martedì 21 dicembre 2021

MALTHUS E IL MISTICISMO ECOLOGICO

Thomas Malthus


Sono abbastanza note le teorie del vecchio Thomas Robert Malthus.
Nel “saggio sul principio della popolazione” Malthus afferma che mentre le risorse alimentari a disposizione del genere umano aumentano in progressione aritmetica la popolazione aumenta in progressione geometrica. Da qui la previsione di una inevitabile penuria. Se non si frena l’aumento della popolazione ci sarà una povertà generalizzata. Come frenare l’aumento della popolazione? Un ruolo possono svolgerlo le guerre e le carestie, un altro, preferibile, il disincentivo al matrimonio ed alla natalità. Malthus è favorevole alla limitazione delle nascite ed è anche nettamente contrario a qualsiasi tipo di politiche caritatevoli ed assistenziali. Migliorando il tenore di vita delle classi povere tali politiche portano ad incrementare la natalità e contribuiscono all’acutizzarsi del contrasto fra risorse e popolazione. Visto che il contrasto insanabile fra risorse e popolazione porta ad un futuro di miseria per tutti ogni miglioramento delle condizioni generali di vita va frenato. La scelta è fra una miseria meno generalizzata oggi ed una generalizzata domani. Altre vie non esistono.
Alla base delle teorie malthusiane sta un fenomeno innegabile, che tutti o quasi gli economisti hanno tenuto in grande considerazione: la limitatezza delle risorse a disposizione dell’uomo. L’uomo è un essere razionale finito, penosamente dipendente dall’ambiente circostanze. Proprio per questo non è possibile il regno del bengodi: per potere migliorare le condizioni di vita occorre il lavoro, inteso non come autorealizzazione ma come fatica. L’attività economica si basa principalmente su questo: calcolo del rapporto costi benefici, confronto fra onerosità del lavoro ed utilità dei suoi frutti. Però, quella che per molti economisti è una caratteristica della attività economica diventa per Malthus un limite assoluto alle prospettive di crescita del benessere. Una cosa è il calcolo del rapporto costi benefici in una situazione di risorse limitate, altra cosa considerare la limitatezza delle risorse come limite assoluto ad ogni miglioramento della condizione umana. Affermare che ogni miglioramento richiede uno sforzo è cosa del tutto diversa dal teorizzare l’inutilità di ogni sforzo ai fini del miglioramento.

Le teorie di Malthus, suscitarono da subito discussioni e polemiche. Molti le accolsero con grande favore, con il passare del tempo tuttavia risultò abbastanza chiaro che l’economista inglese era incorso in almeno due errori fondamentali.
Il primo era la sottovalutazione dello sviluppo tecnologico. L’applicazione della scienza e della tecnica ai processi produttivi, agricoltura compresa, ed il parallelo, prodigioso moltiplicarsi della produttività del lavoro dovevano smentire clamorosamente la profezia malthusiana di una crescita solo aritmetica delle risorse alimentari a disposizione degli esseri umani. Nei paesi sviluppati l’agricoltura assorbe oggi una parte largamente minoritaria della forza lavoro totale, eppure basta a soddisfare le esigenze alimentari di una popolazione molto superiore a quella dei tempi in cui Malthus visse.
In secondo luogo l’esperienza doveva smentire la previsione malthusiana secondo cui un continuo incremento del benessere era destinato a provocare un aumento incontrollato della natalità. In effetti è vero che, sino ad un certo punto, l’aumento del benessere causa un aumento di popolazione, superati certi livelli tuttavia la tendenza tende a bloccarsi. Nei paesi sviluppati i livelli di natalità si contraggono; in una prima fase l’incremento della popolazione continua ma è dovuto sostanzialmente all’allungarsi della vita media. Successivamente l’incremento demografico tende quasi ad azzerarsi e la popolazione totale a stabilizzarsi. Oggi l’incremento demografico riguarda le aree arretrate del pianeta, non quelle economicamente sviluppate. In queste semmai si presenta un problema opposto: quello di un decremento demografico potenzialmente assai pericoloso.

Entrambi i punti chiave del malthusismo si rivelarono errati, quanto meno, le previsioni di lungo periodo dell’economista inglese risultarono errate anche se, raffrontate a situazioni di breve periodo e a paesi particolari, potevano mostrarsi corrette. Le teorie di Malthus furono però sottoposte a dure critiche anche dal punto di vista etico. Con la sua teoria della popolazione Malthus considera la miseria milioni di esseri umani come un qualcosa di sostanzialmente immodificabile e questo apparve, non a torto, moralmente inaccettabile a molti suoi critici. Per la gran parte dei democratici, dei socialisti, anche per molti liberali Malthus divenne quasi il simbolo di una reazione nemica di ogni progresso ed emancipazione.
In effetti per lungo tempo il malthusianesimo è stato una delle filosofie ufficiali delle forze di destra più reazionarie. A suo modo era malthusiano Adolf Hitler; la sua teoria dello “spazio vitale” si basa su premesse malthusiane. Hitler non ha alcun interesse per il genere umano, a lui interessano solo i tedeschi “ariani”. Questi sono, nella sua ideologia malata, soffocati in una spazio troppo ristretto e non dispongono di sufficienti derrate alimentari. Da qui l’esigenza della conquista dello “spazio vitale”. I territori dell’Europa dell’est dovevano diventare grandi colonie agricole, popolate da fieri agricoltori “ariani” che avrebbero fornito alla Germania nazionalsocialista le necessarie risorse alimentari. Agli “ariani” teutonici occorrevano spazio ed alimenti e questi potevano essere procurati solo con la spada. In Hitler le teorie malthusiane si combinano con elementi a loro estranei come il razzismo e lo sciovinismo, senza tuttavia perdere molto delle loro caratteristiche fondamentali.
Eppure quel “bieco reazionario” di Malthus è oggi uno dei fondamentali punti di riferimento teorici del radicalismo ecologico. Un punto di riferimento su cui spesso si cerca di stendere una cortina di silenzio, un amico di cui un po’ ci si vergogna, simile a quei parenti poveri che si è restii ad invitare alle riunioni di famiglia, ma non per questo meno importante. Piaccia o non piaccia la gran maggioranza se non la totalità delle teorizzazioni del radicalismo ecologico sono infarcite di malthusianesimo.
Si rifà direttamente a Malthus il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani quando afferma che il nostro pianeta è “stato programmato” per tre, al massimo tre miliardi e mezzo di abitanti (programmato da chi? Da Dio forse? Il ministro è in contatto mistico col creatore?).
Sono sicuramente ed estremisticamente malthusiane le farneticazioni di Greta Thunberg che vede la fine del mondo fra otto, nove anni al massimo ed è nella sostanza malthusiana l’enciclica papale “Laudato si”. Certo, in quella enciclica papa Bergoglio nega che alla base del “degrado del pianeta” ci sia la sovrapopolazione, ma lo fa solo per sostenere la tesi, di chiara origine malthusiana, che un eccesso di consumo porta all’esaurimento delle risorse e alla distruzione della “casa comune”. Possiamo sopravvivere anche se siamo tanti a condizione di consumare poco, questa una delle tesi della “laudato si”. In questo modo però il malthusianesimo papale perde ciò che di scientificamente accettabile esisteva nelle stesse tesi di Malthus. Perché se può essere in parte fondata l’ipotesi che una crescita esponenziale della popolazione si può scontrare con la limitatezza delle risorse a nostra disposizione, poco o nulla ha di scientifico la tesi papale secondo cui si può avere, insieme, crescita della popolazione, miglioramento delle condizioni di vita nei paesi arretrati ed abbandono di fonti di energia primarie come nucleare, petrolio e gas naturale a condizione di combattere il “consumismo compulsivo”. Malthus aveva almeno il pregio della coerenza. Questo manca in uno dei documenti chiave dell’odierno misticismo pseudo ecologico.

I teorici dell’odierno misticismo ecologico apportano però una fondamentale variazione allo schema malthusiano. Questo, lo si è visto, è caratterizzato dalla fortissima sottolineatura del contrasto fra crescita della popolazione umana e limitatezza delle risorse, soprattutto di quelle alimentari. In Malthus l’uomo resta centrale: è lui la vittima della limitatezza delle risorse. Ad essere immodificabile è l’umana miseria perché ogni tentativo di ridurne l’area si scontra col dato dei rendimenti agricoli decrescenti, quindi con l’insufficienza di alimenti a disposizione degli esseri umani. Gli attuali mistici dell’ecologia continuano a parlare di limitatezza delle risorse, da decenni prevedono che entro poco tempo queste sono destinate ad esaurirsi, parlano di erosione delle superfici coltivabili, innalzamento degli oceani, scarsità d’acqua, in breve, superano di gran lunga in pessimismo il vecchio Malthus. Tuttavia i mistici di oggi affiancano a queste tematiche un’altra fosca previsione: quella della fine del pianeta. Il punto centrale dell’odierno catastrofismo ecologico (o pseudo tale) non è più l’uomo, è il pianeta. Il vero dramma non è costituito dalla miseria cui il genere umano è condannato dalla limitatezza delle risorse, questa resta presente nell’ideologia dell’ecologismo mistico, ma perde la sua centralità. L’umana miseria diventa solo un aspetto di una catastrofe più profonda la cui principale vittima è nostra madre terra. La limitatezza delle risorse è quasi sostituita come causa del dramma da un nuovo mostro: il consumismo compulsivo. Contrariamente a quanto profetizzava Malthus l’area della miseria si è enormemente ridotta negli ultimi due secoli, ma questo non ha affatto eliminato dal nostro orizzonte la tragedia incombente: ne ha anzi amplificato la portata: più consumiamo più prepariamo la nostra estinzione e, cosa ancora più grave, la morte del pianeta.
Il pianeta: questo è il nuovo protagonista, e il consumo il nuovo nemico. Il malthusianesimo classico è una teoria economica, l’attuale ecologismo mistico poco o nulla ha a che vedere con l’economia o, più in generale, con la scienza: siamo di fronte ad una nuova religione, un neopaganesimo con “il pianeta” o la natura al posto di Dio, gli ecosistemi che sostituiscono le nature angeliche e l’orrido consumismo compulsivo nel ruolo di novello Satana. E come tutte le religioni, e tutte le ideologie, il misticismo ecologico ha i suoi sacerdoti ed i suoi profeti, le sue proibizioni, le sue scomuniche ed il suo indice dei libri proibiti. Qualcuno vorrebbe anche i suoi tribunali dell’inquisizione ed i suoi roghi, ma questi non sono ancora pronti, per fortuna.

Per quanto ovvio val forse la pena di sottolineare che la critica del neopaganesimo pseudo ecologico non ha nulla a che vedere col rifiuto di una seria politica di protezione dell’ambiente, al contrario. In realtà gran parte delle proposte pratiche degli ecologisti mistici non avrebbero solo, se messe in atto su larga scala, effetti economici devastanti, avrebbero effetti quasi altrettanto devastanti a livello ambientale. Sostituire carbone e petrolio, gas naturale e nucleare con eolico e solare non provocherebbe solo crisi economiche gravissime, deturperebbe il paesaggio in maniera irrimediabile; riempirebbe aree enormi di territorio di pale eoliche e pannelli solari con effetti distruttivi su fauna e flora selvatiche. Se ne vedono già alcuni assaggi osservando le pale eoliche che fanno brutta mostra di se su alcuni rilievi alpini.
I fatti, la prassi sono in effetti il punto debole di tutti i mistici neopagani dell’ecologia. Quando si entra nel concreto e si passa dalle declamazioni teoriche alla volgare azione concreta emerge subito la debolezza del neomalthusianesimo pseudo ecologico.
Emerge la inadeguatezza ridicola di certe proposte. Si teorizza la fine del mondo prossima ventura ed intanto si chiede, e si ottiene, la sostituzione dei sacchetti di plastica nei supermercati. Si prevedono ondate di siccità destinate a distruggere intere specie animali, quella umana compresa, ed intanto dagli schermi televisivi una voce suadente ci invita a non risciacquare i piatti prima di inserirli nella lavastoviglie, per “risparmiare acqua”, ovviamente. Assolutamente ridicolo.
Ed emerge la totale incomprensione, tipica dei fanatici neo malthusiani, delle conseguenza, anche ambientali, delle crisi economiche.
I mistici dell’ecologia pensano, con tutta evidenza, che il blocco dello sviluppo economico non abbia conseguenza alcuna sull’ambiente. Nulla è più sciocco di una simile convinzione. Un mondo povero, quasi privo di energia, caratterizzato da disoccupazione di massa è da sempre del tutto indifferente alle tematiche ambientali. Se il problema è il pasto quotidiano la preservazione dei ghiacciai o della biodiversità passano completamente in secondo, terzo o ultimo piano. L’attività dei primi uomini, i cacciatori raccoglitori, era quanto di meno ecologico si possa immaginare. Non distruggeva radicalmente l’ambiente solo perché i nostri lontanissimi antenati erano troppo pochi per poterlo fare.

Abbiamo visto che i nuovi mistici dell’ecologia sono nella sostanza seguaci di un malthusianesimo di tipo nuovo, diverso da quello classico ma che parte da presupposti assai simili a quelli dell’economista inglese. Esiste però una ulteriore differenza fra il malthusianesimo classico e le attuali filosofie neomalthusiane, e questa differenza riguarda precisamente le azioni concrete, la prassi politica.
I Malthusiani classici si limitavano a contrastare le politiche tendenti a combattere la povertà. Combattere la miseria oggi significa solo preparare una maggiore miseria domani, sostenevano. Come abbiamo visto la causa unica o assolutamente prevalente della miseria era per loro lo squilibrio fra risorse e popolazione ed ogni tentativo di migliorare la situazione economica delle classi povere non faceva altro, in prospettiva, che peggiorare le cose. Tuttavia Malthus e i malthusiani “classici” non creavano con le loro politiche la povertà, si limitavano a considerarla un dato immodificabile. In questo i neomalthusiani sono profondamente diversi: sono le loro politiche a creare situazioni malthusiane, sia di tipo economico che ambientale.
Tipiche a questo proposito le proposte neomalthusiane in tema di energia. I neomalthusiani parlano di continuo, come i loro maestri classici, di risorse, soprattutto energetiche insufficienti, ma sono proprio le loro politiche a rendere scarse, in prospettiva scarsissime, quindi del tutto insufficienti le risorse. Un ampliamento del nucleare
, meglio ancora il nucleare a fusione renderebbero assai abbondanti le risorse energetiche, ma i neomalthusiani si oppongono con tutte le forse al nucleare di qualsiasi tipo…
Considerazioni analoghe si possono fare in tema ambientale. Se ne è gi
à parlato: le proposte neomalthusiane in tema di energia, se applicate su larga scala, avrebbero effetti ambientali devastanti ed effetti ambientali ancora più devastanti avrebbe la ricomparsa a livello di massa di situazioni di miseria, conseguenza necessaria del blocco dello sviluppo economico. A suo tempo Beppe Grillo si entusiasmò per l’aereo solare: un mostro enorme in grado di trasportare, a velocità ridottissima, due persone. Cosa succederebbe se milioni di persone si servissero di simili, mostruosi trabiccoli per volare? Avremmo aeroporti di migliaia di chilometri quadrati, davvero un bel regalo per l’ambiente!
Non val la pena di dilungarsi con gli esempi: sia dal punto di vista economico che ambientale i neomalthusiani fanno proposte destinate a creare situazioni in cui le profezie malthusiane risultino corrette. Un po’ come chi dopo aver previsto una crisi economica mette in atto politic
he che portano alla suddetta crisi, salvo poi vantarsi della la correttezza delle sue previsioni.

E’ singolare la parabola di Malthus e del malthusianesimo. L’economista e pastore anglicano, inizialmente presentato da tutti i progressisti, veri o presunti, come il campione della più dura reazione ha trovato in tempi recenti schiere di sostenitori proprio fra quelle forze di sinistra che a suo tempo lo disprezzarono. Marx ignorò il grumo di verità presente nelle tesi fondamentali di Malthus: qualsiasi tipo di sviluppo economico deve fare i conti col dato della limitatezza delle risorse a disposizione degli esseri umani. In Marx non si trova alcun discorso specifico sulla natura. Il filosofo di Treviri considera la natura solo nei suoi rapporti con l’uomo, la chiama addirittura “corpo inorganico dell’uomo” e non si pone mai il problema del carattere limitato di questo “corpo inorganico”; per questo può ingenuamente profetizzare un futuro di assoluta abbondanza e di totale assenza di problemi. Anche Marx prevede crisi catastrofiche, ma in lui queste sono legate al blocco dello sviluppo causato dal capitalismo. Gli odierni seguaci di Marx cercano di conciliare, spesso senza averne chiara consapevolezza, i due vecchi nemici: Marx e Malthus. Conservano il catastrofismo presente almeno in alcune parti dell’opera di Marx e l’odio di questi per l’economia di marcato. Oggi però alla radice del catastrofismo non c‘è più il marxiano mancato sviluppo delle forze produttive sociali ma la malthusiana scarsità di risorse combinata con l’eccesso di popolazione, cui i neomalthusiani aggiungono il dolore per le malattie del pianeta.
Il reazionario ed il rivoluzionario giungono in questo modo a toccarsi, quasi a strizzarsi benevolmente l’occhio a vicenda.
E anche questo non è, a ben vedere le cose, un fenomeno nuovo.

 

giovedì 9 dicembre 2021

FASCISMO EREDITARIO


 

giovedì 25 novembre 2021

"DAL MARXISMO AL NICHILISMO". UNA SCHEDA

 Dal marxismo al nichilismo


E' in vendita su Amazon il mio nuovo libro "Dal marxismo al nichilismo".
Il prezzo di copertina è di euro 12,50.
Formato kindle euro 2,99
Qui di seguito parte del sunto di copertina e brani tratti da alcuni degli scritti che compongono il volume


…Questo libro parte dalla analisi di alcuni concetti chiave del marxismo. Si cerca di analizzarne i legami col totalitarismo e di rispondere ad una domanda inquietante: perché mai una filosofia che parla di continuo di integrale liberazione dell’uomo ha dato vita  a tirannidi totalitarie fra le più terrificanti della storia? Si passa poi ad esaminare criticamente la marxiana teoria del valore e la degenerazione terzomondista del marxismo.
Col crollo del comunismo è andata in frantumi la granitica compattezza della dottrina marxista, ma solo per dar vita ad un mix di ideologie enormemente meno rigorose e tutte caratterizzate da un nichilismo a volte strisciante, altre manifesto. In questo volume se ne analizzano alcune fra le più rilevanti...


… E’ certo che Marx non è Stalin, ed è almeno probabile che Marx sarebbe inorridito di fronte all’ampiezza ed alla efferatezza dei crimini staliniani. (…) Il problema però non è questo. Il problema è di capire se esistono nell’impianto complessivo del marxismo concezioni, teorie, modi di vedere l'uomo e la storia che, messe in pratica, hanno portato, sempre ed ovunque, alle conseguenze che conosciamo. Marx non ha mai teorizzato i gulag ma questo non basta a recidere ogni legame fra i gulag ed il marxismo. Occorre invece cercare di capire perché persone che si richiamavano a Marx e che conoscevano benissimo la sua opera hanno potuto costruire i gulag. I gulag sono stati costruiti in nome di Marx. Si tratta di un fraintendimento? Anche ammettendolo resta da spiegare perché il pensiero di Marx si è prestato ad essere frainteso in maniera così radicale, perché ad essere frainteso non è stato il pensiero di Kant , Hume o Locke.(...) Se un autore viene frainteso troppo e in maniera troppo profonda la colpa non è mai solo di chi lo fraintende...


Se si osservano gli eventi dell'ottobre russo si nota come una nemesi. Gli operai, o quanto meno quelli più radicalizzati, volevano il controllo operaio. Avranno la più dura disciplina sul lavoro. Le nazionalità invocavano l'autonomia, Lenin aveva loro promesso l'autodeterminazione. Dovranno subire il più spietato centralismo grande russo. I contadini volevano la terra. Dovranno subire prima la requisizione forzata dei raccolti, poi, dopo la parentesi della NEP (nuova politica economica), il massacro dei “kulaki”, i contadini considerati “benestanti”, e la collettivizzazione forzata dell'agricoltura. Tutti volevano la pace, tutti avranno invece lunghi anni di spietata guerra civile…


i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta. Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli” afferma l'enciclica.
Il guaio insomma è cominciato circa due secoli fa, quando l'uomo, accecato dalla sua insana volontà di potenza, ha intrapreso la strada della industrializzazione. Qualcuno potrebbe retrodatare l'inizio della catastrofe e collocarlo, più correttamente, fra il '500 ed il '600, al tempo della rivoluzione scientifica, ma questi sono dettagli.
Però, anche ad un esame superficiale le cose non sembrano quadrare troppo. Si, perché gli ultimi 200 anni sono stati quelli che hanno visto una riduzione della miseria ed uno sviluppo del benessere mai visti prima nella storia. Fino al 1400 un neonato poteva sperare di vivere al massimo 20, 30 anni e solo un bambino su due raggiungeva il quinto compleanno. In Francia nel 1845 l'aspettativa di vita era di circa 45 anni, oggi nei paesi sviluppati raggiunge o supera gli 80 anni ed anche in molti paesi economicamente arretrati si avvicina ai 70.


... Il radicalismo, di destra o di sinistra, laico o religioso, universalista o particolarista che sia, sfocia sempre nel rifiuto e nella svalorizzazione della storia.
La storia non va studiata, capita, criticata. Non si fanno in essa distinzioni, non si condanna ciò che c'è da condannare sforzandosi nel contempo di riconoscere quanto di positivo ci hanno lasciato epoche lontane, caratterizzate da idee, valori, modi di agire profondamente diversi dai nostri. Il rinnovamento assoluto del mondo, la aspirazione al "totalmente altro" segnano la fine della storia ed il suo ripudio. Più radicale è il nuovo più netto il rifiuto del vecchio, la svalorizzazione di ogni tradizione, la negazione di ogni continuità.
L'assalto nichilista alle statue, l'invocazione della censura, l'attacco a grandi personaggi come Curchill e Lincon, la pretesa di espellere Dante dai corsi scolastici o quanto meno di sottoporlo a censura sono la logica conseguenza di simili concezioni. E ci mostrano con chiarezza quali sono, inevitabilmente, gli esiti del radicalismo antistorico. Non l'inizio di un'epoca nuova e felice ma la regressione nella barbarie. Perchè la barbarie, solo la barbarie, è l'esito obbligato di ogni forma di nichilismo.


martedì 23 novembre 2021

DAL MARXISMO AL NICHILISMO

 Dal marxismo al nichilismo

 

E' in vendita su Amazon il mio nuovo libro "Dal marxismo al nichilismo".
Il prezzo di copertina è di euro 12,50.
Formato kindle euro 2,99
Qui di seguito l'introduzione ai vari scritti che lo compongono.


I
l presente libro raccoglie una serie di scritti che un po’ tutti ruotano, partendo da diversi punti di vista, attorno ad un unico centro: il marxismo e la crisi dell’occidente.
Si tratta di scritti vecchi di alcuni anni. Il lettore troverà in alcuni accenni a situazioni ormai obsolete e noterà in altri la mancanza di ogni riferimento ad eventi che sono invece di grande interesse attuale. Nello scritto sui paranoici del complotto
ad esempio non c’è alcun accenno alla pandemia di Covid ed alle infinite discussioni su veri o presunti complotti che la hanno accompagnata. Ho scelto volutamente di non modificare i testi per adeguarli alla situazione presente, in primo luogo perché gli accenni ad attualità ormai superate sono di scarsa rilevanza e, in secondo, perché non è da tali accenni che ci si può formare un giudizio sulla validità di quanto sostengo.
Comunque nessuno scritto è legato, se non in maniera molto labile, alla attualità. I primi scritti riguardano il marxismo ed il comunismo. Seguono altri dedicati alla crisi che la nostra civiltà attraversa in questo periodo ed alle culture che la accompagnano: il misticismo pseudoecologico (con una particolare attenzione all’enciclica “laudato si”), il nichilismo contro la storia che si è manifestato con particolare virulenza negli Stati Uniti, ma che è ormai caratteristico di tutto l’occidente, il complottismo.
Infine tre
saggi (se posso permettermi una parola tanto impegnativa) sono dedicati all’analisi dei concetti di verità, libertà ed uguaglianza. Termina il volume uno scritto sulle “filosofie del sospetto”. Argomenti abbastanza astratti, ma non scollegati con quanto accade oggi nel mondo, al contrario.
E’ convinzione dell’autore di quest
o libro che la nostra civiltà sia in crisi e che la decadenza della cultura occidentale sua uno degli aspetti di tale crisi. Non l’unico, certo, forse neppure il più importante, ma di certo non qualcosa di secondario, residuale. Contrariamente a quanto pensano molti le idee hanno grande rilevanza nell’agire umano. Certo, nella gran maggioranza dei casi non si tratta di idee elaborate, complesse. Spesso riesce assai difficile trovare i collegamenti fra molte idee diffuse a livello di massa e le elaborazioni teoriche di importanti pensatori. Ma tale collegamento esiste. Semplificate, ridotte in pillole, trasformate in luoghi comuni le grandi filosofie influenzano i modi di pensare ed agire, di masse enormi di persone. La gran maggioranza di chi partecipava ai cortei dell’estrema sinistra negli anni 70 dello scorso secolo non aveva letto “Il capitale”. Molti con tutta probabilità di Marx conoscevano solo l’esortazione “proletari di tutti i paesi unitevi” con cui si conclude il “Manifesto del partito comunista”. Ma il legame fra le complesse analisi marxiane e quei cortei esiste. Mediato, indiretto, tutto da analizzare, certo, ma non per questo illusorio.
Nei miei scritti ho cercato di analizzare queste problematiche. Lo dico sinceramente: non credo di aver fatto chissà quali scoperte, di aver toccato chissà quali vette speculative. Il mio è un lavoro modesto, niente di neppur lontanamente paragonabile ai parti intellettuali di autentici, grandi pensatori. Se raffrontato però al livello deprimente del dibattito politico culturale dell’Italia di oggi credo di poter dire, senza false modestie, che si tratta di un lavoro che si situa ben oltre la media.
Il giudizio spetta ovviamente a chi avrà voglia di leggermi.



sabato 6 novembre 2021

ANNUNCIO


Lo annuncio con un certo anticipo: ho deciso di autopubblicare tutti i miei scritti che ritengo degni di un qualche interesse. Lo faccio tramite una ditta specializzata: la "Manoscritti ebook" di cui ho potuto constatare la serietà e professionalità. A breve, più o meno fra un mese, dovrebbe uscire una nuova raccolta di scritti. Il suo titolo dovrebbe essere: “dal marxismo al nichilismo”. Poi sarà la volta degli scritti che ritengo più “pallosi”, quelli di più spiccato carattere filosofico. Vedremo...
Perché ho deciso di imbarcarmi in questa, chiamiamola così, “impresa”?
Non certo perché speri che mi farà diventare ricco. Le copie vendute de “la decadenza dell’occidente” che, con spirito molto “commerciale invito a comprare, mi hanno permesso di recuperare le spese e di realizzare qualche modesto guadagno, tutto lì, nessuna “ricchezza”, ovviamente.
E neppure lo faccio per soddisfare mie presunte pulsioni narcisistiche. Sono abbastanza avanti negli anni per guardare con distaccata ironia a simili fremiti.
Non ho neppure la pretesa di comunicare al mondo chissà quali scoperte. So bene bene ciò che dico e scrivo è stato detto prima di me e con ben altra profondità da molti altri.
Però… però mi rendo conto della incredibile miseria del dibattito politico e culturale che caratterizza oggi l’Italia. E, se paragonate al livello deprimente ditale dibattito, le cose che ho scritto ed intendo auto pubblicare possono essere considerate, lo dico senza false modestie, di livello siderale. Non si tratta di miei meriti, solo di altrui demeriti, purtroppo.
E sono convinto di un’altra cosa: le idee contano, e non poco nelle azioni umane. Ed una società, in dominata da dee stupide e distruttive scivola verso la distruzione.
Auto pubblicando i miei scritti intendo dare un piccolo, piccolissimo contributo positivo all’impegno di quanti cercano di opporsi alla deriva nichilista che sta travolgendo oggi l’occidente e l’Italia in particolare.
Sono perfettamente consapevole di quanto poco i miei sforzi siano in grado di modificare la situazione, ma sono anche convinto che valga la pena di farli. Senza fremiti di idealismo eroico, con modestia intellettuale, ma anche con tanta determinazione.
Ringrazio anticipatamente chi vorrà leggermi.
Tornerò sull’argomento quando sarà il momento.
A presto.

 

domenica 3 ottobre 2021

L'APOCALISSE PUO' ATTENDERE

 L' apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell'ecologismo radicale - Paola Vitale,Michael Shellenberger - ebook




Michael Shellenbger: l’apocalisse può attendere. Marsilio editori.

Insieme saggio, giornalismo di inchiesta e reportage scientifico questo “L’apocalisse può attendere” di Michael Shellenbger è un libro che tratta con rigore il tema del catastrofismo ecologico. Se ne sentiva davvero il bisogno.
Non siamo alla vigilia della fine del mondo, questo il punto di partenza di Shellenbger. I problemi ambientali esistono ma il catastrofismo ecologico non solo non li risolve, ma li aggrava. Ne “L’apocalisse può attendere" si alternano pagine di grande rigore scientifico e resoconti di viaggio, considerazioni filosofiche e narrativa giornalistica. E vengono affrontati un po’ tutti i temi dell’ambientalismo radicale: dal riscaldamento del globo alle foreste amazzoniche, dalla biodiversità ai ghiacci del polo ed i grandi incendi.
Shellinbger non dedica molto spazio al problema, tanto dibattuto, se i cambiamenti climatici abbiano o no cause antropiche, e forse questo è un limite del suo lavoro. Sin dall’inizio tuttavia sottolinea l’enorme esagerazione con cui i dati scientifici vengono riportati dai media e dati in pasto ad un pubblico letteralmente martellato da una propaganda che definire di parte è poco.
Avviene che l’IPCC, l’organismo internazionale di controllo sul cambiamento climatico, incarichi uno scienziato di elaborare una relazione sul clima. Questi presenta un lavoro in cui i pericoli del cambiamento climatico vengono evidenziati ma non appaiono particolarmente allarmanti. Il suo lavoro viene sostituito da un altro, nettamente più catastrofista. Questo ha portato alcuni a dare le dimissioni dall’IPCC. Il nuovo testo viene dato in pasto ai media che esagerano ulteriormente il pericolo. Si passa così da “la situazione è grave ma gestibile”a “siamo alla vigilia della fine del mondo”. Poi arrivano le marce e gli scioperi contro “l’ingiustizia climatica” ed i bla bla della piccola Greta.
Shellenberger si definisce un ambientalista umanista e razionale. E’ stato in passato un ecologista radicale, poi ha saputo, con grande onestà intellettuale, rivedere le sue posizioni, pur restando un grande amante della natura. La sua tesi di fondo è che non esiste alcun contrasto insanabile fra ambiente e crescita economica. I discorsi sulle “decrescite felici” o le “crescite sostenibili” sono pura ed inaccettabile ideologia. L’ambiente si tutela puntando sulla una crescita economica intensiva e non estensiva, la stessa che dalla rivoluzione industriale ha caratterizzato l’occidente e che oggi le organizzazioni ambientaliste vorrebbero negare ai paesi poveri.
L’agricoltura estensiva non permette l’uscita dalla povertà ed ha un impatto sull’ambiente estremamente distruttivo. Molti paesi poveri usano il legno quale principale fonte energetica. Questo minaccia l’ambiente, aumenta le emissioni dannose e impedisce a centinaia di milioni di esseri umani di raggiungere un livello di vita decente.
Il libro di Shellenbger è tutto caratterizzato da una profonda empatia nei confronti delle popolazioni dei paesi poveri che i miliardari delle ONG ambientaliste vorrebbero lasciare nella loro povertà in nome di una “natura” deificata. Sono molto belle le pagine in cui l'autore descrive la situazione degli africani che vivono nelle vicinanze dei parchi naturali. Le loro misere culture sono periodicamente distrutte dalle incursioni di elefanti e babbuini. Per chi vive nei pressi di parchi naturali queste incursioni non sono un fastidio, come quelle dei cinghiali che distruggono l'orto di un occidentale. No, per loro si tratta del cibo quotidiano, della sopravvivenza. Eppure le loro proteste cadono nel vuoto. Si sono spesso limitati a chiedere recinzioni elettrificate che tengono lontani gli animali selvatici. Hanno ottenuto solo promesse.
Per venire a problemi di più ampia portata, molte ONG ambientaliste si oppongono alla costruzione di dighe e centrali idroelettriche in Africa. Non propongono però la distruzione delle dighe in Svizzera e California, un atteggiamento che definire razzista è dir poco.

Ne “L’apocalisse può attendere” l’autore dedica molto spazio ai problemi energetici. La crescita economica può essere garantita solo da fonti ad alto potenziale energetico, costi limitati e basso impatto ambientale. Il carbone è, da questi punti di vista, molto meglio del legno, petrolio e gas naturale sono meglio del carbone, il nucleare è assai meglio di tutte le altre fonti. Per questo andrebbe esteso come principale fonte di energia, al di la delle demonizzazioni e delle incredibili esagerazioni sui pericoli che comporta. Per inciso: gli incidenti a centrali idroelettrioche hanno provocato un numero di vittime enormemente superiore a quelle causate dal nucleare. E le cosiddette “rinnovabili”? Queste hanno un basso potenziale energetico, producono poca energia in rapporto ai mezzi utilizzati ed hanno costi elevatissimi in rapporto all’energia prodotta. Hanno inoltre un enorme impatto ambientale. Questo viene allegramente ignorato dai loro sostenitori. Se tutta l’energia che oggi gli USA consumano fosse prodotta da eolico e solare una superficie variabile dal 25 al 50 per cento degli Stati Uniti sarebbe coperta da pannelli e pale eoliche dal costo elevatissimo. Una follia economica ed ambientale.

Agricoltura intensiva, acquacultura ed allevamento, nucleare non distruggono il pianeta. A minacciare le grandi foreste è la agricoltura primitiva fondata sul brucia e semina, non gli OGM e l’applicazione della scienza all’agricoltura. Dietro ai discorsi apparentemente dolci sullo “sviluppo sostenibile” sta di fatto la accettazione del dato terrificante della povertà per centinaia di milioni di esseri umani. Pretendere che gli africani possano nutrirsi e raggiungere un decente livello di vita con l’agricoltura biologica o le pale eoliche altro non è che una forma modificata di malthusismo. Noi occidentali siamo sulla "scialuppa di salvataggio", possiamo tenerci il tanto deprecata benessere. Gli altri… vadano al diavolo!
Interessanti le considerazioni filosofiche finali di Shellenbger, in cui l’autore collega l’attuale catastrofismo climatico alla cultura della disperazione diffusasi in occidente nella prima parte dello scorso secolo ed all’ansia di assoluto che caratterizza una parte della pubblica opinione occidentale, specie fra le giovani generazioni. L’ecologismo radicale è ormai una nuova religione, una religione mondana in cui la “natura” sostituisce Dio. Ultimamente questa religione ha visto attenuarsi il suo aspetto utopico a tutto vantaggio di un pervasivo nichilismo. Le teorizzazioni ideologiche sulla dolce armonia fra uomo e natura sono state sostituite dagli strilli sulla fine del mondo prossima ventura e da atteggiamenti sempre più decisamente ostili nei confronti dell’uomo. L’uomo è il cancro del pianeta, la sua scomparsa non deve essere considerata un gran danno, dopotutto. Si elimini l’uomo e la natura tornerà al suo antico splendore. Un nuovo diluvio deve punire i reprobi, ben venga!
Teorizzazioni minoritarie certo, ma da non sottovalutare. Alle quali l’autore contrappone un rinnovato umanesimo, amico, insieme, della natura, dello sviluppo economico e della scienza.
In definitiva, “L’apocalisse può attendere” è un libro da leggere e meditare. Un ottimo antidoto contro la propaganda goebbelsiana di chi cerca di presentarci Greta Thunberg come la salvatrice del mondo. E’ assai positivo che fra la tanta spazzatura editoriale che fa brutta mostra di se sugli scaffali delle librerie compaia ogni tanto qualcosa di buono, di molto buono.

sabato 2 ottobre 2021

MIMMO LUCANO

Le forze politiche di sinistra protestano per la condanna di Lucano. Hanno tutto il diritto di farlo. Le sentenze si possono commentare, criticare e condannare, tutte. Si possono criticare le condanne come le assoluzioni, si può definire ingiusta una sentenza come la si può definire giusta. Sono quelli che oggi strillano contro la condanna di Lucano ad aver sostenuto per anni che “le sentenze non si commentano”. Sembra che oggi abbiano cambiato idea, Meglio tardi che mai.
C’è anche chi cerca di tenere il piede in due scarpe. Enrico Letta, ad esempio. Lui esprime solidarietà e vicinanza a Lucano ma rispetta il lavoro dei giudici. Che possente ingegno! Gli sfugge un minuscolo particolare: la logica. O Lucano è innocente, ed allora condannandolo ad oltre 13 anni di carcere i giudici hanno, come minimo, commesso un enorme errore ed una clamorosa ingiustizia, oppure merita la condanna perché si è macchiato di reati gravissimi, ed allora è impossibile esser solidali con lui. E’ pura logica, ma… chiedere coerenza logica ad un personaggio come Letta è come pretendere la castità da un divo del porno.
Vediamo di parlare di cose serie. Nei processi, specie in quelli che hanno forti legami con la politica, un imputato può difendersi in due modi.
Può dichiararsi innocente, negare di aver commesso i reati che gli vengono contestati. Non ho organizzato un attentato, non ho aggredito un poliziotto, non ho scippato una vecchia pensionata. Sono innocente.
Oppure può ammettere di aver commesso certi reati, violato certe leggi, ma sostenere che è giusto commettere quei reati, violare quelle leggi perché si tratta di leggi ingiuste. In questo casi l’imputato contrappone la giustizia alla legalità, difende le sue azioni in nome di un ideale di giustizia che è doveroso anteporre alla legge. Chi agisce in questo modo spesso mira a sollecitare un movimento di opinione che spinga i politici a modificare una legge ritenuta ingiusta. Si dichiara formalmente colpevole, ma sostanzialmente innocente.
Tornando a Lucano, l’ex sindaco di Riace ha ammesso di aver commesso alcune delle cose che gli sono state contestate. Ha fornito a migranti irregolari documenti senza aver appurato la loro reale identità, ha organizzato matrimoni di comodo fra vecchi pensionati e giovani donne nigeriane, alcune, pare, dedite alla professione più antica del mondo. Pare che molti pensionati abbiano preteso di consumare i matrimoni di comodo, altri avrebbero acconsentito “gratuitamente”.
In ogni caso, in seguito alle azioni di Lucano sono diventate regolari persone di cui non si sa assolutamente nulla, sono arrivate clandestinamente in Italia, potrebbe trattarsi di malviventi ricercati dalle polizie dei loro paesi che oggi, grazie a lui, circolano regolarmente in Italia. Di certo Lucano ha fatto cose simili che la nostra legislazione considera reati. Ebbene, è possibile ritenere che regalare documenti senza fare i doverosi accertamenti, organizzare matrimoni di comodo sia qualcosa di giusto da contrapporre al formale rispetto della legge? Chi lo sostiene sia serio: proponga che una legge stabilisca che si possono rilasciare documenti a chiunque li richieda, senza verifica alcuna, o che sia legale “convincere” un novantenne a sposare una ventenne al solo fine di regolarizzare la posizione di quest’ultima, il tutto naturalmente senza alcuna delle trafile legali che chi fra noi è sposato ha dovuto seguire.
Se le azioni di Lucano rappresentano la giustizia da contrapporre alla legalità non si deve dire: “Lucano è innocente”, si deve dire “Lucano è colpevole ma la sua colpevolezza è un esempio di superiore giustizia” e si deve chiedere che le sue azioni divengano il paradigma di una nuova legislazione.
Ovviamente i suoi sostenitori e lui stesso si guardano bene dall’assumere un simile atteggiamento. Lucano non è una sorta di nuovo Ganhdi, un martire della disubbidienza civile. In base alla sentenza che lo condanna è solo uno dei tanti che ha fatto fortuna con l’immigrazione clandestina. Davvero un bel compagno di viaggio per Enrico Letta.

 

sabato 28 agosto 2021

LETTERA APERTA ALLA SIGNORA CIRINNA'

 Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "flussi Co coNessi essi Riform CORRIERE DELLA SERA "Ero già nei pasticci di mio, nelle ultime settimane. Nei pochi giorni di ferie, cinque per la precisione, sto facendo la lavandaia, l'ortolana, la cuoca. Tutto questo perché la nostra cameriera, strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps, ci ha lasciati da un momento all'altro""

Cortese signora Cirinnà, leggo che lei invece di godersi le meritate vacanze sta “facendo la lavandaia, l’ortolana, la cuoca” a causa della sua cameriera che, “strapagata” e “messa in regola”, ha lasciato lei ed il suo compagno, così, da un momento all’altro.
Devo confessarle, cortese signora, che mi lascia un po’ perplesso quel termine, “strapagata”. Intende forse dire che la sua cameriera è pagata troppo? Una fiera paladina dei diritti delle lavoratrici pensa forse una cosa simile? Anche quel “messa in regola”non mi convince. Sembra quasi che lei consideri una sua graziosa concessione ciò che è un diritto di lavoratrici e lavoratori…
Di certo sbaglio cortese signora, interpreto male le sue parole. In lei c’è solo una sacrosanta irritazione per il comportamento della sua cameriera che, pur strapagata, ha abbandonato lei de il suo fortunato compagno lasciandovi nei pasticci.
Capisco benissimo, mi creda, l’enorme entità dei problemi che ora deve affrontare. Si trova oberata da una gigantesca quantità di lavori, roba da far tremare le vene ai polsi. Per pura curiosità: il suo compagno la aiuta? O si comporta da pigro e bieco maschilista?
A ben pensarci i faticosissimi lavori che lei è costretta a fare a causa dell’egoismo della sua strapagata cameriera sono gli stessi che la quasi totalità delle donne, ed anche una buona quantità di uomini, fanno senza lamentarsi troppo. Ma le è diversa, signora Cirinnà. Lei non è allo stesso livello delle altre persone, come le aquile lei vola alto. Lei è impegnata in grandi, eroiche e faticosissime battaglie politico culturali per desessualizzare i pronomi, difendere la sessualità non binaria e spiegare a grandi e piccini la teorica bellezza della filosofia gender. Pretendere che una donna del suo calibro perda tempo a lavare i piatti sarebbe come aver chiesto a Kant di interrompere la scrittura della “critica della ragion pura” per coltivare l’orto o preparare la cena!
A dire il vero però la sua dolorosa vicenda mi pone un problemino teorico, mi permetta di esporglielo.
La sua perfida e strapagata cameriera la ha lasciata in un mare di guai, capisco il suo sacrosanto risentimento, ma mi chiedo: che fine ha fatto la sorellanza? Ce lo avete detto e ripetuto mille volte, lei e le sue compagne femministe, che le donne sono tutte sorelle. Le donne sono tutte brave, dolci ed altruiste, e sono anche tutte belle! Quante volte ho sentito queste nobili parole! Solo i maschiacci sono egoisti, brutti e cattivoni! Vero, verissimo ma… ma come mai la sua strapagata cameriera ha commesso l’abominevole gesto di abbandonarla in un mare di guai? Come può una donna mostrarsi tanto crudele nei confronti di un’altra donna?
Mi scusi signora Cirinnà! Nella foga dello scrivere scordavo che voi, sottilissime intelligenze femministe, avete da tempo risolto questa apparente contraddizione. Tutte le donne sono brave, generose ed altruiste. E se per caso una donna come la sua strapagata cameriera si dimostra egoista e cattiva… non è una vera donna! La sua strapagata cameriera non è una donna è un maschio con la gonna! Assomiglia a quei neri che non sono d’accordo col BLM. Non sono neri, sono bianchi con la pelle nera. Assomiglia anche agli operai che votano lega: non sono operai, sono padroni che lavorano alla catena di montaggio. E' tanto semplice! Un po' come i leoni che sono tutti erbivori. Se un leone mangia una gazzella non è un leone: è un cavallo carnivoro!
Smetto di importunarla signora Cirinnà. Mi permetto di terminare questa mia letterina con una facezia. Ho saputo che nella cuccia del suo cane sono stati trovati 24.000 euro. So benissimo che lei, fiera sostenitrice della abolizione del contante, non ha nulla a che vedere con quel denaro (in fondo cosa sono per lei 24.000 euro)… però… però da quando ho saputo della cosa ho iniziato a spiare le mosse di Bolt, il mio Jack Russell. Chissà che l’esuberante cagnolino non mi faccia scoprire qualche piccolo tesoro. Sa, per me 24.000 euro sono una bella sommetta...
Ora la lascio cortese signora. Le rinnovo tutta la mia solidarietà per la situazione difficilissima che deve affrontare e le porgo i miei più rispettosi omaggi.

sabato 21 agosto 2021

AFGHANISTAN E DI BATTISTA

 

«Chi è interessato davvero al popolo afghano dovrà parlare con i talebani. Il resto è ipocrisia». «Anche la prima vittima della guerra in Afghanistan è stata la verità. Una verità che ancora oggi, nonostante i nodi siano tutti venuti al pettine, viene vilipesa, oltraggiata, assassinata. Gli Stati Uniti e i suoi servi sciocchi non hanno bombardato l’Afghanistan (così come l’Iraq, la Libia o la Siria) per eliminare il terrorismo, la shari’a, il burqa o per garantire diritti umani. E chi ancora si beve questa balla è complice dei padroni e padrini del pianeta».

Così parlò Alessandro Di Battista, il grillino duro e puro, il prode difensore degli originari ideali dei 5 stelle. Colui che sa, che vede dietro i cangianti fenomeni il vero “in se”, l’essenza autentica delle cose. E quale sarebbe questa essenza? Il Dio denaro ovviamente, i contratti commerciali. Di Battista come Bergoglio.

Ricordo, un bel po’ di anni fa, una discussione con un sapientone, professore di economia, ad un corso di formazione organizzato dalla azienda per cui lavoravo.
“La Germania è stata costretta a far scoppiare la guerra perché doveva trovare mercati di sbocco per le sue auto” affermò il dottissimo professore.
“Guardi professore che Hitler intendeva trasformare la Polonia in una enorme colonia agricola popolata da fieri agricoltori ariani, ed operò in tal senso una volta che la ebbe conquistata”, ribattei. Il professorone farfugliò qualcosa poi riprese a parlarci dei rischi comparati dei titoli a breve e di quelli a lunga.

Tutti i seguaci di un materialismo storico da vulgata, tutti i complottisti da quattro soldi, soprattutto, tutto coloro che detestano la civiltà occidentale sono maestri nello scovare le “vere” cause di tutto, a cominciare dalle guerre. E le cause fondamentali sono, ma guarda un po’, il denaro ed i contratti commerciali.
La teoria folle dello spazio vitale, l’antisemitismo paranoico, l’ideologia delirante della razza ariana destinata a dominare il mondo non hanno avuto peso alcuno nello scoppio della seconda guerra mondiale. Il problema era il mercato di sbocco delle Volkswagen.
Allo stesso modo il fondamentalismo islamico, la sharia ed il terrorismo non hanno importanza alcuna nella vicenda afghana. Tutto si riduce alla lotta per oleodotti e contratti commerciali. I Talebani sono in fondo operatori di borsa un po’ mascherati.

Peccato che tutti i paesi abbiano spesso il problema di trovare mercati di sbocco per le proprie merci, ma questo non fa scoppiare guerre.
Ed contratti commerciali se ne firmano ovunque, ma questi non producono attentati terroristici, burka e lapidazione delle adultere.

Chi crede di essere molto intelligente e di vedere la realtà vera nascosta dietro agli ingannevoli fenomeni non vede ciò che sta ad un centimetro dal suo naso. E’ cieco.
E non è affatto intelligente.

martedì 27 luglio 2021

CONTRO TUTTI I TALEBANI

 

Non ne posso più dei talebani, di ogni tipo, forma e colore.
In una democrazia liberale non esistono valori assoluti, valori cioè che sempre, in ogni situazione debbano avere una preponderanza tale da annichilire tutti gli altri.
La libertà è un valore fondante in ogni democrazia pluralista, ma è, come tutti gli altri, soggetta a limiti. Nessun liberale ha mai teorizzato la libertà illimitata. E’ meglio se le limitazioni alla libertà sono il più possibile ridotte, ma esistono, ed in momenti di emergenza, e una pandemia è un momento di emergenza, possono diventare più rigide.
Non è un valore assoluto neppure la tutela della salute. La salute va tutelata. In certi momenti si possono imporre ai cittadini alcune limitazioni della libertà per meglio tutelare la salute di tutti, ma queste non possono MAI ridurre la libertà oltre certi limiti. Piaccia o non piaccia ai talebani la democrazia pluralista è il regno del compromesso, del contemperamento di valori diversi. Non è il regno degli assoluti sostenuti da grida ed insulti.
In Italia alcuni ritengono inaccettabile qualsiasi limitazione della libertà, per qualsiasi motivo. Altri di fatto disprezzano la libertà. Non a caso non usano quasi mai questa parola, o le affiancano aggettivi spregiativi tipo “smodata”, “antisociale” e cose simili. Sono gli eredi del comunismo marxiano, che, come tutti (o quasi) sanno, definiva “borghese” ed “egoistica” la libertà. Sappiamo quale è stato lo sbocco storico di simili teorizzazioni...

In una democrazia pluralista debbano convivere valori diversi, che in certi momenti possono diventare contrastanti. Questo può dar vita ad autentici dilemmi etici che di volta in volta una buona politica deve cercare di risolvere, o, quanto meno, rendere meno gravi. Il fatto che spesso i politici neppure si rendano conto dell’esistenza di tali dilemmi è una prova in più del fatto che a dominare oggi in Italia, e non solo, non è la buona ma la cattiva politica.
Cerco di esemplificare. Ormai è assodato che il covid colpisce in maniera grave o mortale le persone appartenenti a certe fasce di età. Per chi ha meno di 40 o di 30 anni il rischio è invece minimo, praticamente inesistente sotto i 20 anni. Perché allora volere a tutti i costi vaccinare anche i minorenni, gli adolescenti, addirittura i bambini? La risposta più frequente è la seguente: “si devono vaccinare tutti perché in questo modo si blocca il sorgere di nuove varianti”. Do per scontato che la risposta sia corretta dal punto di vista scientifico, ma trovo incredibile che in tanti non si rendano neppure conto del dilemma etico che una tale risposta sottintende. Praticamente si dice che è lecito sottoporre Tizio ad un trattamento sanitario obbligatorio di cui non ha nessun bisogno, anzi che può risultare sia pur minimamente rischioso, per tutelare la salute degli ALTRI. E’ moralmente lecita una cosa simile? La cosa è quanto meno assai dubbia. Estremizzando si potrebbe sostenere che in nome della salute pubblica possano essere anche oggi ammissibili le misure di inaudita crudeltà che un tempo venivano prese per cercare, inutilmente, di arginare le epidemie. In fondo, se viene scoperto un focolaio epidemico in una certa città nulla è tanto efficace per contrastare il diffondersi dell’epidemia quanto una bella scarica di napalm...

Non mi stancherò mai di ripeterlo: in una società libera bisogna salvaguardare tutti i valori fondamentali. La tutela della salute è un valore, ma anche la libertà lo è. Bisogna fare in modo che i possibili contrasti fra questi valori siano il meno acuti possibile, occorrono politiche pragmatiche, intelligenti, non proclami e strilli.
Del resto, quelli che non esito a definire i “talebani della salute” non sempre mettono la salute al primo posto fra i valori. Quando l’epidemia di covid ha iniziato a diffondersi alcuni governatori di regione avevano proposto che venisse sottoposto a quarantena chi arrivava dalla Cina. Si è subito levato un uragano di grida contro la “discriminazione” ed il “razzismo” anticinesi. Visto che c’era di mezzo un paese non occidentale la salute poteva benissimo passare dal primo all’ultimo posto…
Ed anche oggi, gli stessi che in nome della tutela della salute sono pronti ad accettare tutto spalancano le porte alla immigrazione clandestina, senza neppure chiedersi se questa non possa diventare stimolo al sorgere di nuove varianti.
Non aggiungo altro. So che molti non saranno d’accordo con me. Mi accuseranno di tenere una posizione “mediana”, di cercare di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte.
Può darsi che sia così, ma… siamo davvero sicuri che le posizioni “mediane” siano sempre sbagliate? Personalmente non mi sento obbligato a schierarmi con chi, come Burioni, paragona a “sorci” i presunti no vax, ma neppure con chi paragona il green pass alla Shoah.
Ho dubbi fortissimi sul green pass, tra l’altro mi sembra di impossibile attuazione. Per fare solo un esempio: può un barista chiedermi di esibire il green pass? Solo un poliziotto o un pubblico ufficiale possono costringermi ad esibire un documento. E’ pubblico ufficiale un barista? Non mi pare.
Ho, dicevo, serissimi dubbi sul green pass ma NON sono, NON sono MAI stato un no vax. Credo nella medicina “tradizionale”, cioè nella medicina tout court, non alle chiacchiere dei cultori delle medicine "alternative" e credo nella enorme utilità dei vaccini. Quindi non mi schiero con i talebani di nessun colore. Preferisco continuare a ragionare conla mia testa:
Aspetto le contestazioni...

lunedì 12 luglio 2021

SESSO O GENERE?

Diritti umani?

Per il signor Alessandro Zan e per il suo amico Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, cambiare sesso è un “diritto umano”.
“Tutti noi abbiamo un'identità di genere, la percezione del nostro genere, ma qualcuno già da bambino lo percepisce diverso da quello biologico. E' un diritto umano”. Così parlò Alessandro Zan, e Fedez è ovviamente d’accordo.
Da una parte c’è il genere, dall’altra il “sesso biologico”, quella cosuccia che differenzia fisicamente, e non solo, i maschi dalle femmine, che fa si che le donne, a differenza degli uomini, restino incinte e partoriscano, abbiano il ciclo mestruale, allattino i figli. Si tratta di particolari di scarsa rilevanza, a parere del signor Zan e del suo amico Fedez. A contare davvero non è il “sesso biologico”, è il “genere” cioè il sesso percepito. Il “genere” è costrutto culturale, scelta, ma è soprattutto un sentire, un percepire la propria sessualità. E’ possibile essere maschi ma vivere male questo essere, quindi si deve avere il diritto di modificare il proprio sesso “biologico”. Si tratta di un diritto, meglio, di un diritto fondamentale, un diritto umano, come quelli alla vita, alla liberà, alla sicurezza.
Lo dico subito, onde evitare fraintendimenti. Penso che se una persona si trova male nel suo sesso abbia diritto di cercare di cambiarlo. Chi si sente diverso ha diritto di esserlo senza dover per questo subire violenze, insulti o ingiuste discriminazioni. Se questo fosse il senso delle affermazioni del signor Zan non si potrebbe che essere d’accordo con lui. Ma il senso è ben diverso, e del tutto inaccettabile.

La prima domanda da porsi è la seguente: il diritto di cercare di cambiare il proprio sesso può esser definito diritto umano?
Non tutti i diritti si possono infatti definire “umani”. Si definiscono umani solo i diritti fondamentali, quelli da cui gli altri derivano, che informano di se gli ordinamenti giuridici ed influenzano nel profondo la vita di uomini e donne, in tutti i suoi aspetti. Il diritto alla libertà o alla sicurezza sono di questo tipo, lo è il diritto a cercare di modificate il proprio sesso? Con tutta evidenza NO. Se lo fosse dovremmo definire umani, cioè basilari, diritti come quello di scegliersi il lavoro ed il luogo di residenza, di frequentare una palestra o fare escursioni in montagna. Tutti questi sono diritti derivati, particolarizzazioni del diritto fondamentale alla libertà, definirli “diritti umani” è una mera sciocchezza. Se il diritto di cui parla Zan fosse solo quello di cercare di cambiar sesso quando non si è “soddisfatti” della propria sessualità ci troveremmo di fronte ad un diritto derivato non troppo diverso da quelli che si sono appena elencati, da tutelare ma che solo persone incredibilmente sciocche potrebbero definire “diritto umano”.
Infatti ciò di cui parla Zan NON è un diritto di questo genere. Zan e con lui i teorici del gender non mirano a tutelare i diritti di minoranze sessuali, mirano a ridefinire il concetto stesso di sesso. Non a caso non usano questa parola o se la usano le affiancano sempre l’aggettivo “biologico”, ad indicare che si tratta solo di una variante inessenziale della sessualità. Al posto della parola “sesso” che potrebbe domani fare la stessa fine di altre parole che i guru del politicamente corretto hanno espulso dal vocabolario, usano la parola “genere”. E il genere, lo si è visto, è il sesso percepito, la sensazione del sesso. Il sesso non è “quella cosa li”: una caratteristica naturale fondamentale degli esseri umani e degli animali superiori, non è collegato alla riproduzione della specie, non è componente essenziale del fisico ed in parte anche della psicologia di uomini e donne. No, il sesso è un sentire transitorio, una scelta fra le altre e, come molte altre, reversibile. Oggi sono maschio, domani femmina, dopo domani qualche altra cosa. Il sesso staccato dalla identità, dalla personalità, mero fluire eracliteo. Non si tratta di riconoscere e tutelare chi intende in questo modo la propria sessualità, si tratta di abbandonare la concezione del sesso che caratterizza da millenni il genere umano e, cosa se possibile ancora più grave, di trasformare in reato qualsiasi critica a questo concetto di sessualità. I teorici del gender si sono infatti inventati un nuovo tipo di reato: l’omofobia, in base al quale pretendono di condannare penalmente chi non condivide le loro idee. Non chi aggredisce o insulta qualcuno per le sue preferenze sessuali, questo è fuori discussione, chi ritiene che il sesso vero sia quello “biologico” e che il “genere” sia solo un costrutto culturale.

E’ chiaro che se di una ridefinizione di questo tipo si tratta, questa implica una trasformazione profonda dell’ordinamento giuridico, di usi, costumi, linguaggio, modi di rapportarsi fra loro delle persone. Non occorre trasformare il mondo per tutelare i diritti degli omosessuali e di quanti intendono modificare il proprio sesso, ma una ridefinizione del sesso nel senso indicato dai teorici del gender implica modifiche profonde e onnicomprensive.
Per fare solo alcuni esempi, i teorici del gender staccano la sessualità dalla riproduzione della specie, questo implica non solo il matrimonio e le adozioni omosessuali ma anche la legalizzazione di una pratica obbrobriosa e degradante per le donne come quella dell’utero in affitto. A sua volta questa porta a degenerazioni che è lecito definire eugenetiche. Si sceglie che tipo di bambino si intende avere: Tizio inietta il suo seme in una donna che abbia certe caratteristiche fisiche perché vuole che suo figlio abbia quelle caratteristiche e non altre. Molto spesso un’altra donna ancora porterà a termine la gravidanza. Il nascituro avrà in questo modo un padre e due madri, ma non c’è da preoccuparsi: appena nato sarà strappato a chi lo ha partorito e consegnato ai suoi felici “genitori” gender. I bambini vengono ad essere “costruiti” per assecondare i gusti degli adulti, la riproduzione diventa assai simile alla produzione; gli esseri umani diventano il risultato di una attività non troppo diversa da quella con cui si costruiscono case, automobili o televisori.
Continuiamo: se il sesso viene sostituito dal genere che fine farà mai lo sport, quello femminile soprattutto? Oggi le gare sportive si dividono in maschili e femminili e il criterio di distinzione fra queste è il sesso “biologico”, per usare la sprezzante terminologia gender. Ma se il sesso viene sostituito dalla percezione soggettiva del sesso come distinguere le competizioni maschili da quelle femminili? Sta già avvenendo: molti transgender che hanno conservato una struttura muscolare maschile partecipano a competizioni femminili e, guarda caso, vincono. Non ci vuole molto per comprendere che un simile stato di cose porterà alla fine dello sport femminile. Situazioni analoghe, a volte ridicole, altre drammatiche si presentano in molteplici aspetti della vita sociale. Carcerati maschi che “si sentono” femmine chiedono di poter scontar la pena in carceri femminili, con le conseguenze che è facile immaginare...
Conseguenze non meno gravi si hanno sul linguaggio. Oggi questo è strutturato per lo più in maschile e femminile. In una monarchia si avrà un re o una regina, a seconda del sesso di chi siede al trono. Ma questo uso del linguaggio fa riferimento al detestato “sesso biologico”. Se questo viene sostituito dal genere, cioè dalla percezione soggettiva del sesso, le cose cambiano radicalmente. Il sesso è fluido, cangiante. Oggi sono maschio, domani femmina, dopodomani… chissà… Parlare di re e di regine diventa in questo modo “discriminatorio”, “sessista”. I nomi devono diventare asessuati e per farlo li si fa terminare con un bell’asterisco. Il re diventa r* e stessa cosa capita alla regina. Il maestro diventa maestr*, la maestra idem. Qualcuno crede che con un simile linguaggio potrà continuare ad esistere una letteratura? Non scherziamo…
Infine la cosa forse più importante di tutte. Il reato di “omofobia” trasforma di fatto in crimine un sentimento, la paura, e fa si che la legge punisca con maggior severità le aggressioni di cui sono vittime le persone che hanno certe preferenze sessuali. In questo modo si viola il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, con conseguenze potenzialmente gravissime.

Non dilunghiamoci oltre: la sostituzione del genere al sesso ha conseguenze di enorme portata non solo sugli ordinamenti giuridici ma su molti e basilari aspetti della vita umana, in questo senso è simile ai fondamentali diritti umani, ma non di diritto umano si tratta. Si tratta dell’imposizione di una nuova concezione del sesso che si cerca di spacciare come difesa di un diritto. E mentre è sbagliato, non democratico ed illiberale opporsi ad un diritto è del tutto lecito, oserei dire doveroso, opporsi alla concezione del sesso che i teorici del gender cercano di imporre alle società occidentali.
Tizio ha diritto, se crede, di cercare di cambiar sesso, ma non ha il diritto di trasformare la società per adeguarla al suo modo di vivere la sessualità. Non ha diritto all’utero in affitto, né di negare ai bambini il diritto di avere un padre ed una madre e meno ancora ha il diritto di imporre ai bambini dei genitori il cui sesso varia da un anno o, chissà, da un mese all’altro. Meno che mai può spacciare per “diritto” la intollerabile violenza consistente nel bloccare lo sviluppo sessuale dei bambini di modo che questi, giunti alla maggiore età, possano “scegliere” il proprio sesso. Non ha il diritto di gareggiare in competizioni femminili pur conservando una struttura muscolare maschile, né di distruggere il linguaggio e con questo la possibilità stessa di una letteratura. Non ha il diritto di censurare o addirittura di sbattere in galera chi non concorda con la sua scelta. In una parola, non ha diritto al nichilismo, per il semplice motivo che il nichilismo non è un diritto. E’ invece un diritto, e forse anche un dovere, opporsi al nichilismo, con tutte le forze, senza se e senza ma.

Il rifiuto del dato, uomo e natura

La pretesa di contrapporre il genere a quello che si definisce “sesso biologico”, in realtà il sesso tout court, l’idea cioè che il sesso, ridenominato “genere”, sia qualcosa di fluido, malleabile all’infinito altro non è che la riproposizione in chiave politicamente corretta di una aspirazione da tempo presente nel pensiero occidentale: il rifiuto del dato.
Il dato è ciò di cui si può solo dire: è così e così. Non lo si può dimostrare perché è il presupposto di ogni dimostrazione, non è il risultato della nostra azione, non si adegua al nostro volere. C’è, esiste ed esistendo ci condiziona profondamente, e basta.
Noi tutti siamo esseri dati. Io sono nato in un certo paese, in una certa epoca storica, con certe caratteristiche, sono un essere dato
. Ed è dato il mondo che mi circonda e le leggi che lo regolano. Certo, posso cambiare alcuni aspetti dati del mondo ed anche di me stesso, ma solo partendo da altri, che devo accettare come dati. Non mi auto costruisco, non sono causa di me stesso, non posso esserlo.
L’idea di un ente che crea se stesso prima ancora di essere di impossibile applicazione empirica si rivela logicamente contraddittoria. Per poter essere causa di se stesso un ente dove già esistere, ma la sua esistenza dipende dalla capacità di autocrearsi; il concetto di esistenza rimanda a quello di causa e questo rimanda a quello: il tipico circolo vizioso. Non a caso di un solo ente si dice che è “causa sui”: Dio, ma è proprio questa caratteristica della divinità a risultare incomprensibile per l’umana ragione. Si può credere per fede, non comprendere razionalmente che Dio sia “causa sui”. In ogni caso una simile caratteristica riguarda solo Dio. L’uomo di certo non si crea da solo, è, inesorabilmente, un essere dato.
I riformatori radicali del mondo però non amano il dato, lo considerano un limite insopportabile alla libertà. Non alla libertà liberale, alla libertà assoluta, priva di condizionamenti cui gli ultra radicali aspirano.
La libertà liberale non ha nulla a che vedere con la l’idea faustiana dell’uomo che crea se stesso. Per il liberalismo la libertà è sempre libertà di uomini empirici, dati, che vivono in un mondo dato che li limita. Proprio per questo i riformatori radicali, i rivoluzionari, disprezzano la libertà liberale, sognano una trasfigurazione totale del mondo e dell’uomo, l’assolutamente nuovo che faccia piazza pulita di tutto il passato. Questa aspirazione alla palingenesi rivoluzionaria, l’evento traumatico che creerà l’uomo nuovo e la società perfetta è precisamente una rivolta contro il dato. Il dato ci ricorda che la perfezione è fuori dalla nostra portata, che il nostro potere di modificare noi stessi ed il mondo è sempre limitato, parziale, spesso molto parziale. Tanto basta ai fanatici dell’assoluto per odiarlo.

Malgrado gli strilli e le proteste dei fanatici tener conto del dato è l’unico modo concesso all’uomo per agire in maniera positiva, progredire sul serio. L’uomo non può creare la natura, meno che mai
può creare se stesso. Può modificare la natura, compresa, in piccola parte, la propria, solo obbedendo alle leggi che la regolano.
Solo per esemplificare, l’uomo per vivere deve mangiare, questo è vero oggi come tremila anni fa. La differenza fra la situazione di oggi e quella di tremila anni fa sta nella abbondanza di cibo oggi a disposizione di una parte consistente del genere umano, nella sua qualità, nel fatto che le diete di oggi sono molto più salubri, equilibrate e gustose di quelle di tre millenni fa. In questo c’è stato un grande progresso nel campo dell’alimentazione. A nessuno è però mai venuta in mente l’idea di modificare la natura umana in maniera tale che gli uomini non siano più condizionati dall’istinto della fame. Quello che accade per il cibo accade in tutti i campi dello sviluppo. Per millenni gli uomini non hanno potuto volare, oggi possono farlo non perché siano stati capaci di modificare la loro natura, “autocostruirsi” e munirsi di ali, ma perché sfruttando le leggi naturali hanno costruito macchine in grado di levarsi in volo. Considerazioni simili possono farsi per un numero elevatissimo di attività umane. Sempre, in tutti i campi quando agisce positivamente e modifica in positivo il mondo l’uomo tiene conto del dato, rispetta ed usa le leggi di natura. Quando cerca di ignorarle, o peggio di rivoltarglisi contro, provoca solo disastri.
Nulla del nostro essere dati è tanto importante quanto la nostra identità sessuale. Quando nasciamo possiamo essere o non essere sani, belli o robusti, ma di certo, a parte un numero minimo di eccezioni che restano tali, nasciamo maschi o femmine. Se non affetti da gravi patologie nasciamo col nostro sesso, l’apparato riproduttivo è parte integrante de nostro corpo, come lo sono quello respiratorio o digerente. Piaccia o non piaccia ai teorici del gender non esiste la “sessualità biologica”, esiste la sessualità e basta. E basta guardare il corpo di un uomo e quello di una donna per constatare quanto questa sia rilevante nel determinare la nostra identità.

I filosofi del gender cercano di svalorizzare quella che definiscono “sessualità biologica”, cioè la sessualità reale degli esseri umani, quella caratterizzata dalla polarità “maschio – femmina”, e cercano di contrapporre a questa la fluidità del “genere”, la sessualità percepita. Però... però anche gli omosessuali, i trans ed i cosiddetti “non binari”, coloro cioè che oscillano di continuo fra un sesso e l’altro, non escono da quello che i gender definiscono “sesso biologico”. Un omosessuale è una persona che prova attrazione per persone del suo stesso sesso, un trans o un “non binario” sono persone che, non soddisfatte del proprio sesso, vorrebbero cambiarlo; tutte restano di fatto all’interno della polarità “maschio – femmina”, semplicemente assumono nei confronti di questa polarità una posizione diversa da quella largamente maggioritaria fra gli esseri umani. Dalla sessualità non si esce, non si può uscire perché su tratta di un dato naturale originario. Non esiste il genere, il sesso come “percezione”, esiste il sesso che alcuni di noi possono percepire diversamente da altri.
I teorici del gender invece ritengono che il sesso, da loro definito “biologico” sia qualcosa di inessenziale, un mero momento del fluire del sesso percepito. Per loro una eventuale tensione fra la fisicità del sesso e il modo in cui questa viene vissuta non è
sintomo di un conflitto interno da cercare di superare, magari, al limite, con procedure di cambiamento di sesso, no, per loro questa è la sessualità “normale”, autentica, talmente normale ed autentica che si può cercare di “spiegarla”, di fatto ad imporla, anche ai bambini; c’è chi giunge addirittura a proporre che lo sviluppo sessuale di questi venga bloccato in attesa che, divenuti maggiorenni, possano scegliere il proprio sesso. Qui, con tutta evidenza, non siamo di fronte al riconoscimento di rispettabili tensioni e differenze nella sessualità, siamo di fronte a qualcosa di radicalmente diverso: al tentativo di eliminare il dato della sessualità, a fare del sesso un momento dell’autocrearsi dell’uomo. La solita, vecchia, tragica distopia faustiana.

Dal dato non si può uscire, e non solo per evidenti ragioni logiche. Non lo si può fare perché la natura, natura umana compresa, non è plastilina plasmabile all’infinito, è qualcosa di solido, retto da leggi che non è in nostro potere modificare. C’è chi ha cercato di eliminare il dato dal mondo, non c’è riuscito, ovviamente, ma non per questo la sua azione è stata priva di conseguenze, si è limitata ad un innocuo vaneggiamento utopico. I riformatori radicali del mondo non hanno costruito la società e l’uomo perfetti, l’assolutamente nuovo è rimasto fuori dalla loro portata, ma qualcosa di radicalmente nuovo la hanno costruita: le più mostruose tirannidi totalitarie della storia e montagne di cadaveri, un nuovo, terrificante “dato” nel mondo.
I filosofi del “gender” non sembrano in grado di arrivare a tanto, ma di certo la loro pretesa di eliminare dal mondo il dato della sessualita è gravid
a di conseguenze. Ben lungi dal limitarsi a chiedere tutele e rispetto nei confronti delle forme diverse di sessualità, cosa del tutto giusta, costoro pretendono, val la pena di ripeterlo, di ridefinire il sesso e di trasformare la società intera per adeguarla a questa ridefinizione. Le conseguenze di una simile pretesa toccano un po’ tutto: gli ordinamenti legislativi, la scuola, lo sport, i rapporti genitori - figli, il ruolo della scienza, la religione, il linguaggio. E sono tutte conseguenze gravemente negative. La scuola si trasforma in strumento di propaganda gender, la famiglia viene di fatto esautorata da funzioni che in ogni democrazia devono restare di sua competenza, la follia del blocco dello sviluppo sessuale dei bambini colpisce, oltre agli innocenti pargoli, i genitori in quanto questi hanno di più importante. Lo sport femminile di fatto scompare. Il linguaggio viene pervertito in maniera talmente profonda da eliminare la possibilità stessa di una letteratura. Parti fondamentali della dottrina cattolica vengono criminalizzate come “omofobe”. Viene abbandonato il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La scienza viene spinta ad impegnarsi in imprese che ricordano più le distopie di Huxley che il serio, paziente, lavoro di ricerca. In fondo l’unico modo per mondare il mondo dal dato della sessualità sarebbe quello di “costruire” integralmente, facendo leva su alcuni dati della natura, i bambini in laboratorio, magari liberi dall’infamia originaria del sesso. Chissà, forse un giorno qualcosa di simile potrebbe essere possibile, ma dovrebbe fare i conti con un altro dato, non naturale stavolta. Con quel dato della ragion pratica che Kant chiamava legge morale. Non so se questo interessi ai teorici del gender, di certo riguarda, e molto da vicino, gli esseri umani.
Al di la delle fantasie fantascientifiche, la filosofia gender
contribuisce oggi ad aggravare la crisi di identità dell’occidente, E’ un momento, e certo non di secondaria importanza, della perdita di coesione della nostra civiltà, del trasformarsi dell’occidente in civiltà gassosa, priva di un centro unificante, di valori davvero condivisi. In una parola è il sintomo del crescere del nichilismo. Per questo occorre combatterla, senza il timore di esser considerati “sessisti”. E’ sessista chi incentra sul sesso tutta la propria esistenza, esattamente come è razzista chi fa del colore della pelle la discriminante fra il bene ed il male. In questo senso nessuno è tanto sessista quanto i teorici del gender. Motivo in più per contrastarli, con serietà, senza insulti e violenze, ma con la massima determinazione.