lunedì 26 maggio 2014

GLI EUROSCETTICI E GRILLO


blog beppe grillo


I media hanno digerito poco la vittoria degli euroscettici.
Si tratta di formazioni di estrema destra, dicono, fasciste, addirittura naziste, antisemite ed antiislamiche, come se le due cose coincidessero, contrarie all'immigrazione, al dialogo, al confronto.
Come al solito fanno un gran calderone, mischiando molte palle e qualche verità, al solo fine di confondere tutto.
Fra gli euroscettici ci sono estremisti di destra antisemiti, è vero, ma l'antisemitismo è largamente presente, purtroppo, anche nelle istituzioni UE e nei partiti che fanno dell'europeismo la loro bandiera. Basti pensare ai vari gemellaggi fra città italiane e Gaza, ai soldi che la UE regala ai “palestinesi” (e che non si sa bene come vengano spesi), alle condanne “europeiste” del muro che divide gli israeliani dai "palestinesi", ed impedisce sanguinosi attentati. Fra gli euroscettici, oltre agli antisemiti, ci sono anche liberali, democratici filoisraeliani, come gli olandesi di Wilders e, pare, gli inglesi dell'UKIP. Quanto alla ostilità all'Islam, perché dovrebbe essere qualcosa di “estrema destra”, addirittura di “nazista”? E “nazista” non volere la lapidazione delle adultere, la pena di morte per apostati e bestemmiatori, l'infibulazione, la poligamia, il taglio della mano per i ladri? E, per passare ad un altro spauracchio agitato dai media, è “nazista” opporsi ad una immigrazione senza limiti e regole? E' “estremismo di destra” pretendere che gli immigrati accettino e rispettino il nostro modo di vivere, le nostre tradizioni, i nostri valori?

Fa parte di questa generale mistificazione la assimilazione, senza riserve e distinzioni, del M5S agli ”euroscettici”.
Il movimento di Grillo ha preso, è vero, posizioni molto critiche nei confronti dell'europa, ma NON ha mai proposto l'uscita dall'euro. Grillo è riuscito nel miracolo di chiedere a gran voce un (impossibile) referendum sull'euro senza dire quale sarebbe stata la sua indicazione di voto. Il demagogo genovese inoltre non ha detto una sola parola contro l'immigrazione clandestina e non ha mai nascosto le sue simpatie per l'Islam e la sua fortissima ostilità nei confronti di Israele. Ha addirittura paragonato la Shoah alla loggia P2, cosa per cui meriterebbe di essere preso a calci in culo a vita. Più che agli euroscettici di “destra” il movimento di Grillo assomiglia alla lista Tsipras e all'estremismo di sinistra dei centri sociali.
In realtà il cavallo di battaglia del “grillismo” non è stato, e non è l'euroscetticismo, è stato, è, e sarà il giustizialismo forcaiolo.
Grillo è, prima di ogni altra cosa, l'uomo del “dalli all'untore”, il teorico dei processi mediatici, il demagogo che divide il mondo in “onesti” (noi) e “papponi” (tutti gli altri). Per questo la sua sconfitta è un fatto molto positivo. Con Grillo sono stati sconfitti personaggi come Flores D'Arcais, o Marco Travaglio, o Michele Santoro, o Sabina Guzzanti, tipini che considerano il garantismo una sorta di ideologia mafiosa. E la sconfitta di Grillo è anche la sconfitta dei tantissimi giustizialisti forcaioli che ci sono nel PD, di tutti coloro che si sono detti “indignati”, ed hanno “provato vergogna” quando Berlusconi ha contaminato, con la sua sola presenza, la sacra sede del loro partito.

Certo, un PD al 40% non mi piace, per niente, anzi, mi fa paura. La situazione non è affatto bella, tutt'altro. Però è una situazione in cui una alternativa è ancora possibile. Una situazione difficilissima ma non disperata, soffocante. E, coi tempi che corrono questo consente un minimo, solo un minimo, di ottimismo.

lunedì 19 maggio 2014

ANDARE A VOTARE? E, PER CHI?

Per chi votare domenica 25 maggio? Scelta difficile per qualsiasi persona capace di usare un pochino, solo un pochino, il cervello.
Da un lato ci sono i Pierini ipocriti. Quelli che dicono che “occorre coniugare crescita e rigore” e che “per uscire dalla crisi ci vuole “più, non meno Europa”.
Quelli che affermano perentori che “le sentenze non si commentano”, che “rispettano l'autonomia della magistratura”, si inchinano deferenti di fronte alla autorità del capo dello stato, “supremo garante della costituzione”. Ed ancora, quelli che non trovano strano che i nostri amici europei abbiano fatto cadere l'ultimo governo democraticamente votato dai cittadini, e che da allora, son più di tre anni ormai, gli italiani siano governati da persone che nessuno ha eletto.
Dall'altra parte ci sono i demagoghi sfascia carrozze. Quelli che pensano che si possa uscire dalla crisi indebitandosi e stampando moneta,
Quelli che ritengono che la mobilità e la flessibilità del lavoro, l'efficienza, la produttività siano “armi padronali contro i lavoratori”
Quelli che dicono: “non c'è lavoro quindi (QUINDI...) occorre investire ed assumere”, o che “ c'è la crisi perché i furfanti rubano, per risolvere tutto basta essere onesti”.
Quelli che non sanno come si crea la ricchezza ed allora strillano che occorre “redistribuirla”. Quelli che urlano: “chi più ha più paghi” e non hanno la minima idea di come si possa far si che ci sia sempre più gente che HA.
In mezzo sta il cavaliere sempre più ombra di se stesso.
Dice: “restiamo nell'euro ma sbattiamo i pugni sul tavolo”. Li ha già sbattuti i pugni sul tavolo, cavaliere. E si è ritrovato cacciato dal governo, e condannato in via definitiva.
Poi si fa prendere dalla tentazione di seguire Grillo e Renzi sul loro terreno. Grillo vuole il reddito di cittadinanza, e Renzi regala i famosi 80 euro? Ed io propongo l'aumento delle pensioni minime...

Devo ammetterlo, in questa situazione ho avuto, ed ho, forte, la tentazione di NON votare.
Ma penso che, alla fine, a votare domenica 25 ci andrò, malgrado tutto.
Non perché “votare è un dovere” o perché “si deve votare non il meglio ma il meno peggio”. In fondo con le elezioni di domenica votiamo i membri del parlamento europeo, una istituzione che non conta una mazza.
Andrò a votare perché penso che ci si debba opporre, anche col voto, all'ondata di nauseante giustizialismo forcaiolo che ci sta sommergendo.
L'Italia assomiglia sempre più alla Milano della peste e della “colonna infame” descritta dal Manzoni. C'è la crisi, il lavoro manca, il popolo soffre, allora sbattiamo in galera i colpevoli di tutto. E se poi colpevoli non sono, pazienza! Sono comunque persone con tanti soldi, hanno belle auto, escono con belle donne, le si metta in cella! Il lavoro continuerà a non esserci, moltissime persone continueranno a fare i salti mortali per arrivare alla fine del mese, ma avranno almeno la soddisfazione di vedere in cella chi se la spassa.
Invece di cercare di risolvere i problemi si corre dietro ai pruriti, veri o presunti, della “gente”. Siamo ormai all'ottica della gogna, del “dalli all'untore”, alla distruzione sistematica di ciò che resta dello stato di diritto. E la cosa è tanto più nauseante se si pensa che moltissimi di coloro che strillano “dalli all'untore”, che reclamano la gogna contro i “ricconi” sono in realtà persone strapiene di soldi, e sulla cui onestà non penso si possa scommettere.
Ecco perché penso che andrò a votare domenica. Malgrado tutto. E voterò chi più è stato colpito dalla canea forcaiola. Non credo che il mio voto cambierà le cose. Ma penso sia bene esprimerlo.

domenica 18 maggio 2014

BEPPE GRILLO E LA DEMOCRAZIA




Beppe Grillo è un pericolo mortale per la democrazia. Chi non ci crede commette l'errore gravissimo di non prendere sul serio il leader dei “5 stelle”. Lo considera “un comico”, un casinista demagogo, ma tutto sommato innocuo. Le cose non stanno così, purtroppo.
Cosa farebbe Beppe Grillo se avesse il potere? Questo dobbiamo chiederci. Basta esaminare, una volta tanto, con un minino di attenzione gli slogan e gli strilli di Grillo per avere la risposta, e non si tratta di una bella risposta.

DOVETE ANDARE A CASA, TUTTI! VI FAREMO UNA VERIFICA FISCALE, RESTITUIRETE IL MALTOLTO, POI TORNERETE A CASA.
Così dice Beppe Grillo. E spesso la gente non capisce il senso di simili affermazioni. Altri oltre a Grillo dicono a volte: “il governo deve dimettersi, deve andare a casa”. Nulla di male, nulla che indichi intenzioni antidemocratiche. Però, il “tutti a casa” di Grillo ha un senso radicalmente diverso. Quando dice “tutti a casa” Grillo non intende che il tal governo deve dimettersi, che chi oggi è oggi maggioranza farà domani l'opposizione. Intende il “tutti a casa” in senso letterale: tutti, ma proprio tutti, ad esclusione di lui ed il suo movimento, devono abbandonare la politica, tornare a casa ad occuparsi di giardinaggio o escursionismo; e ringraziare di essersela cavata con una verifica fiscale, di non essere finiti in galera. Col suo “tutti a casa” Beppe grillo teorizza, molto semplicemente, la fine del pluripartitismo. Non a caso ammira Ugo Chavez e Giuseppe Stalin...

O NOI O LORO.
Beppe Grillo non fa distinzioni, non ha rivali, solo nemici ed i nemici sono tutti ugualmente abbietti, devono essere, tutti, eliminati. Eliminati politicamente, s'intende, lui stesso ha parlato di “rivoluzione francese senza ghigliottina”. E' molto umano.
Grillo non si allea con nessuno, non fa compromessi, non cerca mediazioni. Chi non è con me è contro di me. Ma, un simile atteggiamento è incompatibile con la democrazia, e assolutamente incompatibile con la democrazia liberale. Se tutte le forze politiche e sociali hanno diritto di rappresentanza, se tutti gli interessi, le idee, i valori sono legittimi, ad esclusione di quelli che negano agli altri tale legittimità, la ricerca di alleanze, mediazioni, compromessi diventa inevitabile. Anche un partito che ottenesse, per pura ipotesi, il fatidico 51% dei voti sarebbe obbligato, in una democrazia, ad alcuni compromessi: sulla tal legge la sua maggioranza potrebbe scricchiolare, sulla tal altra sarebbe auspicabile un consenso più ampio. C'è un solo modo per evitare ogni compromesso, qualsiasi mediazione: eliminare politicamente tutti i partiti nemici, mandare tutti a casa. Appunto...

NOI SIAMO ONESTI, VOI CORROTTI, LADRI.

Lenin intendeva lo scontro politico come lotta a morte fra sfruttati e sfruttatori, oppressori ed oppressi. Hitler lo considerava come lotta, sempre a morte, fra i  salvatori ed i traditori della nazione. Da una parte i criminali di novembre, i banchieri ebrei e gli ebrei bolscevichi, dall'altra i “veri tedeschi”. In entrambe le concezioni lo scontro è fra bene e male e può concludersi solo con l'eliminazione, quanto meno politica, del nemico. E  dopo l'eliminazione politica c'è stata quella fisica. Grillo sostituisce l'antagonismo sociale di Lenin, e quello nazional razziale di Hitler, con l'antagonismo etico. Onesti contro disonesti, persone per bene contro corrotti, integerrimi contro papponi pregiudicati. Le categorie morali e giuridiche diventano categorie politiche. Non si tratta più di condannare Tizio dopo che la sua colpevolezza sia stata provata in un processo regolare, né si tratta di considerare Tizio un essere moralmente abbietto. Si tratta di far fuori il
gruppo a cui Tizio appartiene che è considerato, a priori, una banda di malfattori. E i malfattori vanno messi in galera, o almeno, mandati a casa, dopo una verifica fiscale. Di certo non si può parlare di alternanza democratica fra onesti e malfattori. L'antagonismo etico di Grillo, esattamente come quello sociale di Lenin e quello nazional razziale di Hitler, è incompatibile con la democrazia pluralista.

NOI SPALLEGGIAMO LA MAGISTRATURA, CAMBIEREMO LA SOCIETA' A COLPI DI MAGISTRATURA.

Negli stati di diritto la magistratura non ha il compito di “cambiare la società” ma “solo” quello di appurare se singoli cittadini hanno o non hanno commesso dei reati. La politica dal canto suo ha il compito di ben governare e fare buone leggi che permettano una decente convivenza sociale. Per parlare di un tema caro a Grillo, quello della corruzione, la magistratura ha il compito
non di “eliminare la corruzione”, ma di valutare se Tizio ha o non ha commesso dei reati collegati alla corruzione; la politica invece ha il compito di creare le condizioni generali che permettano una riduzione della corruzione. Non è un compito impossibile, in fondo. Basterebbe farla finita con l'andazzo secondo cui tutto o quasi deve essere deciso dalla politica, quindi dai partiti; dare più spazio alla autonomia dei cittadini, ridurre lo statalismo riduce anche la corruzione, non farlo la alimenta, malgrado tutti i discorsi ipocriti sulla “onestà” ed il giustizialismo forcaiolo.
Grillo invece confonde, volutamente, i compiti della politica con quelli della magistratura. Vuole attribuire fini politici generali ai magistrati, trasformare i processi in momenti di un repulisti generale.
voi non siete dei giudici; voi siete e non potete essere altro che uomini di Stato e rappresentanti della nazione. Non dovete emettere una sentenza a favore o contro un uomo: dovete prendere una misura di salute pubblica, dovete compiere un atto di provvidenza nazionale
Così affermava Maximilien Robespierre in occasione del processo a Luigi XVI. Dal suo punto di vista aveva perfettamente ragione. Si attribuiscano fini politici generali alla magistratura e compito dei giudici non sarà più quello di appurare la colpevolezza o l'innocenza degli imputati. Sarà quello di “ripulire la società”, di “compiere un atto di provvidenza nazionale”. Tutto questo, ovviamente, è incompatibile col mantenimento delle libertà civili, fa a pugni col principio della presunzione di innocenza, distrugge la libertà individuale e personale. E non ha nulla a che vedere con la democrazia, meno che mai con la democrazia liberale. Ma a Grillo tutto questo non interessa, come non interessava all'”incorruttibile”. C'è davvero da chiedersi se la “rivoluzione francese” auspicata da Grillo sarà davvero “senza ghigliottina”.


PER RISOLVERE LA CRISI BASTA ESSERE ONESTI.

C'è la peste? Impicchiamo gli untori. C'è la crisi? Impicchiamo il “pregiudicato” e con lui tutti gli arraffoni, cioè tutti i politici tranne i “grillini”.
Non serve capire come funziona un sistema economico, quali sono i problemi di una società complessa. Basta linciare i mascalzoni. Come tutte le ideologie autoritarie e totalitarie i “grillismo” è sinistramente semplice. E tragicamente incapace di risolvere i problemi. Si, perché con gli strilli ed i linciaggi si possono eliminare i nemici politici, ma non permettere, ad esempio, all'economia di funzionare. Questo però riguarda il futuro. Nell'immediato una sola cosa conta: sconfiggere il nemico. E il resto? Vedremo.


IO SONO SOLO UNO DEI TANTI, DA NOI DECIDE LA GENTE, VOTANDO IN RETE.
Idiozie. Il movimento 5 stelle non esisterebbe senza Beppe Grillo. In questo il M5S si differenzia nettamente dal partito bolscevico, in cui esistevano molte personalità politiche di primo piano, ed assomiglia invece al partito nazional socialista dei lavoratori tedeschi, autentica creatura, almeno all'inizio, di Adolf Hitler.
Quanto alla democrazia via web... altra idiozia. Democrazia significa regole, procedure, rispetto per i diritti delle minoranze. Il “dialogo” fra leader urlante e massa applaudente non è democrazia, meno ancora lo è il pubblico linciaggio dei dissidenti, il liquidare ogni oppositore come un disonesto. La “democrazia” di Grillo ricorda sinistramente quella della “grande rivoluzione culturale proletaria” del presidente Mao.

TUTTO CIO' CHE SAI E' FALSO.
Lasciamo perdere le contraddizioni logiche insite in un simile enunciato. Se tutto ciò che so è falso, perché dovrebbe essere vera l'affermazione secondo cui è falso tutto ciò che so? Pretendere che Grillo conosca Epimenide cretese ed il celebre paradosso del mentitore è davvero eccessivo. Ma la sua affermazione perentoria: “è falso tutto ciò che sai” dimostra quanto profondamente autoritario sia il suo pensiero. “Voi, comuni mortali rincoglioniti dai media non conoscete, non potete conoscere il vero. Voi credete, ad esempio, che Al Qaeda abbia organizzato gli attentati dell'undici settembre, o che le brigate rosse abbiano ucciso Aldo Moro. Poveri idioti! Dietro questi eventi ci sono oscuri complotti dei “poteri forti”. La Cia, il Mossad, la finanza ebraico sionista, il “pregiudicato” hanno organizzato tutto. Voi non lo sapete, io si.”
Grillo conosce una verità che non può essere conosciuta dai comuni mortali, questi possono solo fidarsi di ciò che lui dice. Certo, qualcuno potrebbe chiedere le “prove” dei vari complotti, delle oscure macchinazioni che Grillo denuncia. Poverino! Non sa che i colpevoli appaiono sempre innocenti, che i complotti perfetti, le diaboliche macchinazioni sono tali proprio perché non lasciano tracce. La mancanza di prove è la prova regina, così, da sempre, ragionano i paranoici del complotto, e Grillo fa interamente suo questo “ragionamento”. Per seguire Grillo occorre credere ciecamente alle sue affermazioni, si deve considerare il demagogo genovese l'unica persona sincera in un mondo di perversi mentitori.
Un personaggio secondario nella storia del pensiero, un certo Aristotele, ebbe a dire che se un uomo ritiene di essere l'unico savio al mondo è molto probabilmente pazzo. Grillo non sarebbe d'accordo con lo stagirita, forse lo accuserebbe di essere un corruttore; per lui è la stragrande maggioranza degli esseri umani ad essere formata da pazzi, o da disonesti. Si salvano solo coloro che prendono per buono tutto ciò che lui dice.

Potrei continuare ma può bastare. La ideologia grillina è del tutto incompatibile con la democrazia pluralista, meno ancora è compatibile con le libertà liberali. Il mondo di Grillo è un mondo in bianco e nero: buoni contro cattivi, onesti contro furfanti, redenzione contro perdizione. Si tratta della visione del mondo tipica di tutti i totalitarismi, di destra o di sinistra.
Molti considerano “divertente” Grillo. Io ero fra questi. Mi divertivano a volte le sue sfuriate e dovevo riconoscere che, ogni tanto, gli capitava per caso di dire qualche verità. Ora non mi diverte più. Ora, per colpa gravissima della italica classe politica, il demagogo è diventato molto pericoloso. Sottovalutarlo sarebbe il peggiore degli errori. Qualcuno forse pensa: “beh, possiamo anche provarlo, saremo sempre in tempo a liberarcene”. E' un errore. E' molto, molto difficile liberarsi dei demagoghi una volta che questi si siano appropriati del potere. Meglio, molto meglio cercare di bloccarli prima.
Prima che sia troppo tardi.

giovedì 15 maggio 2014

I GOLPISTI IN FORMATO RIDOTTO



Prima lo negavano: complotto per far cadere il governo Berlusconi? Ma no!! Personaggi che vedono complotti ovunque, dalla morte di Lady Dayana all'assassinio di Aldo Moro, dallo sbarco sulla luna agli attentati dell'undici settembre sorridevano ironici di fronte al "complottismo" del cavaliere.
Poi sono arrivate le rivelazioni di Geithner, segretario al tesoro americano. A questo punto i sorrisini devono sparire dalle facce da idioti dei forcaioli vari. Cazzo, con un segretario al tesoro americano non si può scherzare, e poi, segretario nel governo Obama, amico di Obama...
E allora che fanno? Prima, minimizzano. No, complotto no, al massimo... pressioni, forse non perfettamente legali ma.. c'era l'attacco speculativo. Ah, l'attacco speculativo... si, è vero, forse quell'attacco era un po' guidato, forse i nostri amici tedeschi hanno venduto un po' troppi titoli di stato italiani, ma, ognuno può vendere titoli. Comunque, si, forse, ma dai, sono cose che riguardano il passato, ora andiamo avanti!
Però, qualcuno non resiste e dice la verità vera. Il “complotto” c'è stato strilla, per fortuna!
Ecco, gratta un po' i “sinceri democratici”, gli “amici della costituzione”, i fanatici della “assoluta legalità” e vengono fuori i golpisti in formato ridotto.
Che funzionari di uno stato estero si incontrino e discutano su come far fuori il governo, democraticamente eletto, di uno stato sovrano, che il capo dello stato inizi di fatto delle consultazioni volte a sostituire un governo che gode della fiducia del parlamento, che la nomina dei senatori a vita, invece che premio per chi ha altissimi meriti nei confronti del paese, diventi un'arma nel gioco politico, tutto questo va benissimo, se c'è di mezzo il cavaliere. Esattamente come vanno benissimo i processi fondati sul nulla, o le condanne non sostenute da prova alcuna. Si sfrondino tanti discorsi dalla ipocrisia di cui sono intrisi. Si eliminino le frasi sul “rispetto per la magistratura”, la ”legge uguale per tutti”, il “valore della costituzione”, la “difesa della sovranità nazionale”, i “grandi ideali europei” eccetera eccetera e vien fuori la verità: se hai un nemico devi farlo fuori, ad ogni costo. E della legge, della costituzione, della legalità, dei grandi ideali europei e della sovranità nazionale te ne freghi altamente.
Sono stupidi però, i forcaioli ed i golpisti in formato ridotto. Esalta il potere assoluto dei magistrati e puoi trovarti sul banco degli imputati, difendi i golpisti e puoi diventare vittima di un golpe.
Ma a questo loro non pensano. Sono come dei drogati: solo la morte politica (o non solo) del cavaliere può placarli. E se per far morire il cavaliere occorre fare a pezzi la tanto invocata legalità, la tanto adorata costituzione, beh, fa nulla. Muoia sansone con tutti i filistei!

giovedì 8 maggio 2014

LE VECCHIETTE DI PLACE DE LA CONCORDE



Pare che a Parigi, durante il terrore, molte candide vecchiette passassero gran parte del loro tempo a place de la Concorde. Si accomodavano proprio sotto il palco in cui sorgeva la ghigliottina e si mettevano a lavorare a maglia, per ingannare l'attesa. Quando i condannati venivano decapitati le vecchiette smettevano di sferruzzare e rivolgevano tutta la loro attenzione allo splendido spettacolo che il comitato di salute pubblica aveva messo in scena per loro. Poi tornavano al loro lavoro, in attesa della nuova in formata.
Qualcosa di simile accade oggi negli stati uniti. Quando un criminale deve essere giustiziato, nelle vicinanze del carcere in cui la sentenza sarà eseguita si radunano le opposte tifoserie. Da una parte i contrari alla pena di morte, che pregano, dall'altra i favorevoli, che al momento della morte del reo levano alte grida di gioia, si abbracciano, esultano, un po' come i tifosi negli stati al goal della squadra del cuore.
Si può essere favorevoli alla pena di morte, ovviamente. Si può ritenere che il condannato “se la sia meritata”, ma esultare per quella che comunque è la morte di un essere umano, addirittura trasformarla in spettacolo, divertente intrattenimento, è quanto di più rivoltante si possa immaginare. Un atteggiamento che rimanda alla psicanalisi più che alla politica, alle pulsioni inconsce più che al ragionamento, giusto o sbagliato che sia.

Oggi in Italia ci sono molti che ricordano le vecchiette di Place de la Concorde, o i giovanotti americani che attendono con ansia che il boia faccia il suo lavoro.
I vari Camilleri, Travaglio, Paolo Flores D'Arcais vogliono vedere Berlusconi in galera, sotto chiave, in una cella possibilmente piccola, umida ed oscura. A questo fine raccolgono firme, lanciano petizioni, si mobilitano. Arrivano addirittura a criticare i loro adorati magistrati, per questo. Per loro è perfettamente normale che in venti anni una persona abbia subito, più o meno, una quarantina di processi e un centinaio di inchieste. Che un essere umano si trovi come giudice qualcuno che è sceso in piazza contro di lui, o che lo definisce “pericolo per la democrazia”, o che ha pubblicamente affermato: “io a quello gli faccio un culo così”, tutto questo è cosa normalissima per D'Arcais, o Travaglio, o Santoro. Ma se un giudice, applicando la legge ed attenendosi ad una prassi consolidata, concede al “pregiudicato” l'affidamento ai servizi sociali, guai al mondo! Quel magistrato, udite udite, SBAGLIA! Chissà, forse è “berlusconiano”.

La legge va applicata, si potrebbe dire, chi è colpevole va messo in prigione. E loro, i vari Flores D'Arcais, Travaglio, Santoro, Camilleri e compagnia bella, sono per il rispetto rigorosissimo della legge, oibò!
Certo, hanno ragione questi paladini della legalità. Rispettare le legge, sempre, comunque! Fiat iustitia et pereat mundus! Però però, a parte il fatto che la “colpevolezza” dell'ex cavaliere è quanto meno dubbia, è la legge a prevedere l'affidamento ai servizi sociali, quindi anche questa legge andrebbe rispettata, o no? E se è vero che (finora) l'ex cavaliere non ha fatto un solo giorno di prigione, beh, neppure Grillo, condannato per omicidio colposo ne ha fatto uno, per non parlare della quantità industriale di assassini, stupratori, rapinatori, borseggiatori, che sono a piede libero nel nostro bel paese. Kabono, qualcuno si ricorda di lui? Si, Kabobo, quello che ha fatto fuori a picconate in testa tre innocenti, aveva una fedina penale lunga un chilometro, eppure era a piede libero, ed era clandestino, ed a quel tempo la clandestinità era REATO, eppure nessuno lo ha rispedito al suo paese, come la legge imponeva. Kabobo è stato condannato a venti anni, più o meno gli stessi che a suo tempo collezionò Craxi, che non sembra abbia mai ucciso nessuno; gli è stata riconosciuta la semi infermità mentale, ovviamente, e pare che non dovrà stare in carcere ma in ospedale. Non mi stupirei se fra due o tre anni fosse di nuovo a piede libero, magari con piccone in mano.
Come mai gli integerrimi difensori della legge non raccolgono firme affinché tutte le leggi siano sempre applicate? Come mai non fanno petizioni in cui chiedono che tutti gli spacciatori, gli stupratori, i rapinatori, gli assassini, i borseggiatori, i topi d'appartamento allegramente a piede libero vengano sbattuti in una comoda cella? Come mai ieri, quando la legge sul reato di clandestinità non era MAI applicata, non sono scesi in piazza per levare alta la loro protesta?

Chi raccoglie firme per sbattere in galera Berlusconi non lo fa tanto per amore della la legge astrattamente intesa quanto per odio nei confronti dell'ex cavaliere. Per loro il Berlusca è una sorta di incarnazione del demonio, quindi va eliminato, in un modo o nell'altro, legge o non legge, condanne o non condanne.
Molti hanno osservato che la raccolta di forme lanciata da "Micromega" in fondo favorisce il cavaliere: gli può consentire di recuperare molti dei consensi che il suo innegabile declino gli ha fatto perdere. Tutto vero, ma questo non interessa molto ai forcaioli. Per loro l'incarcerazione di Berlusconi è un fine in se, qualcosa di positivo indipendentemente dalle conseguenze politiche e, ovviamente, dalla sua innocenza o colpevolezza. Il solo pensiero di Berlusconi in galera molto probabilmente provoca a Travaglio o a Flores D'Arcais, forse anche al vecchio Camilleri, delle erezioni degne di un Rocco Siffredi. Berlusconi in cella dimostra che gli strilli forcaioli che per venti e più anni questi signori hanno levato, sono serviti a qualcosa, che le loro vite hanno avuto un senso.
Finito il terrore le vecchiette di Place de la Concorde avranno potuto dire: “siamo state nella storia”, esattamente come i soldati di Napoleone vincitori ad Austerliz hanno detto: “c'ero anch'io”.
Se un giorno Berlusconi finirà in galera i forcaioli di “Micromega” potranno dire: “è un po' anche merito nostro”; avranno una erezione e si sentiranno felici.
Ognuno ha le erezioni, e le felicità, che si merita.

venerdì 2 maggio 2014

DALLI ALL'UNTORE!



C'è la crisi? La colpa è di certo di qualche oscuro speculatore, magari un finanziere ebreo, o del “pregiudicato”. Non si trova lavoro? Il lavoro c'è, ma non ce lo vogliono dare. Una epidemia si diffonde? Colpa delle multinazionali del farmaco che vogliono far profitti sulle sofferenze del popolo. Il terrorismo islamico genera morte e distruzione? Tutte palle! I responsabili di quelle morti sono i grandi petrolieri, la Cia ed i sionisti. Di tutto occorre trovare i responsabili. Non interessano le cause, le eventuali responsabilità politiche, i grandi movimenti di massa, spesso fanatici. No, interessa scovare i responsabili giuridici: pochi individui perversi che organizzano complotti per ingrassare sulle spalle della povera gente.
Non è una novità. E' molto più facile strillare contro pochi mascalzoni che comprendere i meccanismi di una crisi economica, o il perché di comportamenti irrazionali che coinvolgono milioni e milioni di persone.
Nel 1630 scoppiò a Milano una terribile epidemia di peste che dimezzò, o  ridusse di oltre due terzi, la popolazione della città.  Capirne le cause reali era molto difficile, ma fu subito trovata una “causa” ad hoc: i malefici “untori”. Così alle vittime della peste si aggiunsero quelle dei linciaggi e delle esecuzioni capitali decise in fretta e furia al termine di processi farsa. 
Ecco alcuni brani del capitolo dei “promessi sposi” in cui il Manzoni descrive splendidamente questa follia. Frammenti di altissima letteratura, fuori moda ai giorni nostri, eppure di tragica attualità.  Se si ascoltano con un minimo di attenzione le farneticazioni di un Grillo ci si rende subito conto che altro non sono se non la riproposizione del manzoniano “dalli all'untore!”.

Due fatti ne adduce in prova il Ripamonti, avvertendo d'averli scelti, non come i più atroci tra quelli che seguivano giornalmente, ma perché dell'uno e dell'altro era stato pur troppo testimonio.
Nella chiesa di sant'Antonio, un giorno di non so quale solennità, un vecchio più che ottuagenario, dopo aver pregato alquanto inginocchioni, volle mettersi a sedere; e prima, con la cappa, spolverò la panca. "Quel vecchio unge le panche!" gridarono a una voce alcune donne che vider l'atto. La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!), fu addosso al vecchio; lo prendon per i capelli, bianchi com'erano; lo carican di pugni e di calci; parte lo tirano, parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrascinarlo, così semivivo, alla prigione, ai giudici, alle torture. "Io lo vidi mentre lo strascinavan così," dice il Ripamonti: "e non ne seppi piu altro: credo bene che non abbia potuto sopravvivere più di qualche momento."
L'altro caso (e seguì il giorno dopo) fu ugualmente strano, ma non ugualmente funesto. Tre giovani compagni francesi, un letterato, un pittore, un meccanico, venuti per veder l'Italia, per istudiarvi le antichità, e per cercarvi occasion di guadagno, s'erano accostati a non so qual parte esterna del duomo, e stavan lì guardando attentamente. Uno che passava, li vede e si ferma; gli accenna a un altro, ad altri che arrivano: si formò un crocchio, a guardare, a tener d'occhio coloro, che il vestiario, la capigliatura, le bisacce, accusavano di stranieri e, quel ch'era peggio, di francesi. Come per accertarsi ch'era marmo, stesero essi la mano a toccare. Bastò. Furono circondati, afferrati, malmenati, spinti, a furia di percosse, alle carceri. Per buona sorte, il palazzo di giustizia è poco lontano dal duomo; e, per una sorte ancor più felice, furon trovati innocenti, e rilasciati.
Né tali cose accadevan soltanto in città: la frenesia s'era propagata come il contagio. Il viandante che fosse incontrato da de' contadini, fuor della strada maestra, o che in quella si dondolasse a guardar in qua e in là, o si buttasse giú per riposarsi; lo sconosciuto a cui si trovasse qualcosa di strano, di sospetto nel volto, nel vestito, erano untori: al primo avviso di chi si fosse, al grido d'un ragazzo, si sonava a martello, s'accorreva; gl'infelici eran tempestati di pietre, o, presi, venivan menati, a furia di popolo, in prigione. Così il Ripamonti medesimo. E la prigione, fino a un certo tempo, era un porto di salvamento.
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Tutta la strada era parata a festa; i ricchi avevan cavate fuori le suppellettili più preziose; le facciate delle case povere erano state ornate da de' vicini benestanti, o a pubbliche spese; dove in luogo di parati, dove sopra i parati, c'eran de' rami fronzuti; da ogni parte pendevano quadri, iscrizioni, imprese; su' davanzali delle finestre stavano in mostra vasi, anticaglie, rarità diverse; per tutto lumi. A molte di quelle finestre, infermi sequestrati guardavan la processione, e l'accompagnavano con le loro preci. L'altre strade, mute, deserte; se non che alcuni, pur dalle finestre, tendevan l'orecchio al ronzìo vagabondo; altri, e tra questi si videro fin delle monache, eran saliti sui tetti, se di lì potessero veder da lontano quella cassa, il corteggio, qualche cosa.
Ed ecco che, il giorno seguente, mentre appunto regnava quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della città, a un tal eccesso, con un salto così subitaneo, che non ci fu chi non ne vedesse la causa, o l'occasione, nella processione medesima. Ma, oh forze mirabili e dolorose d'un pregiudizio generale! non già al trovarsi insieme tante persone, e per tanto tempo, non all'infinita moltiplicazione de' contatti fortuiti, attribuivano i più quell'effetto; l'attribuivano alla facilità che gli untori ci avessero trovata d'eseguire in grande il loro empio disegno. Si disse che, mescolati nella folla, avessero infettati col loro unguento quanti più avevan potuto. Ma siccome questo non pareva un mezzo bastante, né appropriato a una mortalità così vasta, e così diffusa in ogni classe di persone; siccome, a quel che pare, non era stato possibile all'occhio così attento, e pur così travedente, del sospetto, di scorgere untumi, macchie di nessuna sorte, su' muri, né altrove; così si ricorse, per la spiegazion del fatto, a quell'altro ritrovato, già vecchio, e ricevuto allora nella scienza comune d'Europa, delle polveri venefiche e malefiche; si disse che polveri tali, sparse lungo la strada, e specialmente ai luoghi delle fermate, si fossero attaccate agli strascichi de' vestiti, e tanto più ai piedi, che in gran numero erano quel giorno andati in giro scalzi. "Vide pertanto," dice uno scrittore contemporaneo, "l'istesso giorno della processione, la pietà cozzar con l'empietà, la perfidia con la sincerità, la perdita con l'acquisto." Ed era in vece il povero senno umano che cozzava co' fantasmi creati da sé.
Da quel giorno, la furia del contagio andò sempre crescendo: in poco tempo, non ci fu quasi più casa che non fosse toccata: in poco tempo la popolazione del lazzeretto, al dir del Somaglia citato di sopra, montò da duemila a dodici mila: più tardi, al dir di quasi tutti, arrivò fino a sedici mila. Il 4 di luglio, come trovo in un'altra lettera de' conservatori della sanità al governatore, la mortalità giornaliera oltrepassava i cinquecento. Più innanzi, e nel colmo, arrivò, secondo il calcolo più comune, a mille dugento, mille cinquecento; e a più di tremila cinquecento, se vogliam credere al Tadino. Il quale anche afferma che, "per le diligenze fatte o, dopo la peste, si trovò la popolazion di Milano ridotta a poco più di sessantaquattro mila anime, e che prima passava le dugento cinquanta mila." Secondo il Ripamonti, era di sole dugento mila: de' morti, dice che ne risultava cento quaranta mila da' registri civici, oltre quelli di cui non si poté tener conto. Altri dicon più o meno, ma ancor più a caso.
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Ma ciò che reca maggior maraviglia, è il vedere i medici, dico i medici che fin da principio avevan creduta la peste, dico in ispecie il Tadino, il quale l'aveva pronosticata, vista entrare, tenuta d'occhio, per dir così, nel suo progresso, il quale aveva detto e predicato che l'era peste, e s'attaccava col contatto, che non mettendovi riparo, ne sarebbe infettato tutto il paese, vederlo poi, da questi effetti medesimi cavare argomento certo dell'unzioni venefiche e malefiche; lui che in quel Carlo Colonna, il secondo che morì di peste in Milano, aveva notato il delirio come un accidente della malattia, vederlo poi addurre in prova dell'unzioni e della congiura diabolica, un fatto di questa sorte: che due testimoni deponevano d'aver sentito raccontare da un loro amico infermo, come, una notte, gli eran venute persone in camera, a esibirgli la guarigione e danari, se avesse voluto unger le case del contorno; e come al suo rifiuto quelli se n'erano andati, e in loro vece, era rimasto un lupo sotto il letto, e tre gattoni sopra, "che sino al far del giorno vi dimororno."
Se fosse stato uno solo che connettesse così, si dovrebbe dire che aveva una testa curiosa; o piuttosto non ci sarebbe ragion di parlarne; ma siccome eran molti, anzi quasi tutti, così è storia dello spirito umano, e dà occasion d'osservare quanto una serie ordinata e ragionevole d'idee possa essere scompigliata da un'altra serie d'idee, che ci si getti a traverso. Del resto, quel Tadino era qui uno degli uomini più riputati del suo tempo.
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I magistrati, scemati ogni giorno, e sempre più smarriti e confusi, tutta, per dir così, quella poca risoluzione di cui eran capaci, l'impiegarono a cercar di questi untori. (...)
I processi che ne vennero in conseguenza, non eran certamente i primi d'un tal genere: e non si può neppur considerarli come una rarità nella storia della giurisprudenza. Ché, per tacere dell'antichità, e accennar solo qualcosa de' tempi più vicini a quello di cui trattiamo, in Palermo, del 1526; in Ginevra, del 1530, poi del 1545, poi ancora del 1574; in Casal Monferrato, del 1536; in Padova, del 1555; in Torino, del 1599, e di nuovo, in quel medesim'anno 1630, furon processati e condannati a supplizi, per lo più atrocissimi, dove qualcheduno, dove molti infelici, come rei d'aver propagata la peste, con polveri, o con unguenti, o con malìe, o con tutto ciò insieme. Ma l'affare delle così dette unzioni di Milano, come fu il più celebre, così è fors'anche il più osservabile; o, almeno, c'è più campo di farci sopra osservazione, per esserne rimasti documenti più circostanziati e più autentici.