Donald Trump ricorda a
volte Silvio Berlusconi. Anche il cavaliere si lasciava scappare ogni
tanto qualche battutaccia che scatenava vespai di polemiche. E, come
ieri Silvio Berlusconi, così oggi Donald Trump dovrebbe imparare a
tenere a freno la lingua: è il presidente degli Stati Uniti e le sue
parole hanno un gran peso. Inoltre è costantemente nel mirino dei
suoi numerosi nemici e davvero non si vede perché debba fornir loro
pretesti per polemiche gratuite.
Ciò detto, le reazioni isteriche
con cui sono state accolte le sue, presunte, affermazioni su alcuni
paesi africani e caraibici dimostrano solo una enorme, insopportabile
ipocrisia.
E sono anche, queste reazioni, una sorta di
esemplificazione del modo di pensare dei “liberal”, una
estrinsecazione della loro filosofia politica. Val la pena di
spendere su questo qualche parola.
I “liberal” partono
spesso da posizioni di principio assolutamente condivisibili. Tutti
gli esseri umani hanno pari dignità, indipendentemente dal sesso,
dalla religione o dal paese di appartenenza. Chi non concorda con
questo principio cardine della nostra civiltà? Forse a non
concordare sono, a volte, proprio alcuni “liberal” che assumono
nei confronti di certi strati sociali atteggiamenti di insopportabile
ed aristocratico disprezzo, ma... tralasciamo...
I “liberal”
partono quindi da giusti principi, ma solo per trarre da questi
conclusioni assolutamente inaccettabili. Tutti gli esseri umani
hanno pari dignità... quindi tutte le umane realizzazioni sono sullo
stesso piano. Questa la conclusione a cui giungono i “liberal”.
Siccome ogni persona merita rispetto, tutte le aggregazioni umane
sono egualmente degne di elogio, tutte le civiltà e le culture sono
sullo stesso piano, ogni gerarchia, ogni attribuzione della qualifica
di “superiore” od “inferiore” a qualsivoglia umana
realizzazione è conseguenza di “pregiudizi meschini”.
Non
esistono “brutti posti”, quartieri o paesi in cui non si vorrebbe
vivere, località insicure. Chi dicesse: “io in quel paese non ci
vivrei mai, neppure se mi regalassero la casa” sarebbe vittima di
inaccettabili pregiudizi, se poi quel paese fosse africano, chi fosse
contrario a viverci sarebbe, di certo, un miserabile
“razzista”.
Abitare al centro di Milano o alla periferia di
Mogadiscio sarebbe lo stesso. Un migrante che arriva qui da noi su un
barcone, privo di documenti, meriterebbe la stessa fiducia di un
turista che atterra alla Malpensa con tutti i documenti perfettamente in
regola. Un medico di fama internazionale che arriva a New York per
tenere una conferenza può essere sospettato di narco traffico allo
stesso modo di un giovanotto messicano che entra irregolarmente negli
USA. E se qualcuno avanza dubbi in proposito è, ovviamente, un
“razzista”.
Tutti abbiamo diritto alla dignità, ma nel
corso della storia si sono create civiltà, aggregazioni umane,
culture profondamente diverse in cui lo stesso peso del
riconoscimento dei diritti umani è stato ed è ben diverso.
L'invenzione, o la scoperta, dei diritti umani è in fondo qualcosa
di relativamente recente. Oppressione, schiavismo, fanatismi
religiosi, repressione del libero pensiero, persecuzioni etniche, oppressione della donna sono costanti della
storia umana. E non sono qualcosa di superato neppure oggi. Ed OGGI
tutto questo è presente in certe parti del mondo molto più che in
certe altre. Oggi in certi paesi le adultere vengono lapidate, in
altri trattano le condizioni del divorzio. Queste situazioni sono
sullo stesso piano? Una donna sessualmente emancipata preferirebbe
vivere negli USA o in Arabia Saudita? Basta fare la domanda per avere
la risposta.
Se abbiamo la dignità dobbiamo presupporci liberi,
ma se siamo liberi abbiamo anche la libertà di sbagliare, o di
commettere il male, il famoso “libero arbitrio”. Da questo, anche
da questo, nascono molti degli errori e degli orrori di cui la storia
umana è infarcita. Ma il liberal non vede queste sottigliezze
“logico filosofiche”. Come non vede il mondo, quello vero.
Per lui tutto è dolce, armonioso, tutto egualmente vivibile in pace
ed amore. Una melassa che esiste solo nella sua testa.
Se
davvero esiste. Si, perché val davvero la pena di chiedersi se il
liberal crede davvero alle cose in cui dice di credere. Il liberal
intellettuale e benestante si indigna se qualcuno dice che la
Norvegia è meglio della Nigeria, ma non vivrebbe mai in Nigeria. Se
ci va in vacanza è solo per rinserrarsi in villaggi turistici
sorvegliati da miriadi di guardie armate. Il liberal considera tutti
egualmente vivibili i quartieri delle nostre città, ma neppure passa
in certe vie o certe piazze, meno che mai dopo una certa ora, da
solo. L'intellettuale liberal di solito non frequenta treni e metrò,
i suoi figli studiano in università prestigiose, se si ammala si
ricovera in cliniche costose, lontano dalla folla. Lui ama il popolo,
a condizione che questo stia a rispettosa distanza.
Donald
Trump non è un maestro di diplomazia. Spesso è rozzo, istintivo, si
comporta come un rinoceronte in una cristalleria. Ma è infinitamente
più vicino al sentire della gente normale che non i suoi spocchiosi
critici liberal.
“Che posto di m...da"! Chi non ha mai detto, o
pensato, una cosa simile riferendosi ad uno stato, una città, un
quartiere? Qualcuno lo avrà detto riferendosi ad un paese africano,
altri ad una città europea, altri ancora lo avranno detto
riferendosi... agli Stati Uniti d'America, ma pochissimi, credo, non
hanno mai detto o pensato una cosa simile. Solo l'intellettuale
liberal pensa, o dice di pensare, che le cose non stiano così,
crede, o finge di credere, che la melassa che ha in testa sia davvero
il mondo reale, e che le gente normale condivida davvero le
zuccherose banalità che il suo cervellino progressista produce in
continuazione.
Per quante critiche sia possibile muovere al
presidente Trump questi resta infinitamente superiore agli ipocriti
che si indignano o fingono di indignarsi per le sue uscite spesso
estemporanee. Quanto meno il presidente resta attaccato al mondo
reale. I liberal ed i loro media faziosi veleggiano invece nell'isola
che non c'è.