Più ci penso più mi convinco che sarebbe un gran bene se i leaders della sinistra italiana conoscessero il pensiero di Karl Marx.
Sono convinto che il marxismo contenga profondi, radicali errori da cui sono nate immani tragedie, ma si tratta comunque di una filosofia importante, da cui non è possibile prescindere. La cosa incredibile è che oggi i leaders della sinistra italica sembrano ignorare completamente alcune categorie centrali del pensiero marxiano, prima fra tutte quella di lavoro.
Il concetto di lavoro è centrale in Marx. La teoria marxiana del valore afferma che le merci sono “gelatina di lavoro umano”. Il valore di una merce è dato dalla quantità di lavoro socialmente necessario contenuta in essa. Si tratta di una teoria centrale del marxismo, collegata alle teorie della alienazione e dello sfruttamento, qualcosa di cui non ci si può facilmente liberare come fosse una inutile appendice.
La teoria marxiana del valore è oggi quasi unanimemente rifiutata, ma da questo non deriva alcuna sottovalutazione dell’importanza del lavoro nel processo di produzione della ricchezza sociale. Del resto un filosofo liberale come John Locke aveva, ben prima di Marx, sottolineato l’importanza del lavoro. Per Locke il lavoro è alla base del diritto di proprietà. Posso definire “mia” la tal cosa solo se col mio lavoro la ho modificata rendendola capace di soddisfare bisogni umani. Quella certa terra è “mia” se lavorandola la trasformo in terreno fertile. Ovviamente la posizione di Locke non risolve tutti i problemi, ha dato vita a numerosi dibattiti e contestazioni, ma non è questo ora il punto. La cosa che mi preme sottolineare è la centralità della categoria del lavoro nella valutazione di determinati fenomeni storici, economici, politici e sociali. Ora, è proprio questa categoria, il lavoro, ad essere incredibilmente assente quando si discute, per stare all’attualità, della questione arabo israeliana.
Molti accusano gli ebrei di avere “rubato la terra ai palestinesi”. Israele non avrebbe diritto di esistere perché nato da un colossale furto di terre. Tralasciamo ogni considerazione sul fatto che , partendo da simili premesse, praticamente tutti gli stati del mondo non avrebbero diritto di esistere, tralasciamo anche il fatto che giuridicamente l’accusa mossa agli ebrei è del tutto infondata: gli ebrei comprarono a caro prezzo le terre su cui si insediarono. Tuttavia, per pura comodità di ragionamento, prendiamo pure per buona la PALLA secondo cui i coloni ebrei rubarono le terre ai palestinesi o comunque si installarono illegalmente sulle stesse. La domanda da porsi è la seguente: anche ammettendo tutto questo è lecito dedurne che Israele non ha oggi diritto di esistere? La risposta ad una tale domanda non può essere che un NO grande come il monte Everest.
Chi, sulla base di un (inesistente) furto originario nega oggi ad Israele il diritto di esistere dimentica completamente l’importanza della categoria LAVORO. Anche ammettendo che i primi ebrei approdati in Palestina si siano impossessati illegalmente di vaste terre, resta certo che quelle terre oggi sono completamente diverse da come erano 100 o più anni fa. Le ha trasformate il lavoro degli ebrei. Erano terre desertiche o paludose, sono diventate fertilissime. Su una terra un tempo desertica sorge oggi uno stato culturalmente, economicamente e tecnologicamente avanzatissimo. Dove c'erano solo sterpaglie oggi sporgono città, centrali elettriche, strade, linee ferroviarie. Qualcuno può davvero pensare che tutto questo sia senza importanza o di importanza secondaria?
E’ quasi surreale il dibattito sul diritto all’esistenza di Israele che prescinde totalmente dal fatto di quanto il lavoro degli immigrati ebrei abbia trasformato una landa quasi totalmente inospitale. Che forze di destra violentemente contrarie ad Israele dimentichino questo fatto è in fondo comprensibile. Storicamente la destra razzista ed antisemita ha posto alla base di tutto il sangue e la terra. Sangue e terra formano le nazioni e i nuovi venuti sono intrusi che possono solo essere cacciati. In questa visione il lavoro ha importanza secondaria. Ma che la sinistra dimentichi del tutto l’importanza della categoria “lavoro” è semplicemente incredibile. Tra l’altro la sinistra, compresa quella anticomunista, la sinistra democratica, fece a suo tempo della lotta al latifondo improduttivo una sua bandiera. Ora tutto questo è dimenticato.
Lo ripeto: se vari leaders della sinistra italica conoscessero Marx sarebbe meglio. Ovviamente non pretendo che personaggi come Fratojanni o Bonelli, Conte o la Schlein conoscano approfonditamente il materialismo storco, sarebbe una esagerazione. Ma... è troppo pretendere che siano in grado di maneggiare in maniera elementare alcune categoria marxiane basilari? Forse si. Forse anche questa è una esagerazione.