Diritti umani?
Per il signor Alessandro Zan e per
il suo amico Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, cambiare sesso è
un “diritto umano”.
“Tutti noi abbiamo un'identità di
genere, la percezione del nostro genere, ma qualcuno già da bambino
lo percepisce diverso da quello biologico. E' un diritto umano”.
Così parlò Alessandro Zan, e Fedez è ovviamente d’accordo.
Da
una parte c’è il genere, dall’altra il “sesso biologico”,
quella cosuccia che differenzia fisicamente, e non solo, i maschi
dalle femmine, che fa si che le donne, a differenza degli uomini,
restino incinte e partoriscano, abbiano il ciclo mestruale, allattino
i figli. Si tratta di particolari di scarsa rilevanza, a parere del
signor Zan e del suo amico Fedez. A contare davvero non è il “sesso
biologico”, è il “genere” cioè il sesso percepito. Il
“genere” è costrutto culturale, scelta, ma è soprattutto un
sentire, un percepire la propria sessualità. E’ possibile essere
maschi ma vivere male questo essere, quindi si deve avere il diritto
di modificare il proprio sesso “biologico”. Si tratta di un
diritto, meglio, di un diritto fondamentale, un diritto umano, come
quelli alla vita, alla liberà, alla sicurezza.
Lo dico subito,
onde evitare fraintendimenti. Penso che se una persona si trova male
nel suo sesso abbia diritto di cercare di cambiarlo. Chi si sente
diverso ha diritto di esserlo senza dover per questo subire violenze,
insulti o ingiuste discriminazioni. Se questo fosse il senso delle
affermazioni del signor Zan non si potrebbe che essere d’accordo
con lui. Ma il senso è ben diverso, e del tutto inaccettabile.
La
prima domanda da porsi è la seguente: il diritto di cercare di
cambiare il proprio sesso può esser definito diritto umano?
Non
tutti i diritti si possono infatti definire “umani”. Si
definiscono umani solo i diritti fondamentali, quelli da cui
gli altri derivano, che informano di se gli ordinamenti giuridici ed
influenzano nel profondo la vita di uomini e donne, in tutti i suoi
aspetti. Il diritto alla libertà o alla sicurezza sono di questo
tipo, lo è il diritto a cercare di modificate il proprio sesso? Con
tutta evidenza NO. Se lo fosse dovremmo definire umani, cioè
basilari, diritti come quello di scegliersi il lavoro ed il luogo di
residenza, di frequentare una palestra o fare escursioni in montagna.
Tutti questi sono diritti derivati, particolarizzazioni del diritto
fondamentale alla libertà, definirli “diritti umani” è una mera
sciocchezza. Se il diritto di cui parla Zan fosse solo quello di
cercare di cambiar sesso quando non si è “soddisfatti” della
propria sessualità ci troveremmo di fronte ad un diritto derivato
non troppo diverso da quelli che si sono appena elencati, da tutelare
ma che solo persone incredibilmente sciocche potrebbero definire
“diritto umano”.
Infatti ciò di cui parla Zan NON è
un diritto di questo genere. Zan e con lui i teorici del gender non
mirano a tutelare i diritti di minoranze sessuali, mirano a
ridefinire il concetto stesso di sesso. Non a caso non usano
questa parola o se la usano le affiancano sempre l’aggettivo
“biologico”, ad indicare che si tratta solo di una variante
inessenziale della sessualità. Al posto della parola “sesso” che
potrebbe domani fare la stessa fine di altre parole che i guru del
politicamente corretto hanno espulso dal vocabolario, usano la parola
“genere”. E il genere, lo si è visto, è il sesso percepito, la
sensazione del sesso. Il sesso non è “quella cosa li”: una
caratteristica naturale fondamentale degli esseri umani e degli
animali superiori, non è collegato alla riproduzione della specie,
non è componente essenziale del fisico ed in parte anche della
psicologia di uomini e donne. No, il sesso è un sentire transitorio,
una scelta fra le altre e, come molte altre, reversibile. Oggi sono
maschio, domani femmina, dopo domani qualche altra cosa. Il sesso
staccato dalla identità, dalla personalità, mero fluire eracliteo.
Non si tratta di riconoscere e tutelare chi intende in questo modo
la propria sessualità, si tratta di abbandonare la concezione del
sesso che caratterizza da millenni il genere umano e, cosa se
possibile ancora più grave, di trasformare in reato qualsiasi
critica a questo concetto di sessualità. I teorici del gender si
sono infatti inventati un nuovo tipo di reato: l’omofobia, in base
al quale pretendono di condannare penalmente chi non condivide le
loro idee. Non chi aggredisce o insulta qualcuno per le sue
preferenze sessuali, questo è fuori discussione, chi ritiene che il
sesso vero sia quello “biologico” e che il “genere” sia solo
un costrutto culturale.
E’ chiaro che se di una
ridefinizione di questo tipo si tratta, questa implica una
trasformazione profonda dell’ordinamento giuridico, di usi,
costumi, linguaggio, modi di rapportarsi fra loro delle persone. Non
occorre trasformare il mondo per tutelare i diritti degli omosessuali
e di quanti intendono modificare il proprio sesso, ma una
ridefinizione del sesso nel senso indicato dai teorici del gender
implica modifiche profonde e onnicomprensive.
Per fare solo
alcuni esempi, i teorici del gender staccano la sessualità dalla
riproduzione della specie, questo implica non solo il matrimonio e le
adozioni omosessuali ma anche la legalizzazione di una pratica
obbrobriosa e degradante per le donne come quella dell’utero in
affitto. A sua volta questa porta a degenerazioni che è lecito
definire eugenetiche. Si sceglie che tipo di bambino si intende
avere: Tizio inietta il suo seme in una donna che abbia certe
caratteristiche fisiche perché vuole che suo figlio abbia quelle
caratteristiche e non altre. Molto spesso un’altra donna ancora
porterà a termine la gravidanza. Il nascituro avrà in questo modo
un padre e due madri, ma non c’è da preoccuparsi: appena nato sarà
strappato a chi lo ha partorito e consegnato ai suoi felici
“genitori” gender. I bambini vengono ad essere “costruiti”
per assecondare i gusti degli adulti, la riproduzione diventa assai
simile alla produzione; gli esseri umani diventano il risultato di
una attività non troppo diversa da quella con cui si costruiscono
case, automobili o televisori.
Continuiamo: se il sesso viene
sostituito dal genere che fine farà mai lo sport, quello femminile
soprattutto? Oggi le gare sportive si dividono in maschili e
femminili e il criterio di distinzione fra queste è il sesso
“biologico”, per usare la sprezzante terminologia gender. Ma se
il sesso viene sostituito dalla percezione soggettiva del sesso come
distinguere le competizioni maschili da quelle femminili? Sta già
avvenendo: molti transgender che hanno conservato una struttura
muscolare maschile partecipano a competizioni femminili e, guarda
caso, vincono. Non ci vuole molto per comprendere che un simile stato
di cose porterà alla fine dello sport femminile. Situazioni
analoghe, a volte ridicole, altre drammatiche si presentano in
molteplici aspetti della vita sociale. Carcerati maschi che “si
sentono” femmine chiedono di poter scontar la pena in carceri
femminili, con le conseguenze che è facile immaginare...
Conseguenze non meno gravi si hanno sul linguaggio. Oggi questo
è strutturato per lo più in maschile e femminile. In una monarchia
si avrà un re o una regina, a seconda del sesso di chi siede al
trono. Ma questo uso del linguaggio fa riferimento al detestato
“sesso biologico”. Se questo viene sostituito dal genere, cioè
dalla percezione soggettiva del sesso, le cose cambiano radicalmente.
Il sesso è fluido, cangiante. Oggi sono maschio, domani femmina,
dopodomani… chissà… Parlare di re e di regine diventa in questo
modo “discriminatorio”, “sessista”. I nomi devono diventare
asessuati e per farlo li si fa terminare con un bell’asterisco. Il
re diventa r* e stessa cosa capita alla regina. Il maestro diventa
maestr*, la maestra idem. Qualcuno crede che con un simile linguaggio
potrà continuare ad esistere una letteratura? Non scherziamo…
Infine
la cosa forse più importante di tutte. Il reato di “omofobia”
trasforma di fatto in crimine un sentimento, la paura, e fa si che la
legge punisca con maggior severità le aggressioni di cui sono
vittime le persone che hanno certe preferenze sessuali. In questo
modo si viola il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte
alla legge, con conseguenze potenzialmente gravissime.
Non
dilunghiamoci oltre: la sostituzione del genere al sesso ha
conseguenze di enorme portata non solo sugli ordinamenti giuridici ma
su molti e basilari aspetti della vita umana, in questo senso è
simile ai fondamentali diritti umani, ma non di diritto umano si
tratta. Si tratta dell’imposizione di una nuova concezione del
sesso che si cerca di spacciare come difesa di un diritto. E mentre è
sbagliato, non democratico ed illiberale opporsi ad un diritto è del
tutto lecito, oserei dire doveroso, opporsi alla concezione del sesso
che i teorici del gender cercano di imporre alle società
occidentali.
Tizio ha diritto, se crede, di cercare di cambiar
sesso, ma non ha il diritto di trasformare la società per adeguarla
al suo modo di vivere la sessualità. Non ha diritto all’utero in
affitto, né di negare ai bambini il diritto di avere un padre ed una
madre e meno ancora ha il diritto di imporre ai bambini dei genitori
il cui sesso varia da un anno o, chissà, da un mese all’altro.
Meno che mai può spacciare per “diritto” la intollerabile
violenza consistente nel bloccare lo sviluppo sessuale dei bambini di
modo che questi, giunti alla maggiore età, possano “scegliere”
il proprio sesso. Non ha il diritto di gareggiare in competizioni
femminili pur conservando una struttura muscolare maschile, né di
distruggere il linguaggio e con questo la possibilità stessa di una
letteratura. Non ha il diritto di censurare o addirittura di sbattere
in galera chi non concorda con la sua scelta. In una parola, non ha
diritto al nichilismo, per il semplice motivo che il nichilismo non è
un diritto. E’ invece un diritto, e forse anche un dovere, opporsi
al nichilismo, con tutte le forze, senza se e senza ma.
Il
rifiuto del dato, uomo e natura
La
pretesa di contrapporre il genere a quello che si definisce “sesso
biologico”, in realtà il sesso tout court, l’idea cioè
che il sesso, ridenominato “genere”, sia qualcosa di fluido,
malleabile all’infinito altro non è che la riproposizione in
chiave politicamente corretta di una aspirazione da tempo presente
nel pensiero occidentale: il rifiuto del dato.
Il
dato è ciò di cui si può solo dire: è così e così. Non lo si
può dimostrare perché è il presupposto di ogni dimostrazione, non
è il risultato della nostra azione, non si adegua al nostro volere.
C’è, esiste ed esistendo ci condiziona profondamente, e basta.
Noi
tutti siamo esseri dati. Io sono nato in un certo paese, in una certa
epoca storica, con certe caratteristiche, sono un essere dato.
Ed è dato il mondo che mi
circonda e le leggi che lo regolano. Certo,
posso cambiare alcuni aspetti dati
del mondo ed anche
di me stesso, ma solo partendo da altri, che devo accettare come
dati. Non mi auto costruisco, non sono causa di me stesso, non posso
esserlo.
L’idea
di un ente che crea se
stesso
prima
ancora di essere
di
impossibile applicazione empirica
si rivela logicamente contraddittoria.
Per
poter essere causa di se stesso un ente dove già esistere, ma la sua
esistenza dipende dalla capacità di autocrearsi; il concetto di
esistenza rimanda a quello di causa e questo rimanda a quello: il
tipico circolo vizioso.
Non a caso di un solo ente si dice che è “causa sui”: Dio, ma è
proprio questa caratteristica della divinità a risultare
incomprensibile per l’umana ragione. Si può credere per fede, non
comprendere razionalmente che Dio sia “causa sui”. In ogni caso
una simile caratteristica riguarda solo
Dio.
L’uomo di
certo non si crea da solo, è, inesorabilmente, un essere dato.
I
riformatori radicali del mondo però non amano il dato, lo
considerano un limite insopportabile alla libertà. Non
alla libertà liberale, alla libertà assoluta, priva di
condizionamenti cui gli
ultra radicali
aspirano.
La
libertà liberale non
ha nulla a che vedere con la l’idea faustiana dell’uomo che crea
se stesso. Per il liberalismo la libertà è sempre libertà di
uomini empirici, dati, che vivono in un mondo dato che li limita.
Proprio per questo i riformatori radicali, i rivoluzionari,
disprezzano la libertà liberale, sognano una trasfigurazione totale
del mondo e dell’uomo, l’assolutamente nuovo che faccia piazza
pulita di tutto il passato. Questa
aspirazione alla
palingenesi rivoluzionaria, l’evento traumatico che creerà l’uomo
nuovo e la società perfetta è
precisamente una rivolta contro il dato. Il dato ci ricorda che la
perfezione è fuori dalla nostra portata, che il nostro potere di
modificare noi stessi ed il mondo è sempre limitato, parziale,
spesso molto parziale. Tanto basta ai fanatici dell’assoluto per
odiarlo.
Malgrado
gli strilli e le proteste dei fanatici tener conto del dato è
l’unico modo concesso all’uomo per agire in maniera positiva,
progredire sul serio. L’uomo non può creare la natura, meno che
mai può
creare
se stesso. Può modificare la natura, compresa, in piccola parte, la
propria, solo obbedendo alle leggi che la regolano.
Solo
per esemplificare, l’uomo
per vivere deve mangiare, questo è vero oggi come tremila anni fa.
La
differenza fra la situazione di oggi e quella di tremila anni fa sta
nella abbondanza di cibo oggi a disposizione di una parte consistente
del genere umano, nella sua qualità, nel fatto che le diete di oggi
sono molto più salubri, equilibrate e gustose di quelle di tre
millenni fa. In questo c’è stato un grande progresso nel campo
dell’alimentazione. A nessuno è però mai venuta in mente l’idea
di modificare la natura umana in maniera tale che gli uomini non
siano più condizionati dall’istinto della fame. Quello che accade
per il cibo accade in tutti
i campi dello sviluppo. Per millenni gli uomini non hanno potuto
volare, oggi possono farlo non perché siano stati capaci di
modificare la loro natura, “autocostruirsi” e munirsi di ali, ma
perché sfruttando le leggi naturali hanno
costruito
macchine in
grado
di levarsi in volo. Considerazioni simili possono farsi per
un numero elevatissimo di attività umane. Sempre, in tutti i campi
quando agisce positivamente e modifica in positivo il mondo l’uomo
tiene conto del dato, rispetta ed
usa
le leggi di natura. Quando cerca di ignorarle,
o peggio di rivoltarglisi contro, provoca solo disastri.
Nulla
del nostro essere dati è tanto importante quanto la nostra identità
sessuale. Quando nasciamo possiamo essere o
non essere
sani, belli o
robusti, ma di certo, a parte un numero minimo di eccezioni che
restano tali, nasciamo maschi o femmine. Se non affetti da gravi
patologie nasciamo col nostro sesso, l’apparato riproduttivo è
parte integrante de nostro corpo, come lo sono quello respiratorio o
digerente. Piaccia
o non piaccia ai teorici del gender non esiste la “sessualità
biologica”, esiste
la sessualità e
basta.
E
basta guardare il corpo di un uomo e quello di una donna per
constatare quanto questa
sia rilevante nel determinare la nostra identità.
I
filosofi del gender cercano di svalorizzare quella che definiscono
“sessualità biologica”, cioè la sessualità reale degli esseri
umani, quella caratterizzata dalla polarità “maschio – femmina”,
e cercano di contrapporre a questa la fluidità del “genere”, la
sessualità percepita. Però... però anche gli omosessuali, i trans
ed i cosiddetti “non binari”, coloro cioè che oscillano di
continuo fra un sesso e l’altro, non escono da quello che i gender
definiscono “sesso biologico”. Un omosessuale è una persona che
prova attrazione per persone del suo stesso sesso, un
trans o un “non binario” sono persone che, non soddisfatte del
proprio sesso, vorrebbero cambiarlo; tutte restano di fatto
all’interno della polarità “maschio – femmina”,
semplicemente assumono nei confronti di questa polarità una
posizione diversa da quella largamente maggioritaria fra gli esseri
umani. Dalla sessualità non si esce, non si può uscire perché su
tratta di un dato naturale originario. Non esiste il genere, il sesso
come “percezione”, esiste il sesso che alcuni di noi possono
percepire diversamente da altri.
I teorici del gender invece
ritengono che il sesso, da loro definito “biologico” sia qualcosa
di inessenziale, un mero momento del fluire del sesso percepito. Per
loro una eventuale tensione fra la fisicità del sesso e il modo in
cui questa viene vissuta non è sintomo
di un conflitto interno
da cercare di superare, magari,
al limite, con procedure di cambiamento di sesso, no, per loro questa
è la sessualità “normale”, autentica, talmente normale ed
autentica che si può cercare di “spiegarla”, di fatto ad
imporla, anche ai bambini; c’è chi giunge addirittura a proporre
che lo sviluppo sessuale di questi venga bloccato in attesa che,
divenuti maggiorenni, possano scegliere il proprio sesso. Qui, con
tutta evidenza, non siamo di fronte al riconoscimento di rispettabili
tensioni e differenze nella sessualità, siamo di fronte a qualcosa
di radicalmente diverso: al tentativo di eliminare
il dato
della
sessualità,
a fare del sesso un momento dell’autocrearsi dell’uomo. La
solita, vecchia, tragica distopia faustiana.
Dal
dato non si può uscire, e non solo per evidenti ragioni logiche. Non
lo si può fare perché la natura, natura umana compresa, non è
plastilina plasmabile all’infinito, è qualcosa di solido, retto da
leggi che non è in nostro potere modificare. C’è chi ha cercato
di eliminare il dato dal mondo, non c’è riuscito, ovviamente, ma
non per questo la sua azione è stata priva di conseguenze, si è
limitata ad un innocuo vaneggiamento utopico. I riformatori radicali
del mondo non hanno costruito la società e l’uomo perfetti,
l’assolutamente nuovo è rimasto fuori dalla loro portata, ma
qualcosa di radicalmente nuovo la hanno costruita: le più mostruose
tirannidi totalitarie della storia e montagne di cadaveri, un nuovo,
terrificante “dato” nel mondo.
I filosofi del “gender”
non sembrano in grado di arrivare a tanto, ma di certo la loro
pretesa di eliminare dal mondo il dato della sessualita è gravida
di conseguenze. Ben lungi dal limitarsi a chiedere tutele e rispetto
nei confronti delle forme diverse di sessualità, cosa del tutto
giusta, costoro pretendono, val
la pena di ripeterlo,
di ridefinire il sesso e di trasformare la società intera per
adeguarla a questa ridefinizione. Le conseguenze di una simile
pretesa toccano un po’ tutto:
gli ordinamenti legislativi, la scuola, lo
sport,
i rapporti genitori - figli, il ruolo della scienza, la religione, il
linguaggio. E sono tutte conseguenze gravemente negative. La scuola
si trasforma in strumento di propaganda gender, la famiglia viene di
fatto esautorata da funzioni che in ogni democrazia devono restare di
sua competenza, la follia del blocco dello sviluppo sessuale dei
bambini colpisce, oltre agli innocenti pargoli, i genitori in quanto
questi hanno di più importante. Lo
sport femminile di fatto scompare.
Il
linguaggio viene pervertito in maniera talmente profonda da eliminare
la possibilità stessa di una letteratura. Parti
fondamentali della dottrina cattolica vengono criminalizzate come
“omofobe”. Viene
abbandonato
il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di
fronte alla legge.
La
scienza viene
spinta ad impegnarsi in imprese che ricordano più le distopie di
Huxley che il serio, paziente, lavoro di ricerca. In fondo l’unico
modo per mondare il mondo dal dato della sessualità sarebbe quello
di “costruire” integralmente,
facendo leva su alcuni dati della natura, i bambini in laboratorio,
magari liberi dall’infamia originaria del sesso. Chissà, forse un
giorno qualcosa
di
simile potrebbe essere possibile, ma dovrebbe fare i conti con un
altro dato, non naturale stavolta. Con quel dato della ragion pratica
che Kant chiamava legge morale. Non so se questo interessi ai teorici
del gender, di certo riguarda, e molto da vicino, gli esseri
umani.
Al di la delle fantasie fantascientifiche, la filosofia
gender contribuisce
oggi ad aggravare la crisi di identità dell’occidente, E’ un
momento, e certo non di secondaria importanza, della perdita di
coesione della nostra civiltà, del trasformarsi dell’occidente in
civiltà gassosa, priva di un centro unificante, di valori davvero
condivisi. In una parola è il sintomo del crescere del nichilismo.
Per questo occorre combatterla, senza
il timore di esser considerati “sessisti”. E’ sessista chi
incentra sul sesso tutta la propria esistenza, esattamente
come è razzista chi fa del colore della pelle la discriminante fra
il bene ed il male. In questo senso nessuno è tanto sessista
quanto i teorici del gender. Motivo in più per contrastarli, con
serietà,
senza insulti e violenze, ma con la massima determinazione.