lunedì 28 settembre 2015

PIETRO INGRAO

Addio a Pietro Ingrao, morto a Roma lo storico dirigente del Pci

Alla bella età di cento anni è morto Pietro Ingrao. Tutti i politici italiani lo ricordano come un grande campione della democrazia.
Certo, se paragonato ai tanti nani della attuale politica italiana, molti dei quali militano nel PD, Pietro Ingrao appare un gigante, ed è d'obbligo il rispetto di fronte alla maestà ed al mistero della morte, ma il rispetto non può indurci a mettere in secondo piano la verità.
Pietro Ingrao è stato per molti, molti anni uno stalinista di ferro. Ha applaudito i carri armati sovietici che nel 1956 repressero la rivolta di Budapest; neppure l'infamia della condanna a morte, prontamente eseguita, di Imre Nagy valse a fargli cambiare idea.
L'appoggio che Ingrao diede alla repressione della rivolta ungherese è tanto più grave se si pensa che questa avvenne dopo lo storico ventesimo congresso del PCUS, quello in cui Kruscev gettò un primo fascio di luce sui crimini dello stalinismo. I dirigenti del PCI ormai non potevano dire di ignorare quei crimini né potevano più negarli. Eppure applaudirono tutti, compreso Ingrao (e, per la verità, compreso anche Giorgio Napolitano) un atto che riportava l'URSS nel più brutale stalinismo.
Poi Ingrao sottopose quella scelta ad una severa autocritica, occorre dargliene atto, e divenne un comunista “critico”. Cercò di separare il giudizio sulla esperienza storica del comunismo da quello sulla idea comunista. Triste il destino di tanti materialisti storici che, posti di fronte alle smentite che la storia vera riserva alle loro utopie, diventano, alle soglie della vecchiaia, platonici!
Ingrao divenne così il punto di riferimento di molti di coloro che nella sinistra italiana non condividevano la politica ufficiale del PCI. Ma il suo “comunismo critico”, restò sempre una idea confusa, priva di impatto sul reale. E non a caso. Le libertà civili, il pluralismo politico e sociale, la democrazia non sono possibili fuori dal quadro di una economia di mercato. Si può, ovviamente, sottoporre il mercato a limiti e controlli, ma la sua abolizione non si limita a rendere più povere le masse, a cui nome tanti nemici del mercato dicono di parlare, le rende anche radicalmente non libere.
Ingrao divenne, forse suo malgrado, il punto di riferimento di tutti coloro che, in nome della preservazione della utopia comunista, avevano sostituito a Stalin nuove icone: Mao, Ho Ci Min, Castro, Pol Pot. Icone meno pesanti forse, ma in alcuni casi addirittura
più sanguinarie dell'originale. E quando a Berlino, a Praga, a Budapest (ironia della storia) folle enormi distrussero il comunismo reale e dissero chiaro e forte di non voler sperimentare alcun tipo di “nuovo” comunismo, Ingrao difese l'utopia che tanto amava, e che tanti lutti aveva provocato al genere umano. Rifiutò la svolta con cui il PCI cambiava nome e cercava, con dubbi esiti, di diventare un partito socialdemocratico. Divenne, sempre più un guru, osannato da tanti, ma che nessuno ascoltava veramente.
Ora si è chiusa la sua vicende umana.
Riposi in pace.

domenica 20 settembre 2015

I BAMBINI ED I MEDIA

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Non sono un esperto di fotografia, ma qualcosa non mi convince nella foto della bambina siriana che gattona di fronte ai poliziotti, in Turchia. Stringe il cuore il contrasto fra il bel visino della bimba e gli scudi della polizia, ma è possibile che un uomo, stando in piedi, possa inquadrare contemporaneamente quella bimba e quegli scudi? Forse sbaglio, ma mi sembra che quella foto sia stata accuratamente preparata, che qualcuno abbia volutamente cercato l'inquadratura giusta; chissà, forse la bambina è stata messa deliberatamente in quella posizione, per essere immortalata in una foto dall'innegabile impatto emotivo.
Il dubbio è più che lecito se si pensa che alla piccola sono state scattate NON UNA, me ben SEI foto, da angolature diverse. Eccone altre due.

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La foto, o le foto,   naturalmente ha fatto il giro del mondo, tutti i TG la ha mostrata.
La “Repubblica” on line così la commenta: "la forza dell'innocenza contro le forze dell'ordine". Altri giornali parlano di “bimba che gattona verso la libertà”.
Ci sono pochi argomenti razionali a sostegno della tesi che si debbano far entrare in Europa, senza alcun limite, filtro o controllo, centinaia di migliaia, forse milioni di “migranti”, in larga misura portatori di culture, idee, valori del tutto incompatibili con i nostri. Qualcuno pretende di ricordare ai cattivi ungheresi che nel 1956 erano loro i migranti, e li condanna aspramente per le loro chiusure di oggi. Dimentica che i pochi che  riuscirono ad abbandonare l'Ungheria nel 1956 amavano i nostri valori, apprezzavano il nostro stile di vita. Oggi la gran maggioranza dei "migranti" pressa i confini dell'Europa al grido di “Allah è grande”, lo stesso che urlano in Siria, in Libia ed in tante altre parti del mondo i coloro che ammazzano, o si ammazzano, in nome di Dio.
Ma dove non può arrivare la ragione, possono arrivare i sentimenti e la propaganda. Ecco perché le foto di piccoli, innocenti, bambini si moltiplicano in questi giorni su tutti i media.
Intanto in Arabia saudita un ragazzo aspetta di essere decapitato per aver partecipato, anni fa, ad una manifestazione anti governativa. Dopo che la testa gli sarà stata mozzata il suo corpo verrà crocifisso e mostrato alla folla, per monito.
Ma di questo i telegiornali non parlano...


giovedì 10 settembre 2015

RICORDI DI LAVORO

Brescia, una decina di anni fa, sede della banca in cui lavoravo. Seduto davanti a me un signore pakistano. Parliamo della sua richiesta di mutuo ipotecario. Gli faccio le solite domande: quale è il suo lavoro, quale il suo reddito eccetera. Ad un tratto gli dico che il mutuo, se la richiesta verrà accolta, sarà erogato congiuntamente a lui ed alla sua signora. Mi fulmina con lo sguardo: “no, solo io e i miei fratelli, niente signora”. Obietto che se il cliente è sposato la banca concede il mutuo ad entrambi i coniugi, gli parlo della comunione e della separazione dei beni. Non sembra capirmi. In un italiano stentato ribadisce: “niente moglie, la casa va a me e ai miei fratelli”. Dopo un po' ci salutiamo. Se ne va visibilmente seccato. Non lo ho più rivisto.

Si sta stipulando un atto di mutuo. I beneficiari sono un cittadino medio orientale e la sua signora; non so se avesse altre mogli, all'atto era presente quella.
Il notaio legge rapidamente le clausole dell'atto. Il richiedente segue attento, è un signore corpulento, con un gran paio di baffi. In fondo al grande tavolo la sua signora non alza un attimo lo sguardo. E' chiaramente a disagio, sembra non capire ciò che avviene attorno a lei. Il notaio legge le clausole relative al tasso di interesse. Il richiedente interrompe, chiede spiegazioni. Gliele fornisco, lui annuisce soddisfatto. Guardo la sua signora. “Tutto chiaro anche per lei signora?” le chiedo. Lei non dice nulla, si limita ad un impercettibile movimento del capo. Il marito mi guarda storto. Al momento di firmare la donna è ancora più in difficoltà. Traccia rapidamente dei segni in calce al contratto, il marito la guarda vigile. Finito di apporre le firme la donna ricomincia a guardare il pavimento, senza muoversi, né proferir parola.

Nuovo atto di mutuo. Il richiedente è un giovanotto di colore, piuttosto simpatico. Facciamo due chiacchiere in attesa del notaio. Mi dice che fra breve andrà nel suo paese, in Africa, a trovare le sue quattro mogli. Fa un certo effetto sentire parlare di quattro mogli, tento una battuta di spirito. “quattro mogli? Non ti invidio, una già rompe, figuriamoci quattro” gli dico. Mi risponde con un largo sorriso: “ti sbagli capo! Quando vado a casa in Africa sono un re! Non devo muovere un dito. A cena mi servono i cibi che ho ordinato, dopo cena mi siedo in poltrona davanti al televisore, una mi porta da bere, l'altra mi massaggia i piedi, le altre due lavano i piatti, fanno altri lavori di casa, ma scattano non appena le chiamo; e poi, dopo la TV...” mi sorride ammiccante. Le sue notti devono essere alquanto movimentate, penso con un pizzico di invidia, molto maschilista. Avere quattro schiave ha i suoi vantaggi, per il proprietario delle schiave.

Piccoli episodi di vita vissuta, che la dicono lunga sulla compatibilità della loro cultura e della nostra. Certo, vedere la signora Boldrini nei panni di una moglie che scatta ad un cenno del marito non ha prezzo...

martedì 8 settembre 2015

IL BAMBINO SIRIANO

BAMBINO

Passeggio su una spiaggia deserta. Ad un tratto vedo qualcosa, in lontananza. Affretto il passo, mi avvicino, e sono colto dal raccapriccio. Sul bagnasciuga giace il corpo inanimato di un bambino, le onde lo lambiscono e ogni tanto lo scuotono. Cosa faccio, e cosa fa chiunque sia un essere umano e non una bestia? Cerco di soccorrerlo. Lo allontano dall'acqua, lo metto supino, gli pratico la respirazione bocca a bocca, chiamo il pronto soccorso, cerco l'aiuto di persone più esperte di me che forse sono in grado di fare qualcosa. Di certo fotografarlo è l'ultimo dei miei pensieri.
Cosa ha fatto invece la giornalista Nilufer Demir, dell'agenzia di stampa turca Dogan? Ecco le sue parole: “Appena ho visto il bimbo di 3 anni, Aylan Kurdu, mi si è gelato il sangue. Non c'era nulla che potessi fare per lui. L'unica cosa che potevo fare era far sentire l'urlo del suo corpo che giaceva a terra, e così ho fatto”. La umanitaria giornalista ha subito stabilito che non poteva fare nulla per il bambino se non fotografarlo, per “far sentire al mondo l'urlo del suo corpo”. Non cerca di rianimarlo, non lo toglie dall'acqua, pensa solo all'impatto mediatico che possono avere le foto del piccolo corpo; l'esigenza politica di “scuotere le coscienze” prevale su tutto, da subito.
Mi chiedo, come faceva la solerte giornalista a stabilire, solo guardandolo, che il bambino era morto e che non poteva essere rianimato? Gli ha tastato il polso, ha cercato di stabilire se il cuore batteva ancora? Sono cose minime queste, cose che chiunque cerca di fare, chiunque, tranne gli occidentali umanitari trasudanti bontà.
Ma, ammettiamo che il racconto della giornalista sia inesatto, che Nilufer Demir abbia cercato in qualche modo di soccorrere il piccolo. In questo caso sorge spontanea una domanda, cosa ha fatto la giornalista dopo aver cercato invano di rianimarlo? Ha rimesso in acqua il corpo del piccolo per fotografarlo? Vedo il corpo inanimato di un bambino, lo tolgo dall'acqua, cerco di rianimarlo, non ci riesco, allora lo rimetto in acqua e lo fotografo? Questo è avvenuto su quella maledetta spiaggia?
Comunque si rigirino le cose una conclusione è d'obbligo. Nella vicenda del piccolo siriano l'esigenza mediatica ha avuto la prevalenza assoluta su tutto il resto. L'importante non era la vita del bambino ma l'impatto propagandistico della sua morte, in perfetto stile goebbelsiano. E la cosa non riguarda solo la giornalista che ha fotografato il piccolo. Il TG di Sky ha fatto un sondaggio ponendo ai telespettatori la interessante domanda: “pensate che la foto del bimbo siriano scuoterà le coscienze?”. Renzi, in occasione di una pubblica manifestazione ha esposto la foto del piccolo, vivo per fortuna, con tanto di orsacchiotto, ed ha definito “bestie” coloro che non accettano la politica delle porte aperte ai clandestini. Nessuno è tanto privo di umanità quanto gli “umanitari” politicamente corretti.

domenica 6 settembre 2015

IPOCRISIA VOMITEVOLE

Due settimane in montagna, pensando solo a sentieri, rifugi ed escursioni, lontano dalle idiozie e dalle ipocrisie. Per quindici, bellissimi giorni quasi non ho guardato i telegiornali, avevo voglia di disintossicarmi. QUASI però. E si, perché in fondo sono masochista non so resistere: mi viene sempre voglia di sapere cosa accade nel mondo.
Così, anche nella pace e nel riposo si sono insinuate, a volte, l'ipocrisia, la mala fede e la stupidità.
Forse sbaglio, ma raramente la propaganda goebbelsiana sui “migranti” aveva raggiunto la virulenza di queste ultime settimane. Descrizioni dettagliate di tragici naufragi, lunghi elenchi di morti, foto choc mostrate in continuazione. E dire che di solito i nostri cari giornalisti sono molto parchi quando ci sono di mezzo immagini “forti”. I telegiornali evitano di mostrare i corpi massacrati delle vittime del fondamentalismo islamico, i buoni giornalisti evitano di rovinarci la cena con immagini truculente quando ci sono di mezzo i tagliagole dell'Isis ed i loro complici. La foto del povero bimbo siriano invece è stata onnipresente, una sorta di monito e di messaggio: chi rifiuta l'immigrazione priva di limiti e controlli è un malvagio senza cuore, è moralmente colpevole della morte del piccolo innocente.
Vien voglia di dire, meglio, di gridare: “MA IN CHE MONDO VIVETE, RAZZA DI IPOCRITI”? A decine, centinaia di migliaia i “migranti” si imbarcano in carrette che stanno a galla per combinazione, si stipano in container, prendono d'assalto treni e stazioni, attraversano a piedi tunnel ferroviari, addirittura il tunnel della manica, e volete che tutto questo non provochi incidenti e morti in gran quantità?
Volete evitare i morti, razza di ipocriti? Ci sono due, forse tre modi per farlo.
Il primo è
bloccare le partenze, dire chiaramente che non possiamo accogliere tutti e comportarsi di conseguenza. Non si venga a dire che non lo si può fare. Fare lo si può, basta volerlo. Al tempo dei famosi, e tanto criticati “respingimenti” non c'è stato un solo incidente grave, se ricordo bene; ora, in piena frenesia buonista, i morti si contano a migliaia.
Il secondo è organizzare traghetti che vadano a prendere i "migranti" a casa loro. Si prendano un paio di navi della Tirrenia o della Grimaldi e le si mandino due, tre volte alla settimana in nord Africa. Arrivano ai porti di partenza, caricano i “migranti” e li portano qui da noi. Semplice e sicuro. Certo, se si facesse questo la maschera cadrebbe: ammetteremmo che TUTTI, ma proprio TUTTI possono entrare, senza limite alcuno. E' quello che già avviene, in fondo, ma i governanti europei sono troppo ipocriti per dirlo chiaramente.
Infine, ci sono i “migranti” che davvero fuggono dalla guerra. Non si tratta di
tutti i migranti e neppure della loro maggioranza. Inoltre non sappiamo se fugge chi la guerra la subisce o la fa, e non sappiamo da che parte la fa. In Siria si scontrano i tagliagole teocratici ed i seguaci di un tiranno pseudo laico, non credo siano molti, fra i “migranti” siriani, a condividere i valori - base della nostra civiltà. Ma lasciamo da parte queste considerazioni, ammettiamo che chi fugge dalla Siria sia sempre e comunque meritevole di aiuto. In questo caso però il modo migliore di aiutare le vittime della guerra è di FARLA FINIRE, questa dannata guerra, e par farla finire occorre INTERVENIRE MILITARMENTE. Ma gli occidentali “buoni” non ci sentono da quest'orecchio. “Intervenire non si può, la guerra non è affar nostro” dicono. E perché mai? Se una guerra provoca migrazioni di massa verso le nostre coste questa guerra E' affar nostro. E poi, prima i “buoni” mettono l'etica al di sopra di tutto; il fine principale è aiutare i "migranti", ad ogni costo, al di la di ogni valutazione dei costi e delle conseguenze di questo aiuto. Poi si ritraggono inorriditi di fronte all'unico provvedimento che potrebbe aiutare davvero chi è vittima delle guerre interminabili che scuotono l'Islam. Gli occidentali “buoni” vogliono accogliere le vittime della guerra ma non far cessare la guerra, sono buoni nei confronti di chi fugge ma non di chi resta. Predicano le braccia aperte nei confronti dei “migranti” ma se ne fregano della sorte di chi non riesce a “migrare”. Chi non sale sui barconi può venire fucilato, impalato, sgozzato, crocefisso, bruciato vivo, se è donna stuprata, lapidata, venduta come schiava sessuale, la loro sorte non turba i sonni degli occidentali “buoni”. E nessun telegiornale mostrerà al mondo le foto dei loro corpi straziati.
Vomitevole ipocrisia!