lunedì 29 agosto 2016

RAZZISTA!!!

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Quando il comunismo era ancora una cosa terribilmente seria gli amici di baffone Stalin avevano un ottimo mezzo per mettere a tacere i loro rivali: “sei un FASCISTA!” gli dicevano con fiero cipiglio. Tizio afferma che in URSS gli intellettuali dissidenti finiscono in galera? FASCISTA! Caio sussurra che Stalin fece morire di fame alcuni milioni di contadini? FASCISTA! Sempronio osa dire che l'URSS non è il paradiso dei lavoratori? FASCISTA! E il poverino, accusato di “fascismo” doveva tacere. Se avesse obbiettato qualcosa sarebbe stato, ovviamente, ancora più “fascista” di prima ed additato al pubblico ludibrio.

Oggi avviene qualcosa di simile. Solo, l'appellativo: "fascista" è stato sostituito da un altro: "RAZZISTA".
Se un poverino viene colto dal sospetto che esista un qualche legame fra Islam e terrorismo, o sussurra che ficcare le donne nei sacchi non è una cosa troppo bella, o si permette di dire che punire con la morte apostati e bestemmiatori non è proprio il massimo della laicità, gli occidentali politicamente corretti lo fulminano con una occhiata, puntano contro di lui l'indice accusatore e sentenziano: “SEI UN RAZZISTA!
Vuoi impedire a qualcuno di esporre le sue idee? Lo vuoi fare apparire un essere indegno, un mostro vomitevole? Vuoi sputtanarlo in maniera definitiva? Accusalo di "razzismo" ed il gioco è fatto!
Il malcapitato avrà un bel dire che NON esiste una RAZZA ISLAMICA e che ci sono islamici in TUTTE le razze. Potrà ricordare che moltissimi islamici sono arabi e che gli arabi non hanno affatto la pelle nera. Prendi Al Bagdadi, tagliagli la barba, vestilo alla occidentale e sembrerà un normalissimo cittadino italiano. Tutte queste considerazioni non scoraggeranno il suo accusatore. RAZZISTA, RAZZISTA continuerà a strillare, incurante di ogni obiezione. Come ha insegnato Joseph Gaoebbels una menzogna ripetuta all'infinito diventa per molti una verità. Se dici ogni dieci minuti che Tizio è “razzista” prima o poi qualcuno ci crede.

Solo, devono stare attenti coloro che evocano continuamente il “razzismo”. Prima o poi potrebbe succedere che qualcuno replichi loro: “Si, sono razzista, e allora?”.
Trasformare in razzismo la condanna del terrorismo islamico o la difesa dei valori cardine della civiltà occidentale rischia davvero di nobilitare il razzismo. Se è da “razzisti” opporsi alle porte spalancate alla immigrazione clandestina, se difendere la dignità delle donne, condannare l'imposizione di burka e “burchini” o la pena di morte per gli apostati significa essere “razzisti” ben venga il “razzismo” potrebbe dire qualcuno.
Il presunto “antirazzismo” di cui fanno sfoggio i media in tutte le occasioni è destinato ad alimentare il razzismo, quello vero, pericoloso, inaccettabile. Quello che è dovere di ogni persona civile contrastare.
E quando scoppierà, questo razzismo, saranno guai per tutti.

sabato 27 agosto 2016

CONSIDERAZIONI TELEGRAFICHE SUL TERREMOTO. E LE MOLTE SCEMENZE CHE SI SENTONO IN PROPOSITO

Giusto costruire seguendo norme anti sismiche, giusto investire nella sicurezza. Non è giusto invece far credere alla gente che si potrebbe facilmente trasformare un terremoto in qualcosa di inoffensivo. Non è giusto ignorare che il patrimonio edilizio si è costruito in Italia nel corso di secoli e NON PUO' quindi essere “a norma”, a meno che non lo si voglia azzerare, o che si voglia imporre ad ogni proprietario di un immobile una spesa di circa 50.000 euro per “ristrutturazioni sismiche” la cui efficacia è da dimostrare e che magari fra una decina d'anni potrebbero rivelarsi obsolete. E si, anche la tecnologia anti sismica si evolve e ciò che oggi è considerato “sicuro” potrebbe non esserlo fra dieci anni. Che fare? Ristrutturazioni decennali?

La scrittrice Dacia Maraini ha affermato che in Giappone non sono mai crollati palazzi in seguito a terremoti. Si, ha detto proprio così nel corso dell'ennesimo dibattito televisivo sul terremoto.
Peccato che nel 2011 un terremoto – maremoto abbia fatto in Giappone circa 19.000 vittime.
Né questo è stato l'unico evento disastroso che il Giappone ha dovuto subire.
Nel 1995 il terremoto di Kobe uccise 6.434 persone e distrusse 249.180 edifici.
Nel 2003 una serie di terremoti colpì il Giappone. Non ci furono morti, ma i danni sfiorarono i 300 milioni di dollari.
Si potrebbe continuare. Il Giappone si è dotato di una normativa anti sismica rigorosa e questo ha ridotto di molto sia i morti che i danni materiali. Ciò non toglie che anche in quel paese a volte gli edifici crollino, purtroppo.

La “Repubblica” riporta oggi le dichiarazioni del procuratore di Trani. “Nelle case crollate c'era più sabbia che cemento”. Può darsi che sia vero, però... però il terremoto è avvenuto tre giorni fa e sono ancora in corso le ricerche di eventuali sopravvissuti. Qualcuno mi spiega in base a cosa è stata fatta una affermazione tanto perentoria? Si sono esaminate le abitazioni crollate? Si sono fatte analisi dei detriti? Oppure che le case fossero fatte di sabbia è un a priori, un punto fermo da cui partire, da assumere come vero indipendentemente da ogni verifica ed ogni prova?
A volte mi sembra di essere nella Milano degli “untori” magistralmente descritta dal Manzoni.

Un altro sapientone ha affermato che i danni dei terremoti derivano tutti dal “saccheggio del territorio”. Che l'Italia, almeno in certe sue regioni, sia il regno dell'abusivismo è verissimo, c'è solo da chiedersi perché mai lo si scopra solo in occasione dei terremoti. Ma ridurre tutto al “saccheggio del territorio” è una idiozia. Amatrice è un borgo medioevale, quindi di che “saccheggio” stiamo parlando? Di quello avvenuto svariati secoli fa? Non sarebbe meglio collegare il cervello prima di parlare?

Ultima considerazione. Per costruire un immobile ci vogliono in Italia un sacco di permessi. Una volta ultimati i lavori ci sono dei controlli prima che venga rilasciato il decreto di abitabilità. Se sono state commesse irregolarità non sarebbe il caso di scoprirle SUBITO, magari mentre i lavori sono in corso? Non è molto difficile controllare se si sta costruendo un immobile con sabbia o cemento, in fondo. Invece no, l'immobile viene costruito, ha tutti i permessi ed autorizzazioni del mondo, poi venti anni dopo crolla ed allora iniziano le indagini per “disastro colposo”...

giovedì 18 agosto 2016

ANCORA DUE PAROLE SUL "BURCHINI"

Qualcuno, ad esempio il ministro Alfano o l'esponente del PD Livia Turco, crede o fa finta di credere che indossare il “burchini” possa essere una “libera scelta”. Per questi signori il “burchini” sarebbe semplicemente una alternativa “castigata” ai costumi da bagno troppo “audaci” che vanno di moda in occidente. Può far sorridere vedere delle donne che fanno il bagno vestite di tutto punto, ma... perché vietar loro una simile stranezza? Se un tale volesse passeggiare nelle spiagge indossando il cappotto perché mai dovremmo vietarglielo? Il solito monsignor Galantino ha riassunto bene questo modo di pensare. “Che paura può fare”, si è chiesto retoricamente l'alto prelato, “una donna troppo vestita?”.
Si potrà considerare il “burchini” una libera scelta il giorno in cui a Teheran o a Gaza, in Pakistan o nello Yemen le donne potranno tranquillamente girare per i centri cittadini senza velo o fare il bagno mostrando le gambe. I tutti o quasi i paesi musulmani non solo il velo è imposto alle donne musulmane, lo è anche a quelle che musulmane non sono, è obbligatorio anche per le turiste di passaggio. Parlare di ”libera scelta del burchini” è, in questa situazione, una pura e semplice mistificazione. Il “burchini” non è una libera scelta, punto. Ci sono, è vero, molte donne musulmane che lo indosserebbero anche se non fosse obbligatorio. E allora? Questo significa solo che queste signore sono felici di subire una imposizione, non che l'imposizione non sia tale. E le altre?

Se il “burchini” non è una libera scelta, cosa è? La risposta è semplicissima, basta prendersi per qualche secondo la briga di pensare.
In Italia una organizzazione musulmana ha chiesto la legalizzazione della poligamia. Prima era stata chiesta la legalizzazione della infibulazione.
Diventano sempre più numerose le richieste di piscine riservate a sole donne. Lo stesso avviene per le parruccherie: in quelle riservate alle donne dovrebbe essere interdetta la presenza di uomini.
Continuamente esponenti islamici più o meno “moderati” chiedono la rimozione dei crocifissi dalle scuole. Non passa ormai un Natale senza che non ci siano polemiche su presepi scolastici o recite natalizie.
Negli ospedali sempre più spesso donne musulmane rifiutano di essere visitate da medici di sesso maschile, ed uomini musulmani da quelli di sesso femminile.
A Londra in molti centri commerciali commessi e cassieri di fede musulmana rifiutano di toccare bottiglie di alcoolici o confezioni di salumi.
Nei luoghi di lavoro molto spesso operai ed impiegati musulmani rifiutano di prendere ordini da superiori di sesso femminile.
Cosa più importante di tutte: interi quartieri delle grandi città occidentali sono ormai diventati zone franche in cui le nostre leggi non hanno più valore e vige di fatto la sharia. Qualche anima bella crede davvero che una donna in minigonna potrebbe attraversare tranquillamente un quartiere musulmano di Parigi o Londra? In certi quartieri di Londra le donne poliziotto possono entrare solo col velo!

Per farla breve, è in corso un processo tendente ad imporci usi e costumi, abitudini e stili di vita che sono incompatibili coi valori fondanti la nostra civiltà. Non si tratta di abitudini e tradizioni con cui si può benissimo convivere e sono anzi capaci di arricchirci culturalmente. Non stiamo parlando di ristoranti etnici, scuole di karate, corsi di yoga o di filosofia taoista. Si tratta di un insieme di valori o pseudo tali che costituiscono la negazione radicale di tutto quanto per noi ha valore. Il “burchini” è parte di questo processo. Non è un costume da bagno “castigato”, ma un simbolo della subordinazione della donna musulmana che qualcuno vorrebbe diventasse, qui da noi, a casa nostra, la subordinazione della donna tout court.
Per questo monsignor Galantino sbaglia quando si chiede che paura può mai fare una donna troppo vestita. Fa molta paura perché rappresenta un altro pezzo dei nostri valori che viene distrutto in nome del “multiculturalismo”. Il “burchini” è una bandiera e le bandiere a volte fanno paura. Non farebbe paura una bandiera con la svastica che sventolasse sulla torre Eifel? O la bandiera nera dell'Isis che garrisse al vento sulla cupola di San Pietro?
Si sveglieranno un giorno le anime belle dal loro torpore? Riusciranno a capire che il mondo reale è ben diverso dalla mielosa immagine del mondo oggetto dei loro sogni? Non credo.

mercoledì 17 agosto 2016

IL "BURCHINI"

Infuria la polemica sul “burkini”. Val la pena di fare alcune telegrafiche considerazioni.

Musulmani “liberali”?
In Francia una “associazione contro la islamofobia” ha contestato la proibizione del “burkini” in nome dei principi liberali. Una simile associazione potrà essere presa sul serio il giorno in cui rivendicherà il diritto delle donne di passeggiare in minigonna a Teheran, a Kabul o a Gaza. Chiedere che le donne musulmane abbiano il diritto al “burkini” in Francia ed affermare nel contempo che donne
non musulmane debbano, in nome del rispetto per l'Islam, velarsi, o peggio, se visitano l'Iran o il Pakistan è semplicemente ignobile.

Le motivazioni del governo francese.

In Francia esiste una legge che vieta l'esibizione in pubblico di simboli religiosi. Può essere una legge discutibile ma tutti, musulmani compresi, hanno il dovere di rispettarla. Che il “burchini” sia di fatto un simbolo religioso è innegabile.

Più seriamente, la proibizione del “burkini” viene motivata con l'argomento che si tratta di un indumento contrario ai principi di una società libera. Chi impone il burkini considera la donna come una tentatrice il cui corpo “impuro” va nascosto il più possibile per non indurre in tentazione l'uomo. Solo un una persona diversamente (molto diversamente) intelligente o in totale malafede può negare che questo tipo di ideologia sia egemone oggi nei paesi islamici, ed è innegabile che si tratti di una ideologia che contrasta profondamente con la nostra concezione dei rapporti fra i sessi.

Si sceglie volontariamente il “burchini”?

Una donna ha il diritto di indossare un certo indumento, anche se dietro allo stesso si cela una ideologia inaccettabile. Su questo, a certe condizioni, un liberale può concordare. Però, è vero che le donne musulmane sono libere di indossare o di non indossare il “burchini”?
Non nego che molte donne musulmane indossino il burchini volontariamente, magari fiere di farlo. Ma il punto è: se
anche solo una di loro non lo volesse indossare e preferisse andare alla spiaggia in bikini, potrebbe farlo? Basta fare la domanda giusta per avere la risposta. Una donna a Teheran o a Kabul non può neppure uscire a capo scoperto, figuriamoci se ha la libertà di andare a fare il bagno in bikini! Il burchini è una imposizione, una violenza che le donne devono subire. Che poi alcune donne musulmane siano felici di subire una simile violenza è un altro discorso. Quelle di loro che non lo sono devono accettare l'imposizione, punto e basta. Il burkini non è una alternativa a costumi che mostrano troppo e possono non piacere, non è un costume da bagno più "castigato" di altri, è insieme il simbolo di una sottomissione ed il risultato di una imposizione. E' parte di un progetto che mira a costruire, a casa nostra, una contro società retta da regole incompatibili coi nostri valori. Per questo, non per la pretesa di imporre alle donne tutte il bikini, è inaccettabile.
Qualcuno potrebbe obbiettare che le donne musulmane non sono libere di scegliere se vivono in Arabia saudita o in Pakistan; in Francia le leggi francesi le proteggono, quindi sono libere. Fantastico ragionamento! Le donne musulmane sono libere nella misura in cui vivono in una società non musulmana! Se l'Islamizzazione della Francia proseguirà la loro libertà andrà a farsi friggere. Inoltre, bisogna essere ciechi per non vedere i condizionamenti fortissimi che le donne musulmane devono subire nel loro ambiente familiare. Le leggi occidentali possono anche proteggerle, ma queste leggi raramente superano la soglia delle case in cui vivono.


Libertà religiosa?

Si sente ripetere spesso l'argomento secondo cui la libertà religiosa va salvaguardata, quindi si deve accettare il “burchini”, anche se è il simbolo di una concezione inaccettabile dei rapporti fra i sessi, anche se è di fatto la risultante di una violenza.
La libertà religiosa è un valore molto importante, ma, va detto una volta per tutte, non si può, in nome di quel valore, accettare tutto. Se un certo credo prevedesse sacrifici umani, dovremmo accettarli in nome della libertà di culto? Se nella chiesa cattolica tornassero di moda i roghi assisteremmo senza dir niente allo spettacolo di streghe e liberi pensatori arsi vivi? Visto che l'Islam non accetta la distinzione fra sfera religiosa e sfera politica, dovremmo accettare, in nome della libertà di culto, di sostituire il Corano alla Costituzione come legge fondamentale dello stato?
Nessuno contesta le concezioni teologiche o i dogmi di qualsiasi religione, nessuno intende proibire la preghiera. Ad essere contestate sono certe pratiche incompatibili coi valori fondanti la nostra civiltà. Dovrebbe capirlo anche una persona come il ministro Alfano.


L'oscar della viltà.

A proposito, il ministro Alfano, è riuscito ancora una volta a battere tutti. Ha motivato il rifiuto di proibire il “birchini” con l'argomento che se lo facessimo rischieremmo di subire attentati. Si può essere vili, si può avere la mentalità dei “dhimmi”, ma a tutto dovrebbe esserci un limite. Ragionando (si fa per dire) come il ministro Alfano dovremmo convertirci tutti all'Islam perché non facendolo, rischiamo di subire attentati. Se qualche setta islamica prevedesse il burka maschile il signor Alfano dovrebbe immediatamente indossarlo, per allontanare il rischio attentati! La cosa tragica è che un simile personaggio è ministro dell'interno!


Contraddizioni

Su una cosa chi si oppone alla proibizione del “burchini” non ha torto. Come si può proibire il burchini ed accettare il velo, magari il velo integrare? Il velo, più o meno integrale che sia, risponde alla stessa logica del “burchini” ed è come il “burchini” simbolo e frutto nel contempo di una violenza sulle donne. Non è solo il “burchini” ad essere incompatibile coi principi fondanti la nostra civiltà. Questo anche i “duri” francesi non lo vogliono ammettere, non possono farlo, probabilmente. Non possono farlo perché la folle gestione dei flussi migratori messa in atto per anni ha letteralmente riempito la Francia di musulmani, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

I nodi della politica delle “porte aperte” stanno venendo tragicamente al pettine. Oggi in Francia, domani in Italia.

lunedì 15 agosto 2016

LE MISTIFICAZIONI DEI SGNORI DEI MEDIA

La linea dei media sembra ormai chiara: trasformare un fenomeno politico, sociale e culturale come il terrorismo islamico in una serie di atti individuali. Per far questo devono eliminare ogni differnza fra la dimensione giuridica e quella politica del problema.
A livello giuridico occorre assicurare alla giustizia i singoli responsabili degli atti di terrorismo, provarne la colpevolezza e condannarli. A livello politico occorre rispondere alla guerra che il fondamentalismo islamico ci ha dichiarato. Una cosa è punire il signor Alì, che ha organizzato un attentato, cosa diversa è combattere il fondamentalismo terrorista di cui il signor Alì è espressione.
I media politicamente corretti tendono, ogni giorno di più, a cancellare questa fondamentale differenza di livelli. Il terrorismo islamico cessa di essere un fenomeno politico, sociale, culturale e militare per diventare la sommatoria di tanti casi individuali di violenza o di “pazzia”. La necessità di rispondere ad un fenomeno sociale di enormi dimensioni scompare, restano le indagini di polizia e magistratura.
La conseguenza di questa impostazione è evidente: non è possibile anticipare le conclusioni di una indagine, siamo garantisti perbacco, crediamo nella presunzione di innocenza. Se Tizio, Caio e Sempronio ammazzano gente a casaccio strillando: “Allah u akbar” non dobbiamo subito parlare di terrorismo islamico. Dobbiamo aspettare che questi signori siano catturati, che si provi la loro appartenenza a qualche un gruppo terrorista, che siano condannati in maniera definitiva. Solo allora, ad una decina di anni dagli eventi, potremo parlare di terrorismo islamico. Anzi, a rigore non potremmo parlarne neppure allora. A livello giuridico non valgono infatti le generalizzazioni, la responsabilità è sempre e solo individuale. Quindi non di terrorismo islamico dovremo parlare ma delle colpe di Tizio, Caio e Sempronio che hanno fatto fuori un bel po' di gente e che sono tutti, casualmente, di religione musulmana.
Non serve più a questo punto intervenire militarmente in Libia, o controllare i flussi migratori, o controllare le moschee, o espellere dal nostro paese chi predica odio religioso, non occorrono più, per essere chiari, misure politiche, collettive. Queste riguardano i fenomeni sociali ed il il terrorismo islamico non è, fanno intendere i giornalisti politicamente corretti, un fenomeno sociale; è solo l'insieme di tanti casi singoli, da risolvere uno per uno.

E, per evitare che il popolo bue faccia indebite generalizzazioni cosa fanno i signori dei media? Mettono in atto una censura ogni giorno più invasiva sugli atti di terrorismo. La gente comune tende a generalizzare. Se tutti i giorni qualche musulmano ammazza gente urlando “Allah u akbar” le persone normali sono assalite dal sospetto che la cosa riguardi l'Islam. Sono tanto sciocche le persone normali! E allora loro, i sapientissimi ed intelligentissimi padroni dei media, modificano leggermente le notizie.
Prendiamo una notizia, non vera ma verosimile.
“Attentato islamico a Parigi. Un cittadino francese di origini marocchine, il signor Abdul Amid, di religione islamica, ha accoltellato due passanti al grido di Allah u akbar”.
I media la trasformano in questo modo:
“Oggi a Parigi un giovane di nazionalità francese ha accoltellato due passanti. La polizia indaga. Al momento non risultano legami con l'Isis. Pare che il giovane ultimamente fosse molto depresso”.
Basta tacere il nome del giovanotto, le sue origini marocchine, la sua religione, passare sotto silenzio le sue urla inconsulte ed il gioco è fatto! Se poi si aggiungono accenni ad una sua presunta “depressione” e si sottolinea che non gli è stata trovata in tasca la tessera dell'Isis è ancora meglio. Certo, i depressi non musulmani si suicidano, non accoltellano passanti a casaccio, ma si tratta di inezie.

Si credono molto abili i signori dei media: prima trasformano il terrorismo islamico in una serie di fatti individuali, poi depurano le notizie da qualsiasi accenno all'Islam, per evitare che il popolo bue faccia indebite generalizzazioni. Un fenomeno di dimensioni mondiali si trasforma in questo modo in una serie di casi per un novello commissario Maigret. Perfetto!
Forse troppo perfetto però. Si, perché il popolo sarà anche bue ma una certa capacità di pensare ancora la conserva.
E forse non è così facile da infinocchiare. Se davvero non esiste un fenomeno “terrorismo islamico” come mai spiagge e metrò, porti ed aeroporti, chiese e piazze, stadi e fermate degli autobus sono diventati luoghi a rischio? Perché occorre che in Brasile, in Brasile, non in Sudan, quasi novantamila (NOVANTAMILA) militari vigilino sulla sicurezza dei giochi olimpici? Perché una chiesa, un luogo di pace come la Basilica di San Pietro è guardata a vista da stuoli di militari armati sino ai denti? In fondo singoli casi di violenza criminale sono sempre esistiti, ma solo da una quindicina d'anni la nostra vita è diventata sempre più blindata.
E se davvero non si deve generalizzare, perché mai loro, si proprio loro, i padroni dei media, fanno le più indebite generalizzazioni in certe altre occasioni? Perché una volgare rissa fra un nigeriano ed un italiano è subito stata trasformata in una brutale “aggressione razzista”? E perché se negli USA un poliziotto, magari con la pelle nera, uccide un giovane rapinatore “afroamericano” i vari TG parlano subito, senza neppure aspettare notizie su quanto davvero è avvenuto, di “omicidio a sfondo razzista”?
I signori dei media sono convinti di essere molto intelligenti, oltre che straordinariamente colti, ma  sono solo dei mistificatori, e non particolarmente abili, in fondo. Joseph Goebbels era molto meglio di loro.

domenica 14 agosto 2016

VOCABOLARIO POLITICAMENTE CORRETTO: DISTURBATO MENTALE, RADICALIZZATO, ISLAMISTA, FANATICO.

Disturbato mentale, islamista, radicalizzato, fanatico. In se questi termini non hanno nulla di politicamente corretto. Non sono, per capirci, orribili neologismi tipo “femminicidio” o “sindaca”.
Questi ed altri termini entrano però a pieno titolo nel vocabolario del politicamente corretto per l'uso che se ne fa. E da tempo questo uso è uno solo: evitare di pronunciare una parola proibita: islamico.

La polizia arresta un giovane islamico che si apprestava a compiere un massacro? Il giovane islamico si trasforma immediatamente in giovane radicalizzato. Radicalizzato in che senso, il seguito a quali suggestioni intellettuali, a quali frequentazioni? Mistero. Tizio è un bravo ragazzo, tutto casa e lavoro, poi, chissà perché, si “radicalizza” e fa fuori una cinquantina di persone. Il fatto che fosse un islamico di stretta osservanza, che frequentasse quotidianamente la moschea non ha rilevanza alcuna, ovviamente. Gli islamici sono, per definizione, moderati, lui invece si è stranamente “radicalizzato”. Punto.

Un signore si fa esplodere in una pizzeria, uccidendo un sacco di gente. L'Isis rivendica l'attentato. Stavolta è più difficile non tirare in ballo l'Islam. Così questo signore viene definito “islamista”.
“Islamista” vuol dire, a rigore, esperto, studioso di Islam, così come “latinista” significa studioso della lingua latina e “medievalista” studioso del medio evo. Bisognerebbe usare il termine “islamico” ma questo è proibito, o meglio, può essere usato solo in locuzioni del tipo: "islamico moderato” o “Islamico perfettamente integrato”. Se si parla invece di Caio, un signore islamico che si è fatto esplodere in una pizzeria, il termine “islamico” scompare. Caio diventa uno studioso dell'Islam, un “islamista”, appunto.

Il telegiornale del mattino da notizia dell'ennesimo attentato islamico. Un giovanotto lancia un camion sulla folla gridando “Allah u akbar” e sparando all'impazzata. Forse è di fede musulmana, afferma il solerte annunciatore televisivo, ma non è questa la causa del suo “folle gesto”. Si tratta infatti di un “disturbato mentale”. Pensate, da bambino ha dovuto subire a scuola episodi di bullismo. Povero innocente! Un suo compagno di banco una volta lo ha preso a pugni, un altro gli ha detto: “stronzo”. Lui, venti anni dopo, fa fuori non i vecchi compagni di scuola, ma decine di persone che abitano a centinaia di chilometri di distanza, da quella scuola. Stranezze. L'Islam non c'entra nulla, ovviamente.

C'è stato un attentato in Francia. “La polizia sta indagando”, cinguetta una giovane annunciatrice televisiva. “Non si hanno ancora certezze, ma si sospetta che l'attentato sia di matrice fanatica”, aggiunge.
MATRICE FANATICA, si proprio così. A piazzare la bomba in una discoteca sono stati dei “fanatici”. Che tipo di fanatici? Forse erano dei tifosi incazzati perché l'arbitro ha negato un rigore alla loro squadra, o forse dei fanatici del rock, o della disco music... tutto è possibile. Tutto tranne una cosa: che i “fanatici” fossero dei FANATICI ISLAMICI. Questo è da escludere, perché, lo sanno tutti, gli islamici sono “moderati” e l'islam è una “religione di pace”.

Insomma, tutto va bene pur di non usare le parolacce: ISLAM o ISLAMICO. Queste non possono essere accostate a massacri, attentati, sgozzamenti, bombe umane. Queste piacevolezze riguardano dei disturbati mentali, o dei fanatici, o dei radicalizzati. Al massimo possono riguardare degli studiosi dell'Islam, degli “islamisti”. MAI, in nessun caso possono riguardare l'Islam e gli islamici.
E chi ha qualche leggerissimo dubbio in proposito è, per definizione, un “razzista islamofobo” che “semina odio”.
AMEN.

mercoledì 10 agosto 2016

CICCIOTTELLE

Il direttore di un giornale è stato LICENZIATO (in un paese in cui il licenziamento è considerato poco meno che un crimine) perché un titolo della della pagina sportiva definiva “cicciottelle” due tiratrici con l'arco.
Definire “cicciottelle” due atlete è quanto meno discutibile, ma non mi sembra che il termine possa essere considerato un insulto. Lo dico chiaramente: se lo stesso termine fosse stato riferito a due atleti di sesso maschile non sarebbe successo nulla, o quasi. Ma è stato usato a proposito di due atlete di sesso femminile, ed è scoppiato l'inferno.
Non è un caso. Stiamo arrivando ad una situazione in cui qualsiasi accenno al corpo femminile è considerato sessismo. Se dico che la tale atleta, ad esempio la Pellegrini, è una bella ragazza subito qualcuno protesta perché parlo di lei riferendomi non alla sua abilità natatoria, ma alla sua avvenenza, il che sarebbe “maschilista”, come se fosse un crimine fare considerazioni sull'aspetto fisico di qualcuno, donna o uomo che sia. Se poi dicessi che la Pellegrini è “un gran bel pezzo di figliola” subito mi si accuserebbe di maschilismo e si sosterrebbe che ho insultato la bravissima nuotatrice azzurra. Per farla breve, ogni accenno alle doti fisiche, buone o cattive che siano, è vietato, specie se si parla di donne. E' possibile parlare di una nuotatrice, o di una attrice, o di una donna impegnata in politica solo facendo riferimento alla sua professionalità, se no si è dei biechi “maschilisti”. Si può solo ribattere: “e perché mai? Chi lo ha detto, chi lo ha stabilito, che non si possa dir nulla sulle doti fisiche, buone o cattive che siano, di Tizio e Caio, meglio, di Tizia e Caia?” Lo hanno stabilito i santoni del politicamente corretto, e tanto basta, deve bastare.

Ma c'è dell'altro da aggiungere. Ammettiamo pure che il termine “cicciottelle” sia un insulto. Resta comunque una incredibile esagerazione punirlo con il licenziamento.
Per oltre venti anni schiere di giornalisti hanno definito Berlusconi criminale, puttaniere, corruttore, corrotto, mafioso, pedofilo eccetera eccetera. Lo hanno fatto, si badi bene, prima che il cavaliere subisse, dopo oltre 35 (TRENTACINQUE) processi, una misera condanna. Di certo questi giornalisti, comici, intellettuali eccetera hanno insultato il cavaliere, eppure nessuno di loro è stato licenziato, né ha subito alcuna sanzione. Invece è bastato il termine “cicciottelle” per far scattare il licenziamento del direttore di una testata (non so se sia stato ritirato, ma ai fini del discorso questo è ininfluente). Perché mai una reazione tanto esagerata? Semplice, perché il presunto “insulto” viola le regole del politicamente corretto.
Se dico “stronzo” a Tizio non succede nulla, me se gli dico “negro” crolla il cielo perché il termine “negro” sarebbe (SAREBBE) un insulto razzista. L'insulto, vero o presunto, che trasgredisce le norme del politicamente corretto è considerato da molti non un insulto ma il crimine sommo. Se ne è avuto un esempio nel caso di Fermo. Gli stessi che rifiutano il concetto stesso di legittima difesa, che vorrebbero sbattere in galera chi difende anche con le armi la sua vita e la sua proprietà, hanno considerato “giusto” che un ragazzo nigeriano reagisse ad un presunto insulto razzista a colpi di spranga. C'è una logica perversa in simili atteggiamenti: tutto può essere tollerato o perdonato, ma non che vengano infrante le sacre norme del politicamente corretto.
Definire “cicciottelle” due tiratrici non si riduce così ad un uso scorretto di un termine discutibile, no, diventa un crimine orrendo, qualcosa da punire nel più severo dei modi, senza scusante alcuna, senza quella “comprensione” che i politicamente corretti sono disposti a concedere a tutti, a volte anche ai tagliagole dell'Isis.
E gli stessi ipocriti politicamente corretti non hanno nulla da dire quando vedono, per restare in ambito olimpico, le atlete musulmane gareggiare costrette in osceni scafandri, e cercano di spacciare l'imposizione di questi per “pluralismo culturale”.
Altro che indignarsi per il termine “cicciottelle”! Ciò che deve indignare è l'ipocrisia, la doppia o la tripla morale di cui il mondo della presunta '”informazione” da quotidianamente prova.

sabato 6 agosto 2016

DIECI PUNTI SULL'ONDATA DI TERRORE

Questa estate si sta trasformando in una autentica mattanza, accompagnata da un'altra mattanza: quella del buon senso e dell'intelligenza, messa in atto dai media. Forse val la pena di fissare qualche punto, contro le mistificazioni che ci opprimono, da tutti i lati.

1) Non ci sono piani prestabiliti dietro l'ondata terroristica in corso. Non la si può fermare indagando per stabilire se ci siano legami fra l'assassino di turno e l'Isis, o altri gruppi fondamentalisti. Il legame è uno solo: l'Isis, o chi per lui, ordina: UCCIDETE ed ovunque nel mondo qualcuno esegue, e ammazza gente a casaccio.
2) Non esistono obiettivi sensibili. I terroristi non mirano a colpire i militari, o i palazzi del potere, o a rovinare grandi manifestazioni. Gli basta uccidere gente, ovunque. Ognuno di noi è un obiettivo sensibile.
3) Tutto può diventare un'arma per i terroristi. Alla luce di quanto sta accadendo la stucchevole polemica sui “mercanti di morte” e sulla libera vendita delle armi appare una idiozia.
4) E' ridicolo cercare di fermare il terrore con normali misure di polizia. Si possono presidiare una caserma, uno stadio o la basilica di San Pietro, non ogni strada, ogni mercato, ogni fermata di autobus.
5)
Siamo in una situazioni eccezionale che richiede misure eccezionali. Si possono ridurre gli effetti della aggressione terrorista in corso solo se si è disposti ad accettare misure discriminatorie, che limitino in qualche modo le normali libertà civili. Ad esempio: un musulmano sospettato di essere vicino al terrorismo va espulso seduta stante, anche se non emergono prove sufficienti a farlo incriminare.
6)
La causa principale del diffondersi del terrore va cercata nella immigrazione senza limiti e controlli. Non si tratta di scovare terroristi che si “infiltrano” tra i “migranti”, né di teorizzare che tutti i “migranti” siano terroristi. Si tratta di capire che la grande maggioranza dei migranti è costituita da persone estranee alla nostra cultura ed ai nostri valori, che guardano spesso con simpatia ai terroristi. Riempire l'Europa di “migranti” vuol dire costruire qui da noi il bacino da cui i terroristi pescano i loro seguaci, sostenitori, simpatizzanti. Non a caso i paesi a più alta presenza di immigrati sono quelli maggiormente tormentati dal terrorismo.
7)
I terroristi islamici non ci odiano per ciò che facciamo ma per ciò che siamo. Ci odiano perché siamo laici, perché diamo valore alle libertà individuali, teorizziamo la separazione fra sfera politica e sfera religiosa, non demonizziamo il sesso, consideriamo uomini e donne persone dotate di pari dignità.
8) Il fatto che fra i musulmani ci siano molte brave persone, sinceramente avverse al terrorismo, non cambia di una virgola sostanza delle cose.
Il problema non sono le singole persone , ma le caratteristiche di una religione politica. E queste sono INCOMPATIBILI coi valori fondanti la nostra civiltà.
9)
Non si tratta di dichiarare guerra ad un miliardo e mezzo di musulmani, semmai sono loro ad aver dichiarato guerra a quasi cinque miliardi di non musulmani. Si tratta di rispondere al terrorismo a tutti i livelli: militare, politico, diplomatico, sociale, economico, culturale. E' questo che oggi i governi occidentali non fanno.
10)
L'occidente non può battere l'attacco terrorista se non recupera e rivendica il valore della propria identità storica e culturale. Non ci possiamo difendere se ci consideriamo biechi sfruttatori, inquinatori del mondo, affamatori dei popoli. L'occidente merita di essere difeso perché non è, nella sua migliore essenza, la macchietta ridicola che propagandano i fautori del “politicamente corretto”, fra gli applausi degli islamici più o meno “moderati”.

Ho scritto delle ovvietà, me ne rendo conto. Ma a volte ciò che è ovvio ha anche il pessimo difetto di essere
vero.

venerdì 5 agosto 2016

SIAMO DAVVERO GIURIDICAMENTE OBBLIGATI AD ACCOGLIERE TUTTI?

E' uno degli  argomenti principe degli occidentali “buoni”. Saremmo costretti ad accogliere tutti o quasi i "migranti" in base alla convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, che l'Italia accetta. Ma si tratta, come al solito, di una mistificazione.
L'articolo uno della convenzione definisce infatti in questo modo lo status di rifugiato. Si considera “rifugiato”

"Chiunque nel giustificato timore d'essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi.”
Come si vede la convenzione parla di persone che si trovano già fuori dal loro paese, non di decine, centinaia di migliaia di persone che lo abbandonano. Il diritto di asilo riguarda i singoli e i piccoli gruppi, non interi popoli che si trasferiscono da un continente all'altro.
Per essere considerati rifugiati inoltre non basta venire da paesi non democratici. Se esser cittadini di paesi non democratici fosse sufficiuente per aver diritto all'asilo dovremmo concedere asilo, se solo lo chiedessero, ad un paio di miliardi di cinesi, visto che la Cina democrativa non è. No, per avere diritto all'asilo si deve avere il giustificato timore di essere sottoposti a
persecuzioni per ragioni razziali, politiche, etniche o sociali. La cosa è ben diversa. Una cosa è vivere in Cina, altra cosa rischiare, in Cina, il carcere o la morte per motivi politici.
Quanto alle zone di guerra, è ovvio che, indipendentemente da considerazioni giuridiche, venire da queste non può conferire automaticamente lo status di rifugiato: se così fosse dovremmo considerare “rifugiati” eventuali combattenti Isis che, sconfitti sul campo di battaglia, si imbarcassero per l'Italia (non è improbabile che qualcosa di simile stia avvenendo). Chi viene da zone di guerra è considerato rifugiato se in queste zone ha subito o rischia di subire specifiche forme di oppressione.

La convenzione chiarisce anche che un rifugiato non può essere considerato
clandestino ed essere sottoposto alle conseguenti sanzioni, se è in buona fede, cioè se è convinto che vi siano sufficienti motivi per essere considerato perseguitato politico in base alla legislazione del paese in cui entra.
Ecco quanto dice l'articolo 31 della convenzione:

Gli Stati Contraenti non prenderanno sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell'articolo 1, per quanto si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolare”.
Se non dimostra che nel paese di provenienza poteva esser sottoposto a persecuzioni il profugo può essere a giusto motivo esser considerato clandestino, e trattato di conseguenza. Ha l'obbligo di presentarsi alle competenti autorità per giustificare la sua presenza nel paese di arrivo. Ora, è notorio che la gran maggioranza dei “migranti” arriva da noi senza alcun documento, qualcuno dice che li buttano a mare, e che moltissimi di loro si dileguano rapidamente dai centri di accoglienza. Non sembra davvero che queste persone possano essere considerate in “buona fede” ai sensi dell'articolo 31 della convenzione ed aspirare al ruolo di “rifugiati”.
Anche a voler assumere un atteggiamento strettamente giuridico, comunque inadeguato di fronte a flussi migratori come quelli a cui stiamo assistendo, non è vero che siamo obbligati ad accogliere tutti o la maggioranza, o anche solo una consistente minoranza dei “migranti” che arrivano sulle nostre coste. Anche in base alla famosa convenzione che i "buoni" citano un centinaio di volte al giorno la stragrande maggioranza dei “migranti” che accogliamo dovrebbero esser rispediti ai paesi d'origine.
Del resto, ci sono paesi che accolgono pochissimi “migranti” e quasi nessun  musulmano. Australia, Nuova Zelanda, Giappone ad esempio e qui in Europa Ungheria, Repubblica Ceca, in parte anche l'Austria. Non mi risulta che i caschi blu si apprestino ad intervenire militarmente in Giappone o che il consiglio di sicurezza dell'ONU abbia imposto all'Ungheria ad accogliere decine di migliaia di “migranti”.

mercoledì 3 agosto 2016

SOCRATE, I TERRORISTI ED IL DIO DENARO

Socrate. Franco, ottimo amico, che piacere incontrarti! Dove vai di bello?
Franco. Buona giornata o Socrate. Vado in Chiesa a pregare Nostro Signore perché liberi il mondo dai tanti mali che lo opprimono.
S. Ottima cosa tu fai, amico mio. Io non ho una gran fede, sono anzi piuttosto scettico in materia religiosa, ma ammiro chi prega con fede sincera.
F. Ed io ammiro chi, pur pieno di dubbi, o addirittura lontano dalla fede, si prodiga per fra trionfare amore e pace fra gli uomini.
S. Parole sante!
F. Tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero unire i loro sforzi per battere la logica diabolica del potere e del Dio denaro che impediscono la pace e la pacifica convivenza fra esseri umani.
S. Potere? Dio denaro? Non capisco bene...
F. C'è poco da capire, o Socrate. E' la smania di potere e di accumular ricchezze a provocare guerre e tensioni. Dietro a tutto c'è sempre il Dio denaro che condiziona ogni nostra azione e spinge gli uomini a commettere crimini nefandi.
S. Quindi sarebbe il Dio denaro la causa del terrorismo?
F. Certo, del terrorismo, delle guerre e di tanti altri mali.
S. Scusa caro Franco, ma... non ti pare che il fanatismo religioso, soprattutto islamico, abbia qualche colpa?
F. Ma no! Le religioni sono tutte per la pace! La violenza esiste ovunque, pensa a quanti mariti uccidono le mogli, o a quanti genitori maltrattano i figli; e fanatici ce ne sono in tutte le religioni, non solo nell'Islam.
S. Sarà...
F. Non sei convinto?
S. Non saprei. Tu parli di violenza che esiste ovunque, di mariti che uccidono le mogli e genitori che maltrattano i figli.
F. Certo, sono fatti innegabili purtroppo.
S. Ma, questa violenza esisteva anche, diciamo, una ventina di anni fa?
F. Certamente.
S. Sai, ricordo che circa venti anni fa mi sono recato a Roma, a visitare la Basilica di San Pietro. Sono entrato tranquillamente. Son tornato a visitare quella chiesa un paio di mesi fa, e ho dovuto fare una coda di oltre mezz'ora, passare attraverso due metal detector guardato a vista da uomini armati sino ai denti. E' un fatto strano, lo ammetterai, visto che mariti e genitori violenti esistevano anche venti anni fa, anzi, forse erano allora più numerosi di oggi.
F. Io non ho negato,mi pare, che esistano anche sparuti gruppi di fanatici, in ogni fede.
S. Esistono questi sparuti gruppi in tutte le religioni? Oggi? Nella stessa misura?
F. Si, più o meno.
S. La cosa mi lascia alquanto perplesso...
F. E perché mai?
S. Dimmi ottimo amico, ti risulta che esistano buddisti che si fanno esplodere in ristoranti e pizzerie?
F. Non ne ho notizia.
S. E cattolici che sparano all'impazzata sulla folla?
F. Non sembra ne esistano.
S. E protestanti che sgozzano chi non ricorda a memoria le opere di Lutero?
F. Neppure di questo ho notizia.
S. E conosci ebrei che attaccano a colpi di macete delle donne in cinta?
F. Non mi pare di conoscerne.
S. Potremmo dire che la quasi totalità di simili atti esecrandi sia compiuta da musulmani?
F. Forse potremmo dirlo, ma non cambia la sostanza delle cose. Si tratta in fondo di differenze puramente quantitative. Se i militanti di sparuti gruppi di religiosi compiono dei delitti non ha molto senso stabilire chi ne compia in maggior quantità.
S. A me non sembra carissimo Franco. Sinceramente, tu metteresti sullo stesso piano un marito che a volte parla alla moglie con voce alterata ed uno che la prende a calci e pugni tutte le sere?
F. Non saprei, direi di no.
S. E per te sono sullo stesso piano un uomo che una volta nella vita, in preda all'ira, colpisce con un pugno un suo simile ed il teppista che tutte le sere è coinvolto in risse da strada?
F. Forse no
S. Eppure la differenza fra loro è solo “quantitativa” per usare la tua espressione...
F. Quanti sofismi o Socrate! Si tratta di particolari secondari. Comunque a compiere atti di violenza sono solo sparuti gruppi di fanatici...
S. Anche questo mi pare assai dubbio...
F. Come puoi negarlo?
S. Dimmi, tu definiresti “sparuto gruppo” uno stato?
F. No, ovviamente.
S. E concordi nel definire riprovevole violenza, ad esempio, la lapidazione di una adultera?
F. Concordo.
S. E la decapitazione di un apostata?
F. Concordo.
S. E l'imposizione del matrimonio a bambine di meno di dieci anni?
F. Concordo anche su questo, ovviamente. Io sono un uomo profondamente mansueto ed aborrisco la violenza.
S. Per questo ho nei tuoi confronti il massimo rispetto, nobile amico. Però, dimmi, è o non è vero che lapidazione, imposizione di matrimoni e decapitazione degli apostati sono pratica comune e diffusissima, addirittura legge, in molti stati musulmani?
F. Pare che questo sia vero.
S. Ed è o non è vero che le notizie di attentati vengono accolte in molti paesi musulmani con grandi manifestazioni di gioia, cui partecipano decine, addirittura centinaia di migliaia di persone?
F. Forse c'è del vero in questo.
S. Quindi non possiamo parlare di violenza ristretta a sparuti gruppi di fanatici, direi. Si tratta di movimenti di massa, abitudini diffuse, addirittura leggi in molti stati.
F. Di nuovo ti avvolgi in vani sofismi o Socrate! Tutti i tuoi giri di parole servono solo a nascondere la verità.
S. E quale sarebbe la verità? Dimmi, sono ansioso di conoscerla.
F. La verità è che dietro a tutto questo sta il Dio denaro, la sete di ricchezza e potere. Tu scambi per fanatismo religioso ciò che altro non è che bramosia e cupidigia, e dimentichi che l'occidente è il principale responsabile del diffondersi nel mondo di tale cupidigia e bramosia.
S. E' interessante ciò che dici, ma, sinceramente, non mi convince molto.
F. Non vedo il perché.
S. Dimmi o Franco, sei d'accordo che per giudicare qualcosa non si può prescindere dal suo apparire fenomenico?
F. Non ti seguo molto...
S. Se vogliamo dire qualcosa su un aereo dobbiamo vederlo, toccarlo, esaminarne i motori, ne convieni?
F. E come no?
S. E se vuole diagnosticare una malattia un buon medico deve esaminare il paziente, vedere da quali malesseri è affetto e così via, ne convieni?
F. Come non potrei?
S. E per decidere se un uomo è uno stupratore dobbiamo esaminare i suoi comportamenti, di certo concordi...
F. Ma si! Stai menando il can per l'aia o Socrate!
S. Non credo. Dimmi nobile amico, potremmo definire dominato dal Dio denaro chi si comportasse in maniera del tutto diversa da chi sicuramente brama denaro?
F. Non credo.
S. Neppure io lo credo. Ora ti chiedo, a tuo avviso i mafiosi mirano al denaro?
F. Che domanda! E' ovvio che mirano al denaro.
S. E gli speculatori di borsa?
F. Si
S. E i grandi finanzieri?
F. Certo che si!
S. E dimmi ora, hai mai saputo di un mafioso che si sia fatto esplodere in un ristorante urlando “Dio (o Allah, o Budda, o Cristo) è grande?
F. Non mi pare che siano mai avvenute cose simili.
S. E ti è mai giunta notizia di un finanziere che taglia la gola a dei turisti dopo avergli chiesto di recitare brani del Corano, o della Bibbia?
F. No.
S. Forse qualche speculatore di borsa ha mai sgozzato dei preti durante la messa?
F. Sembra di no.
S. E dimmi ora, ti sembra che ammazzare gente a caso, rendere difficili gli spostamenti di persone e merci, gettare interi paesi nella paura e nell'incertezza favorisca o danneggi i commerci ed i traffici?
F. Sembrerebbe che li danneggi
S. E non sono i traffici ed i commerci legati al denaro?
F. Lo sono
S. Quindi sembrerebbe che le azioni dei terroristi a tutto possano mirare meno che ad accumulare denaro.
F. Di nuovo fai il sofista o Socrate! Non è importante stabilire cosa muova il comportamento dei disgraziati che uccidono. Dietro a loro si muovono interessi potenti, i loro capi sono dominati dalla volontà di acquisire denaro e potere. Ed è questo che conta. Il resto è secondario.
S. Può esserci del vero in ciò che dici, però... mi sembra poco convincente come spiegazione.
F. Invece si tratta di una spiegazione perfettamente razionale.
S. Può essere, anche il mio amico Marx dice qualcosa di simile...
F. Lo conosco anche io. Marx dice cose assai interessanti, anche se non le condivido tutte. In particolare, a mio parere, sottovaluta l'importanza della fede e della religione, che per me sono invece fondamentali.
S. A parte questo siete vicini, mi sembra, soprattutto nell'addebitare al denaro quasi tutte le cose cattive che avvengono nel mondo.
F. E come non potremmo? Guarda all'Isis o Socrate. Non vedi che mira al denaro? Cerca di impadronirsi di pozzi di petrolio, vuole il potere, i soldi. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la religione!
S. Sono poco convinto. Mi permetti di farti qualche domanda? Così, per cercare di avvicinarci, insieme, al vero.
F. Fai pure.
S. Di certo tu sai, nobile amico, che il partito bolscevico di Lenin si finanziò anche organizzando rapine. Lenin era interessato ai soldi, a quanto pare.
F. Certo.
S. Dimmi ora, potremmo dire che Lenin mirava ai soldi per fare la rivoluzione o cercava di fare la rivoluzione perché mirava ai soldi?
F. Sembra che la prima opzione sia quella valida.
S. Lo sembra anche a me. E dimmi ora, Bin Laden era un ultra milionario. Rese forte Al Qaeda per far soldi o si servì dei suoi soldi per rendere forte Al Qaeda?
F. Sembra che usò i suoi soldi per render forte Al Qaeda.
S. Anche a me lo sembra. E dimmi ora, esistono molte associazioni caritative cattoliche vero?
F. Certo che esistono, e questo dimostra la grande importanza della religione nell'indirizzare le azioni degli uomini.
S. Sante parole le tue. Però, dimmi, queste associazioni caritative cercano di accumulare denaro vero?
F. E' ovvio.
S. Infatti. E, accumulano denaro per fare la carità o fanno la carità per accumulare denaro?
F. Che razza di domande fai, o Socrate! E' evidente che accumulano denaro per poter fare la carità e non viceversa, se di buone associazioni caritative si tratta.
S. Concordo. Potremmo allora concludere dicendo che il denaro è per molti un fine, ma per molti altri un semplice mezzo, e c'è chi mira al denaro per se stesso ed invece chi vuole il denaro per raggiungere altri fini, buoni o cattivi che siano?
F. Forse possiamo
S. Quindi, possiamo dire che l'Isis non fa la guerra santa perché vuole petrolio e denaro, ma vuole denaro e petrolio per finanziare la guerra santa?
F. No, non possiamo dirlo. Io sono convinto che nulla distingua l'Isis da una normale organizzazione criminale e che il vero fine del califfato sia il denaro, fine a se stesso.
S. Ma parlando di Al Qaeda e di Bin Laden avevi detto cose diverse, mi pare.
F. Tu me le hai messe in bocca, coi tuoi vani sofismi o Socrate! Per me è chiaro che il califfato non ha nulla a che vedere con la religione, meglio, ha a che vedere solo con l'orrenda religione del Dio denaro!
S. Non mi pare di averti messo in bocca proprio niente, amico mio. Però, voglio scendere sul tuo terreno, e ti chiedo: quando affermi che l'Isis è una organizzazione criminale che mira al denaro, ti riferisci ai suoi capi o ai suoi militanti?
F. Ai suoi capi, ovviamente. I militanti sono dei poveracci ingannati, credono di lottare per la fede e lottano invece per arricchire un pugno di furfanti.
S. Gente da compatire insomma, anche se sgozza e massacra...
F. Non mi fare arrabbiare o Socrate...
S. Dio me ne guardi! Dimmi però, nobile amico: ammesso che il capo dell'Isis, Al Bagdadi, miri solo o principalmente ai soldi, cosa succederebbe se i suoi militanti scoprissero questo segreto?
F. Non ti seguo...
S. Poniamo che Al Bagdadi abbia conti milionari in Svizzera, sia un uomo dissoluto, beva super alcolici, mangi carne di maiale, si accompagni con meretrici e sia amico di banchieri ebrei. Cosa succederebbe se i militanti dell'Isis lo venissero a sapere?
F. Probabilmente Al Bagdadi farebbe una brutta fine.
S. Certo, e probabilmente sarebbe sostituito da un altro che non avesse simili “difetti”, concordi?
F. Come potrei non concordare?
S. Ma... questo non dimostra che in realtà la vera causa della guerra che l'Isis conduce è la religione?
F. E perché mai?
S. Mi pare semplice. Forse i caporioni dell'Isis hanno inconfessabili fini nascosti, ma decine, centinaia di migliaia di persone neppure li conoscono questi fini. Uccidono e si uccidono per conquistare il paradiso, per eliminare gli infedeli dalla faccia della terra e far trionfare ovunque l'Islam. Sono queste le idee ed i valori che muovono i seguaci di Al Bagdadi. Se tantissime persone non condividessero queste idee e questi valori, se non considerassero loro interesse profondo la vittoria dell'Islam Al Bagdadi sarebbe solo un “normale” criminale non diverso da un Totò Riina. Un uomo pericoloso certo, ma non un caso mondiale, che condiziona la politica di tutti o quasi gli stati del pianeta.
F. Mi sembra un discorso aggrovigliato il tuo.
S. A me sembra invece assai chiaro. Togli il fanatismo religioso, riduci tutto ad inconfessabile bramosia dei caporioni e non hai più manifestazioni oceaniche di musulmani “offesi” per una vignetta o una considerazione teologica di papa Benedetto. Non hai uomini bomba disposti a morire pur di uccidere né fanatici che sparano sulla folla o che massacrano donne in cinta a copi di macete. Restano casi di comune criminalità contrastabili con normali misure di polizia. Tutto questo prescindendo dal fatto che è da dimostrare che i caporioni siano davvero interessati solo al denaro. In fondo molti di questi sono morti combattendo. Bin Laden avrebbe potuto fare la bella vita, nessuno glielo impediva.
S. I tuoi discorsi mi fanno girare la testa. Continui sofismi, concetti che si muovono all'impazzata. Vado in Chiesa a pregare la madonna...
S. Nobile amico, non sai quanto mi spiaccia provocare giramenti alla tua testa possente!
F. Non mi prendere in giro Socrate!
S. Nulla è tanto lontano dalle mie intenzioni quanto prendermi gioco di te o eccellente Franco! Lo sai come sono fatto, amo cercare di andare al fondo delle cose, vorrei cogliere la verità, ma questa è tanto difficile da agguantare! Mi piacerebbe però almeno avvicinarla. Scambia ancora qualche idea con me, ti prego, forse, insieme, riusciremo a fare qualche passo avanti.
F. E sia, pregherò più tardi, e con maggiore intensità. Cosa hai altro da dirmi?
S. Vedi, amico carissimo, mi sembra che nelle tue parole sia nascosta una implicita svalutazione della fede.
F. E perché mai? Nulla è tanto lontano dal mio pensiero quanto svalutare la fede.
S. Tu affermi che guerre e conflitti nascono da fattori economici o sbaglio?
F. Non sbagli.
S. Ed anche il terrorismo nasce da quelli, mi pare che tu sostenga, sbaglio?
F. No, non sbagli.
S. E le guerre civili?
F. Anche quelle nascono da fattori economici.
S. Sempre e solo da quelli?
F. In maniera assolutamente prevalente nascono da contrasti di interessi economici.
S. Quindi ogni tipo di conflitto ha ragioni economiche, o almeno, sono quelle le ragioni determinanti, decisive.
F. Si.
S. Guerre fra stati e guerre civili, terrorismo, conflitti di vario tipo sono eventi importanti nella storia?
F. Certo che lo sono.
S. Possiamo dire che si tratta di eventi della massima importanza?
F. Possiamo.
S. Dimmi ora caro Franco, se le guerre hanno cause quasi esclusivamente economiche, i trattati di pace che ad esse pongono fine avranno o non avranno una fondamentale dimensione economica?
F. La avranno.
S. E gli accordi fra stati, le alleanze, le intese?
F. Anche loro saranno in larga misura determinati dall'economia.
S. E gli accordi che mettono fine alle guerre civili?
F. Anche loro.
S. E le politiche atte a contenere il terrorismo?
F. Anche per loro vale lo stesso discorso.
S. E le politiche tese ad impedire che i contrasti di interesse degenerino in guerre civili, le riforme, la politica in generale, tutto questo sarà in larghissima misura determinato dall'economia, tu affermi questo?
F. Lo affermo.
S. Ma, se tutto questo è vero che posto resta, ottimo amico, per la fede? A me sembra che ne resti poco o nulla.
F. Ma che dici! Resta moltissimo posto.
S. Non mi pare. Guerra e pace, concordia o discordia fra gli stati e negli stati, trattati, accordi, riforme, politica quotidiana, tutto si risolve nella economia e tu pretendi che la fede abbia ancora un ruolo? Se è vero ciò che dici ha ragione il nostro comune amico Marx che non a caso definisce mera “sovrastruttura” la religione, la degrada ad inganno dei potenti per ingannare il popolo.
F. Ma no! Tu confondi le acque!
S. Ma sei stato  tu a dire che che dietro a tutto sta il “Dio denaro”. Scusa, questo vuol dire che la religione  non determina nessun comportamento umano, offre solo coperture a comportamenti che hanno ben altre cause.
F. Di nuovo mi gira la testa, tu confondi tutto.
S. Non mi pare. Dico una cosa semplicissima. Non si può fare dell'economia, del “Dio denaro” la causa fondamentale di tutto e pretendere poi che la religione conservi un ruolo nel determinare le azioni umane. Se le tue analisi sono veritiere pregare è inutile, ottimo amico!
F. Basta o Socrate! I tuoi discorsi sono diabolici! Ti lascio, vado in Chiesa a cercare divina ispirazione!
S. Cerca ispirazione anche per me, amico mio. Io sono solo un uomo che brancola nell'ignoranza.
F. Addio o Socrate!
S. Arrivederci ottimo amico.