venerdì 19 febbraio 2016

POLIGAMIA. UN PENSIERINO

Negli stati di diritto degni di questo nome il matrimonio dovrebbe essere UNO SOLO. Lo si definisca come si vuole, lo si regoli come si vuole; riguardi solo gli etero, oppure anche gli omosessuali, si celebri per unire due o venti persone, deve comunque essere UNO. Col matrimonio le varie relazioni fra gli esseri umani si dividono in due categorie: quelle delle persone sposate, regolamentate dalla legge, e le altre, lasciate alle libere scelte dei singoli.
In Italia, e non solo, le cose sembrano andare diversamente. Quando sarà approvata la famosa legge Cirinnà, avremo nel bel paese tre diversi tipi di matrimonio: il matrimonio tradizionale, le unioni civile per i gay, un autentico matrimonio con nome diverso, e le unioni civili per le coppie eterosessuali, una sorta di matrimonio depotenziato.
A mio parere in futuro le varie tipologie di matrimonio sono destinate a moltiplicarsi ulteriormente. Se ci sono tre tipi di matrimonio perché non farne quattro? Soprattutto, perché non regolarizzare la poligamia? La prossima tappa sarà l'introduzione del matrimonio poligamo. Perché? Beh... è facilissimo capirlo.
Innanzitutto la poligamia è una forma molto naturale di relazione. E' praticata nel mondo da centinaia di milioni di esseri umani ed affonda le sue radici nel regno animale. Moltissimi animali sono poligami: il maschio dominante monopolizza le femmine del branco, se qualche maschio escluso dalla riproduzione non è d'accordo ha un modo molto semplice di protestare: sfida il maschio dominante. Chi vince si accoppia, chi perde, ammesso che resti vivo, aspetta che il vincitore invecchi. Tutto si potrà dire della poligamia meno che sia “contro natura”.
Lasciamo perdere gli inquietanti, ma affascinanti, maschi dominanti, magari di leone o ippopotamo. Veniamo a cose più vicine alla nostra prosaica realtà.
Siamo oggetto di una immigrazione ormai senza alcun limite o controllo. Giorno dopo giorno la struttura demografica del paese cambia ed i governanti, invece di cercare di contrastare il fenomeno lo favoriscono, in un delirio di autentica follia. Bene, la maggioranza dei “migranti” che noi continuiamo ad accogliere indiscriminatamente,
pratica la poligamia. Di fatto in Italia (e non solo) la poligamia è largamente tollerata. Chi ci governa fa finta di non vedere il fenomeno. “Da noi la poligamia è vietata” affermano ipocritamente, “poi, se arriva in Italia un migrante con quattro mogli, beh... non possiamo farci nulla”. E così il fenomeno si estende. Nella loro idiozia i politici pensano che sia possibile la crescita illimitata della poligamia, illegale, accanto alle altre forme di matrimonio, legali. Ma alla fine i nodi sono destinati a venire al pettine.

Alì è un migrante onesto, è arrivato da poco in Italia, lavora e osserva le leggi. Un bel giorno le sue quattro mogli lo raggiungono; Alì ha un figlio da una di queste: Tarik, che, raggiunta l'età, frequenta la scuola. Tutto va bene, vero? Beh, non proprio. Quale delle quattro mogli di Alì è riconosciuta dalla scuola come madre di Tarik? Nei moduli scolastici oggi si mette “genitore uno e due”, al posto di padre e madre, ma, Tarik di genitori ne ha cinque, come la mettiamo?
Alì vuol comprare casa. Va in banca e chiede un mutuo. La banca è intenzionata a concederglielo, Alì ha un discreto reddito ed è persona onesta. Ma sorge un problema: quando a richiedere un mutuo è una persona sposata la banca pretende, per ovvi motivi di garanzia, che la richiesta sia firmata da entrambi i coniugi e che il mutuo venga concesso ad entrambi. Ma nel caso di Alì i coniugi sono in tutto cinque! Chi stipulerà l'atto alla presenza del notaio? Fino ad oggi si sono semplicemente ignorati questi problemi. Si è adottata la tattica dello struzzo.
Ma in questo modo nessun problema si risolve, tutti si aggravano. Tutto il nostro ordinamento familiare è basato sul presupposto della parità di diritti fra i coniugi, quindi sul rifiuto della poligamia. Ma i migranti sono in larga maggioranza poligami e non intendono rinunciare a questa loro “tradizione”. Quindi, visto che loro non diventeranno monogami, noi legalizzeremo la poligamia. Lo ripeto, se ci sono tre tipi di matrimonio, perché non averne quattro?
Ed avremo fatto un altro passo avanti verso il suicidio della nostra civiltà.

mercoledì 17 febbraio 2016

LA LEGGE SULLE UNIONI CIVILI. QUALCHE PENSIERINO

La cosiddetta legge sulle unioni civili istituisce a tutti gli effetti il matrimonio gay nel nostro ordinamento:
“le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenuti a contribuire ai bisogni comuni”. Così recita la legge. Il testo estende ogni diritto sociale e previdenziale previsto per gli sposati anche ai gay che si uniranno civilmente, quindi anche la pensione di reversibilità. Per sciogliere l’unione civile si deve ricorrere al divorzio. “
Si tratta di un matrimonio a tutti gli effetti che però non si chiama matrimonio. La solita “furberia” italica fatta apposta per “schivare” una sentenza della consulta.

Val la pena di fare un paio di considerazioni.
Questa legge non riguarda il diritto degli omosessuali a praticare la loro sessualità. Questo poteva essere tutelato con apposite misure nel campo, ad esempio, del diritto ereditario, o dei regolamenti per la assegnazione di case popolari.
Questa legge non estende ai gay il diritto al matrimonio. Già ora i gay hanno questo diritto. Nessuno impedisce a Tizio, omosessuale, di sposare Laura o Carla, persone di sesso femminile.
No, questa legge modifica l'istituto matrimoniale. Fino ad oggi il matrimonio era l'unione di un uomo e di una donna, da oggi diventa unione di un uomo e di una donna oppure di un uomo ed un uomo o di una donna ed una donna. NON si tratta della estensione di un diritto ma di una modifica radicale delle caratteristiche di tale diritto. Si può essere o meno d'accordo, ma, di questo si tratta, val la pena di sottolinearlo a scanso di equivoci ed ipocrisie.
Sul problema delle adozioni l'ipocrisia che informa la legge appare con particolare chiarezza. Si prende in considerazione un caso rarissimo: quello di Tizio, omosessuale, che è, o è stato, anche eterosessuale ed ha un figlio. Dopo averlo avuto decide di vivere insieme a Caio, del suo stesso sesso. La coppia gay così formata potrà adottare il figlio di Tizio. Un caso che sembra costruito a tavolino e per il quale, qualora diventasse reale, un giudice equilibrato potrebbe trovare le soluzioni più adatte nell'interesse del minore: affidarlo alla madre, ad esempio, con diritto del padre di vederlo spesso e volentieri. In realtà un caso simile è stato inventato allo scopo di permettere la pratica dell'utero in affitto. Tizio va negli USA, ha un “figlio” grazie all'utero in affitto, torna in Italia col pargoletto che viene adottato dalla coppia gay. Con la “Cirinnà” passa l'utero in affitto e passa per le sole coppie gay ricche, quelle che hanno la possibilità di andare all'estero a prendersi un bambino.

La legge Cirinnà è una legge ipocrita. Istituisce il matrimonio gay, ma non lo chiama matrimonio. Legalizza la pratica dell'utero in affitto tramite l'invenzione di un caso del tutto improbabile, ma continua ufficialmente a considerala illegale. Sarebbe stato meglio essere più onesti: chiamare matrimonio quello che è a tutti gli effetti un matrimonio e legalizzare a tutti gli effetti la pratica dell'utero in affitto, senza nascondersi dietro ad un dito.
Molti presentano il dibattito intorno a questa legge come uno scontro fra laici e cattolici. E' una posizione fuorviante. Personalmente non sono credente e mi considero estremamente laico, ma non sono d'accordo con questa legge, e non credo di essere l'unico.
Non sono d'accordo col matrimonio gay per il semplice motivo che ritengo sbagliato equiparare dal punto di vista della rilevanza sociale tutte le possibili forme di convivenza fra esseri umani. Ognuno ha diritto di far sesso e convivere con chi gli pare. Non considero “malati” o “pervertiti” gli omosessuali, come non considero “lascive” tre persone di diverso o dello stesso sesso che vivano insieme o abbiano rapporti sessuali a tre. La sessualità è qualcosa di strettamente personale e, se non è aggressiva e prevaricatrice o rivolta a minori, ognuno ha diritto di praticarla come meglio crede. Ma non tutte le forme di sessualità hanno la stessa rilevanza sociale. Una sessualità legata alla procreazione ha una importanza sociale che altre forme di sessualità non hanno, tutto qui. Il matrimonio gay nasce nell'ottica di chi contesta l'importanza della differenza sessuale. Tutte le forme di sessualità hanno pari rilevanza perché la differenza sessuale è, nella sostanza, priva di rilevanza. La differenza fra i sessi è solo una differenza nel gioco erotico, priva di valenza, mi si scusi la parolona, ontologica.
Ma, mi si perdoni la provocazione, partendo da simili premesse, perché mai non dovremmo, un giorno non troppo lontano, immettere nel nostro ordinamento giuridico la poligamia? La poligamia è praticata da centinaia di milioni di esseri umani ed ha radici naturali che risalgono al mondo animale. Se tutte le forme di sessualità hanno la stessa rilevanza perché non istituire il matrimonio poligamo? Certo, ci sarebbe il problema della libertà della donna, ma, il concetto di libertà è molto relativo, in fondo, vero? Di fronte al sindaco le quattro mogli di Tizio potrebbero dichiarare di accettare “liberamente” di sposarlo ed il gioco sarebbe fatto, l'italica ipocrisia soddisfatta. Inoltre, non dimentichiamolo, la legalizzazione della poligamia accelererebbe il processo di integrazione dei “migranti”, per la gioia di tutti gli occidentali “buoni”. Resterebbe, è vero, aperto un problemino: sarebbe una “integrazione” di loro a noi o di noi a loro? Ma questi, lo si sa, sono “dettagli”.

La legge Cirinnà pone, a ben vedere le cose, anche un altro problemino. Si tratta di una legge che non riguarda le sole coppie omosessuali, ma anche quelle eterosessuali. Per queste c'è già il normale matrimonio, ma pare che non basti. Ricordo che, tempo fa, un leader politico faceva, più o meno, questo discorso: “C'è molta gente che non accetta il matrimonio e convive senza sposarsi. Anche queste coppie hanno però bisogno di tutela giuridica, quindi occorre una forma di unione civile diversa dal matrimonio...”. Fantastico ragionamento! Si potrebbe dire: “Ci sono molte persone che convivono e non accettano né il matrimonio né l'unione civile, quindi occorre una diversa forma di unione civile per regolamentare i loro rapporti...” e così via, all'infinito. Insomma, si pretende di regolamentare anche le relazioni di chi non vuole farsi regolamentare. E proprio questo fa la “Cirinnà”. Tizio e Caia non sono sposati, non intendono sposarsi, ma i loro rapporti devono comunque essere regolamentati. Non regolamentati per ciò che riguarda i sacrosanti diritti di eventuali figli, no, regolamentati in tutto, più o meno come in un normale matrimonio.
Sorge spontanea una domanda: sarà possibile in futuro che due persone possano avere rapporti non regolamentati dalla legge? Sarà possibile che due esseri umani decidano di frequentarsi, far l'amore, vivere insieme senza che le loro relazioni siano oggetto di legislazione? Se un ragazzo ed una ragazza “filano” per un po' questo fa nascere reciproche obbligazioni giuridiche? Sarà possibile in futuro che Caia dica a Tizio: “senti caro, mi sono innamorata di un altro, quindi da ora i nostri rapporti cessano. Ciao e amici come prima”. Una cosa simile, che molti, a partire da me, considerano normale, continuerà ad essere possibile o tutte le relazioni fra esseri umani avranno conseguenze giuridiche?
La “Cirinnà” ha anche questo aspetto, che molti tralasciano. E' una delle tante manifestazioni di quella smania programmatoria che caratterizza il decadente occidente dei nostri giorni. Tutto deve essere regolamentato, di ogni cosa deve occuparsi la legge. E la libertà personale? E l'umana autonomia? Sciocchezze!

Lo confesso, quando sento parlare della famosa legge Cirinnà mi viene in mente il titolo del capolavoro di Milan Kundera: “l'insostenibile leggerezza dell'essere”. L'occidente è una civiltà insostenibilmente leggera, e lo diventa ogni giorno di più.
Civiltà “leggera” perché priva di idee forti, valori condivisi, sentimenti profondi. Si scambia la libertà con il “tutto va bene”. Tutto va bene perché nulla è davvero importante, tutto è sullo stesso piano perché tutto è futile, banale, interscambiabile. Non era questa la libertà teorizzata dai maestri del pensiero liberale. Quella era una libertà-valore, qualcosa da difendere e per cui lottare. Qualcosa che riguardava la natura profonda dell'uomo, il suo essere autonomo, autocosciente, capace di scelte. Oggi non è più così. La libertà è uno dei tanti valori esposti al supermercato delle idee e lo si può facilmente barattare con altre cose. E così oltre che leggera la nostra civiltà diventa schizofrenica. Si vuole il matrimonio gay ed insieme il dialogo con chi i gay li impicca. Si usano orribili neologismi come “ministra” o “femminicidio” e si cinguettano scemenze sul “rispetto” dovuto a chi lapida le adultere ed infibula le donne, si parla di “libertà personale” e ci si dichiara amici di chi decapita gli apostati. “Non bisogna giudicare” ripetono in tanti, tutto va bene. Forse chi deve essere decapitato la pensa diversamente, ma... sono affari suoi.
Tutto è possibile, non esistono contraddizioni perché nulla è rilevante, perché l'uomo occidentale ha sempre meno una sua identità, diventa ogni giorno di più pura virtualità, potenzialità ad accettare tutto. Tutto tranne le idee di chi si oppone a questa deriva nichilista. Si provi a non essere d'accordo col politicamente corretto ed i “buoni” diventano subito cattivissimi. I teorici del “tutto va bene” chiedono censure, magari anche il carcere nei confronti dei reprobi.
Non è un caso che l'occidente stia perdendo la guerra col fondamentalismo islamico. E la stia perdendo nel modo peggiore: senza combatterla.
Qualcuno potrebbe dire che tutto questo c'entra poco con la “Cirinnà”. Beh... sbaglia, a mio modestissimo parere.

martedì 16 febbraio 2016

SCEMENZE SULLE "MIGRAZIONI"

Tutti gli esseri umani hanno pari dignità, per questo è doveroso accogliere tutti.
Ognuno ha il dovere etico di rispettare i propri simili, non di accoglierli. Io rispetto tutti, ma non provo simpatia per tutti, non amo tutti, non sono tenuto a vivere con tutti.

Tutte le culture possono convivere fianco a fianco, anche nello stesso paese.
Per convivere nello stesso paese due culture devono avere qualcosa in comune che renda possibile la convivenza. Poteva un ebreo vivere in pace accanto ad un nazista che teorizzava, e praticava, la “soluzione finale”? Possono vivere in pace nello stesso paese i sostenitori della separazione fra stato e chiesa e coloro che ritengono che non debba esistere distinzione alcuna fra fede e politica?

L'integrazione non è difficile. Basta che noi si sia ospitali e che i nuovi venuti rispettino le leggi.
Dietro alle leggi ci sono idee, sentimenti, modi di vedere il mondo. Se in un paese la stragrande maggioranza dei cittadini pensa che tutti gli esseri umani, indipendentemente dalle differenze sessali, abbiano pari dignità, ci sarà una legislazione familiare che riconosce l'eguaglianza di diritti e doveri fra i coniugi. Se la mentalità diffusa sarà diversa avremo la poligamia, il ripudio delle mogli, l'infibulazione e la lapidazione delle adultere. In tutto questo l'ospitalità non c'entra un bel niente.

In passato abbiamo oppresso i popoli non europei. Siamo in debito con loro, dobbiamo saldare il conto accogliendo tutti.
Nessuno è innocente, tutti in passato hanno sfruttato ed oppresso qualcuno. L'impero mongolo si estendeva dall'estremo oriente fino ai confini d'Europa, questo non obbliga oggi gli abitanti della Mongolia a mantenere indiani e afgani. Il fatto che Roma abbia dominato la Gallia e la Bretagna non obbliga gli italiani ed i romani di oggi ad accogliere gratis a casa loro francesi ed inglesi. L'Islam ha dominato la Spagna, questo non impone ai turchi di oggi di pagare vitalizi agli spagnoli.
Gli errori e gli orrori di ieri non obbligano chi oggi non ha commesso quegli errori né si è macchiato di tali orrori.

Siete insensibili di fronte a tragici drammi umanitari.
Aiutare chi è vittima innocente di guerre e persecuzioni non significa fare entrare a casa nostra centinaia di migliaia, milioni di clandestini.

I profughi sono vittime di una endemica povertà.
La povertà si combatte favorendo investimenti, innovazione tecnologica, circolazione di capitali, in una parola, promuovendo lo sviluppo economico. Trasferire in Europa la popolazione dell'Africa non porta l'Africa ad un livello di vita europeo, rischia di abbassare il livello di vita europeo a livelli africani.

I migranti faranno aumentare la popolazione europea, oggi in decrescita.
A livello planetario è un bene che ci sia una contrazione della natalità. In occidente questa contrazione è eccessiva, ma combatterla accogliendo nel nostro continente milioni di “migranti” è un rimedio peggiore del male.
Inoltre, i nuovi venuti possono considerarsi “europei”? L'incremento della popolazione che loro rendono possibile è davvero un incremento della popolazione europea? Oggi gli europei sono in minoranza nel mondo, fra qualche decennio, grazie ai “migranti”, saranno minoranza in Europa.

Le migrazioni ci sono sempre state.
E ci sono sempre state anche le resistenze alle migrazioni. Alcune migrazioni hanno avuto esiti storicamente progressivi, altre si sono risolte in catastrofi, molto spesso le migrazioni di massa hanno portato alla scomparsa o al fortissimo ridimensionamento degli indigeni.
Del resto di quasi tutto, e del suo contrario, si può dire che “c'è sempre stato”. Ci sono sempre state guerre di conquista, e popoli che hanno cercato di non farsi conquistare. Lo schiavismo è esistito per millenni, e per millenni ci sono stati esseri umani che hanno cercato di sfuggirgli. Le malattie esistono da sempre, ed anche chi cerca di curarle. Il fanatismo religioso è vecchio di secoli, ma anche duemilacinquecento anni fa c'erano persone che avevano una certa fede nella ragione. Gli imbecilli sono sempre esistiti, ma anche le persone ragionevoli, per fortuna.

Le migrazioni sono inevitabili, contrastarle è inutile.
E allora sono inevitabili anche le conseguenze delle migrazioni. Scontri etnici, aumento della criminalità, problemi economici. Addirittura rigurgiti di razzismo. Se non possiamo fare nulla per controllare i flussi migratori possiamo fare ancora meno per tenere sotto controllo le loro conseguenze. Impedire un flusso incontrollato di migranti è più facile che favorire una civile convivenza una volta che questi siano arrivati qui da noi.

Guardate all'America! Quanti emigranti ha accolto!
A parte il fatto che quegli emigranti hanno costretto gli indiani d'America nelle riserve, l'America è una terra di emigranti. Un continente vastissimo e semi spopolato che aveva bisogno di mano d'opera immigrata. Quando non c'è stato più bisogno di una immigrazione di vaste proporzioni il governo americano ha ridotto il flusso di entrate. L'Europa fa il contrario: aumenta le entrate nel momento in cui sono non solo inutili ma dannose.

Può bastare...

domenica 14 febbraio 2016

ISRAELE E LA PENA DI MORTE



Lo sanno tutti. Israele è praticamente in guerra dal giorno della sua nascita, cioè da circa 68 (SESSANTOTTO) anni.
Ebbene, nel corso di tutta la storia di questo stato UN SOLO civile è stato giustiziato. Si tratta del criminale nazista Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili della “soluzione finale del problema ebraico”, responsabile della morte di alcuni milioni di esseri umani. In precedenza, nel corso della guerra del 1948, era stato fucilato Meir Tobianski, un soldato israeliano accusato e riconosciuto colpevole di tradimento. Si confronti questo dato con quanto è avventuto in tempo di guerra in altri eserciti. E' noto che sia nel primo che nel secondo conflitto mondiale furono numerosissimi i casi di fucilazione di soldati accusati di diserzione, viltà o tradimento. Dopo la disfatta di Caporetto ci furono nell'esercito italiano numerosi casi di “decimazione” di truppe considerate poco affidabili. Nella seconda guerra mondiale la repressione di soldati ed ufficiali nell'esercito sovietico raggiunse picchi di incredibile brutalità. Bastava interpretare male un ordine per finire di fronte al plotone d'esecuzione, o, nel migliore dei casi, in Siberia.

Anche nei periodi in cui è ufficialmente non in guerra lo stato di Israele deve sopportare uno stillicidio continuo di attentati terroristici. Eppure non un solo terrorista è stato fucilato nello stato ebraico, neppure uno di quegli “eroi” che si divertono ad ammazzare civili innocenti in autobus o pizzerie. Come ha invece reagito ad atti terroristici il paese che per decenni molti degli attuali nemici di Israele hanno considerato il “paradiso dei lavoratori”?

Il 30 Agosto 1918 Fanny Kaplan, una militante socialrivoluzionaria, sparò alcuni colpi di pistola a Lenin, ferendolo senza però ucciderlo. La militante socialista rivoluzionaria era esasperata dalla brutale repressione messa in atto dai bolscevichi contro tutti i partiti rivali e dalle fucilazioni di un gran numero di militanti anarchici. In Gennaio Lenin aveva sciolto la assemblea costituente, col pretesto che era stata votata in un momento politico “diverso” e non era quindi più rappresentativa della realtà sociale russa (in casi simili nei paesi normali si indicono, al massimo, nuove elezioni). In effetti i bolscevichi detenevano nella assemblea, da loro convocata, di 175 seggi su un totale di 707.
L'attentato a Lenin fu seguito da una repressione di incredibile brutalità. Circa 1300 (MILLETRECENTO) persone furono fucilate nella sola Pietrogrado. Venne emanato il decreto sul terrore rosso: rinforzava la Ceka e deva licenza di deportare in campi di concentramento i presunti “controrivoluzionari” e di fucilare senza processo gli “insorti”.
Inutile aggiungere che ci sono forti dubbi sull'attentato a Lenin. Alcuni sostengono che sia stato il risultato di una faida interna al partito bolscevico. Fanny Kaplan venne condannata ai lavori forzati ma fu fucilata poco tempo dopo nel sotterraneo del carcere in cui era reclusa.

Il primo dicembre 1934 venne assassinato a Leningrado Sergej Mironovič Kirov, un fedele compagno d'armi di Giuseppe Stalin. L'attentatore era Leonid Nikolaev, un giovane vicino agli anti stalinisti di sinistra. Dopo la destalinizzazione il caso Kirov venne riaperto ed oggi è quasi unanimemente accettata la tesi di chi sostiene che si sia trattato di un complotto staliniano. Stalin temeva la crescente popolarità di Kirov, un potenziale rivale che era meglio toglier di mezzo, e mirava a creare il pretesto per una mostruosa ondata di purghe che eliminasse tutti i possibili oppositori nel partito. In effetti la repressione seguita all'omicidio di Kirov fu tra le più brutali della storia. Lo storico sovietico Roy Medvedev racconta in “lo stalinismo” che durante le grandi purghe c'erano periodi in cui nella sola Mosca venivano fucilate più di 2.000 (DUEMILA) persone al giorno.

Se dalla storia passiamo alla cronaca le cose cambiano poco. In stati come l'Iran, l'Arabia saudita, la Corea del Nord, la Cina, i boia lavorano alacremente . Si mandano sulla forca non solo gli assassini, ma le adultere, gli omosessuali, i “nemici dello stato”. A Gaza dopo processi farsa sono fucilati, spesso e volentieri, presunti “collaborazionisti” con Israele.
Da quanto afferma la rete risulta che In
Iran la pena di morte è prevista per omicidio, adulterio, stupro, omosessualità, blasfemia, estorsione, corruzione ed altri casi ancora, compreso, fino al 2004, il consumo di alcool. Secondo il codice penale iraniano, fino al 2004 i maschi sopra i 15 anni e le femmine sopra i 9 potevano essere giustiziati. Nel 2004 è stata vietata l'esecuzione di minori di 18 anni, ma il decreto non è stato rispettato. Il 19 luglio 2005 due ragazzi di 18 e 16 anni sono stati impiccati in Iran per lo stupro di un bambino di 13 anni avvenuto nel 2004, quando i presunti assassini avevano rispettivamente 17 e 15 anni. C'è chi sospetta che l'accusa di stupro sia una montatura e che il vero motivo delle impiccagioni sia da ricercarsi nella omosessualità dei due giovani,.
Se non ci si fida dei dati che la rete riporta si può fare riferimento ad una associazione “insospettabile” per gli occidentali politicamente corretti: “
nessuno tocchi Caino”. Questa da notizia che nel periodo che va dal Luglio 2013 al Giugno 2015 sono state giustiziate in Iran circa 2.000 persone. Nel 2014 in Cina, sempre per la stessa associazione, le esecuzioni capitali sono state circa 2.400. Nel corso dello stresso anno sono state 33 negli USA, da sempre indicati al pubblico disprezzo per il persistere della pena di morte. Negli USA, forse è il caso di ricordarlo, la pena di morte riguarda non adultere od omosessuali ma i responsabili di omicidi particolarmente efferati.

Non è il caso di continuare d affastellare numeri. E' notorio che in paesi come la Cina, la Corea del Nord, l'Iran, l'Iraq, l'Arabia saudita, il Pakistan il boia deve fare gli straordinari. In Israele no. Nello stato ebraico chi fa il boia deve cercarsi un secondo lavoro o rischia di morire (destino beffardo!) di fame. Eppure si tratta di uno stato letteralmente circondato da centinaia milioni di fanatici che vorrebbero semplicemente cancellarlo dalla carta geografica. Uno stato in guerra da quasi settanta anni. In guerra non per controversie territoriali od economiche, in guerra per la propria pura e semplice sopravvivenza.
Ma è contro questo stato che si mobilitano di continuo i “democratici” ed i “progressisti” di mezzo mondo. Gli stessi che fingono di non vedere i boia sempre al lavoro in Iran o in Pakistan si indignano se un soldato israeliano spara ad un giovane palestinese che tentava di accoltellarlo. Panciuti navigatori in rete diventano esperti in arti marziali di fronte a simili casi. Il soldato non doveva sparare, doveva difendersi cercando di disarmare l'aggressore con qualche mossa di krav maga! Profondi intellettuali danno loro man forte. I coltelli palestinesi, come i missili di Hammas, sono armi giocattolo, che vergogna che i “nazisti israeliani” osino sparare a dei ragazzini che si divertono con simili, innocui balocchi!
E non solo di questo si tratta. I prodotti israeliani che vengono dai “territori occupati” (occupati al termine della guerra dei sei giorni, in cui una coalizione di stati arabi ha cercato di annientare Israele) quei prodotti dicevo, devono essere “marchiati”, anche se non si marchiano, ad esempio, i prodotti che vengono da quella parte dell'Isola di Cipro che la Turchia, ma non la Grecia e la comunità internazionale, riconosce come sua. E se c'è qualche manifestazione culturale o sportiva subito si mobilitano i “democratici” e chiedono che Israele non possa partecipare. E c'è il BDS che pretende che tutti i prodotti israeliani vengano boicottati, e ci sono, naturalmente, fior di intellettuali che passano il tempo a denunciare le “brutalità” dello stato ebraico e fior di laici che condannano il carattere “religioso” di Israele, ma che non hanno nulla da dire sulle repubbliche islamiche la cui la costituzione è il Corano.
Ed anche gli ebrei non israeliani sono nel mirino. Certo, i nemici di Israele non sono antisemiti, solo anti sionisti. Però, se un ebreo prende la parola in qualche pubblica manifestazione è bene accetto solo se, prima di ogni altra cosa, si dichiara “critico” di Israele. Insomma, i nemici di Israele non sono antisemiti, loro amano gli ebrei, a condizione che si tratti di ebrei come Moni Ovadia...

C'è poco da scherzare. Uno stato da sempre in guerra, letteralmente assediato, tormentato dal terrorismo, riesce a non essere brutale, mantiene l'essenziale delle libertà civili, garantisce a tutti la libertà religiosa, ripudia di fatto la pena di morte. Eppure è sempre, costantemente sotto accusa. Sotto accusa non da parte dei fanatici che lo vorrebbero cancellare, no, sotto accusa da parte di occidentali. E non di occidentali vecchi rottami del nazifascismo, no, da parte di persone che si dichiarano “democratiche, laiche e progressiste”.
L'eclissi della ragione che sta dietro un simile, incredibile fenomeno fa paura. E' una sorte di folle istinto di autodistruzione che l'occidente si porta dentro da tempo e che emerge periodicamente quando ci sono di mezzo gli ebrei. Eppure la storia ha dimostrato sin troppo bene dove portino le eclissi della ragione.

martedì 2 febbraio 2016

UNA FESTA MUSULMANA ACCANTO ALLE FESTE CRISTIANE?



Il Cardinale Angelo Scola vorrebbe affiancare alle feste cristiane almeno una festa musulmana nelle scuole. “Almeno il 20% degli alunni”, ha detto “sono stranieri”, e fra questi sono preponderanti i musulmani. Quindi è giusto dedicare loro una festività.
Tralasciamo tutte le possibili obiezioni di tipo laico e veniamo subito al punto. La cosa tragica è che nelle parole del cardinale c'è un grumo di verità. Se il venti o il trenta, o magari il quaranta per cento della popolazione fosse costituita da musulmani che senso avrebbe continuare a festeggiare il Natale o la Pasqua? Stupisce però che il cardinale pensi di risolvere il problema affiancando alle feste cristiane una bella festività musulmana. Tutti in festa per Natale e magari un bel mese di scuole chiuse per il Ramadam... così sembra pensarla l'alto prelato.
La proposta sembra ragionevole, ma si tratta di una scemenza, da tutti i punti di vista. Se in Italia la metà circa della popolazione fosse monarchica, che dovremmo fare? Affiancare alla festa della repubblica una bella festa del re d'Italia? E se un buon quaranta per cento di italiani fosse fascista dovremmo affiancare al 25 Aprile la festa del Natale di Roma? Le feste esprimono un sentire comune, una memoria largamente condivisa. Se questa non esiste, o non esiste più, non ha nessun senso affiancare una festività all'altra, per far contenti tutti. Il problema che Monsignor Scola, e non solo lui, non si pone è: può reggere una società priva di ogni memoria comune, di una tradizione, di un minimo di valori base condivisi? Certo, le culture non sono qualcosa di fisso, immutabile, una sorta di trappola per gli individui. Le culture e con loro le tradizioni sono qualcosa di aperto, capace di recepire gli impulsi che vengono anche dal loro esterno. Ma una cosa è una cultura aperta e capace di confronto, cosa del tutto diverso una non cultura ridotta ad assemblaggio di spezzoni di di culture diverse. E se è bene che una cultura sia capace di cambiamento per impulso proprio, non è affatto bene che il cambiamento le sia imposto da una immigrazione fuori controllo.

E qui veniamo al secondo problema, quello decisivo, nell'immediato. Per monsignor Scola, e tanti altri, è scontato che si possano affiancare ai valori della cultura occidentale altri valori, nello specifico della cultura islamica, senza che questo abbia conseguenza alcuna. Una donna velata passeggia accanto ad una in minigonna, un negozio di kebab apre accanto ad una pizzeria e tutti vivono felici e contenti. E no, le cose non sono tanto semplici! Non lo sono perché, piaccia o non piaccia la cosa, alcuni valori base della cultura islamica sono incompatibili coi nostri. L'Islam non si caratterizza per il fatto che le donne escono di casa velate (o in burka). No, il suo vero elemento caratteristico è che le donne sono obbligate a velarsi. Per moltissimi musulmani una donna che gira per strada in minigonna non è una persona che ha fatto una scelta che è dovere di tutti rispettare. No, si tratta di una “peccatrice” che induce gli uomini al “peccato”, con tutte le conseguenze del caso. Un buon musulmano non si limita a dire che la sua religione è quella “vera”, questo lo fa anche un buon cattolico. No, per la maggioranza dei musulmani chi non segue il loro credo è quanto meno un potenziale nemico. Ed ancora, per l'Islam l'arte in quanto tale è sospetta. Il nudo artistico, le opere d'arte a soggetto religioso sono qualcosa di “empio”, sacrilego, per non parlare di libri, quadri o poemi che mettano in cattiva luce l'Islam o il Profeta. Gli islamici, o almeno moltissimi di loro, considerano la musica “ruffiana”, istigatrice di comportamenti lascivi e peccaminosi. Di nuovo, la cosa tragica è che dietro a simili farneticazioni si cela un nocciolo di verità. La musica, ma il discorso vale per l'arte in generale, è nella sua essenza sensuale. Non nel senso trogloditico che spinga a comportamenti “lascivi”, nel senso molto più importante e profondo che la spiritualità musicale ed artistica è legata alla sensibilità. Si tratta di una spiritualità sensibile, di una fonte di piacere estetico etereo ed impalpabile che ci tocca tuttavia in quanto esseri sensibili, corporei. Tutto questo è inaccettabile da parte di una cultura sessuofobica come quella musulmana. La recente vicenda delle statue di nudo censurate va, in questo senso, ben oltre l'incredibile servilismo di cui i governanti italiani hanno fatto mostra. E' la spia di una incompatibilità profonda fra la nostra cultura e la loro, fra il nostro ed il loro modo di intendere ed interpretare il mondo ed il ruolo dell'uomo nel mondo.

Il problema vero, non lo si ripeterà mai abbastanza, sta nel manico. Sta nelle porte aperte ad una immigrazione fuori controllo. Un fenomeno che ci impone un cambiamento a cui non solo non siamo preparati, questo sarebbe il meno, ma che è contrario a tutto ciò che per noi è importante ed ha valore. Se davvero gli islamici diventeranno il quaranta o il sessanta per cento della popolazione non avremo una bella festa cristiana accanto ad una musulmana, il velo accanto alla minigonna, la nona sinfonia accanto alla condanna della musica. Non avremo il libero pensiero accanto alla esaltazione del dogma. Avremo la eliminazione di tutto ciò che i nostri fratelli considerano incompatibile coi loro valori. La fine dei valori NOSTRI.