mercoledì 30 luglio 2014

ISRAELE, L'ANTISEMITISMO, L'OLOCAUSTO




Uno degli argomenti più usati da coloro che condannano la politica di Israele verso i palestinesi suona più o meno così: “Noi abbiamo tutto il diritto di criticare la politica del governo israeliano senza dovere per questo essere giudicati antisemiti. Con la scusa dell’antisemitismo Israele e i suoi sostenitori cercano di ridurre al silenzio tutti coloro che non condividono la politica dello stato ebraico”. Nelle sue linee essenziali l’argomento non può che essere condiviso. Ogni politica, di qualsiasi governo di qualsivoglia stato può essere sottoposta a critiche anche molto dure. Qualificare come antisemita chiunque critichi la politica del governo israeliano è del tutto sbagliato, ovviamente. Però… però la maggioranza di coloro che criticano Israele e la quasi totalità di coloro che scendono in piazza contro Israele, non si limitano ad avanzare critiche, discutibili ma legittime, alla politica del governo israeliano. No, il discorso è ben diverso. Non di critica al governo israeliano si tratta infatti ma della negazione del diritto all’esistenza dello stato di Israele o comunque della negazione allo stato di Israele di un diritto che si riconosce invece a tutti gli altri stati: il diritto all’autodifesa.  Bene, a mio parere questo tipo di “critica” ad Israele coincide con l’antisemitismo, anzi, è la forma specifica che l’antisemitismo assume oggi. Una forma nuova, subdola, diversa dall’antisemitismo classico ma appunto per questo particolarmente pericolosa.

Se qualcuno ha dei dubbi in proposito vada a guardarsi i filmati dei cortei dei “pacifisti” anti israeliani. Una cosa è criticare il governo israeliano, cosa del tutto diversa è bruciare la bandiera israeliana. Bruciare una bandiera significa dimostrare pubblicamente il proprio disprezzo per una nazione, un popolo, una tradizione. Chi brucia la bandiera americana non è un semplice critico della politica del governo americano: col suo gesto dimostra di detestare tutto ciò che quella bandiera rappresenta. Quindi non solo la politica di un certo governo ma, di nuovo, una tradizione, un pensiero, un modo di vivere, insomma, un popolo che in quella bandiera bene o male si riconosce. Nel caso di Israele, dare alle fiamme la sua bandiera significa, molto semplicemente, contestare ad Israele il diritto di esistere. Significa contestare i valori, le idee, i sentimenti, gli interessi che hanno portato alla fondazione dello stato ebraico.
E considerazioni ancora più dure meritano certi cartelli in cui la stella di Davide viene eguagliata alla svastica. La stella di Davide, è risaputo, era il marchio degli ebrei nel periodo della persecuzione nazista. Portare la stella di Davide al braccio significava essere inviati ai campi di sterminio. Nulla può essere più lontano, più globalmente contrapposto alla stella di Davide quanto la svastica. Eppure in questo periodo si sono visti cartelli in cui il simbolo dei massacrati viene eguagliato a quello dei loro massacratori. Se a un reduce dai campi di sterminio avessero detto che un giorno il simbolo che portava al braccio sarebbe stato eguagliato alla svastica avrebbe solo potuto sorridere incredulo. Beh, avrebbe sbagliato visto come vanno oggi le cose. Eguagliare svastica e stella di Davide significa irridere le vittime dell’olocausto, se non negare l’esistenza di questo.

Ci sono alcuni occidentali che sostengono il non diritto all’esistenza dello stato di Israele negando nel contempo risolutamente di essere antisemiti. “Noi siamo antisionisti” affermano, “non antisemiti. Noi non siamo d’accordo con chi nega la l’olocausto e meno che mai con chi lo giustifica. Semplicemente neghiamo che gli ebrei debbano avere un loro stato, possono benissimo vivere come minoranza in vari stati, come è avvenuto per secoli. Si può essere antisionisti senza essere antisemiti e senza essere negazionisti. Chi accusa di antisemitismo gli antisionisti lo fa solo per giustificare la politica genocida di Israele”. Insomma, Israele non dovrebbe esistere come stato indipendente, al suo posto dovrebbe sorgere uno stato palestinese al cui interno siano garantiti agli ebrei  tutti i fondamentali diritti civili e politici: una specie di Svizzera medio orientale. Fantastica e realistica prospettiva, non c'è che dire.

Il sionismo teorizza che gli ebrei devono avere una loro patria ed uno stato loro. Può essere considerato una particolare forma di nazionalismo e può, come tutti i nazionalismi, essere sottoposto a critiche. A livello puramente teorico è possibile essere antisionisti senza essere antisemiti, questo è vero, talmente vero che ci sono stati ebrei se non antisionisti certamente non sionisti; il movimento sionista è stato per molto tempo solo una delle componenti dell’ebraismo, e non la più forte. Tutto bene quindi? No, per niente.
Gli odierni antisionisti brillano per la totale, irritante e faziosa asimmetria con cui giudicano gli ebrei e tutti gli altri. Si può criticare il sionismo, così come si può criticare ogni forma di nazionalismo, ovviamente. Ma gli antisionisti criticano solo il nazionalismo ebraico. Per loro è del tutto naturale che i palestinesi rivendichino un loro stato, così come è naturale che italiani, francesi o cinesi abbiano un loro stato. Ad essere criticata è solo la pretesa degli ebrei ad avere un loro stato. Solo per gli ebrei vale l’invito a vivere come minoranza, tutelata naturalmente,  in vari stati. Se qualcuno oggi dicesse che italiani, francesi o tedeschi dovrebbero vivere come minoranza in altri stati sarebbe preso per matto. Chi teorizza cose simili per gli ebrei può invece pretendere di essere considerato un "pacifista" e un “democratico progressista”.
E parimenti, solo per lo stato di Israele si va alla minuziosa ricerca delle violenze che possono avere caratterizzato la sua origine e si teorizza che queste toglierebbero oggi ogni legittimità alla sua esistenza. Sulle violenze che hanno caratterizzato la nascita di tutti gli altri stati si stende invece un velo di silenzio (con la parziale eccezione degli Usa, ovviamente). Eppure basta guardare una carta storica dell’Europa (non parliamo poi degli altri continenti) per rendersi conto che gli attuali confini non sono affatto “naturali” e che dietro ad ogni modifica territoriale ci sono state spessissimo guerre, violenze, sangue. Sarà un caso ma solo agli ebrei si chiede la purezza assoluta, il privilegio di una nascita innocente. Solo le loro violenze, vere o presunte, puzzano.
   
Merita alcune considerazioni il discorso sull’olocausto. Gli antisionisti non negano l’olocausto, anzi, si indignano se qualcuno li accusa di essere negazionisti, rivendicano il loro antifascismo, addirittura affermano che Hitler sarebbe stato, per un certo tempo, “sionista”. In effetti è vero che Hitler accarezzò l’idea di spedire forzatamente gli ebrei in Palestina, ma non certo per formare uno stato ebraico sovrano, con pienezza di poteri e riconoscimento internazionale. Visto che non sapeva ancora come risolvere la “questione ebraica” e che non trovava aree in cui deportare gli ebrei Hitler pensò che li si potesse costringere ad emigrare in Palestina, in attesa di soluzioni più “appropriate”, poi abbandonò il progetto, come si sa. Dedurre da questo il “sionismo” di Hitler è talmente idiota che non merita commenti. Va solo ricordato, en passant che i principali leader arabi si schierarono con Hitler nel secondo conflitto mondiale.
A parte queste considerazioni tuttavia, il fatto davvero importante è un altro. Piaccia o non piaccia la cosa lo stato di Israele è, in qualche modo, figlio delle persecuzioni che gli ebrei hanno dovuto subire, soprattutto dell’olocausto.
Per molto tempo il sionismo fu una dottrina minoritaria nella comunità ebraica. Anche se la mala pianta dell'atisemitismo era forte in Europa, in maggioranza gli ebrei restavano integrazionisti, miravano a diventare buoni cittadini degli stati in cui vivevano e non consideravano realistica la prospettiva di un trasferimento di massa in Palestina.
Questa situazione si modificò dopo i pogrom che seguirono in Russia L'attentato allo zarAlessandro 2°, nel 1881. Gli ebrei furono considerati i colpevoli del regicidio e dovettero subire una lunga serie di violenze. Poi venne il caso Dreyfus, in Francia. Nel 1894 l'ufficiale Alfred Dreyfus, ebreo francese, venne accusato di tradimento e spionaggio. Malgrado fosse innocente fu condannato alla deportazione nell'isola del diavolo. La sinistra (erano altri tempi...) si mobilitò in sua difesa, la destra nazionalista invece guidò la canea antisemita, condita di intollerabili violenze. Il caso Dreyfus rafforzò fra gli ebrei le posizioni sioniste. Se anche in un paese democratico, evoluto come la Francia gli ebrei dovevano subire intollerabili persecuzioni, come potevano sperare in una vera, pacifica integrazione?   
Fu l’olocausto tuttavia a dare il colpo di grazia alle speranze integrazioniste. L’olocausto dimostrò anche ai più riottosi che gli ebrei non sarebbero mai stati al sicuro se non avessero avuto un loro stato. Dopo l’olocausto la prospettiva di continuare ad essere minoranze in paesi sempre esposti al pericolo di derive antiebraiche dovette apparire alla gran maggioranza degli ebrei europei qualcosa di intollerabile. Il sionismo divenne assolutamente maggioritario nella comunità ebraica internazionale. Prima del secondo conflitto mondiale anche gli amici del sionismo parlavano di un vago “focolare ebraico” in terra santa, dopo l’olocausto la tendenza a dar vita ad uno stato ebraico divenne irresistibile.   

Se si considerano queste cose non appare molto strano il fatto che il più violento rappresentante mondiale dell’antisemitismo, l'ex presidente iraniano Ahmadinejad, sia anche ferocemente negazionista. L’olocausto deve essere negato perché l’olocausto rappresenta per così dire la patente di legittimità dello stato di Israele. Si ammetta l’olocausto e si dovranno riconoscere almeno alcune buone ragioni agli ebrei sionisti, si neghi l’olocausto, meglio, lo si faccia diventare una menzogna creata ad arte dal "sionismo internazionale", e la nascita di Israele può essere fatta apparire come una pura azione di espansionismo coloniale, di odio razziale nei confronti degli arabi. Chi odia Israele ed intende cancellarlo  dalla carta geografica deve negare l’olocausto. Questo il piccolo demagogo iraniano lo aveva capito infinitamente meglio di tanti intellettuali progressisti dell’occidente.
Ed in effetti il negazionismo è oggi enormemente diffuso nel mondo. Una simile affermazione può apparire azzardata a qualche occidentale colto. “Come, diffuso il negazionismo? Ma no, oggi tutti sanno, tutti condannano, tutti sono solidali con le vittime dell’olocausto!” Siamo davvero strani noi occidentali! Non riusciamo proprio a vedere oltre un palmo dal vostro naso! Il negazionismo è oggi diffusissimo nel mondo islamico dove una propaganda martellante presenta gli ebrei come dei mostri razzisti. Per centinaia di milioni di esseri umani l’olocausto altro non è che una invenzione dei sionisti per giustificare l’aggressione razzista al mondo arabo. E i negazionisti sono abbastanza numerosi anche nel democratico e laico occidente anche se non osano quasi mai esporre le loro tesi aberranti in maniera chiara.

Tiriamo le somme del discorso. Si possono ovviamente avanzare critiche anche molto dure alla  politica del governo israeliano senza per questo dover essere definiti antisemiti e si può, altrettanto ovviamente, contestare il valore di tali critiche senza per questo dover essere definiti razzisti anti arabi. Insomma, non si può affibbiare alcun epiteto a chi critica o difende la politica di Israele. Ma una cosa è fare critiche ad una politica, altra cosa è negare ad Israele il diritto all’esistenza, o riconoscere questo diritto ma negare allo stato ebraico il diritto all’autodifesa, o ancora simpatizzare con chi esplicitamente si prefigge di cancellare lo stato di Israele dalla carta geografica. Chi oggi nega ad Israele il diritto di esistere, o chi gli nega il diritto di difendersi, o ancora chi considera hammas una “normale” forza politica è, gli piaccia o meno, un antisemita. E’ antisemita perché nega agli ebrei, e solo a loro, quanto invece riconosce a tutti gli altri: il diritto ad avere uno stato e a poterlo difendere, è antisemita perché applica solo agli ebrei il principio secondo cui sarebbe possibile negare l’esistenza di uno stato perché nella sua storia sono presenti violenze e soprusi, veri o presunti, è antisemita perché chiede solo agli ebrei di vivere da minoranze in questo e quello stato. Minoranze tutelate, ovviamente, ma.. da chi? Chi è intervenuto, ad esempio, in difesa degli ebrei tedeschi dopo la notte dei cristalli?
Se qualcuno affermasse che gli italiani non hanno diritto ad un loro stato o non hanno diritto a difenderlo tutti diremmo che si tratta di un anti italiano. Certi “critici” occidentali di Israele negano agli ebrei anche il diritto di considerare anti semilta, quindi loro nemico chi simpatizza con coloro vorrebbero distruggere lo stato ebraico o nega per gli ebrei il diritto all’autodifesa. Beh, non si offendano questi “critici” se qualcuno ha il coraggio di definirli per quello che sono: antisemiti, e non si offendano neppure se gli si ricorda che una volta imboccata la strada dell’antisemitismo si arriva sempre, necessariamente, al negazionismo.

lunedì 21 luglio 2014

LO STATO CHE NON DOVREBBE ESISTERE



Proviamo a fare un esperimento mentale. Sul Trentino, il Piemonte, la Lombardia, piovono razzi. Dall’Austria una organizzazione estremista al potere proclama che lo stato italiano non ha diritto di esistere. “Se gli italiani proprio vogliono uno stato possono fondarlo nella foresta amazzonica” affermano i suoi leader. Ed alle parole fanno seguire i fatti. Bombardano città e paesi di confine, tutti i giorni, più volte al giorno. Le vittime non sono molte perché gli italiani convivono da anni con il loro turbolento vicino e sanno prendere contromisure adeguate, però la situazione è insostenibile: decine di migliaia di italiani vivono sotto la costante minaccia di esser fatti saltare in aria. Un bel giorno il governo italiano perde la pazienza e bombarda le postazioni missilistiche austriache. L’azione è dura, numerose le vittime. Ci sono morti e feriti fra la popolazione civile austriaca, anche alcuni bambini perdono la vita. L'austria è popolosa, inoltre l’organizzazione estremista piazza le proprie postazioni militari molto vicino agli insediamenti civili. Le caserme sono costruite accanto alle scuole, le rampe missilistiche nelle vicinanze di asili ed ospedali. Se gli italiani rispondono al fuoco quasi certamente vi saranno vittime fra i civili ed un’abile propaganda avrà buon gioco a presentarli come criminali di fronte al mondo. Ed è proprio questo che avviene. Molti "democratici progressisti" si dicono inorriditi   dall’azione militare italiana. Si levano grida contro le atrocità italiane, coloro che non dicevano nulla quando gli austriaci indirizzavano volutamente i loro missili contro scuole ed asili si indignano per le morti fra i civili causate dai "criminali italiani". E mentre nelle piazze di molti paesi grandi folle esprimono tutto il loro odio verso l’Italia, anche gli amici degli italiani rivolgono loro amichevoli rimproveri. “Così facendo fate il gioco degli estremisti” afferma il primo. Ed un secondo aggiunge: “la violenza genera violenza, con le vostre azioni incrementate l’odio che gli austriaci ed i loro amici provano verso di voi”. Insomma, gli italiani dovrebbero accettare di essere bersagliati da missili vita natural durante. Se uno ti aggredisce non devi reagire se no quello si arrabbia ancora di più. Ed infine il consiglio più amichevole di tutti: “trattate con l’organizzazione estremista, dialogate con chi vi bombarda. E’ vero, si tratta di persone che non riconoscono il vostro diritto ad esistere, ma…suvvia, ci vuole realismo, se non dialogate con loro quelli si incattiviscono ancora di più”.

Sembra fantascienza vero? Si, lo sembra, ma solo perché stiamo parlando dell’Italia e dell’Austria. Se invece si parla di Israele ed Hammas la fantascienza si trasforma in ordinaria realtà. Tutti sarebbero solidali con uno stato che reagisse ad attacchi missilistici contro le proprie città di confine, a condizione che lo stato in questione non fosse Israele. Tutti si indignerebbero sinceramente se qualcuno dicesse che l’Italia, o la Francia, o l’Egitto non hanno diritto di esistere in quanto stati indipendenti, ma le cose cambiano se qualcuno dice che Israele non ha diritto di esistere in quanto stato. Di nessuno stato si dice oggi che ha diritto di esistere. E’ ovvio, scontato che la Russia o il Cile o qualsiasi altro stato abbiano diritto di esistere, non occorre ripeterlo. Per Israele no. Nel caso di Israele il semplice affermare il suo diritto all’esistenza scatena discussioni, dubbi, polemiche. Per centinaia di milioni di esseri umani gli ebrei dovrebbero andarsene dalla Palestina o rassegnarsi a vivere da cittadini di serie B (o peggio) in una teocrazia islamica. In ogni competizione sportiva c’è qualche atleta che rifiuta di misurarsi con un atleta israeliano, le partite della nazionale israeliana di calcio diventano, ipso facto, un problema di ordine pubblico (e non per la violenza del tifo), insomma essere israeliano vuol dire far parte di uno stato maledetto, uno stato che esiste ma non dovrebbe esistere. E questo non solo per i fanatici ed i fondamentalisti. Sono moltissimi gli occidentali, anche moderati, che guardano con profonda antipatia ad Israele, sotto sotto sono convinti, anche loro, che sarebbe molto meglio se lo stato ebraico non ci fosse.

La maledizione di Israele sta nella sua origine. La nascita di Israele è una macchia indelebile, una sorta di peccato originale. Anche chi afferma che Israele ha, ormai, diritto di esistere non può non provare un fremito di orrore pensando a come è nato lo stato ebraico. Altri, più radicali non si fanno troppi scrupoli: Israele è nato dalla cacciata dei palestinesi dalle loro terre, dicono, quelle terre devono essere ridate ai palestinesi, punto e basta. Come possono gli israeliani lamentarsi se Hammas li bombarda? Loro non dovrebbero essere dove sono. La terra che gli israeliani occupano la occupano illegalmente, la loro presenza in Palestina è del tutto ingiustificata, costituisce un crimine storico che rende legittima ogni aggressione nei loro confronti. Hanno un bel coraggio a lamentarsi gli israeliani! Vivono su una terra rubata ai loro legittimi proprietari! Hanno anche la pretesa di viverci in pace e sicurezza?
Chi ragiona in modo simile (e sono in tanti a farlo, anche nel democratico e laico occidente) commette, in primo luogo, un fondamentale errore di principio e, in secondo luogo, dimostra di ignorare la storia. L’errore di principio è abbastanza evidente. TUTTI i popoli di TUTTI gli stati del mondo occupano oggi terre che cinquanta, o cento o mille anni fa erano di altri popoli, la nascita di TUTTI gli stati è stata caratterizzata da violenze. Nella storia di ogni stato ci sono guerre, migrazioni, scontri fra etnie, contrasti religiosi risolti con la forza. Se si dovesse contestare il diritto ad esistere di tutti gli stati la cui origine è stata caratterizzata da qualche violenza nessuno stato avrebbe oggi diritto di esistere. Risalire indietro nel tempo per stabilire chi oggi abbia il diritto di occupare un certo territorio porterebbe solo ad una serie senza fine di guerre.
Ma, obiettano i nemici di Israele, nel caso dei palestinesi il contenzioso è ancora in piedi. I palestinesi rivogliono la loro terra, quindi ne hanno diritto, perché erano su quella terra prima degli ebrei. Questo differenzierebbe la loro posizione da quella degli "indiani" d'america o di altri popoli sconfitti che non avanzano però diritti di rivalsa. In base ad un simile "ragionamento" (si fa per dire) se un bel giorno i discendenti degli "indiani" d'america, degli aborigeni australiani o degli aztechi rivendicassero le "loro" terre dovrebbero scomparire stati come gli USA o l'Austraia o il Messico. Sarà un caso ma solo per gli ebrei si tirano fuori simili farneticazioni!

Lasciamo perdere le follie farneticanti. Torniamo ad Israele ed ai fatti che lo riguardano. Chi parla della sua origine illegittima ne scorda alcuni piuttosto rilevanti:

1) Se proprio si volesse andare indietro nel tempo per stabilire chi abbia oggi il diritto di vivere in "Palestina" si dovrebbe concludere che gli ebrei e solo loro hanno quel diritto. Un tempo infatti  gli ebrei vivevano nella terra che oggi alcuni chiamano "Palestina" e in quella terra non vivevano i "palestinesi"; non solo, è sempre esistita  una presenza ebraica in Palestina. A non aver diritto di stare in Palestina dovrebbero essere i musulmani che la conquistarono.
I sostenitori del regresso temporale usano un metodo molto bizzarro: retrocedono nel tempo solo fino ad un certo punto, prendono in considerazione solo il passato che sembra confermare le loro tesi. Troppo comodo!

2) Non è mai esistito uno stato palestinese. Ai tempi dei primi insediamenti ebraici quella che oggi in molti chiamano Palestina era solo una parte dell’ex impero ottomano. A quei tempi non esisteva neppure una nazione palestinese né un movimento nazionale palestinese. Dopo la dissoluzione dell'impero ottomano nessuno propose la nasciuta di uno stato palestinese, si pensava di fare della "palestina" una regione della Siria. La organizzaione per la liberazione della Palestina (OLP) nacque nel 1964, SEDICI  anni dopo la nascita dello stato di Israele.

3) I primi coloni ebrei in Palestina si impossessarono della terra che intendevano colonizzare in maniera assai poco violenta: comprandola dai palestinesi. La compra vendita di terra proseguì per molto tempo, malgrado le pressioni di chi guardava con ostilità i nuovi venuti.

4) Israele è l'unico stato sorto in seguito alla delibera di un organismo che, bene o male, oggi malissimo, tutela il diritto e la legalità internazionale. In realtà la nascita di Israele è stata caratterizzata da MENO violenza che non la nascita di molti altri stati, di cui nessuno si sogna oggi di contestare il diritto ad esistere.

5) Lo stato di Israele ha dato finalmente patria e protezione al popolo che più di ogni altro ha sofferto nella storia orrori e persecuzioni. Gli ebrei possono benissimo vivere in vari stati, come minoranze i cui diritti siano garantiti, affermano molti occidentali "progressisti". Si, possono farlo, fino a quando a qualche ometto coi baffetti non vengano idee strane...

6) Il mandato britannico sulla Palestina comprendeva anche i territori, molto vasti, in cui è sorta la attuale Giordania che può, da questo punto di vista, essere considerata uno stato palestinese.   

7) La risoluzione dell’ONU del 1948 in realtà diede vita a DUE stati: Israele ed un nuovo stato palestinese. Questo non prese mai forma per l’opposizione degli stati arabi che volevano semplicemente cacciare gli ebrei. Per decenni il conflitto non fu fra israeliani e palestinesi ma fra Israele e stati arabi.

Tutto regolare allora? Nessuna violenza ha accompagnato la nascita e la crescita dello stato ebraico? Gli israeliani sono privi di colpe? No, ovviamente. Israele ha avuto ed ha i suoi fondamentalisti, i governanti israeliani hanno spesso commesso, o lasciato commettere, gravi violenze. Alcuni israeliani hanno sognato per anni la “grande Israele” ed hanno pensato di poter risolvere sul piano della pura forza militare il contrasto coi palestinesi. Però è innegabile che col tempo queste posizioni estremiste sono state sconfitte o quanto meno sono diventate largamente minoritarie in Israele. Ne è prova tra l’altro il ritiro degli israeliani da Gaza. Quel ritiro poteva diventare la prima tappa della costruzione di una stato palestinese che convivesse accanto ad Israele (e non al suo posto). Questo però non è avvenuto per responsabilità di Hammas e della stessa autorità nazionale palestinese. I fondamentalisti di Hammas hanno interpretato il ritiro israeliano da Gaza come la prima tappa della costruzione di uno stato palestinese AL POSTO di Israele. Non a caso appena insidiati nel territorio lo hanno usato come base per il lancio di missili contro l’odiato nemico.

Il contrasto fra palestinesi ed israeliani appare oggi senza sbocco perché su quel contrasto si è innestata la mala pianta del fondamentalismo terrorista. Israele non deve esistere perché per un islamico fondamentalista è inconcepibile che esista uno stato ebraico in un’area come la Palestina. Nell’ottica fondamentalista gli ebrei possono anche essere tollerati come individui, con diritti assai limitati, ovviamente, ma che esista una nazione ebraica con un suo stato, per di più confinante con stati islamici, in una terra che è stata islamica, questo è inammissibile, una specie di sacrilegio. Lo dicono chiaramente i terroristi di hammas: una terra che è stata, in passato, islamica, deve tornare ad esserlo, fino al giorno del giudizio. Non a caso  Hammas  bombarda Israele, ma pensa anche alla Spagna, ed alla Sicilia. E’ precisamente per questo motivo che i "democratici progressisti” dell’occidente dovrebbero essere solidali con Israele (pur criticandolo quando merita di essere criticato). Ma ormai in occidente “democratico progressista” è diventato sinonimo di “politicamente corretto” è nulla è più lontano dal politicamente corretto, nulla è più scorretto politicamente che mostrare simpatia ad Israele, figuriamoci poi solidarietà.  E così molti "progressisti" occidentali parteggiano oggi per chi vuole la pena di morte per apostati e bestemmiatori, la lapidazione per le adultere, l'infibulazione, il ripudio delle mogli, il velo, o il burka, e tante altre simili dolcezze.
Pazienza, se questo è il "progressismo", non ci resta che restare conservatori. Contano poco, in fondo, le parole.