella nazionale.
Ed è, almeno oggi, un nazional imperialista Putin.
Putin non può esser definito comunista, anche se mantiene in Russia, a livello politico, molto del comunismo staliniano. Putin tuttavia considera una tragedia il disgregarsi dell’impero sovietico e cerca da tempo di ricostruirlo. La tragedia ucraina è parte essenziale di questa sua strategia.
Personalmente mi sento vicino, anzi, vicinissimo al primo tipo di globalismo, detesto il secondo e detesto con ancora maggior forza il terzo.
Un democratico liberale è per il dialogo, la relazione fra le identità, ed ovviamente rivendica il diritto di criticare, anche aspramente, ciò che nella varie identità contrasta con la affermazione della pari dignità di tutti gli esseri umani.
Non può che contrastare il mondialismo astratto di chi pensa che le persone siano entità prive di radici culturali, nazionali, linguistiche, religiose.
Deve avversare con tutte le forze le pretese di chi intende unificare il mondo, o sue vaste aree, sotto l’egemonia, comunque mascherata di questa o quella nazione.
Per questo un democratico liberale, nemico del globalismo che pretende di annullare ogni differenza, non può che essere oggi radicalmente avverso alla Russia di Putin (non alla Russia in quanto tale, non alla grande cultura russa). E non può oggi che schierarsi con l’Ucraina che lotta per l’indipendenza. Senza se e senza ma.




 

venerdì 11 marzo 2022

FINTA SAGGEZZA

C’è in questi giorni, soprattutto, ma non solo in rete, quasi una pandemia di inviti alla saggezza.
Non si deve essere manichei, ammoniscono molti intellettuali. E proseguono: torti e ragioni non stanno mai tutti da una parte sola, non esistono gli angeli ed i demoni, bisogna studiare le situazioni, risalire alle cause storiche di quanto sta avvenendo. E, insieme a questi accorati appelli, gli inviti al dubbio socratico. Non prendiamo subito per buono ciò che dicono i media, analizziamo, controlliamo. Guardiamo le cose da tutti i punti di vista… e via approfondendo.
Nobili parole senz’altro. Ed anche piuttosto scontate.
Personalmente non mi fido troppo dei media ufficiali, al contrario. E, quale persona dotata di un minimo di buon senso può ritenere che non valga la pena di approfondire le cose, vedere quali sono le cause storiche di certe situazioni? Quanto al dubbio socratico… ben venga: è una delle radici della nostra civiltà.
Però… però c’è qualcosa che stona in questi accorati appelli. Si, stona, e molto. Perché gli stessi che invitano al dubbio, all’approfondimento dimostrano di non avere dubbio alcuno su molte cose essenziali.
Invitano tutti a non prender per oro colato ciò che dicono i media, ma prendono, LORO, per oro colato ciò che dice la propaganda russa.
Denunciano l’espansione ad est della NATO dimenticando il piccolo particolare che sono stati i paesi dell’est a chiedere a gran voce di poter aderire al patto atlantico. I popoli di quei paesi sanno bene quanto sia pericolosa la vicinanza con l’orso russo.
Hanno trasformato i moti popolari in Ucraina del 2014, con la conseguenti invasione della Crimea e l’inizio di una guerriglia separatista nel Donbass, in un “colpo di stato”, usando addirittura le stesse parole della propaganda putiniana.
Invitano a studiare la storia e cancellano dalla storia un fatto gigantesco come l’holomodor, il massacro di alcuni MILIONI di contadini ucraini e la denazionalizzazione brutale dell’Ucraina da parte dei comunisti russi.
Per dirla tutta: il loro è un mondo rovesciato, uno strano mondo in cui l’Ucraina non è aggredita ed invasa. E, se è lecito avere dubbi socratici sul mondo, lo è mille volte di più, averne sul mondo rovesciato.
Ma, a parte ogni ritorsione polemica, è vero che non ci si debba mai schierare? Che sempre, in ogni caso si debba solo osservare e dubitare? Come concluse lo stesso Cartesio, che di dubbi se ne intendeva, il dubbio su tutto è autodistruttivo. Chi dubita sempre, su ogni cosa, distrugge la sua stessa capacità di dubitare.
E non prender posizione è in fondo uno schierarsi. Chi oggi dice: “né con Putin né con la Nato” in realtà si schiera. Si schiera contro ritiene che gli ucraini abbiano il sacrosanto diritto di difendersi, e noi il dovere di aiutarli.
Per venite a cose meno teoriche e più tragicamente concrete, ci si doveva o no schierare nel 1939 quando le armate di Hitler invasero la Polonia? Certo, anche allora si poteva e doveva approfondire, analizzare. Si potevano evidenziare gli errori delle democrazie occidentali, condannare le incertezze, le ambiguità l’ipocrisia ed il cinismo di molte loro politiche; ma, fatto tutto questo, si doveva o non si doveva dire: io sto con la Polonia? Quando i polacchi tentarono una disperata difesa contro le panzer division naziste cosa si doveva fare? Invitarli alla resa ed iniziare un dottissimo dibattito sulla storia europea negli ultimi 100 anni?
E quando cominciarono a circolare in Europa le tragiche notizie sul massacro di milioni di ebrei quale doveva essere il compito di ogni persona civile? Discutere sul senso dell’essere? Dibattere sulla storia dell’ebraismo? Mormorare che i torti e le ragioni non stanno mai tutte da una sola parte?
Forse i torti e le ragioni non stanno sempre e tutti da una sola parte, ma ci sono situazioni in cui la grandissima parte di ragioni e torti stanno da una sola parte. E non c’è nulla di “saggio”, nulla di “ragionevole” nel rifiutarsi di riconoscerlo.
Dietro a tanta saggia ragionevolezza c’è molto spesso solo, tanta, tantissima ipocrisia. Chi non vuole scegliere in realtà sceglie. E spesso, molto spesso, sceglie la parte sbagliata. Come oggi a proposito della brutale aggressione di cui è fatta oggetto la nazione ucraina.


 

giovedì 10 marzo 2022

ARMI A PUTIN!

 

Lo ho letto tempo fa in FB: “Speriamo che Putin conquisti alla svelta Kiev così la smettiamo con questa menata di guerra”.
Nobili parole, che più o meno esprimono il pensiero di molti. Certo, chi le ha scritte è stato un po’ brutale, ma in fondo ha detto chiaramente ciò che grandi firme (le definisco tali senza alcuna ironia) del giornalismo italiano come Liguori, Capuozzo o Feltri esprimono con parole più delicate.
C’è la guerra e questa deve cessare. Come farla cessare? Semplice, con la RESA.
Pero… però gli ucraini aggrediti hanno l’ardire si difendersi. Non vogliono tornare indietro di decenni, non ci stanno a vivere in un paese ridotto a protettorato, fantoccio di una potenza straniera pronta ad invadere questo o quello se il suo autocrate ritiene che ne valga la pena. E così resistono, tenacemente. Sperano di ottenere almeno una pace onorevole, una trattativa vera. E non si arrendono, non ascoltano i consigli di chi li invita ad abbracciare i loro aggressori, dei grandi intellettuali che fanno i “saggi” sulla pelle degli altri.
La loro protervia e l’ arroganza degli ucraini sono intollerabili. Sono LORO i responsabili delle morti, del macello del loro paese. Loro che pretendono di difendersi dall’aggressore, che hanno l’arrogante pretesa di voler vivere da liberi.
Invito i t teorici della resa, i saggi giustamente indignati della intollerabile pretesa degli ucraini di resistere, ad essere coerenti fino in fondo.
Chiedano che l’Italia, l’Europa, la comunità internazionale tutta diano ARMI A PUTIN.
Armi ai russi! Questo dovrebbe essere lo slogan, la giusta richiesta dei pacifisti occidentali. Armi ai russi, così i prodi soldati di Putin potranno sconfiggere questi super nazionalisti, questi nazisti di ucraini e ci sarà, finalmente la pace.
L’Ucraina sarà smembrata, ridotta a stato fantoccio, a nuovo protettorato. Il suoi popolo sarà costretto a vivere come ad altri piacerà farlo vivere, ma chi se ne frega? Ci sarà la “pace” perbacco! E, cosa più importante di tutte, noi potremo esser lasciati in pace.

PUGILI SUONATI


Prima di invadere l’Ucraina la Russia ha aggredito, val la pena di ricordarlo, la Cecenia e la Georgia.
Nel 2014 la Russia ha aggredito per la prima volta l’Ucraina, le ha strappato la Crimea ed ha finanziato la guerriglia separatista nel Donbass.
Putin avanza pretese su regioni filorusse della Moldavia. Protesta perché gli stati baltici sono nella Nato, pretende di discutere la collocazione internazionale di Svezia e Polonia.
E intanto la Cina, lasciandosi alle spalle i tentativi di apparire “neutrale”, si schiera apertamente dalla sua parte. Guardando a Taiwan.
Questa la situazione, che ricorda tragicamente altri periodi della nostra storia.
Qualcuno dice: quello è un pazzo, dobbiamo cedere se no scatena l’inferno nucleare.
Ma, tralasciando qualsiasi altra considerazione, è sensato assecondare un pazzo?
Quali garanzie, quali assicurazioni può dare un pazzo? Quale negoziato è possibile con un folle?
Se davvero Putin è pazzo va fermato il prima possibile, proprio perché un pazzo può compiere atti folli in qualsiasi momento, quali che siano le cose che ha ottenuto. Il problema è semmai COME fermarlo, riducendo al minimo i rischi.
In realtà Putin NON è pazzo. Ha i suoi obiettivi e cerca di raggiungerli. Si assume dei rischi calcolati fidando nella debolezza e nella crisi strutturale dell’occidente.
Proprio perché NON è pazzo si può trattare con lui, ma non dargli ciò che vuole, cedendo ai suoi ricatti. Se lo si fa lo si rende solo più arrogante e pericoloso e, soprattutto, si incoraggiano le mire espansive del suo principale alleato, il gigante asiatico.
E si porta davvero il mondo sull’orlo del baratro.
Oggi i meno realisti di tutti sono precisamente coloro che si credono “realisti”. Sedicenti “saggi” come l’irriconoscibile Vittorio Feltri. Persone pateticamente simili a pugili suonati.
Per loro si può salvare la “pace” in un solo modo: dare a Putin, domani a Xi Jinping, tutto ciò che vogliono…
La storia si ripete.

 

mercoledì 9 marzo 2022

PACE (?)


Forse (sottolineo FORSE) si apre uno spiraglio per l’Ucraina.
Una base di accordo potrebbe essere, si dice, l’inserimento nella costituzione ucraina di una clausola che sancisca la neutralità del paese e la rinuncia definitiva alla Crimea ed al Donbass.
Ovviamente è tutto da vedere, tutto da verificare. Però… già sento gli strilli di giubilo degli amici di Putin. Vedete? Putin è un saggio, le sue proposte ragionevoli. Quei nazisti di ucraini potevano accettarle subito, senza fare tante storie.
Poniamo che un qualsiasi paese ci invada, assedi le nostre città, minacci di ridurre in macerie l’Italia, pretenda di declassarla alla condizione di stato fantoccio. Il leader di questo paese afferma che non esiste una nazione italiana, che l’Italia è un paese artificiale, frutto di errori commessi da statisti poco accorti.
Gli italiani resistono, creano molte difficoltà agli invasori poi, stremati, accettano una proposta di pace. L’Italia perderà il Piemonte e la Lombardia, sarà obbligata ad essere neutrale, dovrà inserire in costituzione delle clausole che il suo invasore le detta. Accetta, perché sa di non poter fare altro.
Sarebbe “giusta”, “ragionevole” una simile pace? NO, ovviamente, anche se fosse necessario accettarla.
Forse gli ucraini, visto che nessuno li aiuta sul serio, saranno costretti a firmare una pace capestro, e faranno bene a farlo, ma non ci sarà nulla di ragionevole e giusto in una simile pace. Solo degli ipocriti possono far finta di ritenere “normale” che un paese imponga ad un altro quali devono essere le sue alleanze, cosa deve essere scritto nella sua costituzione. Nel 1992, quando si tenne il referendum per l’indipendenza dell’Ucraina anche Crimea e Donbass votarono a favore. Ora Putin toglie a questo paese regioni importanti. Gli ucraini sono costretti ad accettarlo, ma si tratta comunque di un atto di pirateria internazionale.
In ogni caso, è bene non scordarlo, se ad una pace capestro si arriverà, sarà solo grazie alla RESISTENZA ARMATA degli ucraini. Se gli ucraini si fossero subito arresi, come i “saggi” pseudo pacifisti li invitavano a fare, neppure una simile pace capestro sarebbe stata possibile. A volte occorre lottare per ottenere una pace ingiusta, risultante di atti di pirateria internazionale.
Queste però sono, a ben vedere le cose, considerazioni molto astratte. Putin accetterà una vittoria netta ma non totale? Permetterà che Zelen’sklyj resti presidente dell’Ucraina o pretenderà di imporre a quel disgraziato paese un uomo di sua totale fiducia? Accetterà una Ucraina mutilata ed umiliata ma ancora vitale o pretenderà che questo paese “artificiale” diventi, a tutti gli effetti, uno stato fantoccio? Staremo a vedere. La situazione è oltremodo fluida.
Una cosa è certa: se Putin alzerà la posta, vorrà ancora di più, i suoi sostenitori (compresi quelli che nascondono il sostegno dietro una finta neutralità) diranno che gli ucraini devono accettare, se no è LORO la responsabilità per la prosecuzione del conflitto. E strilleranno: “pace, pace”.
I finti pacifisti strillano “pace”. In realtà vogliono solo esser lasciasti in pace.

 

lunedì 7 marzo 2022

PARAGONI RIDICOLI

C’è chi fa paragoni fra gli inviti alla resistenza di Zelen’skyj e il fanatico rifiuto della resa da parte di Hitler nella fase conclusiva della seconda guerra mondiale. Non diversamente da Hitller Zelen’skyj obbliga la sua gente a combattere, spinge il suo popolo al massacro, questa la tesi.
In guerra la prima vittima è la verità. Verissimo, ma in rete la prima vittima è la storia. Vediamo un po’.

Dopo il fallimento dell’offensiva nelle Ardenne le armate hitleriane cominciarono letteralmente a sgretolarsi ad occidente. I tedeschi combatterono con feroce determinazione sul fronte orientale perché avevano una gran paura delle vendette dei russi. Val la pena di ricordare che l’armata rossa si rese responsabile, nell’offensiva in Prussia orientale di autentici crimini di guerra. Sul fronte occidentale invece, dove gli anglo americani facevano molta meno paura, il fronte militare (per non parlare di quello civile) letteralmente crollò. E tutta la ferocia criminale di Hitler non lo poté impedire. Perché, contrariamente a quanto pensano certi soloni da quattro soldi, nessun governo, nessun tiranno possono obbligare un esercito a combattere, impedirne il disfacimento quando si diffonde il rifiuto di continuare a combattere.
Non mi pare che gli ucraini non vogliano combattere…

Nella fase finale del conflitto Hitler era assolutamente solo.
Non si manifestava nelle piazze di mezzo mondo contro chi pressava da ogni parte la Germania. Nessuno metteva sanzioni economiche ai paesi nemici del tiranno nazista. Nessuno inviava ai nazisti aiuti, meno che mai armi. Nessuno si proponeva quale “mediatore” fra tedeschi ed angloamericanii, o fra tedeschi e russi. Non esisteva in nessun paese in guerra con Hitler nessun politico dissenziente che invitasse il proprio governo ad adottare una linea almeno un po’ “morbida” nei confronti del tiranno nazista. Nessun tedesco tornava in patria dall’estero per aiutare il suo paese nella resistenza. Non era in corso alcuna trattativa fra tedeschi e russi, tedeschi ed alleati occidentali.
Hitler non aveva nessuna speranza, non dico di vittoria, ma neppure di pace onorevole, non poteva ottenere lo straccio di trattativa neppure sulle condizioni della resa. Poteva solo arrendersi senza condizioni, e nessuno nel mondo riteneva ingiusta o vessatoria una cosa simile.
Oggi anche coloro che sperano in una resa degli ucraini parlano di “trattative”, “dialogo”, “pace onorevole”. E solo con questo dimostrano l’idiozia di certi paragoni.

Infine, Hitler era assediato e nessuno lo aiutava perché era stato LUI l’aggressore. Lui aveva tanti paesi, lui aveva costretto tanti popoli a resistenze che sembravano senza speranza. Le sue armate avevano ridotto a macerie, ed assediato un gran numero di città. L’assedio di Leningrado durò circa tre anni e fu uno degli episodi più atroci della seconda guerra mondiale. L’Ucraina non ha invaso nessuno, non ha minacciato nessuno, non intendeva aggredire nessuno, puntare contro nessuno presunti missili. Lo so che per molti questa differenza non conta. Per loro non aggredito ed aggressore pari sono. Per me si tratta di una differenza essenziale.

Gli ucraini vogliono difendersi. Hanno il diritto di farlo. E non è vero che non abbiano speranza alcuna. I sovietici invasero la piccola Cecoslovacchia con 800.000 uomini. Ne hanno mandato 150.000 in Ucraina, del tutto insufficienti per occupare e tenere militarmente un paese tanto grande e popoloso. Putin probabilmente sperava in un crollo del fronte interno in Ucraina, pensava che gli ucraini non avrebbero seguito un ex comico. Si è sbagliato. Se gli ucraini gli infliggono perdite pesanti possono conquistare almeno un VERO tavolo di trattativa, ottenere qualcosa di diverso da una resa senza condizioni, o da una finta neutralità che trasformerebbe il loro paese in uno stato fantoccio.
In ogni caso spetta solo a loro la decisione. NON a NOI, comodamente seduti nelle nostre poltrone.

 

sabato 5 marzo 2022

LA PACE E' MEGLIO DELLA LIBERTA' ?


“La pace è più importante della libertà”. Questa, riassunta in uno slogan, la “summa” teorica dei cosiddetti neutralisti, quelli che “condannano”, bontà loro, l’intervento (intervento, non aggressione) russo in Ucraina, ma nel contempo sono contro l’invio di armi in Ucraina perché in questo modo… “si prolunga la guerra”.
Dunque, la pace è più importante della libertà. Per verificarlo facciamo un piccolo esperimento mentale.
Un tiranno a capo del paese X pretende di annettersi il paese A. Il presidente di A dice: “la pace è più importante della libertà”, si dimette ed A viene annesso ad X.
Il simpatico tiranno fa lo stesso con B, C eccetera, alla fine il paese X è al centro di un immenso impero. Bello vero?
Ma non basta. Il tiranno amante della pace detesta certe categorie di cittadini e, non appena è a capo del suo enorme impero, inizia allegramente a massacrarli. I governanti dei paesi non ancora annessi ad X potrebbero cercare di impedirglielo, ma sono ferventi seguaci della filosofia secondo cui “la pace è meglio della libertà” quindi non muovono un dito. E così decine, centinaia di milioni di innocenti vengono assassinati, nel silenzio, nella PACE.
Bello vero? Si, bellissimo e moralmente ineccepibile.
Applicato alla vita di tutti i giorni questo nobile principio, “la pace è meglio della libertà”, potrebbe dare vita a situazioni interessanti. Vedo un bruto che violenta una bambina, ma non intervengo. La pace è meglio della libertà, anche della libertà di uscir di casa senza venir stuprata. Bello vero?
E ciò che vale per lo stupro potrebbe valere per il furto, la rapina, il pestaggio di un vecchio, addirittura l’omicidio. Tizio spara a Caio. Perché mai dovrei intervenire? Se intervengo la violenza continua, ci sarebbero altre vittime. Quindi lascio che Tizio spari a Caio, poi, magari a Sempronio. La pace è più importante della libertà, perbacco.
Ma, a parte ogni considerazione etica, è realistico questo nobile principio? Evita davvero la guerra?
NO, ovviamente. NO, perché non siamo tutti uguali per fortuna. E ci potrebbe essere, anzi, di certo c’è qualcuno che non ci sta. C’è qualche stato che rifiuta di farsi annettere, qualche popolo che rifiuta di perdere la libertà, sceglie di combattere. Ed allora si arriva comunque alla guerra. Ma ci si arriva nelle condizioni peggiori. Perché nel frattempo il prepotente è diventato più forte, si è armato meglio, ha acquisito maggior sicurezza nelle sue forze e quando finalmente lo si affronta lo si fa nelle condizioni peggiori. E la guerra che alla fine scoppia diventa terribilmente dura e sanguinosa.
Le mie non sono semplici elucubrazioni mentali. Quando Hitler invase la Renania sarebbe bastato l’invio di un paio di divisioni francesi per sconfiggerlo. Si preferì lasciarlo fare. E si preferì lasciarlo fare quando iniziò in grande stile il riarmo della Germania, annesse l’Austria, e poi i Sudeti, e poi tutta la Cecoslovacchia. Fino a quando si arrivò comunque alla guerra. Nelle condizioni peggiori.
E, anche se in tanti non lo ricordano o fingono di non ricordarlo, nella storia reale, non negli esperimenti mentali, ci sono numerosissimi casi di massacri immani avvenuti nella PACE, nel silenzio assordante del mondo. Anche se avvenuta in tempo di guerra la Shoah non aveva nulla a che fare coi combattimenti. E i genocidi messi in atto dai vari Stalin, Mao e Pol Pot avvennero tutti in tempo di pace. Fra l’indifferenza di tutti coloro che mettono il quieto vivere al posto di comando. Nel corso dello scorso secolo il mondo ha visto in tre occasioni ricomparire il cannibalismo. In Cambogia fra 1975 al 1979. In Cina al tempo del gran balzo in avanti, fra il 1958 ed il 1961, ed in Ucraina, si UCRAINA, nel 1932 – 33, al tempo della collettivizzazione forzata dell'agricoltura.
Milioni di persone morirono in tempo di PACE, padri e madri folli per la fame divorarono i figli, ed i figli i genitori. Ma… la pace è più importante della libertà, perbacco.
Una considerazione finale. Sbaglio o molti di coloro che strillano che “la pace è più importante della libertà” esaltano la resistenza antifascista? E le brigate internazionali che combatterono in Spagna? Non si trattava di guerra in quei casi?
Lo so, chiedere un minimo di coerenza a certi figuri è davvero esagerato.




 

venerdì 4 marzo 2022

DEBOLEZZA


Era aggressivo nel 400 dopo cristo l’impero romano?
No, non poteva esserlo. Era minato da crisi demografica, economica, sociale, di valori. Pressato da migrazioni di popoli che premevano ai suoi confini, corroso dalla corruzione.
Può essere aggressivo l’occidente odierno? No, perché una civiltà può essere aggressiva solo se è forte vitale. E l’occidente attuale non lo è.
E’ una civiltà in decrescita demografica, scossa da ricorrenti crisi economiche, con cronici deficit di bilancio che permettono a quantità crescenti di esseri umani di consumare senza produrre.
E’ pressato da flussi migratori incontrollati, spalanca le porte a milioni di esseri umani che poco o nulla condividono dei suoi valori fondamentali. Molti paesi occidentali sono ormai più simili ad aggregati di tribù etniche che a stati nazionali.
Attraversa una crisi culturale senza precedenti. Si vergogna della sua cultura e della sua storia. Si autodefinisce razzista, sessista, omofobo, islamofobo.
E’ vittima di un misticismo ecologico nichilista. Sacrifica la sua indipendenza energetica alle follie del “gretismo”.
E’ preda di uno pseudo pacifismo che scambia la ricerca della pace con le resa ai prepotenti.
Una simile civiltà NON PUO’ essere “aggressiva”. La cosa non è grave, purtroppo non può neppure difendersi efficacemente.
Lo hanno capito benissimo Putin e Xi Jinping che non a caso hanno lanciato il guanto di sfida all’occidente.
E oppongono alla decadente civiltà occidentale modelli completamente diversi di organizzazione sociale.
Non i valori forti della tradizione occidentali contrapposti all’attuale declino. No, contrappongono all’occidente in crisi modelli di società autoritari, basati sulla negazione di quegli universali valori umani che in occidente sono sorti e che hanno travalicato i limiti della nostra civiltà: dignità della persona umana, parità dei fondamentali diritti e doveri fra tutti gli esseri umani: maschi e femmine, neri, bianchi o gialli che siano, democrazia, limitazione del potere, libertà di pensiero, di ricerca di creazione artistica.
La cosa tragica è che molti occidentali, giustamente schifati dal pantano in cui versa attualmente la nostra civiltà, scambiano dei dittatori osceni per potenziali salvatori della vecchia grandezza occidentale.
No, il problema dei problemi non è oggi una presunta aggressività occidentale, è la cronica debolezza dell’occidente.
Debolezza che è soprattutto disgregazione sociale, crisi di valori e di identità.
E che, al di là della retorica e dei paroloni, emerge anche oggi, nel corso della guerra in Ucraina.
Non a caso tanti occidentali aspettano in questi giorni una sola cosa: che la guerra finisca, in qualsiasi modo. E che torni il quieto vivere, a qualsiasi costo.
In attesa che la Cina tenti il colpaccio a Taiwan.
Ed allora potrebbe essere davvero la fine.

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